Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado dell’Umbria, sezione n. 1, sentenza n. 186 depositata il 30 maggio 2023

Avviso di mora – Legittimità – Sospensione – Interessi di mora – Non dovuti

Massima:

Durante il periodo di sospensione giudiziale della riscossione la richiesta degli interessi di mora è illegittima. I detti interessi, infatti, disciplinati dall’art. 30 DPR n. 602/1973, sono applicati in conseguenza di un comportamento omissivo da parte del debitore, e quindi in base ad una presunzione di colpevolezza, a fronte della quale è ammessa la prova contraria (art. 1218 del c.c.) nel caso in cui l’impossibilità all’adempimento dipende da causa non imputabile al debitore (Cass. n. 11593/2007). Nel caso di specie la sospensione della riscossione è stata disposta dal Tribunale, previa valutazione della sussistenza dei requisiti di legge e previa prestazione di garanzia ipotecaria, e di conseguenza per tutto il periodo sospeso viene meno il requisito di colpevolezza. Permane, comunque, sulle somme iscritte a ruolo la debenza degli interessi legali esistendo un credito di denaro liquido ed esigibile; ciò porta a confermare la legittimità della pretesa tributaria avuto riguardo all’aggio di riscossione richiesto con l’avviso di mora impugnato avendo all’epoca il concessionario della riscossione correttamente applicato la norma di legge.

Testo:

La xxxxx in fallimento ha proposto ricorso in riassunzione a seguito dell’ordinanza della Corte di cassazione n. 6044/2022 che ha cassato con rinvio la sentenza della Commissione Tributaria Regionale dell’Umbria n. 174/2016.

Questi i fatti e l’iter processuale.

Nel 1998 la xxxxx riceveva un invito al pagamento da parte del Dipartimento delle Dogane, con cui veniva richiesto il pagamento di accise sui prodotti alcolici per lire 12.902.369.920 (pari ad ? 6.663.674,45), dovute a seguito della riscontrata dispersione di alcol, denunziata all’ufficio dalla stessa società. La xxxxx si opponeva a detto avviso dinanzi al Tribunale Civile di Perugia che, con ordinanza in data 30/07/1999, disponeva la sospensione della riscossione, previa prestazione di ipoteca; successivamente il Tribunale, con sentenza del 23/07-07/08/2013, ha respinto il ricorso delle xxxxx e confermato la legittimità dell’invito al pagamento; il giudizio è poi proseguito in Corte d’Appello ed in Cassazione, dove è tuttora pendente.

A seguito della decisione favorevole del Tribunale e del venire meno della sospensione della riscossione, Equitalia ha notificato avviso di mora con il quale intimava il pagamento di complessivi ? 14.293,194,44, di cui ? 7.386.301,58 a titolo di interessi di mora, calcolati al 16/12/2013, ed ? 243.218,41 a titolo di aggio di riscossione. La xxxxx ha impugnato tale atto deducendo: carenza di motivazione, illegittimità degli interessi nel periodo in cui l’esecuzione era rimasta sospesa, abnormità dell’aggio di riscossione. La Commissione Tributaria Provinciale, con sentenza 862/2014, ha accolto il ricorso ritenendo illegittimo l’avviso per mancata previa notifica di una cartella di pagamento.

La Commissione Tributaria Regionale, con sentenza 174/2016, ha accolto l’appello di Equitalia, ritenendo provata e regolare la previa notifica della cartella. La Corte di cassazione, con l’ordinanza di rinvio, ha accolto il quarto motivo di ricorso del contribuente, relativo alla parte della sentenza della Commissione Tributaria Regionale che ha ritenuto non riproposti in appello i motivi relativi alla debenza degli interessi nel periodo di sospensione ed alla abnormità dell’aggio. Con il ricorso in riassunzione la xxxxx ripropone i seguenti motivi:

– illegittimità dell’avviso di mora per difetto di motivazione, con specifico riferimento agli interessi richiesti per la prima volta in tale atto, senza specificare decorrenze e criterio di calcolo;

– illegittimità degli interessi di mora calcolati anche durante la sospensione giudiziale della riscossione, perdurata circa quattordici anni;

– illegittimità dell’aggio di riscossione; deduce che la richiesta è abnorme in considerazione del fatto che l’attività svolta si è limitata alla predisposizione, stampa ed invio dell’avviso di mora.

L’Agenzia delle Entrate Riscossione si è costituita in giudizio e deduce, in sintesi, che nessuna norma positiva collega alla sospensione dell’esecuzione per ordine del giudice anche la sospensione della decorrenza degli interessi e, per quanto riguarda l’aggio, che il concessionario (all’epoca Equitalia) ha solo applicato la norma di legge (art. 17 d. lgs 112/1999)

Con memoria illustrativa la parte contribuente deduce che, eventualmente, sarebbero dovuti solo gli interessi legali.

Motivi della decisione

1. Preliminarmente, trattandosi di giudizio di rinvio, è opportuno riportare la pronuncia della Corte di cassazione (n. 6044/2022): “3.1. Con il quarto mezzo si denuncia violazione dell’art. 56 D. lgs. n. 546/1992 per avere la Commissione Tributaria Regionale respinto le eccezioni sollevate dalla ricorrente relative all’avviso di mora impugnato (non debenza degli interessi moratori nel periodo di sospensione disposto dal Tribunale di Perugia, omessa indicazione dei tassi d’interesse, percentuale del compenso dell’esattore ritenuta abnorme), rimaste assorbite nella sentenza di primo grado, ritenendo che la parte contribuente, sebbene vittoriosa in primo grado, avrebbe dovuto proporre sul punto appello incidentale;

3.2. la censura è fondata;

3.3. in materia di impugnazioni, la parte pienamente vittoriosa nel merito in primo grado, non ha, infatti, l’onere di proporre, in ipotesi di gravame formulato dal soccombente, appello incidentale per richiamare in discussione le eccezioni o le questioni superate o assorbite, difettando di interesse al riguardo, ma è soltanto tenuta a riproporle espressamente, in modo tale da manifestare la volontà di chiederne il riesame, al fine di evitare la presunzione di rinuncia derivante da un comportamento omissivo ai sensi dell’art. 346 c.p.c. (cfr. Cass. nn. 25840/2021, 11653/2020);

3.4. avendo la stessa Commissione Tributaria Regionale dato atto, nella sentenza impugnata, che le suddette questioni erano state “riproposte” dall’appellata in secondo grado, sebbene senza proporre appello incidentale, ne consegue la fondatezza della doglianza della ricorrente avendo quest’ultima manifestato ritualmente la sua volontà di chiederne il riesame, al fine di evitare la presunzione di rinunzia derivante da un comportamento omissivo;

(…)

5. sulla scorta di quanto sin qui illustrato, va accolto il quarto motivo e respinti i rimanenti motivi, con conseguente cassazione dell’impugnata sentenza limitatamente al motivo accolto e rinvio per nuovo esame alla Commissione tributaria regionale dell’Umbria in diversa composizione, cui resta demandata anche la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità.

2. Il ricorrente in riassunzione, con il primo motivo, ripropone le deduzioni svolte nei precedenti gradi in ordine all’illegittimità dell’avviso di mora per difetto di motivazione, con specifico riferimento agli interessi richiesti per la prima volta in tale atto. In proposito si osserva che la Corte di cassazione ha cassato la sentenza “limitatamente al motivo accolto”, che non riguardava il difetto di motivazione dell’avviso di accertamento, e pertanto la questione non può essere nuovamente esaminata in sede di riassunzione, essendosi formato il giudicato.

3. Il motivo di appello relativo alla dedotta illegittimità degli interessi di mora durante la sospensione giudiziale della riscossione, è parzialmente fondato nei termini che seguono. Gli interessi di mora di cui si tratta nella fattispecie sono disciplinati dall’art. 30 dpr 602/1973, che ne prevede l’applicazione in caso di mancato pagamento dei tributi iscritti a ruolo entro sessanta giorni dalla notifica della cartella di pagamento e la determinazione del tasso di anno in anno con decreto ministeriale. Sono interessi espressamente definiti “di mora”, che conseguono ad un comportamento omissivo del debitore; gli interessi moratori, come noto, differiscono dagli interessi legali, che sono dovuti “di pieno diritto” ai sensi dell’art. art. 1282 c.c. per il solo fatto dell’esistenza di un credito di denaro liquido ed esigibile.

L’obbligazione di pagamento di interessi moratori per ritardato adempimento di obbligazioni pecuniarie deriva da una presunzione di colpevolezza dell’inadempimento, presunzione posta dalla norma che prevede l’interesse di mora; si tratta di presunzione che ammette la prova contraria, come affermato dalla giurisprudenza di legittimità che ha riconosciuto al debitore, anche in materia di obbligazioni tributarie, la facoltà di provare, ai sensi dell’art. 1218 c.c., che l’impossibilità della prestazione dipende da causa a lui non imputabile (Cass. 11593/2007 e precedenti ivi citati).

Ciò premesso la Corte osserva che nella fattispecie la sospensione della riscossione del credito erariale da parte del Tribunale fa venire meno il requisito della colpevolezza, atteso che l’autorità giudiziaria ha autorizzato il mancato pagamento del tributo, ovviamente previa valutazione della ricorrenza dei requisiti di legge quanto a fumus boni juris e periculum in mora e, peraltro, previa imposizione di prestazione di garanzia ipotecaria.

Per questi motivi la Corte ritiene che durante il periodo di sospensione della riscossione non sono dovuti gli interessi di mora ex art. 30 dpr 602/1973, mancando appunto il requisito della colpevolezza nel mancato pagamento. Tuttavia, sulle somme iscritte a ruolo sono comunque dovuti gli interessi legali ex art. 1282 c.c. che, come visto, decorrono di pieno di diritto e prescindono dalla colpa del debitore.

4. Da ultimo, la parte ricorrente torna ad eccepire l’illegittimità dell’aggio di riscossione, osservando che la richiesta è abnorme nel quantum (? 243.218,41) e non proporzionata all’attività effettivamente svolta dall’agente della riscossione. Deduce che da quando la riscossione non è più affidata a concessionari esterni all’apparato amministrativo (e anche ai tempi di Equitalia, società a totale partecipazione pubblica), l’aggio di riscossione proporzionato puramente e semplicemente al credito da riscuotere è anacronistico; richiama l’ordinanza della Corte costituzionale n. 120/2021 che, pur dichiarando inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 17 d. lgs. 112/1999, ha sollecitato il legislatore a riformare con urgenza il meccanismo; sollecitazione prontamente accolta dal legislatore che con l’art. 1 comma 15 l. 234/2021 ha completamente riformulato il citato art. 17, in materia di oneri di funzionamento del servizio nazionale della riscossione. Il motivo di appello non è fondato. Il concessionario della riscossione (all’epoca Equitalia) ha correttamente applicato la norma di legge (art. 17 d. lgs 112/1999), nella versione vigente ratione temporis. La misura ingente dell’aggio richiesto consegue alla misura ingente del debito erariale e né al concessionario, né all’autorità giudiziaria compete una facoltà discrezionale di riduzione dell’importo; restano naturalmente ininfluenti le modiche normative successive.

5. In conclusione, in parziale riforma della sentenza di primo grado, si accoglie solo parzialmente il ricorso del contribuente e si dichiarano dovuti gli interessi per il periodo 30/07/1999 – 07/08/2013 al tasso legale e non al tasso di mora ex art. 30 d.p.r. 602/1973; si conferma nel resto la legittimità dell’avviso di mora impugnato. In considerazione della novità della questione trattata e della parziale reciproca soccombenza, si ritengono ricorrenti giusti motivi per compensare integralmente le spese di tutti i gradi del giudizio, compreso quello di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie parzialmente l’appello dell’Agenzia delle Entrate; dichiara dovuti gli interessi nella misura del saggio legale ex art. 1284 c.c. per il periodo 30/07/1999 – 07/08/2013; conferma nel resto la legittimità dell’avviso di mora impugnato. Compensa integralmente fra le parti le spese di tutti i gradi del giudizio, compreso quello di legittimità