CORTE DI GIUSTIZIA CE-UE – Sentenza 13 febbraio 2014, n. C-18/13
IVA – DETRAZIONE IVA – FRODE PROVATA DA ELEMENTI OGGETTIVI
1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli artt. 63, 178, lett. a), 226, punto 6, 242 e 273 della direttiva n. 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (GU L 347, pag. 1).
2 Tale domanda è stata sollevata nell’ambito di una controversia che vede la M. P. EOOD (in prosieguo: la «M.P.») opporsi al Direktor na Direktsia «Obzhalvane i danachno-osiguritelna praktika» Sofia, in precedenza Direktor na Direktsia «Obzhalvane i upravlenie na izpalnenieto» Sofia (Direttore della Direzione «Contenzioso e riscossione», per la città di Sofia, presso l’amministrazione centrale dell’Agenzia nazionale delle entrate), in seguito al diniego della detrazione, sotto forma di credito d’imposta, dell’imposta sul valore aggiunto (in prosieguo: l’«IVA») indicata in fatture emesse da alcuni fornitori della M. P.
Contesto normativo
Il diritto dell’Unione
3 L’art. 62 della direttiva n. 2006/112 così dispone: «Ai fini della presente direttiva si intende per: 1) “fatto generatore dell’imposta” il fatto per il quale si realizzano le condizioni di legge necessarie per l’esigibilità dell’imposta; 2) “esigibilità dell’imposta” il diritto che l’Erario può far valere a norma di legge, a partire da un dato momento, presso il debitore per il pagamento dell’imposta, anche se il pagamento può essere differito».
4 L’art. 63 di tale direttiva così dispone: «Il fatto generatore dell’imposta si verifica e l’imposta diventa esigibile nel momento in cui è effettuata la cessione di beni o la prestazione di servizi».
5 L’art. 167 di detta direttiva stabilisce quanto segue: «Il diritto a detrazione sorge quando l’imposta detraibile diventa esigibile».
6 L’art. 168 della medesima direttiva così prevede: «Nella misura in cui i beni e i servizi sono impiegati ai fini di sue operazioni soggette ad imposta, il soggetto passivo ha il diritto, nello Stato membro in cui effettua tali operazioni, di detrarre dall’importo dell’imposta di cui è debitore gli importi seguenti:
a) l’IVA dovuta o assolta in tale Stato membro per i beni che gli sono o gli saranno ceduti e per i servizi che gli sono o gli saranno resi da un altro soggetto passivo; (…)».
7 L’art. 178 della direttiva n. 2006/112 è formulato nei seguenti termini:«Per poter esercitare il diritto a detrazione, il soggetto passivo deve soddisfare le condizioni seguenti: a) per la detrazione di cui all’art. 168, lett. a), relativa alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi, essere in possesso di una fattura redatta conformemente agli artt. da 220 a 236 e agli artt. 238, 239 e 240; (…)».
8 Conformemente all’art. 220, punto 1, della direttiva n. 2006/112, collocato nel titolo XI, capo 3, rubricato «Fatturazione», ogni soggetto passivo assicura che sia emessa, da lui stesso, dall’acquirente o dal destinatario o, in suo nome e per suo conto, da un terzo, una fattura per le cessioni di beni o le prestazioni di servizi effettuate nei confronti di un altro soggetto passivo o di un ente non soggetto passivo.
9 L’art. 226 della direttiva n. 2006/112 elenca le sole indicazioni che, fatte salve le disposizioni speciali previste dalla direttiva medesima, devono figurare obbligatoriamente, ai fini dell’IVA, nelle fatture emesse in applicazione delle disposizioni di cui agli artt. 220 e 221 di tale direttiva.
10 L’art. 242 di detta direttiva enuncia: «Ogni soggetto passivo deve tenere una contabilità che sia sufficientemente dettagliata per consentire l’applicazione dell’IVA e il suo controllo da parte dell’amministrazione fiscale».
11 L’art. 273 della stessa direttiva così prevede:
«Gli Stati membri possono stabilire, nel rispetto della parità di trattamento delle operazioni interne e delle operazioni effettuate tra Stati membri da soggetti passivi, altri obblighi che essi ritengono necessari ad assicurare l’esatta riscossione dell’IVA e ad evitare le evasioni, a condizione che questi obblighi non diano luogo, negli scambi tra Stati membri, a formalità connesse con il passaggio di una frontiera.Gli Stati membri non possono avvalersi della facoltà di cui al primo comma per imporre obblighi di fatturazione supplementari rispetto a quelli previsti al capo 3».
Il diritto bulgaro
12 Ai sensi dell’art. 70, paragrafo 5, della legge relativa all’imposta sul valore aggiunto (Zakon za danak varhu dobavenata stoynost; in prosieguo: la «legge relativa all’IVA»), l’IVA fatturata illegalmente non dà diritto a detrazione.
13 L’art. 12, paragrafo 1, del regolamento di esecuzione della legge relativa all’IVA, rubricato «Data in cui si verifica il fatto generatore nell’ipotesi di una cessione di beni o di una prestazione di servizi», nella versione applicabile al procedimento principale, così dispone:«(…) un servizio è considerato prestato, ai sensi della legge, nel momento in cui ricorrono le condizioni per il riconoscimento dei proventi della prestazione in conformità alla legislazione e alle norme contabili in vigore».
14 Ai sensi dell’art. 160, paragrafi 1, 2 e 5, del codice di procedura del contenzioso tributario e previdenziale (Danachno-osiguritelen protsesualen kodeks): «1. Il giudice statuisce sul merito della causa e può annullare integralmente o parzialmente l’avviso di accertamento in rettifica, modificarlo oppure respingere il ricorso. 2. Il giudice valuta la conformità alla legge e la fondatezza dell’avviso di accertamento in rettifica e verifica se lo stesso sia stato emesso da un servizio competente e nella forma richiesta, nel rispetto delle disposizioni formali e sostanziali. (…) 5. Un avviso di accertamento in rettifica non può essere modificato a spese del ricorrente con decisione giudiziaria».
15 L’art. 17, paragrafo 1, del codice di procedura civile (Grazhdanskiya protsesualen kodeks) dispone quanto segue:
«Il giudice statuisce su ogni questione pertinente alla soluzione della controversia, fatta salva la questione se sia stato commesso un illecito».
Procedimento principale e questioni pregiudiziali
16 La M. P. è una società di diritto bulgaro che esercita il commercio all’ingrosso di forniture da ufficio e di materiale pubblicitario.
17 Il controllo fiscale di cui è stata oggetto per il periodo d’imposta compreso tra il 1° gennaio 2007 e il 30 aprile 2009 ha indotto l’amministrazione fiscale ad interrogarsi sulla fondatezza della detrazione IVA operata in ragione dell’imposta indicata nelle fatture di sette suoi fornitori.
18 Nel caso di alcuni di tali fornitori e subappaltatori, le informazioni loro richieste durante il controllo non hanno consentito di stabilire che essi disponessero delle risorse necessarie a garantire i servizi fatturati. Ritenendo che la veridicità dell’esecuzione delle operazioni di taluni subappaltatori non fosse stabilita, oppure che queste non fossero state realizzate dai prestatori menzionati nelle fatture, l’amministrazione fiscale ha emesso un avviso di accertamento in rettifica mettendo in discussione la detraibilità dell’IVA indicata nelle fatture delle sette imprese in parola.
19 La M. P. ha impugnato tale avviso di accertamento in rettifica dinanzi al Direktor na Direktsia «Obzhalvane i upravlenie na izpalnenieto» Sofia, e in seguito dinanzi al giudice del rinvio, sostenendo di essere in possesso di fatture e documenti contrattuali regolari, che tali fatture erano state pagate tramite banca, che esse erano state registrate nelle scritture contabili dei fornitori, che gli stessi avevano dichiarato l’IVA inerente a dette fatture, che in tal modo era provata la veridicità delle prestazioni in parola e che, del resto, era pacifico che essa stessa aveva effettuato le cessioni conseguenti a tali prestazioni.
20 L’amministrazione fiscale ha affermato che il possesso di fatture regolari non è sufficiente a fondare il diritto a detrazione qualora, segnatamente, i documenti a carattere privato presentati a sostegno delle fatture dai fornitori interessati non rechino una data affidabile e siano privi di qualunque forza probatoria e i subappaltatori non abbiano dichiarato i lavoratori impiegati né le prestazioni di servizi eseguite. Dinanzi al giudice del rinvio, l’amministrazione fiscale ha presentato elementi nuovi, da un lato, mettendo in discussione la validità della firma dei rappresentanti di due fornitori e, dall’altro, sottolineando che uno di loro non aveva inserito, né nei documenti contabili né nelle dichiarazioni fiscali, le fatture di uno dei subappaltatori a cui avrebbe fatto ricorso. L’amministrazione fiscale ha riconosciuto che i servizi fatturati erano stati forniti alla M. P., tuttavia a prestarli non sarebbero stati gli operatori indicati sulle fatture esibite.
21 Ciò considerato, l’Administrativen sad Sofia-grad ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1) Se in base al diritto dell’Unione europea possa parlarsi di “evasione fiscale”, a fini di detrazione dell’IVA, in circostanze di fatto in cui il prestatore indicato nella fattura, o il suo subappaltatore, non dispone del personale, delle risorse materiali e degli attivi necessari per prestare il servizio, non documenta le spese sostenute per l’effettiva fornitura dello stesso né le registra nelle proprie scritture contabili e, come prova dell’esecuzione della prestazione per la quale è stata emessa fattura fiscale ed esercitato il diritto a detrazione, vengano addotti documenti – un contratto, un verbale di consegna e accettazione – falsi rispetto all’identità delle persone che li hanno firmati a titolo di prestatori del servizio.
2) Se dall’obbligo di negare il diritto a detrazione nell’ipotesi di evasione fiscale, obbligo risultante dal diritto dell’Unione europea e dalla giurisprudenza della Corte (…), derivi al giudice nazionale anche l’obbligo di accertare d’ufficio se sussista evasione fiscale nelle circostanze del procedimento principale, analizzando nuovi elementi di fatto dedotti per la prima volta in giudizio nonché tutte le prove, specie quelle riferite a operazioni fittizie, documenti falsi e documenti inesatti, considerato che, ai sensi della normativa nazionale, gli organi giurisdizionali sono tenuti a pronunciarsi sul merito della controversia, a non aggravare la situazione della parte ricorrente, a osservare i principi del diritto alla difesa e della certezza del diritto nonché ad applicare d’ufficio le norme pertinenti.
3) Tenuto conto dell’obbligo del giudice di negare il diritto a detrazione nell’ipotesi di evasione fiscale, se dall’art. 178, lett. a), della direttiva n. 2006/112] derivi che l’esercizio del diritto a detrazione è subordinato alla condizione che il servizio sia stato effettivamente reso dal prestatore indicato nella fattura o dal suo subappaltatore.
4) Se l’obbligo di cui all’art. 242 della direttiva [2006/112], ossia tenere una contabilità sufficientemente dettagliata ai fini del controllo del diritto a detrazione, comprenda l’osservanza altresì della legislazione contabile dello Stato membro, che prevede la conformità ai principi contabili internazionali applicabili nell’Unione, o se comporti semplicemente la tenuta dei documenti stabiliti da tale direttiva per la contabilità inerente all’IVA: fatture, dichiarazioni IVA ed informazioni riepilogative.
In tale seconda ipotesi:
Se dalla condizione, di cui all’art. 226, punto 6, della direttiva [2006/112], che le fatture indichino necessariamente “l’entità e la natura dei servizi resi” derivi che, nell’ipotesi di prestazione di servizi, le fatture o i documenti afferenti devono contenere indicazioni sull’effettiva prestazione del servizio, vale a dire circostanze obiettive passibili di verifica che provino che il servizio è stato effettivamente reso e proprio dal prestatore indicato in fattura.
5) Se l’art. 242 della direttiva [2006/112], che prescrive di tenere una contabilità sufficientemente dettagliata ai fini del controllo del diritto a detrazione, vada interpretato, in combinato disposto con gli artt. 63 e 273 della medesima direttiva, nel senso che esso non osta a una disposizione nazionale secondo cui, conformemente a una legislazione contabile che prevede la conformità ai principi contabili internazionali applicabili nell’Unione nonché ai principi della prova contabile delle operazioni commerciali, della prevalenza della sostanza sulla forma e della comparabilità tra ricavi e costi, un servizio è considerato prestato nel momento in cui ricorrono le condizioni per il riconoscimento dei proventi della prestazione».
Sulle questioni pregiudiziali
Sulle questioni prima e terza
22 Con la prima e con la terza questione, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio domanda, in sostanza, se la direttiva n. 2006/112 debba essere interpretata nel senso che essa osta a che un soggetto passivo effettui la detrazione dell’IVA riportata nelle fatture emesse da un prestatore di servizi qualora risulti che il servizio è stato sì fornito, ma non da tale prestatore o da un suo subappaltatore, e ciò segnatamente perché costoro non disponevano del personale, delle risorse materiali e degli attivi necessari, le spese della prestazione non sono state contabilizzate nei loro registri e l’identità dei firmatari di taluni documenti a titolo di prestatori del servizio si è rivelata inesatta.
23 Occorre ricordare che, secondo giurisprudenza costante, il diritto dei soggetti passivi di detrarre dall’IVA di cui sono debitori l’IVA dovuta o versata a monte per i beni acquistati e per i servizi ricevuti costituisce un principio fondamentale del sistema comune dell’IVA istituito dalla normativa dell’Unione (v. sentenza del 6 dicembre 2012, Bonik, C-285/11, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 25 e giurisprudenza ivi citata).
24 A tale riguardo, la Corte ha ripetutamente affermato che il diritto a detrazione previsto dagli artt. 167 e seguenti della direttiva n. 2006/112 costituisce parte integrante del meccanismo dell’IVA e, in linea di principio, non può essere assoggettato a limitazioni. In particolare, tale diritto va esercitato immediatamente per tutte le imposte che hanno gravato le operazioni effettuate a monte (v. sentenza Bonik, cit., punto 26 e giurisprudenza ivi citata).
25 Peraltro, dalla formulazione dell’art. 168, lett. a), della direttiva n. 2006/112 emerge che, per beneficiare del diritto a detrazione, occorre, da un lato, che l’interessato sia un soggetto passivo ai sensi di tale direttiva e, dall’altro, che i beni o i servizi invocati a base di tale diritto siano utilizzati a valle dal soggetto passivo ai fini delle proprie operazioni soggette a imposta e siano forniti a monte da un altro soggetto passivo (v. sentenza Bonik, cit., punto 29 e giurisprudenza ivi citata). Qualora tali requisiti siano soddisfatti, il beneficio della detrazione non può, in linea di principio, essere negato.
26 Ciò detto, occorre ricordare che la lotta contro evasioni, elusioni ed eventuali abusi costituisce un obiettivo riconosciuto e incoraggiato dalla direttiva n. 2006/112. A tale riguardo, la Corte ha dichiarato che i singoli non possono avvalersi fraudolentemente o abusivamente delle norme del diritto dell’Unione. Pertanto, è compito delle autorità e dei giudici nazionali negare il beneficio del diritto a detrazione ove sia dimostrato, alla luce di elementi oggettivi, che lo stesso diritto è invocato fraudolentemente o abusivamente (v. sentenza Bonik, cit., punti da 35 a 37 e giurisprudenza ivi citata).
27 Se tale situazione ricorre nel caso di un’evasione fiscale commessa dallo stesso soggetto passivo, ricorre pure quando un soggetto passivo sapeva o avrebbe dovuto sapere che, con il proprio acquisto, partecipava ad un’operazione che si iscriveva in un’evasione dell’IVA. Egli dev’essere allora considerato, ai fini della direttiva n. 2006/112, partecipante a tale evasione, e ciò indipendentemente dalla circostanza di trarre o meno beneficio dalla rivendita dei beni o dall’utilizzo dei servizi nell’ambito delle operazioni soggette a imposta da lui effettuate a valle (v. sentenza B., cit., punti 38 e 39 nonché giurisprudenza ivi citata).
28 Il beneficio del diritto a detrazione può, pertanto, essere negato ad un soggetto passivo solamente qualora si dimostri, alla luce di elementi oggettivi, che detto soggetto passivo, al quale sono stati ceduti i beni o prestati i servizi posti a fondamento del diritto a detrazione, sapeva o avrebbe dovuto sapere che, con il proprio acquisto, partecipava ad un’operazione che si iscriveva in un’evasione dell’IVA commessa dal prestatore del servizio o da altro operatore intervenuto a monte o a valle nella catena di tali cessioni o prestazioni (v. sentenza Bonik, cit., punto 40 e giurisprudenza ivi citata).
29 Poiché il diniego del diritto a detrazione è un’eccezione all’applicazione del principio fondamentale che tale diritto costituisce, l’amministrazione tributaria competente deve dimostrare adeguatamente che gli elementi oggettivi a cui si riferisce il punto precedente della presente sentenza sono riuniti. I giudici nazionali sono in seguito tenuti a verificare se le autorità tributarie nteressate abbiano dimostrato la sussistenza di tali elementi oggettivi (v., in tal senso, sentenza Bonik, cit., punti 43 e 44).
30 Si deve ricordare, al riguardo, che, nel contesto di un procedimento ai sensi dell’art. 267 TFUE, la Corte non è competente a verificare e nemmeno a valutare le circostanze di fatto relative al procedimento principale. Nel procedimento principale a quo spetta quindi al giudice del rinvio effettuare, conformemente alle norme nazionali sull’onere della prova, una valutazione globale di tutti gli elementi e di tutte le circostanze di fatto relativi a detto procedimento onde stabilire, alla luce degli elementi oggettivi forniti dalle autorità tributarie, se la M. P. sapeva o avrebbe dovuto sapere che l’operazione invocata per la detrazione s’iscriveva in un’evasione dell’IVA commessa dai suoi fornitori.
31 A tale proposito, la mera circostanza che, nel procedimento principale, la prestazione fornita alla M.P. non sarebbe stata effettivamente realizzata dal prestatore menzionato nelle fatture o dal suo subappaltatore segnatamente perché costoro non avrebbero disposto del personale, delle risorse materiali e degli attivi necessari, le spese della prestazione non sarebbero state contabilizzate nei loro registri e l’identità dei firmatari di taluni documenti a titolo di prestatori del servizio si sarebbe rivelata inesatta non sarebbe sufficiente, in sé stessa, a escludere il diritto a detrazione della M. P.
32 Occorre pertanto rispondere alle questioni prima e terza che la direttiva n. 2006/112 deve essere interpretata nel senso che essa osta a che un soggetto passivo effettui la detrazione dell’IVA riportata nelle fatture emesse da un prestatore di servizi qualora risulti che il servizio è stato sì fornito, ma non da tale prestatore o dal suo subappaltatore – segnatamente perché costoro non disponevano del personale, delle risorse materiali e degli attivi necessari, le spese della prestazione non sono state contabilizzate nei loro registri e l’identità dei firmatari di taluni documenti a titolo di prestatori del servizio si è rivelata inesatta –, alla doppia condizione che tali fatti integrino un comportamento fraudolento e che sia stabilito, alla luce di elementi oggettivi forniti dalle autorità tributarie, che il soggetto passivo sapeva o avrebbe dovuto sapere che l’operazione invocata a fondamento del diritto a detrazione s’iscriveva in un’evasione, circostanza che spetta al giudice nazionale verificare.
Sulla seconda questione
33 Con la seconda questione il giudice del rinvio domanda, in sostanza, se il diritto dell’Unione gli imponga di accertare d’ufficio la sussistenza di un’evasione fiscale in circostanze come quelle del procedimento principale, sulla base di nuovi elementi di fatto presentati per la prima volta in giudizio dalle autorità tributarie, anche quando, procedendo a tale verifica, esso verrebbe meno a obblighi derivanti dal diritto nazionale in vigore. 34 Come ricordato al punto 26 della presente sentenza, il diritto dell’Unione impone alle autorità e ai giudici nazionali di negare il beneficio del diritto a detrazione ove sia dimostrato, alla luce di elementi oggettivi, che tale diritto è invocato fraudolentemente o abusivamente. Inoltre, anche quando il diritto dell’Unione non sia invocato dalle parti, il giudice nazionale è tenuto a sollevare d’ufficio i motivi di diritto relativi ad una norma imperativa del diritto dell’Unione qualora, in virtù del diritto nazionale, i giudici nazionali abbiano l’obbligo o la facoltà di fare altrettanto con riferimento a una norma imperativa di diritto interno (v. in tal senso, sentenza del 12 febbraio 2008, Kempter, C-2/06, Racc. pag. I-411, punto 45 e giurisprudenza ivi citata).35 Pertanto, se è vero, come specifica lo stesso giudice del rinvio al punto 72 della domanda di pronuncia pregiudiziale, che dall’art. 160, paragrafo 2, del codice di procedura del contenzioso tributario e previdenziale gli deriva l’obbligo di constatare se sussiste evasione fiscale allorché esamina d’ufficio la conformità al diritto nazionale dell’avviso di accertamento in rettifica che mette in discussione la detrazione dell’IVA operata dal soggetto passivo, esso deve altresì far valere d’ufficio la condizione del diritto dell’Unione ricordata al punto precedente della presente sentenza, conformemente all’obiettivo della direttiva n. 2006/112 di lotta contro evasioni, elusioni ed eventuali abusi.
36 A tale riguardo, si deve ricordare che il giudice nazionale è tenuto a interpretare il diritto interno quanto più possibile alla luce del testo e dello scopo della direttiva in questione, così da realizzare il risultato perseguito da quest’ultima, circostanza che esige che esso faccia tutto quanto gli compete prendendo in considerazione il diritto interno nel suo complesso e applicando i suoi stessi criteri ermeneutici (v., in tal senso, sentenza del 4 luglio 2006, Adeneler e a., C-212/04, Racc. pag. I-6057, punto 111). Spetta, pertanto, al giudice del rinvio verificare se le norme del diritto nazionale che esso invoca, e che a suo avviso potrebbero ostare alle condizioni imposte dal diritto dell’Unione, possano essere interpretate conformemente all’obiettivo di lotta contro l’evasione fiscale sui cui si basano queste medesime condizioni.
37 Ora, è certamente vero che il diritto dell’Unione non può imporre al giudice nazionale di applicare d’ufficio una disposizione di tale diritto quando ciò comporterebbe una deroga al principio, insito nel suo diritto processuale nazionale, del divieto di reformatio in peius (sentenza del 25 novembre 2008, Heemskerk e Schaap, C-455/06, Racc. pag. I-8763, punto 46). Tuttavia, in un procedimento come quello principale, relativo fin dall’inizio al diritto a detrazione dell’IVA riportata su determinate fatture, non risulta, in ogni caso, che un tale divieto possa applicarsi alla presentazione durante il procedimento giurisdizionale, da parte dell’amministrazione tributaria, di elementi nuovi i quali, riferendosi a tali medesime fatture, non possono essere ritenuti aggravare la situazione del soggetto passivo che invoca il diritto a detrazione.
38 Peraltro, anche qualora una norma di diritto nazionale qualifichi l’evasione fiscale come illecito penale, mentre tale qualificazione competa unicamente al giudice penale, non sembra che tale norma osti a che il giudice incaricato di valutare la legittimità di un avviso di accertamento in rettifica che mette in discussione la detrazione dell’IVA operata da un soggetto passivo si basi sugli elementi obiettivi presentati dall’amministrazione tributaria per accertare, nel caso di specie, un’evasione, dato che, ai sensi di un’altra disposizione del diritto nazionale, quella dell’art. 70, paragrafo 5, della legge relativa all’IVA, l’IVA «fatturata illegalmente» non dà diritto a detrazione. 39 Occorre pertanto rispondere alla seconda questione che, qualora abbiano l’obbligo o la facoltà di sollevare d’ufficio i motivi di diritto relativi a una norma imperativa del diritto nazionale, i giudici nazionali sono tenuti a fare altrettanto con riferimento a una norma del diritto dell’Unione come quella che impone alle autorità e ai giudici nazionali di negare il beneficio del diritto a detrazione dell’IVA ove sia dimostrato, alla luce di elementi oggettivi, che tale diritto è invocato fraudolentemente o abusivamente. Spetta a tali giudici, nella valutazione del carattere fraudolento o abusivo della pretesa di esercitare il diritto a detrazione, interpretare il diritto nazionale quanto più possibile alla luce del testo e dello scopo della direttiva n. 2006/112, così da realizzare il risultato perseguito da quest’ultima; ciò esige che essi facciano tutto quanto di loro competenza prendendo in considerazione il diritto interno nel suo complesso e applicando i suoi stessi criteri ermeneutici. Sulle questioni quarta e quinta.
40 Con la quarta e la quinta questione, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se la direttiva n. 2006/112, segnatamente il suo art. 242, richiedendo a ogni soggetto passivo di tenere una contabilità sufficientemente dettagliata ai fini dell’applicazione dell’IVA e del relativo controllo da parte dell’amministrazione tributaria, debba essere interpretata nel senso che essa non osta a che lo Stato membro interessato imponga a ogni soggetto passivo di osservare a tale riguardo la totalità delle norme contabili nazionali conformi ai principi contabili internazionali, inclusa una disposizione nazionale secondo la quale il servizio è considerato prestato nel momento in cui ricorrono le condizioni per il riconoscimento dei proventi della prestazione. 41 Si deve ricordare che, nell’ambito del sistema comune dell’IVA, gli Stati membri sono tenuti a garantire il rispetto degli obblighi a carico dei soggetti passivi e beneficiano, al riguardo, di una certa libertà in relazione, segnatamente, al modo di utilizzare i mezzi a loro disposizione. Fra tali obblighi, l’art. 242 della direttiva n. 2006/112 prevede, in particolare, che ogni soggetto passivo tenga una contabilità che sia sufficientemente dettagliata per consentire l’applicazione dell’IVA e il relativo controllo da parte dell’amministrazione fiscale (v., in tal senso, sentenza del 29 luglio 2010, Profaktor Kulesza, Frankowski, Jó?wiak, Or?owski, C-188/09, Racc. pag. I-7639, punti 22 e 23).
42 Peraltro, ai sensi dell’art. 273, primo comma, della direttiva n. 2006/112, gli Stati membri possono stabilire altri obblighi che ritengano necessari ad assicurare l’esatta riscossione dell’IVA e ad evitare l’evasione. Tale facoltà non può essere esercitata se influisce sugli scambi fra Stati membri né può tradursi, come specifica il secondo comma del medesimo art. , nell’imposizione di obblighi di fatturazione supplementari rispetto a quelli previsti dalla stessa direttiva.
43 Detta facoltà non può neppure autorizzare gli Stati membri ad adottare provvedimenti che eccedano quanto necessario per conseguire gli obiettivi di assicurare l’esatta riscossione dell’imposta e di evitare l’evasione (sentenza Profaktor Kulesza, Frankowski, Jó?wiak, Or?owski, cit., punto 26).
44 Purché rispettino tali limiti, il diritto dell’Unione non osta a norme contabili nazionali supplementari che siano stabilite con riferimento a principi contabili internazionali applicabili nell’Unione alle condizioni previste dal regolamento (CE) n. 1606/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 luglio 2002, relativo all’applicazione di principi contabili internazionali (GU L 243, pag. 1).
45 Riguardo alla questione se tali principi contabili internazionali possano prevedere che il servizio sia considerato prestato nel momento in cui ricorrono le condizioni per il riconoscimento dei proventi della prestazione in questione, è giocoforza constatare che tale norma avrebbe l’effetto di rendere l’IVA esigibile a titolo di tale prestazione solo dal momento in cui le spese sostenute dal fornitore o dal subappaltatore siano state registrate nella contabilità di tali operatori.
46 Orbene, si deve ricordare che, secondo l’art. 167 della direttiva n. 2006/112, il diritto a detrazione sorge quando l’imposta detraibile diventa esigibile e che, secondo l’art. 63 di tale direttiva, l’IVA diventa esigibile nel momento in cui è effettuata la prestazione di servizi. Pertanto, e fatte salve le situazioni specifiche di cui agli artt. 64 e 65 di detta direttiva, le quali non sono controverse nel procedimento principale, il momento in cui l’imposta diventa esigibile e, dunque, detraibile per il soggetto passivo non può essere determinato, in via generale, dal compimento di formalità quali la contabilizzazione da parte dei prestatori delle spese sostenute per fornire i servizi.
47 D’altro canto, un eventuale inadempimento di obblighi contabili da parte del prestatore di servizi non può mettere in discussione il diritto a detrazione spettante al destinatario dei servizi per quanto riguarda l’IVA pagata per essi, qualora le fatture relative ai servizi forniti rechino tutte le informazioni richieste dall’art. 226 della direttiva n. 2006/112 (v., in tal senso, sentenza del 6 settembre 2012, Tóth, C-324/11, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 32).
48 Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alle questioni quarta e quinta che la direttiva n. 2006/112, segnatamente il suo art. 242, richiedendo a ogni soggetto passivo di tenere una contabilità sufficientemente dettagliata ai fini dell’applicazione dell’IVA e del relativo controllo da parte dell’amministrazione tributaria, deve essere interpretata nel senso che essa non osta a che lo Stato membro interessato, nei limiti previsti dall’art. 273 della stessa direttiva, imponga a ogni soggetto passivo di osservare in proposito la totalità delle norme contabili nazionali conformi ai principi contabili internazionali, purché i provvedimenti adottati in tal senso non vadano al di là di quanto necessario per conseguire gli obiettivi di assicurare l’esatta riscossione dell’imposta e di evitare l’evasione. A tale riguardo, la direttiva n. 2006/112 osta a una disposizione nazionale secondo la quale il servizio è considerato prestato nel momento in cui ricorrono le condizioni per il riconoscimento dei proventi della prestazione.
Sulle spese
49 Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
P.Q.M.
la Corte (Settima Sezione) dichiara:
1) La direttiva n. 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, deve essere interpretata nel senso che essa osta a che un soggetto passivo effettui la detrazione dell’imposta sul valore aggiunto riportata nelle fatture emesse da un prestatore di servizi qualora risulti che il servizio è stato sì fornito, ma non da tale prestatore o dal suo subappaltatore – segnatamente perché costoro non disponevano del personale, delle risorse materiali e degli attivi necessari, le spese della prestazione non sono state contabilizzate nei loro registri e l’identità dei firmatari di taluni documenti a titolo di prestatori del servizio si è rivelata inesatta –, alla doppia condizione che tali fatti integrino un comportamento fraudolento e che sia stabilito, alla luce di elementi oggettivi forniti dalle autorità tributarie, che il soggetto passivo sapeva o avrebbe dovuto sapere che l’operazione invocata a fondamento del diritto a detrazione s’iscriveva in un’evasione, circostanza che spetta al giudice nazionale verificare.
2) Qualora abbiano l’obbligo o la facoltà di sollevare d’ufficio i motivi di diritto relativi a una norma imperativa del diritto nazionale, i giudici nazionali sono tenuti a fare altrettanto con riferimento a una norma del diritto dell’Unione come quella che impone alle autorità e ai giudici nazionali di negare il beneficio del diritto a detrazione dell’imposta sul valore aggiunto ove sia dimostrato, alla luce di elementi oggettivi, che tale diritto è invocato fraudolentemente o abusivamente. Spetta a tali giudici, nella valutazione del carattere fraudolento o abusivo della pretesa di esercitare il diritto a detrazione, interpretare il diritto nazionale quanto più possibile alla luce del testo e dello scopo della direttiva n. 2006/112, così da realizzare il risultato perseguito da quest’ultima; ciò esige che essi facciano tutto quanto di loro competenza prendendo in considerazione il diritto interno nel suo complesso e applicando i suoi stessi criteri ermeneutici.
3) La direttiva n. 2006/112, segnatamente il suo art. 242, richiedendo a ogni soggetto passivo di tenere una contabilità sufficientemente dettagliata ai fini dell’applicazione dell’imposta sul valore aggiunto e del relativo controllo da parte dell’amministrazione tributaria, deve essere interpretata nel senso che essa non osta a che lo Stato membro interessato, nei limiti previsti dall’art. 273 della stessa direttiva, imponga a ogni soggetto passivo di osservare in proposito la totalità delle norme contabili nazionali conformi ai principi contabili internazionali, purché i provvedimenti adottati in tal senso non vadano al di là di quanto necessario per conseguire gli obiettivi di assicurare l’esatta riscossione dell’imposta e di evitare l’evasione. A tale riguardo, la direttiva n. 2006/112 osta a una disposizione nazionale secondo la quale il servizio è considerato prestato nel momento in cui ricorrono le condizioni per il riconoscimento dei proventi della prestazione.
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