AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 18 maggio 2022, n. 273
Art. 51 e 95 del TUIR di cui al d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917. Coupon riconosciuto ai dipendenti per la fruizione di un’applicazione informatica
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
La società istante ALFA S.P.A. rappresenta di voler introdurre un piano di welfare aziendale attraverso un insieme di iniziative volte ad incrementare il benessere del lavoratore e della sua famiglia.
In tale contesto, ai fini del presente interpello, il piano di welfare prevede che il personale dipendente (a tempo indeterminato e a tempo determinato, a tempo pieno e a tempo parziale) abbia diritto all’utilizzo per un anno dell’applicazione informatica ” … “, disponibile per … e … (di seguito anche “App“).
Al riguardo, l’istante precisa che l’App, che può funzionare anche dall’estero, ha come obiettivo l’incontro tra … e utente, mettendo a disposizione un sistema di ricerca in tempo reale di un ..o di un … che si sia reso disponibile. La ricerca si basa su alcuni parametri: il luogo, le lingue parlate e le specializzazioni. Pertanto, l’App risponde all’esigenza estemporanea di trovare un … con determinate caratteristiche in uno specifico momento ed in uno specifico luogo, consentendo di accedere ad una prestazione sanitaria, che, altrimenti, sarebbe in molti casi preclusa per la difficoltà nel reperimento del personale … .
Il … e l’utente definiscono le rispettive disponibilità di luogo, di tempo ed economiche senza alcuna intermediazione sulla prestazione. Eventuali convezioni disponibili saranno presentate dall’App.
La società istante, nell’ambito del piano welfare, evidenzia che fornirà ad ogni dipendente un coupon del valore di euro … che garantirà il servizio dell’App per un anno. In merito, l’istante fa presente che il coupon non è comprensivo della prestazione … o … in quanto il servizio si pone l’obiettivo di rendere disponibile la prestazione a tutte le persone che la necessitano in relazione ad un luogo, all’orario, alla specialità ed alla lingua. Pertanto, l’App garantisce l’accesso alla prestazione, non la prestazione … che verrà liberamente scelta e concordata dall’utente.
Ciò esposto, l’istante chiede se le somme corrisposte per consentire ai propri dipendenti di usufruire del servizio ” …” assumano rilevanza in capo al soggetto beneficiario del servizio ai fini della determinazione del reddito di lavoro dipendente e se i costi relativi a tale servizio siano detraibili ai fini IVA per la società istante.
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
L’istante ritiene che la fattispecie prospettata sia riconducibile all’articolo 100, comma 1, del TUIR, il quale si riferisce espressamente alle finalità « di educazione, istruzione, ricreazione, assistenza sociale e sanitaria o culto». In particolare, ad avviso dell’istante, ancorché il coupon conferisca il diritto ad accedere alla prestazione, e non la prestazione in sé, i servizi descritti rientrano nell’ambito applicativo della norma in quanto riferiti a « finalità (…) sanitaria».
Al riguardo, richiamati i principali documenti di prassi pubblicati dall’Agenzia delle Entrate in tema di trattamento fiscale dei benefit offerti a categorie di dipendenti nell’ambito di un piano di welfare aziendale, conclude che il servizio ” …” offerto nel proprio piano di welfare possieda tutti i requisiti per rientrare nell’ambito applicativo dell’articolo 51, comma 2, lettera f), del TUIR, assumendo la qualifica di servizi alla persona aventi rilevanza sanitaria e sociale.
Da quanto sopra deriva che il servizio in questione – messo a disposizione della generalità dei dipendenti ai sensi di un regolamento aziendale – non concorre alla formazione del reddito di lavoro dipendente del percettore e, per altro verso, consente l’integrale deducibilità dei costi sostenuti dal datore di lavoro ai sensi dell’articolo 95 del TUIR.
Ai fini IVA, richiamando la risposta a interpello n. 338 del 10 settembre 2020, l’istante evidenzia che la detraibilità per il datore di lavoro dell’imposta assolta sui servizi acquistati, da erogare ai dipendenti nell’ambito di un piano welfare, è ammessa qualora sia riscontrabile, come nel caso in esame, un nesso diretto e immediato tra le operazioni di acquisto “a monte” e le operazioni effettuate “a valle” che conferiscono il diritto alla detrazione.
Parere dell’Agenzia delle entrate
In via preliminare, si evidenzia che esula dall’analisi della presente istanza di interpello ordinario la corretta determinazione e quantificazione del valore contabile e fiscale delle operazioni indicate in istanza e nei vari allegati prodotti, restando impregiudicato qualsiasi potere di controllo da parte dell’amministrazione finanziaria volto alla corretta determinazione, qualificazione e quantificazione fiscale degli stessi.
Il presente parere, inoltre, non esamina la rispondenza dell’intero regolamento di welfare aziendale alla normativa di riferimento, ma considera solo la possibilità di ricondurre la fruizione del servizio « …» all’articolo 51, comma 2, lettera f), del Testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1987, n. 917, così come richiesto dall’ Istante.
Ai sensi dell’articolo 51, comma 1, del TUIR, costituiscono reddito di lavoro dipendente « tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro».
Pertanto, sia gli emolumenti in denaro, sia i valori corrispondenti ai beni e/o ai servizi percepiti dal dipendente in relazione al rapporto di lavoro costituiscono, in linea generale, redditi imponibili e concorrono alla determinazione del reddito di lavoro dipendente (c.d. principio di onnicomprensività).
Il medesimo articolo 51 individua, tuttavia, ai commi successivi, specifiche deroghe al principio della totale tassabilità del reddito di lavoro dipendente, elencando le componenti reddituali che non concorrono a formare la base imponibile o vi concorrono solo in parte.
In particolare, il comma 2, alla lettera f), prevede che non concorrono a formare il reddito di lavoro dipendente « l’utilizzazione delle opere e dei servizi riconosciuti dal datore di lavoro volontariamente o in conformità a disposizioni di contratto o di accordo o di regolamento aziendale, offerti alla generalità dei dipendenti o a categorie di dipendenti e ai familiari indicati nell’articolo 12 per le finalità di cui al comma 1 dell’articolo 100», tra le quali è ricompresa l’assistenza sociale e sanitaria. L’ambito oggettivo di applicazione della riportata lettera f) comprende opere e servizi aventi finalità di educazione, istruzione, ricreazione, assistenza sociale e sanitaria o culto, utilizzabili dal dipendente o dai familiari indicati nell’articolo 12 del TUIR, che, come affermato dalla precedente prassi ( cfr. circolare 23 dicembre 1997, n. 326 e circolare 22 dicembre 2000, n. 238), possono anche essere non fiscalmente a carico del lavoratore.
Nella circolare 15 giugno 2016, n. 28/E, par. 2.1, è stato ribadito che nell’ambito applicativo di tale disposizione rientrano solo le opere e i servizi che perseguono le predette finalità e, conseguentemente, non beneficiano della non imponibilità le somme di denaro erogate ai dipendenti a titolo di rimborso spese, anche se documentate e impiegate per opere e servizi aventi le predette finalità, e che le opere ed i servizi contemplati dalla norma possono essere messi a disposizione direttamente dal datore o da parte di strutture esterne all’azienda, ma a condizione che il dipendente resti estraneo al rapporto economico che intercorre tra l’azienda e il terzo erogatore del servizio ( cfr. anche risoluzione 10 marzo 2004, n. 34/E).
Nella successiva risoluzione 25 settembre 2020, n. 55/E, è stato precisato che si configura la fattispecie disciplinata dalla disposizione in esame nella sola ipotesi in cui al dipendente venga riconosciuta la possibilità di aderire o non all’offerta proposta dal datore di lavoro, senza pertanto poter pattuire altri aspetti relativi alla fruizione dell’opera e/o del servizio, fatto salvo il momento di utilizzo del benefit che potrà essere concordato con il datore di lavoro o con la struttura erogante la prestazione.
Laddove, infatti, l’opera e/o il servizio fossero predisposti dal datore di lavoro o dal terzo erogatore in ragione di specifiche esigenze del singolo lavoratore o dei suoi familiari e con le modalità da questi ultimi rappresentati, ad avviso della scrivente, si configurerebbe un aggiramento del divieto di erogare la prestazione in denaro che, come detto, non è contemplata nell’ambito di applicazione della lettera f) in esame. In relazione alle opere e ai servizi che non concorrono alla formazione del reddito imponibile, nella citata risoluzione n. 55/E del 2020 è stato chiarito che anche le carte che consentono al titolare di accedere a servizi di natura sanitaria e accessori (assistenza sanitaria telefonica … H24, accesso ad un circuito sanitario convenzionato con tariffe agevolate per prestazioni in libera professione, utilizzo del servizio di prenotazione messo a disposizione gratuitamente dal titolare del circuito sanitario convenzionato per fruire di prestazioni sanitarie, anche a tariffe concordate, rese da strutture convenzionate, ecc…) rientrano nell’ambito applicativo della citata lettera f), sempreché il loro utilizzo non possa essere esteso a soggetti diversi da quelli indicati nella disposizione da ultimo citata. Qualora, infatti, fosse possibile consentire la fruizione di servizi aventi finalità sanitarie anche a soggetti non ricompresi nell’ambito di applicazione della disposizione in esame, le carte si configurerebbero quale bene in natura fiscalmente rilevante ai sensi del riportato articolo 51, comma 3, del TUIR.
Il citato articolo, al successivo comma 3- bis, dispone che « ai fini dell’applicazione dei commi 2 e 3, l’erogazione di beni, prestazioni, opere e servizi da parte del datore di lavoro può avvenire mediante documenti di legittimazione, in formato cartaceo o elettronico, riportanti un valore nominale».
Al riguardo, si rammenta che ai sensi dell’articolo 6, comma 1, del decreto interministeriale 25 marzo 2016 « Tali documenti non possono essere utilizzati da persona diversa dal titolare, non possono essere monetizzati o ceduti a terzi e devono dare diritto ad un solo bene, prestazione, opera ovvero servizio per l’intero valore nominale senza integrazioni a carico del titolare».
Sul punto, nella circolare 15 giugno 2016, n. 28/E, paragrafo 2.4, è stato precisato, tra l’altro, che tali documenti hanno lo scopo di identificare il soggetto che ha diritto alla prestazione sottostante e richiedono, pertanto, la previa intestazione del titolo all’effettivo fruitore della prestazione, opera o servizio anche nei casi di utilizzo da parte dei familiari del dipendente. L’oggetto della prestazione alla quale il titolo può dare diritto deve consistere in un bene o un servizio, ragion per cui il voucher non può essere rappresentativo di somme di denaro.
Nel caso in esame, il Regolamento del piano welfare prevede che:
– « Il Dipendente può richiedere, per sé stesso o per i suoi familiari, tramite la piattaforma internet, voucher che consentono l’accesso a servizi attinenti ai seguenti ambiti: (…) utilizzo dell’applicazione … come meglio individuata all’art. 11 del presente regolamento. (…) Il voucher deve essere univoco, quindi è spendibile da parte del beneficiario (Dipendente o familiare) indicato sul voucher stesso esclusivamente per il tipo di servizio prescelto. (…) Questa tipologia di voucher non consente l’acquisto di prodotti, anche nell’ipotesi in cui siano correlati alla fruizione dei servizi cui il voucher si riferisce. A titolo esemplificativo, il voucher relativo all’applicazione … non potrà essere utilizzato per acquistare … o per il pagamento dei … convenzionati tramite l’applicazione» (art. … del Regolamento) .
– « Il personale dipendente a tempo indeterminato ed a tempo determinato, sia a tempo pieno che parziale ha diritto all’utilizzo per un anno dell’APP … (disponibile per … e …). L’APP … mette a disposizione un sistema di ricerca in tempo reale di un … che si è reso disponibile. La ricerca si basa sulle lingue parlate e sulle specializzazioni del … (sono inclusi anche i … ). L’Azienda fornirà ad ogni dipendente un coupon del valore di … Euro che garantirà il servizio per un anno. L’Azienda è estranea economicamente e non assume alcuna responsabilità nel rapporto fra il paziente fruitore e il … prescelto tramite l’applicazione. L’acquisto di tale APP rientra tra le spese di cui alla lettera f), comma 2 dell’articolo 51 del TUIR» (art. … del Regolamento).
– « Il sistema informatico produrrà annualmente un documento di sintesi riportante le spese rimborsate e le eventuali spese non rimborsate e i dati anagrafici dei familiari che hanno beneficiato del credito welfare. Tale documento verrà allegato al modello CU» (art. … del Regolamento).
Sulla base di tali disposizioni regolamentari, si ritiene che l’utilizzazione della APP per facilitare la generalità dei dipendenti nell’individuazione del … disponibile configuri un servizio avente finalità di assistenza sanitaria e come tale rientri nell’ambito di applicazione della riportata lettera f), comma 2, dell’articolo 51 del TUIR e che, la circostanza che tale servizio sia erogato tramite un coupon che, come riportato espressamente nel Regolamento, non può essere utilizzato per il pagamento della prestazione sanitaria fornita dal … contattato tramite la APP, integri i requisiti di cui al comma 3- bis del medesimo articolo 51.
Sulla base di quanto illustrato, si ritiene, pertanto, che il coupon del valore di … euro riconosciuto ai dipendenti per la fruizione del servizio fornito dalla APP “…”, di ricerca in tempo reale di un …, possa essere escluso dalla formazione del reddito imponibile del dipendente ai sensi dell’articolo 51, commi 2, lettera f), e 3- bis, del TUIR.
Con riferimento al trattamento fiscale, in capo alla società istante, delle spese sostenute per il servizio offerto ai dipendenti di cui sopra, si svolgono le seguenti osservazioni.
L’articolo 95, primo comma, del TUIR, dispone che « Le spese per prestazioni di lavoro dipendente deducibili nella determinazione del reddito comprendono anche quelle sostenute in denaro o in natura a titolo di liberalità a favore dei lavoratori, salvo il disposto dell’articolo 100, comma 1».
Il richiamato comma 1 dell’articolo 100, a sua volta, stabilisce che « Le spese relative ad opere o servizi utilizzabili dalla generalità dei dipendenti o categorie di dipendenti volontariamente sostenute per specifiche finalità di educazione, istruzione, ricreazione, assistenza sociale e sanitaria o culto, sono deducibili per un ammontare complessivo non superiore al 5 per mille dell’ammontare delle spese per prestazioni di lavoro dipendente risultante dalla dichiarazione dei redditi».
Inoltre, il comma 4 del medesimo articolo 100 reca una disposizione di chiusura, in forza della quale « Le erogazioni liberali diverse da quelle considerate nei precedenti commi e nel comma 1 dell’articolo 95 non sono ammesse in deduzione».
Per quanto qui di interesse, la citata circolare n. 28/E del 2016 (par. 2.1), con riferimento alle opere e servizi di cui all’articolo 51, comma 2, lettera f), del TUIR, ha chiarito che l’erogazione dei benefit in conformità a disposizioni di contratto, di accordo o di regolamento che configuri l’adempimento di un obbligo negoziale, determina la deducibilità integrale dei relativi costi da parte del datore di lavoro, ai sensi dell’articolo 95 del TUIR, e non nel solo limite del cinque per mille, secondo quanto previsto dall’articolo 100 del medesimo TUIR. Tale limite di deducibilità continua ad operare, invece, in relazione alle ipotesi in cui le opere ed i servizi siano offerti volontariamente dal datore di lavoro.
Alla luce di quanto sopra, considerata la suesposta riconducibilità del coupon in parola alle erogazioni previste dall’articolo 51, comma 2, lettera f), del TUIR, unitamente alla circostanza che si tratta di un servizio erogato in base all’articolo … del « Regolamento welfare aziendale vincolante fino al …» allegato all’istanza, si ritiene che le relative spese saranno integralmente deducibili dal reddito della società, ai sensi dell’articolo 95 del TUIR.
In relazione al comparto IVA, si fa presente che l’articolo 168 della Direttiva n. 112/2006/CE del Consiglio del 28 novembre 2006 (di seguito “Direttiva IVA”) dispone che ” nella misura in cui i beni e i servizi sono impiegati ai fini di sue operazioni soggette ad imposta, il soggetto passivo ha il diritto, nello Stato membro in cui effettua tali operazioni, di detrarre dall’importo dell’imposta di cui è debitore gli importi seguenti:
a) l’IVA dovuta o assolta in tale Stato membro per i beni che gli sono o gli saranno ceduti e per i servizi che gli sono o gli saranno resi da un altro soggetto passivo (…)”.
In merito all’ambito applicativo della disposizione recata dal predetto articolo 168 della Direttiva IVA, trasfuso nell’ordinamento domestico nell’articolo 19 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 (di seguito “Decreto IVA”), la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha più volte affermato che ” affinché il diritto a detrazione dell’IVA assolta a monte sia riconosciuto al soggetto passivo, è necessaria la sussistenza di un nesso diretto ed immediato tra una specifica operazione a monte ed una o più operazioni a valle, che conferiscono il diritto a detrazione” e, conseguentemente, ” il diritto a detrarre l’IVA gravante sull’acquisto di beni o servizi a monte presuppone che le spese effettuate per acquistare questi ultimi facciano parte degli elementi costitutivi del prezzo delle operazioni tassate a valle che conferiscono il diritto a detrazione” (cfr. fra tutte, sentenza del 14 settembre 2017, causa C132/16, punto 28, e giurisprudenza ivi citata).
Gli stessi giudici comunitari hanno, altresì, affermato che ” il diritto a detrazione è tuttavia ammesso a beneficio del soggetto passivo anche in mancanza di un nesso diretto e immediato tra una specifica operazione a monte e una o più operazioni a valle che conferiscono un diritto a detrazione, qualora i costi dei servizi in questione facciano parte delle spese generali del soggetto passivo e, in quanto tali, siano elementi costitutivi del prezzo dei beni o dei servizi che esso fornisce. Spese di tal genere presentano, infatti, un nesso diretto e immediato con il complesso delle attività economiche del soggetto passivo” (cfr. sentenze del 29 ottobre 2009, causa C29/08, punto 58, e del 18 luglio 2013, causa C124/12, punto 28).
Diversamente, ” qualora beni o servizi acquistati da un soggetto passivo vengano impiegati a fini di operazioni esenti o non rientranti nell’ambito di applicazione dell’IVA, non è possibile né riscossione dell’imposta a valle né detrazione dell’imposta a monte” (cfr. sentenza del 29 ottobre 2009, causa C29/08, punto 59).
In base all’orientamento espresso dai giudici comunitari, dunque, per la spettanza del diritto alla detrazione, occorre verificare la sussistenza del nesso diretto e immediato tra le operazioni di acquisto di beni e servizi effettuate a monte e una specifica operazione a valle, imponibile ai fini IVA. In presenza di tale nesso, le spese sostenute per gli acquisti di beni e servizi rappresentano elementi costitutivi del prezzo di vendita delle operazioni a valle effettuate dal soggetto passivo.
In assenza di tale nesso diretto, occorre riscontrare se i costi dei servizi (su cui è stata assolta a monte l’IVA) sostenuti dalla Società confluiscano tra le spese generali e, in quanto tali, siano elementi costitutivi del prezzo finale delle operazioni a valle (cessioni di beni o prestazioni di servizi), rese dall’Istante nello svolgimento dell’attività economica esercitata.
Secondo l’indirizzo giurisprudenziale sopra illustrato, per spese generali si intendono quelle caratterizzate da ” un nesso diretto e immediato con il complesso delle attività economiche del soggetto passivo”.
In merito alla fattispecie oggetto del presente interpello, il riconoscimento in capo all’Istante del diritto alla detrazione dell’imposta assolta sui servizi di welfare aziendali acquistati non può prescindere dalla verifica della sussistenza del nesso diretto tra le operazioni di acquisto de quo e le operazioni a valle poste in essere dalla Società.
Questo nesso non sembra riscontrabile, atteso che la messa a disposizione gratuita dell’applicazione denominata “…”, unitamente a un coupon del valore di … euro per un anno di servizio, costituisce – a parere dello scrivente Ufficio – un’operazione esclusa dal campo di applicazione dell’IVA ai sensi dell’articolo 3, comma 3, del Decreto IVA, secondo cui ” Le prestazioni indicate nei commi primo e secondo, sempre che l’imposta afferente agli acquisti di beni e servizi relativi alla loro esecuzione sia detraibile, costituiscono per ogni operazione di valore superiore ad euro cinquanta, prestazione di servizi anche se effettuate per l’uso personale o familiare dell’imprenditore, ovvero a titolo gratuito per altre finalità estranee all’esercizio dell’impresa, ad esclusione delle somministrazioni nelle mense aziendali e delle prestazioni di trasporto, didattiche, educative e ricreative, di assistenza sociale e sanitaria a favore del personale dipendente (…)”.
Inoltre, i costi dei servizi di welfare aziendale sostenuti dalla Società non appaiono nemmeno inquadrabili tra le spese generali, nell’accezione elaborata dalla Corte di Giustizia, atteso che detti servizi non sono caratterizzati da un nesso diretto e immediato con il complesso delle attività economiche esercitate dall’Istante, tale da configurare un elemento costitutivo del prezzo di vendita delle operazioni a valle.
Dalla ricostruzione sopra operata emerge, dunque, che non può essere riconosciuto in capo alla Società il diritto alla detrazione dell’IVA assolta sugli acquisti relativi alla fornitura, al proprio personale dipendente, dell’applicazione “…”.
In ultimo si ricorda che il coupon di euro … riconosciuto ai dipendenti – in base alla descrizione resa dall’Istante – sembra avere le caratteristiche di un voucher multiuso di cui all’articolo 6- quater del Decreto IVA.
Il presente parere viene reso sulla base degli elementi e dei documenti presentati, assunti acriticamente così come illustrati nell’istanza di interpello, nel presupposto della loro veridicità e concreta attuazione del contenuto.
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