La Corte di Giustizia UE con la sentenza n. C-227/21 depositata il 15 settembre 2022, in tema di deducibilità IVA, ha statuito che “… L’articolo 168, lettera a), della direttiva IVA, in combinato disposto con il principio di neutralità fiscale, deve essere interpretato nel senso che esso osta a una prassi nazionale consistente, nell’ambito della vendita di un bene immobile tra soggetti passivi, nel negare all’acquirente il diritto di detrarre l’IVA assolta a monte per il solo fatto che questi sapeva o avrebbe dovuto sapere che il venditore si trovava in difficoltà finanziarie, oppure in uno stato di insolvenza, e che tale circostanza poteva comportare la conseguenza che il venditore medesimo non avrebbe versato o non sarebbe stato in grado di versare l’IVA all’erario …”

Successivamente tale principio è stato ribadito dalla Corte UE anche con la sentenza n. C-596/21 con cui ha statuito che “… gli articoli 167 e 168 della direttiva 2006/112, letti alla luce del principio del divieto di frode, devono essere interpretati nel senso che al secondo acquirente di beni può essere negato il beneficio della detrazione dell’IVA assolta a monte, per il motivo che egli sapeva o avrebbe dovuto essere a conoscenza dell’esistenza di una frode in materia di IVA commessa dal venditore originario al momento della prima vendita, anche se anche il primo acquirente era a conoscenza di tale frode. […]  gli articoli 167 e 168 della direttiva 2006/112, letti alla luce del principio del divieto di frode, devono essere interpretati nel senso che il secondo acquirente di beni che, in una fase anteriore a tale acquisto, è stato oggetto di un’operazione fraudolenta riguardante soltanto una parte dell’IVA che lo Stato è legittimato a riscuotere deve essere negare il suo diritto alla detrazione integrale dell’IVA assolta a monte qualora sapesse o avrebbe dovuto sapere che l’acquisto era collegato a una frode. …”

Difficoltà finanziare del fornitore

Per cui i giudici della Corte UE hanno stabilito che la detrazione dell’Iva non può essere negata al soggetto passivo acquirente di beni o di servizi per il solo fatto che era consapevole del rischio che il fornitore, in difficoltà finanziarie, non versasse l’imposta fatturata. Pertanto è irrilevante ai fini del diritto alla detrazione che il fornitore dei beni o dei servizi abbia provveduto al versamento o meno l’Iva dovuta.

Va negato il diritto alla detrazione qualora sia dimostrato che l’intento fraudolente o abusivo.

I giudici hanno precisato nella sentenza n. C-227-21 che “… la nozione di «frode che lede gli interessi finanziari delle Comunità europee» […] comprende in particolare «qualsiasi azione od omissione intenzionale relativa (…) all’utilizzo o alla presentazione di dichiarazioni o documenti falsi, inesatti o incompleti cui consegua la diminuzione illegittima di risorse del bilancio generale delle Comunità europee o dei bilanci gestiti dalle Comunità europee o per conto di esse». Pertanto, e come risulta dal punto precedente, tale nozione include qualsiasi azione od omissione intenzionale che pregiudichi le entrate provenienti dall’applicazione di un’aliquota uniforme agli imponibili IVA armonizzati determinati secondo regole dell’Unione (v., in tal senso, sentenza dell’8 settembre 2015, Taricco e a., C-105/14, EU:C:2015:555, punto 41). …”

Inoltre nella sentenza in commento i giudici hanno precisato che “… non si può ritenere che un soggetto passivo, debitore giudiziario, che versi in difficoltà finanziarie, e venda, in una vendita giudiziaria al pubblico incanto disciplinata dalla legge, uno dei suoi beni al fine di estinguere i propri debiti e poi dichiari l’IVA dovuta a tale titolo, ma non sia in grado successivamente, a causa di tali difficoltà, di versare, in tutto o in parte, detta IVA, commetta, per questo solo motivo, una frode in materia di IVA. Di conseguenza, non è possibile, a maggior ragione, in dette circostanze, addebitare all’acquirente di un tale bene il fatto che egli sapeva o avrebbe dovuto sapere che, acquistando tale bene, partecipava a un’operazione che si iscriveva in una frode in materia di IVA.

[…] la sussistenza di un eventuale abuso di diritto in capo all’acquirente del bene immobile di cui trattasi, si deve ricordare che il diritto dell’Unione in materia di IVA osta al diritto del soggetto passivo di detrarre l’IVA assolta a monte allorché le operazioni che fondano tale diritto integrano un comportamento abusivo (sentenza del 21 febbraio 2006, Halifax e a., C-255/02, EU:C:2006:121, punto 85). Tale diritto non può infatti estendersi ai comportamenti abusivi di operatori economici, vale a dire le operazioni realizzate non nell’ambito di transazioni commerciali normali, bensì al solo scopo di beneficiare abusivamente dei vantaggi previsti da detto diritto (v., in tal senso, sentenza del 22 dicembre 2010, Weald Leasing, C-103/09, EU:C:2010:804, punto 26).

In materia di IVA, l’accertamento dell’esistenza di un comportamento abusivo richiede la sussistenza di due condizioni. Da un lato, le operazioni di cui trattasi devono, nonostante l’applicazione formale delle condizioni previste dalle pertinenti disposizioni della direttiva IVA e della normativa nazionale di recepimento, avere come risultato l’ottenimento di un vantaggio fiscale la cui concessione sarebbe contraria all’obiettivo perseguito da dette disposizioni. Dall’altro, da un insieme di elementi oggettivi deve risultare che lo scopo essenziale delle operazioni di cui trattasi si limita all’ottenimento di tale vantaggio fiscale (v., in tal senso, sentenze del 21 febbraio 2006, Halifax e a., C-255/02, EU:C:2006:121, punti 74 e 75, e dell’11 novembre 2021, Ferimet, C-281/20, EU:C:2021:910, punto 54 e giurisprudenza ivi citata) …”

Condotta fraudolenta

Nella sentenza C-596/21 ha affermato che “… il diritto dei soggetti passivi di detrarre dall’IVA di cui sono debitori l’IVA dovuta o assolta per i beni e i servizi da essi ricevuti a monte e utilizzati ai fini di un’attività imponibile costituisce un principio fondamentale del sistema comune dell’IVA. Il diritto a detrazione previsto agli articoli 167 e seguenti della direttiva 2006/112 costituisce quindi parte integrante del meccanismo dell’IVA e non può, in linea di principio, essere limitato qualora i soggetti passivi che intendono esercitarlo soddisfino i requisiti o le condizioni sostanziali e formali cui tale diritto è soggetto. sentenza dell’11 novembre 2021, Ferimet (C-281/20, EU:C:2021:910, punto 31). …”

Per i giudici “… la mera circostanza che un soggetto passivo abbia acquistato beni o servizi quando sapeva o avrebbe dovuto sapere che, con tale acquisto, partecipava ad un’operazione di frode in materia di IVA, commessa a monte della catena delle prestazioni o delle prestazioni di servizi, è considerata, ai sensi della direttiva 2006/112, come partecipazione a tale frode. L’unico atto positivo determinante per il diniego del diritto a detrazione in una situazione del genere è l’acquisto di tali beni o servizi. Tale acquisto facilita la frode consentendo lo smaltimento dei beni interessati, il che è sufficiente per negare il diritto alla detrazione dell’IVA assolta (v., in tal senso, ordinanza del 14 aprile 2021, Finanzamt Wilmersdorf, C-108/20, EU:C:2021:266, punti 26 e 34). …”

Inoltre, viene riaffermato che “… L’ignoranza dell’esistenza di una frode che vizia l’operazione imponibile che dà diritto a detrazione, nonostante l’esecuzione dei controlli che possono essere ragionevolmente richiesti a qualsiasi operatore economico, costituendo così una condizione sostanziale implicita del diritto a detrazione, il soggetto passivo che non soddisfa tale condizione deve quindi essere negato l’esercizio del suo diritto a detrazione nella sua interezza (v., in tal senso, ordinanza del 14 aprile 2021, Finanzamt Wilmersdorf (C-108/20, EU:C:2021:266, punti 24, 31 e 33). …”