La Corte di Cassazione, sezione penale, con la sentenza n. 47471 depositata il 29 novembre 2013 intervenendo in tema di rati fiscali ed associativi ha affermato che nessuna rimessione in termini per le decadenze già maturate o per le eccezioni non tempestivamente prodotte, nessun privilegio prescrizionale ex art. 159 c.p. I giudici ignorano l’espresso riconoscimento sindacale dell’OUA, ex art. 39 della nuova legge professionale. Inoltre hanno statuito che è da annullare la sentenza di condanna di merito per dichiarazione fraudolenta mediante fatture per operazioni inesistenti (art. 2 del DLgs. 74/2000) nella quale, al fine di dimostrare l’inserimento dei documenti falsi nelle dichiarazioni, ci si limiti ad evidenziare l’esistenza dei crediti IVA consistenti, senza provare la correlazioni di tali crediti con le fatture false indicate nelle dichiarazioni.
La vicenda ha riguardato alcuni soggetti che avevano assunto incarichi di vertice in una società e che avevano emesso fatture a soggetti diversi dai reali prestatori di servizi, fino a superare le soglie della rilevanza penale in punto di imposta evasa sul valore aggiunto. Contestata la dichiarazione fraudolente per utilizzo di fatture false. Il Tribunale assolveva dal reato di associazione gli imputati in particolare perchè riteneva mancante, nella specie, la predisposizione di una struttura organizzativa e di mezzi strutturali funzionali alla commissione dei reati quali elementi costitutivi necessari per la sussistenza del sodalizio criminoso stante la non valorizzabilità, a tal fine, della struttura rappresentata dalla società N..it in quanto di per sé volta, sin dalla sua costituzione, a realizzare leciti fini d’impresa .
Il P.M. avverso la pronuncia del Tribunale ricorreva alla Corte di Appello che in parziale riforma della sentenza del Tribunale, dichiarava, gli imputati colpevoli dei reati di cui all’art. 416 c.p. (capo a) e del reato di cui agli artt. 81, 110, 61 n.7 c.p.e 2 del d. Igs. n. 74 del 2000 (capo c), in questo assorbito il reato di truffa e tentata truffa aggravata di cui al capo b) e, esclusa l’aggravante di cui all’art. 61 n.7 c.p.
Gli imputati con rispettivi ricorsi impugnarono la sentenza dei giudici di appello, con una lunga serie di motivi di censura, inanzi alla Corte Suprema.
Gli Ermellini accolgono alcune delle motivazioni e rinviano ad altra sezione della corte di appello. In particolare i giudici di legittimità, come affermato in più occasioni, che ai fini della configurabilità di una associazione a delinquere non si richiede l’apposita creazione di una organizzazione, sia pure rudimentale, ma è sufficiente una struttura che può anche essere preesistente alla ideazione criminosa e già dedita a finalità lecita (Sez.6, n, 9117/12 del 16/12/2011, Tedesco, Rv. 252387; vedi anche Sez. 5, n. 31149 del 05/05/2009, Occioni e altro, Rv. 244486; Sez.l, n, 134 del 03/10/1989, Pintacruda, Rv. 182998); sicché, in altri termini, non essendovi ragione per differenziare tra una condotta che ponga in essere appositamente a fini illeciti una struttura dotata di requisiti di tendenziale stabilità ed una condotta che, invece, pieghi a fini illeciti una struttura lecita e già esistente, ben può, anche In tale secondo caso, individuarsi l’elemento oggettivo del reato di cui all’art. 416 c.p.
Ciò posto, è anche vero però che il reato de quo sì caratterizza, oltre che per gli elementi del vincolo associativo tendenzialmente permanente, o comunque stabile, destinato a durare anche oltre la realizzazione dei delitti concretamente programmati, e dell’esistenza di una struttura organizzativa, sia pur minima, idonea e soprattutto adeguata a realizzare gli obiettivi criminosi presi dì mira, anche per l’elemento ulteriore dell’indeterminatezza del programma criminoso, elemento che infatti serve a differenziare il reato associativo dall’accordo che sorregge il concorso di persone nel reato (Sez. 1, n, 10107 del 14/07/1998, Rv. 211403)
Altra motivazione accolta dai giudici del Palazzaccio è quella inerente il reato di utilizzazione fraudolenta in dichiarazione di fatture per operazioni inesistenti è integrato, con riguardo alle imposte dirette, dalla sola inesistenza oggettiva, ovvero quella relativa alla diversità, totale o parziale, tra costi indicati e costi sostenuti, mentre, con riguardo all’iva, esso comprende anche la inesistenza soggettiva, ovvero quella relativa alla diversità tra soggetto che ha effettuato la prestazione e quello indicato in fattura (Sez. 3, n. 10394 del 14/01/2010, Gerotto, Rv. 246327)
Continuando a leggere le motivazioni la Corte ribadisce che il sistema sanzionatorio della dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture introdotto dal D.Lgs. n. 74/2000 individua il concretizzarsi del reato nella indicazione in dichiarazione delle fatture false con il relativo invio (da ultimo, Sez. 3, n. 23229 del 27/04/2012, P.M. in proc. Rigotti, Rv. 252999; Sez. 2, n. 42111 del 17/09/2010, De Seta, Rv, 248499; Sez. 1, n, 25483 del 05/03/2009, Daniotti, Rv. 244155). In stretta connessione con ciò, il D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 6 ha previsto, inoltre, che il delitto in questione non sia comunque punibile a titolo di tentativo, derivandone dunque, da un lato, che solo con la condotta di presentazione della dichiarazione il reato può considerarsi perfezionato e, dall’altro, che, a differenza di quanto, in precedenza, stabiliva appunto l’art. 4, lett. g) della I. n. 516 del 1982, (che puniva ex se anche il semplice inserimento nella contabilità di fatture per operazioni inesistenti indipendentemente dall’allegazione alla dichiarazione), le condotte pregresse ad essa restano, sul piano penale, irrilevanti, neutra essendo, sotto tale profilo, anche la registrazione di detti documenti in contabilità (da ultimo, Sez. 3, n. 14855 del 19/12/2011, Malagò, non massimata; Sez. 3, n. 626 del 21/11/2008, Zipponi, Rv. 242343). Per cui i giudici supremi evidenziano la necessita per la Corte Territoriale di accertare nella specie la effettiva avvenuta utilizzazione delle trentotto fatture ritenute false di cui alle imputazioni nelle dichiarazioni dei redditi Iva e che della prova di tale utilizzazione si fornisse, nella sentenza impugnata, adeguata e logica motivazione.
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