Agenzia delle Entrate – Risposta n. 328 del 9 giugno 2022
Differimento dei termini di accertamento IVA – effetti sul termine di presentazione della dichiarazione integrativa – Art. 57, c. 3, del d.P.R. 26
ottobre 1972 n. 633
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, e’ stato esposto il seguente
QUESITO
[ALFA], di seguito anche istante, fa presente quanto qui di seguito sinteticamente riportato.
L’istante, nell’ambito della propria attività immobiliare e, più in generale, edilizia, si è occupata prevalentemente della ristrutturazione del fabbricato di interesse storico/artistico, sito a […].
Con riferimento all’anno di imposta 2013, ha maturato un credito IVA di importo pari a […] euro, chiesto a rimborso con la dichiarazione annuale IVA 2014.
In relazione alla predetta domanda di rimborso, l’istante ha fornito riscontro, solo in data 3 luglio 2020, alla richiesta di documentazione integrativa inoltrata dall’Agenzia delle entrate il 1° aprile 2016.
Sinteticamente, il ritardo nella consegna della documentazione – in base alla ricostruzione dei fatti prospettata dall’istante – è addebitabile ad una serie di accadimenti di cui la società è stata, suo malgrado, protagonista, ovvero:
- presenza di carichi iscritti a ruolo confluiti in alcune cartelle di pagamento – che avrebbero precluso l’erogazione del rimborso – solo successivamente oggetto di sgravio parziale e di c.d. “Rottamazione” per la parte residua;
- nelle more dell’annullamento dei carichi, presenza di iscrizione ipotecaria a carico dell’immobile societario sito a […];
- a seguito dell’annullamento dei carichi, avvio di una nuova attività di controllo a carico della società, relativamente ad altra annualità d’imposta, confluita e definita con accertamento con adesione;
- ritardi – non imputabili all’istante – nella conclusione dell’iter di sanatoria degli abusi edilizi compiuti anni orsono sull’immobile societario sito a […].
Ciò premesso, l’istante riferisce che «A seguito (i) della definizione delle sopra descritte attività di controllo, che consentono tra l’altro la cancellazione dell’iscrizione ipotecaria sull’Immobile, e (ii) del perfezionamento della concessione edilizia in sanatoria, la Società ha maturato nuove esigenze in linea con la sua mission nel campo immobiliare.
In particolare, [ALFA] ha intenzione di procedere alla dismissione dell’intero Immobile, terminati i lavori di completamento attualmente in fase di ultimazione.
Successivamente a tale operazione di dismissione, la Società potrà continuare e/o intraprendere altre attività non collegate all’Immobile.
Pertanto, in ragione della possibilità di vendita dell’Immobile e del pieno rilancio delle proprie attività, [ALFA] ha intenzione di variare la scelta originariamente formulata nella Dichiarazione IVA 2014 circa l’utilizzo del Credito IVA da rimborso a detrazione e/o compensazione».
A tal proposito, l’istante rammenta che «Secondo quanto chiarito dall’Agenzia delle Entrate nei chiarimenti di prassi [ovvero, con la risposta ad interpello n. 231 del 30 luglio 2020, ndr] e tenuto conto che al momento il rimborso non è stato eseguito, [ALFA], per esercitare l’ipotizzata variazione dell’utilizzo del Credito IVA da rimborso a detrazione e/o compensazione, è tenuta a presentare una dichiarazione integrativa della Dichiarazione IVA 2014».
Chiede, quindi, di sapere se «ai sensi del combinato disposto dell’art. 8, comma 6-bis, del DPR 322/1998 e dell’art. 57, comma 1, secondo periodo, del DPR 633/1972
– pro tempore vigente – e tenuto conto delle peculiarità della fattispecie, [ALFA] è nei termini per presentare la dichiarazione integrativa della Dichiarazione IVA 2014.
Ciò in quanto sussiste un parallelismo tra i termini di presentazione della dichiarazione integrativa e quelli di decadenza dal potere di accertamento del relativo anno d’imposta che, nel caso di specie, [in base all’articolo 57, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica del 26 ottobre 1972 n. 633, ndr] sono differiti ex lege per effetto della dilatazione (per le ragioni infra indicate) dei tempi per la Consegna Documenti nell’ambito del procedimento relativo alla richiesta di rimborso».
SOLUZIONE INTERPRETATIVA PROSPETTATA DAL CONTRIBUENTE
In sintesi, l’istante «ritiene di essere nei termini per presentare la dichiarazione integrativa della Dichiarazione IVA 2014 al fine di modificare la scelta dell’utilizzo di un credito IVA da rimborso, come manifestato nella dichiarazione originariamente presentata, a detrazione e/o compensazione.
La Società, infatti, come meglio argomentato nel seguito, ritiene di poter presentare una dichiarazione integrativa della Dichiarazione IVA 2014 fintantoché non sono spirati i termini per il controllo di detta dichiarazione originariamente presentata da parte dell’Amministrazione finanziaria.
Orbene, nel caso di specie, il termine di decadenza del potere di accertamento in relazione alla Dichiarazione IVA 2014 è ancora in corso, in quanto lo stesso è rimasto sospeso per il periodo che è intercorso tra il quindicesimo giorno successivo alla data in cui l’Ufficio ha notificato la Richiesta Documenti (aprile 2016) e la data in cui la Società ha adempiuto a tale richiesta con la Consegna Documenti (3 luglio 2020).
Tale dilatazione dei tempi per la risposta è stata causata da particolari accadimenti, in precedenza descritti, per cui la Società ha potuto presentare la documentazione comprovante il proprio diritto al rimborso solo quando è riuscita a definire compiutamente la propria posizione debitoria nei confronti dell’Amministrazione finanziaria e si è conclusa l’attività di controllo medio tempore avviata dall’Ufficio pur se relativa ad un’altra annualità».
PARERE DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE
Preliminarmente si osserva che il presente parere è reso senza entrare nel merito dell’effettiva esistenza e spettanza dell’eccedenza a credito IVA, già chiesta a rimborso con la dichiarazione IVA 2014 e che l’istante intende destinare alla compensazione.
La possibilità di rettificare l’originaria richiesta di rimborso del credito IVA, optando invece per la compensazione, è stata già ammessa da alcuni documenti di prassi.
Originariamente, detta facoltà è stata riconosciuta – in assenza di una disciplina della dichiarazione integrativa ai fini IVA distinta ed autonoma da quella propria delle imposte sui redditi e dell’IRAP – mediante la presentazione della cd. dichiarazione integrativa “a favore” nei termini di cui all’articolo 2, comma 8-bis, del decreto del Presidente della Repubblica del 22 luglio 1998, n. 322, nella formulazione vigente fino al 23 ottobre 2016, ovvero «non oltre il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo» (Cfr. in tal senso, le circolari 6 maggio 2011, n. 17/E; 19 giugno 2012, n. 25/E e 27 ottobre 2015, n. 35/E).
Successivamente, l’articolo 5, comma 1, lett. b), n. 2), del decreto-legge 22 ottobre 2016, n. 193, convertito, con modificazioni, dalla legge 1° dicembre 2016, n. 225, ha aggiunto il comma 6-bis all’articolo 8 del d.P.R. n. 322 del 1998, attualmente in vigore, così introducendo una disciplina “ad hoc” della dichiarazione integrativa ai fini IVA.
La norma in parola stabilisce che «le dichiarazioni dell’imposta sul valore aggiunto possono essere integrate per correggere errori od omissioni, compresi quelli che abbiano determinato l’indicazione di un maggiore o di un minore imponibile o, comunque, di un maggiore o di un minore debito d’imposta ovvero di una maggiore o di una minore eccedenza detraibile, mediante successiva dichiarazione da presentare […] non oltre i termini stabiliti dall’articolo 57 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633».
La nuova disciplina della dichiarazione integrativa ai fini IVA, distinta ed autonoma, ma modellata e tendenzialmente coincidente con quella propria delle imposte sui redditi e dell’IRAP (anch’essa modificata dal medesimo articolo 5 del decreto-legge n. 193 del 2016), equipara i termini entro i quali è possibile presentare la dichiarazione integrativa, a prescindere dalla circostanza che gli errori e le omissioni da emendare siano a favore dell’Amministrazione finanziaria o del contribuente.
Con la risposta ad interpello n. 231 pubblicata il 30 luglio 2020 nell’apposita s e z i o n e d e l s i t o d e l l a s c r i v e n t e (www.agenziaentrate.gov.it/portale/web/guest/normativa-e-prassi/risposte-agli- interpelli/interpelli) – nota all’istante e a cui si rinvia per ogni approfondimento – sono stati forniti ulteriori chiarimenti in merito alla possibilità di rettificare l’originaria richiesta di rimborso del credito IVA, optando invece per la compensazione.
A tal proposito, il documento di prassi richiamato consente di «modificare la scelta dell’utilizzo del credito IVA (da rimborso a detrazione/compensazione) […]:
- sempreché il rimborso non sia stato ancora eseguito;
- presentando una dichiarazione integrativa non oltre i termini stabiliti dall’articolo 57 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972;
- indicando il credito risultante dalla dichiarazione integrativa nella dichiarazione relativa al periodo d’imposta in cui è presentata la dichiarazione integrativa stessa (cfr., a tal riguardo, le istruzioni alla compilazione dei quadri VN e VL del modello IVA)».
L’articolo 57 del d.P.R. n. 633 del 1972, nel disciplinare il «Termine per gli accertamenti» ai fini IVA, stabilisce:
- al comma 1, che «Gli avvisi relativi alle rettifiche e agli accertamenti previsti nell’articolo 54 e nel secondo comma dell’articolo 55 devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione»;
- al comma 3, che «Nel caso di richiesta di rimborso dell’eccedenza d’imposta detraibile risultante dalla dichiarazione annuale, se tra la data di notifica della richiesta di documenti da parte dell’ufficio e la data della loro consegna intercorre un periodo superiore a quindici giorni, il termine di decadenza, relativo agli anni in cui si è formata l’eccedenza detraibile chiesta a rimborso, è differito di un periodo di tempo pari a quello compreso tra il sedicesimo giorno e la data di consegna».
Relativamente al “differimento” dei termini per l’accertamento ai fini IVA, disciplinato dal citato comma 3, con la circolare 24 dicembre 1997, n. 328, è stato chiarito che «Tale misura assolve la funzione cautelativa di evitare le frodi o il mancato assolvimento dell’imposta a danno dell’Erario, da parte di quei contribuenti che, non ottemperando deliberatamente alla richiesta dell’Ufficio di presentazione di detta documentazione, mirano a far decorrere i termini di decadenza previsti dalle vigenti disposizioni, allo scopo di legittimare posizioni irregolari o debitorie nei confronti dell’Ufficio, che si troverebbe così nell’impossibilità di poter effettuare i necessari controlli».
Ciò premesso, si ritiene che il rinvio ai «termini stabiliti dall’articolo 57 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633» ad opera del comma 6-bis dell’articolo 8 del d.P.R. n. 322 del 1998 – con riferimento alle tempistiche di presentazione della dichiarazione integrativa ai fini IVA – non possa che far riferimento ai termini “ordinari” disciplinati dal comma 1 dell’articolo 57 per le motivazioni di seguito esposte.
Anzitutto – per finalità di coerenza ed organicità del sistema – vi è l’esigenza di garantire continuità con il passato, laddove, l’originario rinvio – ai fini della presentazione della dichiarazione integrativa “a favore”, anche per l’IVA oltre che per le imposte sui redditi e dell’IRAP – ai termini di cui all’articolo 2, comma 8-bis, del
d.P.R. n. 322 del 1998, non contemplava alcuna forma di “differimento” ancorata alle tempistiche di presentazione della documentazione richiesta ai fini dell’erogazione dei rimborsi IVA.
L’allungamento dei tempi di presentazione della dichiarazione integrativa “a favore”, con l’introduzione altresì di una norma ad hoc ai fini IVA, non altera la natura dell’istituto, di natura premiale, finalizzato a consentire al contribuente di emendare gli errori compiuti all’atto della presentazione della dichiarazione originaria, prima di essere raggiunto dall’azione accertatrice dell’Ufficio impositore.
Orbene, il “differimento” contemplato dal comma 3 del richiamato articolo 57, rappresenta uno “strumento di controllo”, volto ad evitare strumentalizzazioni che potrebbero ravvisarsi nell’ipotesi in cui, come detto, il contribuente pretestuosamente “temporeggi” nell’ottemperare alla richiesta dell’Ufficio di presentazione della documentazione necessaria ai fini dell’erogazione dei rimborsi IVA, con l’obiettivo di far decorrere i termini per l’accertamento.
Trattasi, dunque, di una misura posta a presidio dei poteri dell’Ufficio, la cui applicazione discende dall’adozione di una condotta del contribuente scorretta o omissiva, da cui pertanto non può derivare un beneficio a suo favore, qual è l’allungamento dei termini di presentazione della dichiarazione integrativa.
Resta fermo che, in base all’articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 10 novembre 1997, n. 443, nell’ipotesi in cui il rimborso fosse denegato per difetto dei presupposti stabiliti dall’articolo 30 del d.P.R. n. 633 del 1972, con contestuale riconoscimento della spettanza del credito, ne sarebbe ammessa la «detrazione, successivamente alla notificazione» del provvedimento di diniego, «in sede di liquidazione periodica, ovvero nella dichiarazione annuale».
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