AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 17 dicembre 2021, n. 825
Articolo 96 del TUIR di cui al d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917. Disapplicazione della disciplina di deduzione degli interessi passivi
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
La società istante ALFA S.R.L. (di seguito ALFA) rappresenta che, sulla base delle previsioni di cui all’articolo …sta realizzando, da alcuni anni, un’imponente infrastruttura ingegneristica …
La società istante, in ossequio al principio contabile nazionale OIC 16, ha capitalizzato gli interessi passivi generatisi dai finanziamenti percepiti e funzionali alla realizzazione dell’opera di cui sopra.
Le disposizioni di cui all’articolo 96 del TUIR prevedono, per i soggetti IRES (ad eccezione degli intermediari finanziari), che la deducibilità degli interessi passivi e degli oneri finanziari assimilati sia ammessa fino a concorrenza dell’importo degli interessi attivi e del 30 per cento del risultato operativo lordo (ROL) del periodo d’imposta e di quelli riportati da periodi d’imposta precedenti.
Fino all’esercizio in corso al 31 dicembre 2018, l’articolo 96 citato escludeva espressamente l’applicazione delle predette limitazioni alla deducibilità degli interessi qualora fossero compresi nel costo dei beni ( i.e. capitalizzati) ai sensi dell’articolo 110, comma 1, lettera b), del medesimo Testo Unico.
In ragione delle modifiche apportate all’articolo 96 del TUIR dall’articolo 1 del decreto legislativo 29 novembre 2018, n. 142 (adottato in attuazione della direttiva (UE) 2016/1164 del Consiglio, del 12 luglio 2016, recante ” norme contro le pratiche di elusione fiscale che incidono direttamente sul funzionamento del mercato interno”), a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2018, le predette limitazioni trovano applicazione anche per gli interessi passivi e gli oneri finanziari assimilati oggetto di capitalizzazione, con l’eccezione, prevista dal comma 8 del citato articolo 96, di quelli che possiedono le seguenti caratteristiche:
a) « sono relativi a prestiti, utilizzati per finanziare un progetto infrastrutturale pubblico a lungo termine, che non sono garantiti né da beni appartenenti al gestore del progetto infrastrutturale pubblico diversi da quelli afferenti al progetto infrastrutturale stesso né da soggetti diversi dal gestore del progetto infrastrutturale pubblico»;
b) « il soggetto gestore del progetto infrastrutturale pubblico a lungo termine è residente, ai fini fiscali, in uno Stato dell’Unione europea»;
c) « i beni utilizzati per la realizzazione del progetto infrastrutturale pubblico a lungo termine e quelli la cui realizzazione, miglioramento, mantenimento costituiscono oggetto del progetto si trovano in uno Stato dell’Unione europea”.
Come precisa il successivo comma 11 dell’articolo 96 del TUIR: ” per progetto infrastrutturale pubblico a lungo termine si intende il progetto rientrante tra quelli cui si applicano le disposizioni della Parte V del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50».
ALFA ha presentato apposita istanza di interpello ordinario ai sensi dell’articolo 11, comma 1, lettera a), della legge 27 luglio 2000, n. 212 (“Statuto dei diritti del contribuente”), con la quale ha chiesto di confermare, in relazione al caso prospettato, la non applicabilità delle limitazioni previste dall’articolo 96 del TUIR ai fini della deducibilità degli interessi passivi e degli oneri finanziari assimilati, in ragione del fatto che l’opera in corso di realizzazione da parte dell’istante integrerebbe le previsioni del comma 8 del medesimo articolo 96 in quanto da considerarsi ” un progetto infrastrutturale pubblico a lungo termine”.
In via subordinata al mancato accoglimento della soluzione prospettata nell’istanza di interpello ordinario appena menzionata, l’istante chiede di voler riconoscere, ai sensi dell’articolo 11, comma 2, della legge n. 212 del 2000, la disapplicazione delle disposizioni normative che limitano la deducibilità degli interessi passivi di cui all’articolo 96 del TUIR.
La limitazione alla deducibilità per gli interessi passivi è stata, infatti, introdotta, come disposizione antielusiva specifica, dall’articolo 1 del decreto legislativo n. 142 del 2018, adottato in attuazione della direttiva (UE) 2016/1164 del Consiglio, del 12 luglio 2016, recante norme contro le pratiche di elusione fiscale che incidono direttamente sul funzionamento del mercato interno, c.d. “Direttiva ATAD”.
La suddetta circostanza è espressamente affermata anche nella relazione illustrativa del Governo e nel relativo dossier parlamentare riferiti al predetto decreto, laddove si legge che: « la direttiva ATAD, per evitare i possibili arbitraggi ai fiscali derivanti anche dalla deduzione degli interessi nei Paesi con un livello impositivo più elevato, stabilisce che gli oneri finanziari eccedenti sono deducibili fino al 30 per cento del già menzionato EBITDA (che, come si è visto nel paragrafo di illustrazione della direttiva, è equivalente al ROL), da calcolare applicando le regole fiscali, la cui eccedenza può essere riportata in avanti ma con un possibile limite di cinque anni. In sostanza, per effetto della modifica i limiti di deducibilità si applicano anche agli interessi passivi ed agli oneri finanziari assimilati che sono stati capitalizzati. Ciò comporta la verifica della deducibilità di tali interessi nell’anno in cui sono rilevati contabilmente e capitalizzati, con conseguente eventuale loro indeducibilità totale o parziale, fermo restando il riconoscimento integrale, ai fini fiscali, del valore contabile del bene ad incremento del quale è stata operata la capitalizzazione» .
Considerato tutto quanto sopra riportato, la società istante chiede che sia riconosciuta la disapplicazione delle limitazioni alla deducibilità degli interessi passivi previste dall’articolo 96 del TUIR.
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
L’istante ritiene, per i motivi di seguito riportati, che sussistano i presupposti per la disapplicazione delle limitazioni di cui all’articolo 96 del TUIR alla deducibilità degli interessi passivi – capitalizzati nel proprio bilancio d’esercizio – relativi ai finanziamenti ricevuti per la realizzazione dell’opera infrastrutturale di cui si tratta.
L’istante ricorda che configurano “abuso del diritto” una o più operazioni prive di sostanza economica che, pur nel rispetto formale delle norme fiscali, realizzano essenzialmente vantaggi fiscali indebiti.
Nel caso di specie, l’istante ritiene che non si sia al cospetto di operazioni prive di sostanza economica, ovverosia che non possa considerarsi tale la realizzazione …
A fronte della particolarità dell’opera che ALFA sta realizzando, dell’articolato iter amministrativo sopra sintetizzato, nonché degli …, l’istante ritiene evidente che, nel caso di specie, il pagamento e la capitalizzazione degli interessi passivi non possa essere considerata operazione priva di sostanza economica, tanto più che gli interessi sono connessi a finanziamenti concessi, nel quadro istituzionale prefigurato, da istituti finanziari di primario livello …
Altro elemento essenziale per verificare se una determinata operazione possa determinare effetti elusivi è connesso alla natura indebita del vantaggio fiscale, rilevabile quando il relativo conseguimento si pone in contrasto con le finalità delle norme fiscali o con i principi dell’ordinamento tributario.
L’istante ritiene che, nel caso di specie, la deduzione degli interessi passivi pagati e capitalizzati da ALFA per la realizzazione dell’opera sopra descritta non possa essere indebito, in quanto si pone in linea con le finalità stesse dell’articolo 96 del TUIR.
Ed invero, le limitazioni alla deducibilità di cui all’articolo 96 citato riguardano anche gli interessi passivi oggetto di capitalizzazione, con l’eccezione di quelli che possiedono le caratteristiche richiamate dal comma 8 del predetto articolo.
Tanto considerato, l’istante conclude che, nel caso di specie, non si possono, neppure potenzialmente, realizzare vantaggi indebiti (in quanto contrastanti con le finalità delle norme fiscali), posto che a tale approdo giunge lo stesso articolo 96 del TUIR nell’escludere le limitazioni alla deducibilità degli interessi passivi in casi del tutto analoghi alla fattispecie oggetto di interpello.
Parere dell’Agenzia delle entrate
L’articolo 11, comma 2, della legge n. 212 del 2000 prevede che il contribuente interpelli l’amministrazione finanziaria « per la disapplicazione di norme tributarie che, allo scopo di contrastare comportamenti elusivi, limitano deduzioni, detrazioni, crediti d’imposta, o altre posizioni soggettive del soggetto passivo altrimenti ammesse dall’ordinamento tributario, fornendo la dimostrazione che nella particolare fattispecie tali effetti elusivi non possono verificarsi».
Come chiarito dalla circolare n. 9/E del 1° aprile 2016 (paragrafo 1.4), l’interpello c.d. “disapplicativo”, « costituisce l’unica categoria di interpello obbligatorio rimasta nel sistema». Si tratta, di fatto, dell’interpello già previsto dall'(abrogato) articolo 37- bis, comma 8, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, introdotto dal legislatore in considerazione della circostanza il sistema impositivo italiano si è arricchito negli anni di norme antielusive specifiche che pongono limitazioni a determinati comportamenti, al fine di evitare fenomeni di abuso. Tali norme, che impediscono o limitano particolari scelte del contribuente, possono, in taluni casi, penalizzare situazioni nelle quali gli effetti elusivi che il sistema vuole contrastare non possono in concreto verificarsi.
A fronte di una tale evenienza viene, pertanto, data al contribuente la possibilità di ottenere la “disapplicazione” delle suddette disposizioni tributarie, a condizione che lo stesso fornisca la dimostrazione che, nella fattispecie concreta prospettata, gli effetti elusivi che la norma intende contrastare non possono verificarsi.
In merito alla richiesta, avanzata dalla società istante, di disapplicazione dell’articolo 96 del TUIR, con riferimento alla fattispecie rappresentata, la scrivente ritiene che quest’ultima disposizione non sia suscettibile di essere disapplicata, in quanto assume la funzione di norma di “sistema” e non di norma antielusiva specifica.
Al riguardo, occorre svolgere le seguenti considerazioni.
L’articolo 96 del TUIR è stato modificato dal decreto legislativo 29 novembre 2018, n. 142 (c.d. “Decreto ATAD”). Il menzionato decreto legislativo è emanato in attuazione della legge 25 ottobre 2017, n. 163 (legge di delegazione europea) al fine di recepire la Direttiva (UE) 2016/1164 del Consiglio del 12 luglio 2016 recante norme contro le pratiche di elusione fiscale che incidono direttamente sul funzionamento del mercato interno (c.d. ATAD 1), come modificata dalla Direttiva (UE) 2017/952 del Consiglio del 29 maggio 2017 recante modifica della direttiva (UE) 2016/1164 relativamente ai disallineamenti da ibridi con i Paesi terzi (c.d. ATAD 2).
In particolare, come precisato nella relazione illustrativa, la direttiva ATAD 1 nasce dall’esigenza di stabilire norme per rafforzare il livello medio di protezione contro la pianificazione fiscale aggressiva nel mercato interno e si pone in continuità con le attuali priorità politiche di fiscalità internazionale che evidenziano la necessità di assicurare che l’imposta sia versata nel luogo in cui gli utili e il valore sono generati.
Tali obiettivi politici sono stati tradotti in raccomandazioni di azioni concrete nel quadro dell’iniziativa contro l’erosione della base imponibile e il trasferimento degli utili (BEPS) dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE).
L’articolo 1 recepisce nel nostro ordinamento l’articolo 4 della Direttiva ATAD 1 con il quale vengono disposte limitazioni alla deducibilità degli interessi passivi. Tale ultima disposizione ha la funzione di contrastare l’erosione delle basi imponibili effettuata dai gruppi di imprese che collocano i prestiti infragruppo in Paesi ad alta tassazione, per beneficiare della deducibilità degli interessi passivi, e i profitti in Paesi a bassa tassazione, e introduce la c.d. earning-stripping rule, che impone agli Stati membri di dotarsi di una normativa che limiti la deducibilità degli interessi passivi ad un importo non superiore al 30 per cento degli utili imponibili del contribuente al lordo di interessi, imposte, deprezzamento e ammortamento (cd. EBITDA).
Nella menzionata relazione illustrativa, inoltre, si precisa che « si è ritenuto di non disporre in merito alla norma generale antiabuso in quanto l’attuale formulazione dell’articolo 10-bis della legge 27 luglio 2000, n. 212 (Statuto del contribuente) recante la disciplina dell’abuso del diritto o elusione fiscale appare conforme al testo dell’articolo 6 della direttiva ATAD I. Ciò trova conferma nella circostanza che le disposizioni della direttiva sono identiche a quella della direttiva Madre-figlia n. 2015/121/UE del 27 gennaio 2015, attuata, ai sensi del comma 5 dell’art. 27-bis del d.P.R. n. 600 del 1973, proprio con l’art. 10-bis dello Statuto del contribuente».
Tenuto conto, dunque, dell’esistenza nel sistema di una norma generale antiabuso ( cfr. articolo 10- bis della legge 27 luglio 2000, n. 212) le limitazioni alla deducibilità degli interessi passivi hanno la natura di norme di funzionamento all’interno della disciplina del reddito d’impresa con la conseguenza di non poter qualificare la disposizione in esame come norma antielusiva specifica.
Ciò detto, si ricorda che, ai sensi del novellato articolo 96 TUIR, gli interessi passivi e gli oneri finanziari assimilati, ivi inclusi quelli capitalizzati nel valore dei beni, sono deducibili in ciascun periodo d’imposta: (i) nel limite degli interessi attivi e proventi finanziari assimilati di periodo ovvero degli interessi attivi riportati da precedenti periodi d’imposta; e (ii) per l’eccedenza, nel limite del 30% del risultato operativo lordo (ROL) di periodo, nonché del 30% del ROL riportato da precedenti periodi d’imposta.
Gli interessi passivi indeducibili nel periodo d’imposta di competenza, in quanto eccedenti i suddetti limiti, continuano ad essere illimitatamente riportabili e deducibili nei successivi periodi d’imposta nel limite dell’ammontare degli interessi attivi e del ROL non utilizzati per la deduzione degli interessi passivi maturati nel periodo d’imposta di competenza.
Innovando rispetto alla previgente disciplina, inoltre, l’articolo 96 citato, prevede che: (i) gli eventuali interessi attivi non utilizzati ai fini della deduzione degli interessi passivi sono illimitatamente riportabili per la deduzione degli interessi passivi maturati in successivi periodi d’imposta; (ii) le eventuali eccedenze di ROL – in precedenza, illimitatamente riportabili – divengono ora riportabili ad incremento del ROL degli esercizi successivi solamente per cinque periodi d’imposta; a tale ultimo fine, si considerano prioritariamente utilizzate in compensazione le eccedenze di ROL maturate nel periodo d’imposta più recente.
Come già chiarito dalla scrivente nella circolare n. 19/E del 21 aprile 2009 (che ha fornito i primi chiarimenti in merito alla previgente versione dell’articolo 96 del TUIR), le disposizioni in argomento « hanno introdotto un incentivo alla capitalizzazione delle società senza, peraltro, penalizzare in modo irreversibile quelle caratterizzate da una struttura finanziaria sottocapitalizzata. Tale ultimo risultato è stato perseguito (…) offrendo ai contribuenti la possibilità di riportare in avanti, senza limiti di tempo, gli interessi passivi risultati indeducibili in un dato periodo d’imposta per effetto dell’operare della nuova disciplina limitativa. Sulla base di tali considerazioni è stato affermato che l’articolo 96 del TUIR non ha natura di norma antielusiva (essendo, come appena ricordato, finalizzato a perseguire un obiettivo di carattere sostanziale) e, come tale, non è suscettibile di disapplicazione ai sensi dell’articolo 37-bis, comma 8, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (cfr. risoluzione 3 luglio 2008, n. 268/E)».
Le medesime considerazioni devono ritenersi valide anche a seguito delle modifiche apportate all’articolo 96 del TUIR dal Decreto ATAD che, come sopra riportato, ha introdotto rilevanti novità relativamente al regime di deduzione degli interessi passivi, senza tuttavia stravolgerne il complessivo impianto di funzionamento.
Alla luce di quanto sopra descritto e non comportando il meccanismo applicativo contenuto nel vigente articolo 96 citato una indeducibilità irreversibile dei componenti negativi di reddito di cui è questione (ma solo un differimento della deducibilità dei medesimi a periodi d’imposta successivi), si ritiene che non ricorrono i presupposti per qualificare la disposizione in esame come norma antielusiva specifica, ed in quanto tale suscettibile di essere disapplicata ai sensi dell’articolo 11, comma 2, della legge n. 212 del 2000.
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