AGENZIA delle ENTRATE – Risposta n. 303 del 21 aprile 2023
Obbligazioni convertibili – Effetti del meccanismo di recapture nel caso di mancato esercizio dei diritti di conversione sulle discipline degli interessi passivi e dell’ACE – Articolo 96 del d.P.R 22 dicembre 1986, n. 917; articolo 1 del decreto-legge del 6 dicembre 2011, n. 201, e articolo 5, commi 2 e 5, D.M. 3 agosto 2017
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
La società ALFA S.P.A. (nel seguito, l”’Istante” o la ”Società”) propone istanza di interpello ai sensi e per gli effetti dell’art. 11, comma 1, lett. a) della legge 27 luglio 2000, n. 212 (c.d. ”Statuto dei diritti del Contribuente”), in ordine all’interpretazione e applicazione dell’articolo 96 del Testo unico delle imposte sui redditi, approvato con il Decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (in breve ”TUIR”), al seguente caso di specie.
La Società è una ”holding industriale”, quotata presso la Borsa Italiana, cui fa capo un gruppo industriale composto da società operanti nel settore della …. La Società è un soggetto IAS adopter, in quanto nella redazione dei propri bilanci adotta i principi contabili internazionali IAS/IFRS.
Nel … del 2014 l’Istante ha collocato un prestito obbligazionario convertibile di nominali Euro … con durata di 7 anni (con termine nel 2021), e con tasso fisso annuo complessivo del …%, da corrispondersi su base semestrale (di seguito, anche il ”Prestito” o ”P.O.C.”). A seguito dell’emissione del Prestito, nel 2015 la Società ha presentato un’Istanza di Interpello per conoscere l’orientamento dell’Amministrazione Finanziaria in ordine al trattamento fiscale da riservare ad alcune poste contabili (reddituali e patrimoniali) connesse al Prestito stesso.
Successivamente l’Istante rileva alcuni dubbi che riguardano il trattamento fiscale ai fini dell’applicazione dell’art. 96 del TUIR e della normativa ACE, ai sensi del D.L. n. 201/2011, ad una particolare posta contabile sorta nella imputazione a bilancio del Prestito, posta ancora esistente nell’anno della sua estinzione (2021).
Il Prestito inizialmente non si configurava come un prestito obbligazionario convertibile ”tradizionale”, in quanto il suo regolamento attribuiva all’Istante l’esercizio del diritto di conversione alternativamente, e a propria discrezione, mediante: a) consegna di nuove azioni (rivenienti da aumento di capitale ovvero da azioni proprie detenute in portafoglio); b) pagamento in denaro di un ammontare equivalente al valore di mercato del numero delle azioni richieste con l’esercizio del diritto di conversione (clausola ”Cash Alternative Amount”, rilevato come ”derivato incorporato” costituito da una ”call option” spettante all’Istante, di seguito ”CAA”).
A … 2015, l’Istante ha rinunciato alla clausola CAA e, quindi, alla facoltà di rimborsare in denaro le obbligazioni per le quali poteva essere esercitato il diritto di conversione. Tale rinuncia ha comportato l’estinzione del ”derivato incorporato” (”call option”), con la conseguenza che il Prestito è divenuto un prestito obbligazionario convertibile ”tradizionale”, determinando le seguenti valutazioni e rilevazioni contabili:
anzitutto, è stato rideterminato il fair value del ”debito per call option” alla data della rinuncia, ed è stato contabilizzato il differenziale fra il valore così calcolato, di Euro …, e l’importo del medesimo debito esposto nel bilancio 2014, pari ad Euro …, differenziale che è quindi rappresentato da un componente finanziario di reddito ”virtuale” positivo di Euro …;
in secondo luogo, il ”debito per call option” di Euro …, è stato girocontato ad apposita ”riserva di conversione” del patrimonio netto dell’Istante, senza la rilevazione a conto economico di alcun componente reddituale.
Sempre nel 2015, l’Istante ha sostenuto ulteriori oneri connessi al Prestito, per un importo di Euro …, che è stato portato a riduzione del ”debito per prestito obbligazionario”.
Inoltre, per tutta la durata del Prestito, la Società ha applicato il ”metodo del costo ammortizzato sulla base del criterio dell’interesse effettivo” (di seguito ”MCA”) e ha contabilizzato a conto economico, oltre agli interessi contrattuali corrisposti, anche i maggiori interessi ”virtuali” necessari ad incrementare gradualmente il valore del ”debito per prestito obbligazionario” sino a condurlo, a scadenza, al valore nominale di Euro … (pari alla somma delle commissioni, degli altri oneri di collocamento, dell’importo del ”debito per call option”, nonché degli ulteriori costi connessi al Prestito sostenuti nel 2015): detta somma ammonta complessivamente ad Euro ….
Infine, alla scadenza del prestito, la ”riserva di conversione” è stata girocontata ad altra riserva disponibile, in quanto gli obbligazionisti non hanno esercitato il diritto di conversione.
Dopo aver riepilogato le soluzioni fornite dall’Amministrazione con la precedente risposta, con riferimento alla riclassificazione dalla ”riserva di conversione” in altra riserva disponibile, operato al momento dell’estinzione del prestito qui in esame, la Società chiede di sapere se l’ammontare oggetto di riclassificazione contabile sia rilevante, con riferimento al periodo d’imposta 2021, ai fini:
1) dell’incremento del plafond di deducibilità degli interessi passivi previsto dall’art. 96 del TUIR;
2) dell’incremento del risultato d’esercizio 2021, rilevante ai fini della variazione in aumento del capitale proprio ai fini ACE, con decorrenza dal periodo d’imposta 2022.
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
Quesito n. 1
In merito alla rilevanza dell’importo di Euro … ai fini dell’incremento del plafond di deducibilità degli interessi passivi per l’anno 2021, l’Istante fa presente che, come evidenziato da Assonime (Circ. n. 14/2020, par. 2.2) e dalla stessa Agenzia (Risposta n. 113 del 14 marzo 2022), gli interessi passivi e attivi, nonché gli oneri e proventi finanziari assimilati assumono rilevanza ai fini dell’applicabilità dell’art. 96 del TUIR, salvo eccezioni, ove soddisfino i seguenti tre requisiti esplicitati nel comma 3 dello stesso articolo: a) sono qualificati come interessi, o come proventi od oneri assimilati, secondo i principi contabili applicati dall’impresa; b) la qualificazione contabile è confermata ai fini fiscali; c) sono afferenti a rapporti o operazioni aventi causa finanziaria, ovvero a rapporti contenenti una componente di finanziamento significativa.
Riguardo alla verifica della sussistenza del requisito di cui alla lett. b), l’Agenzia, con la Risposta all’Istanza a suo tempo presentata, ha motivato il concorso alla formazione della base imponibile IRES e IRAP dell’importo di Euro … affermando che ”nel caso di mancato esercizio del diritto di conversione, quindi, le riserve iscritte in bilancio dalla Società a fronte delle relative assegnazioni concorrono alla formazione della base imponibile IRES ed IRAP, avendo generato dei componenti negativi (gli interessi passivi imputati a conto economico a decorrere dal periodo 2014) che hanno assunto rilievo fiscale”. L’Agenzia ha quindi attribuito natura finanziaria a tale importo, essendo correlato agli interessi passivi ”virtuali” calcolati col MCA, transitati a conto economico e rilevanti fiscalmente ai sensi dell’art. 96 del TUIR. La sussistenza del requisito di cui alla lett. c), a parere della Società, risulterebbe invece evidente, tenuto conto che il componente tassato origina da un prestito obbligazionario convertibile, avente per sua natura causa finanziaria che solo eventualmente può essere affiancata da un apporto di capitale proprio da parte degli obbligazionisti, ma che ad ogni modo, quand’anche si verificasse, non ne muterebbe la causa essenzialmente finanziaria. Con riferimento al requisito di cui alla lett. a), osserva che lo stesso parrebbe non sussistere, giacché l’importo di cui trattasi non è stato contabilizzato dalla Società a conto economico come provento finanziario, bensì esposto nello stato patrimoniale come ”debito per call option”, prima, e come ”riserva di conversione”, poi. Tuttavia, tale rappresentazione contabile è stata poi riqualificata dalla Società quando la stessa (per conformarsi al parere fornito dall’Agenzia) ha assoggettato a tassazione nel 2021 l’importo di Euro …, trattandolo, quindi, come un provento finanziario e non più come una riserva di patrimonio netto, secondo la previsione di cui all’art. 109, comma 4, TUIR, in base alla quale ”si considerano imputati a conto economico i componenti imputati direttamente a patrimonio per effetto dei principi contabili adottati dall’impresa”. La Società ritiene, pertanto, che l’assenza del requisito di cui alla lett. a) costituisca un’eccezione che, nel caso in esame, non può indurre a disconoscere il concorso di detto importo tassato all’incremento del plafond di deducibilità degli interessi passivi previsto dall’art. 96 del TUIR. Se così non fosse detto importo non dovrebbe essere tassato poiché altrimenti tale tassazione violerebbe il principio della c.d. ”derivazione rafforzata”, tenuto conto che l’importo stesso era stato, appunto, contabilizzato come una posta del patrimonio netto e non come un componente reddituale. Inoltre, l’Agenzia delle Entrate, con la Risposta all’Interpello, aveva sostenuto la tassabilità dell’importo in esame invocando l’applicabilità del citato art. 5, c. 4, D.M. 8/06/2011. A chiarimento di tale norma, la Relazione Governativa che illustra il Decreto stesso, ha precisato che ”il mancato esercizio di diritti connessi a strumenti finanziari rappresentativi di capitale assegnati ai sottoscrittori dalla società emittente, determinando un’insussistenza di componenti negativi che hanno concorso alla determinazione della base imponibile ai fini IRES, comporta l’emersione di un componente positivo che deve essere, in tale momento, assoggettato a tassazione”. Ad avviso della Società i ”componenti negativi” cui fa riferimento la Relazione sono costituiti dagli ulteriori interessi passivi ”virtuali”, transitati a conto economico. Ne consegue che, così come tali interessi passivi presentano natura finanziaria, stessa natura finanziaria non può che essere attribuita all’importo in commento, che rappresenta, infatti, il venir meno dei suddetti interessi e che, per questo motivo, viene qualificato come provento imponibile dall’Agenzia. Laddove l’importo di Euro … (tassato) non fosse qualificato come provento finanziario, non vi fossero altri componenti finanziari positivi e negativi rilevanti e, ancora, non vi fosse un ROL positivo, si determinerebbe un reddito imponibile ”inesistente”, in quanto:
gli interessi passivi ”virtuali” calcolati col MCA sono stati complessivamente pari ad Euro …, costituiti dalla somma di: commissioni finanziarie, altri oneri di collocamento, importo del ”debito per call option”, nonché degli ulteriori costi connessi al Prestito sostenuti nel 2015;
del totale indicato solo la parte di Euro … è rappresentata da costi effettivamente sostenuti, mentre la restante parte di Euro …, essendo la contropartita del ”debito per call option” (cioè di un debito figurativo mai corrisposto), è espressiva di interessi passivi ”virtuali in senso stretto”, poiché non corrispondono ad oneri effettivamente sostenuti;
parallelamente, a fronte degli interessi passivi ”virtuali in senso stretto” di Euro …, il debito per ”call option”, anch’esso di Euro …, si è chiuso con la rilevazione di componenti positivi di reddito (”virtuali”) per Euro …, nonché con l’iscrizione della menzionata ”riserva di conversione” di Euro …; i componenti positivi di reddito ”virtuali” hanno concorso, per competenza, alla formazione del reddito imponibile, nonché al plafond di deducibilità degli interessi passivi, mentre la citata ”riserva di conversione” di Euro … ha concorso a formare il reddito imponibile nel 2021; in tal modo, essendo rilevanti fiscalmente sia gli interessi passivi ”virtuali in senso stretto”, sia i componenti positivi di reddito e la ”riserva di conversione” (per un totale di Euro …) non vi sarebbe alcun reddito imponibile ”inesistente” solo se tutti gli interessi passivi ”virtuali in senso stretto” risultassero deducibili (sempre assumendo, che non vi siano componenti finanziari positivi e negativi diversi da quelli del Prestito e non vi sia neppure un ROL positivo);
conseguentemente, qualora la ”riserva di conversione”, pur fiscalmente rilevante nel 2021, non dovesse concorrere (diversamente dai citati componenti positivi di reddito) alla formazione del plafond di deducibilità degli interessi passivi ai sensi dell’art. 96 del TUIR, si verrebbe a formare un reddito imponibile ”inesistente” pari all’importo della riserva stessa (Euro …), che corrisponde, infatti, alla parte degli interessi passivi ”virtuali in senso stretto” indeducibili proprio per incapienza del plafond di deducibilità, e ciò a causa, lo si ripete, della particolare modalità di contabilizzazione.
Quest’ultimo aspetto genererebbe due conseguenze palesemente illegittime, vale a dire:
da un lato, un fenomeno di doppia tassazione che equivale, di fatto, alla tassazione del reddito ”inesistente”, giacché quest’ultimo origina, appunto, dalla contestuale tassazione di due elementi: la ”riserva di conversione” e la parte degli interessi passivi ”virtuali in senso stretto” da riprendere a tassazione per incapienza del plafond di deducibilità; il fenomeno violerebbe la disposizione contenuta nell’art. 3, comma 1 del Decreto del 31 marzo 2009 disciplinante la ”determinazione del reddito per i soggetti che redigono il bilancio in base agli IAS”, la quale, con riguardo all’operatività del principio di c.d. ”derivazione rafforzata”, prevede che ”il riconoscimento ai fini fiscali dei criteri di qualificazione, imputazione temporale e classificazione in bilancio adottati in base alla corretta applicazione degli IAS, non determina, in ogni caso, in capo al medesimo soggetto passivo d’imposta, doppia deduzione ovvero nessuna deduzione di componenti negativi né doppia tassazione ovvero nessuna tassazione di componenti positivi”;
dall’altro, una disparità di trattamento fra i soggetti IAS adopter, costretti ad applicare il MCA, e i soggetti OIC adopter che, sino al 2016, non applicavano tale metodo e, tutt’ora, in diversi casi, sono ancora liberi di non applicarlo.
Quesito n. 2
In merito alla rilevanza dell’importo di Euro … ai fini del calcolo della variazione in aumento del capitale proprio fruibile per l’ACE (con decorrenza dal 2022), l’Istante osserva quanto segue. Qualora la riserva non venisse imputata ad incremento del risultato dell’esercizio 2021 rilevante per la base ACE, poiché le obbligazioni non sono convertite, si verificherebbe ancora una volta una disparità di trattamento tra i soggetti obbligati ad applicare il MCA e coloro che non lo applicano. È evidente, infatti, che:
l’applicazione del MCA ha comportato un impatto negativo sui risultati d’esercizio (potenzialmente rilevanti ai fini del calcolo della base ACE) formatisi nel periodo di vita del Prestito (20142021), costituito dalla differenza tra gli interessi passivi ”virtuali in senso stretto” di Euro … ed i proventi finanziari ”virtuali” di Euro …, imputati a conto economico; tale differenza, di Euro …, corrisponde al valore d’iscrizione della ”riserva di conversione” tassata nel 2021;
detto impatto negativo può essere neutralizzato unicamente imputando ad incremento dell’utile 2021 rilevante ai fini del calcolo della base ACE la ”riserva di conversione”; solo in questo caso, infatti, non sorgerebbe una disparità di trattamento fra chi applica e chi non applica il citato MCA. È vero che l’art. 5, comma 5, del Decreto 3 agosto 2017 (c.d. ”Decreto ACE”) prevede che ”l’incremento di patrimonio derivante dall’emissione di diritti di opzione (warrant) e di obbligazioni convertibili rileva dall’esercizio in cui viene esercitata l’opzione”. È altrettanto vero, tuttavia, che il legislatore al successivo comma 7 ha previsto che ”Ai fini della determinazione della variazione in aumento di cui alla lettera b) del comma 2 sono rilevanti le seguenti ipotesi di rettifiche operate in sede di prima adozione dei principi contabili: a) …omissis… b) utilizzo del criterio del costo ammortizzato.”. E inoltre la relazione governativa al Decreto ACE ha precisato che: ”In particolare, sono stati considerati rilevanti ai fini del calcolo dell’incremento di capitale proprio gli effetti derivanti dalle nuove modalità di contabilizzazione delle due seguenti fattispecie: a) …omissis… b) criterio del costo ammortizzato: in sede di prima adozione, nell’ipotesi di applicazione retrospettica delle nuove regole contabili, si registra nello stato patrimoniale il valore residuo dell’effetto del meccanismo di attualizzazione dei crediti, titoli e debiti. Entrambi i fenomeni comportano un effetto immediato sul conto utile/perdite portati a nuovo e, successivamente, si riflettono sulla dinamica delle future componenti di reddito da esse generate (…omissis…. diversa dinamica dei proventi/oneri finanziari di crediti, titoli e debiti). In considerazione dei predetti effetti contabili si è ritenuto opportuno considerare rilevanti ai fini del calcolo della variazione di capitale proprio le rettifiche operate in sede di prima adozione, garantendo contestualmente la rilevanza (o l’assenza di peso) dei reversal futuri”. Certamente, la disposizione in parola non è operante a regime, in quanto è esplicitamente riferita all’ipotesi di prima adozione del MCA; è tuttavia evidente che la penalizzazione derivante dalla prima applicazione del MCA si verifica tal quale (come dimostrato in precedenza) anche in sede di applicazione a regime di detto metodo, nella rappresentazione contabile dei prestiti obbligazionari convertibili per i quali non venga esercitato il diritto di conversione. In tale contesto, per neutralizzare la disparità di trattamento, sarebbe senz’altro opportuno che la rimozione di tale penalizzazione non venga applicata unicamente in sede di prima applicazione di detto metodo, ma venga applicata, in via interpretativa, anche a regime. Al riguardo l’Istante segnala come in una fattispecie analoga, è stata ammessa, in sede interpretativa, una soluzione che consente di rimuovere una penalizzazione sostanzialmente simile a quella in analisi. La Società richiama le operazioni di rivalutazione delle immobilizzazioni, previste a più riprese da varie leggi speciali (da ultimo il D.L. n. 104/2020, art. 110), nelle quali, da un lato, è prevista l’irrilevanza ai fini ACE della riserva di rivalutazione iscritta a patrimonio netto a fronte del maggior valore allocato sulle immobilizzazioni, dall’altro, è stabilito che detta riserva di rivalutazione diviene progressivamente rilevante ai fini ACE mano a mano che il maggior ammortamento contabilizzato, per effetto della rivalutazione delle immobilizzazioni stesse, riduce i risultati d’esercizio interessati dal processo di ammortamento. Ad avviso della Società la predetta fattispecie sarebbe assimilabile a ciò che avviene nella rappresentazione contabile, con il MCA, di un prestito obbligazionario convertibile per cui non viene poi esercitata la conversione: anche in quest’ultimo caso, infatti, viene iscritta inizialmente una riserva irrilevante ai fini ACE, che poi determina penalizzazioni nei risultati reddituali dei successivi esercizi e, per tal via, una penalizzazione della base ACE.
Con la documentazione integrativa prot. n. … del … l’Istante ha altresì precisato che:
la ”riserva di conversione P.O.C.” è stata girocontata ad una riserva denominata ”riserva utili a nuovo ex riserva di conversione P.O.C.”. Ad entrambe le riserve richiamate è stata attribuita sia ai fini fiscali che ai fii contabili-civilistici la natura di ”riserva di utili”, atteso che le stesse, a parere della Società, non possono essere incluse fra le ”riserve di capitale” né si configurano come una ”riserva in sospensione d’imposta”. Ai fini contabili-civilistici, l’Istante evidenzia come né i principi contabili internazionali IAS/IFRS, né i principi contabili nazionali OIC, né il Codice Civile contengano alcuna normativa volta a disciplinare l’individuazione della natura da attribuire alle riserve in esame, quindi, per una corretta qualificazione contabile-civilistica di tali riserve, occorre riferirsi alla loro genesi economica;
la contabilizzazione effettuata con il MCA deve condurre, al termine dell’operazione, alle stesse risultanze contabili-civilistiche in termini di patrimonio netto che si sarebbero ottenute con l’alternativa modalità di contabilizzazione ammessa dagli OIC e non poggiante sul MCA. Ogniqualvolta siano ammessi (poiché entrambi validi) due criteri alternativi di contabilizzazione per rappresentare accadimenti economici generati in più anni da una stessa operazione, i citati criteri alternativi devono comunque generare gli stessi effetti contabili-civilistici sul patrimonio netto finale della Società al termine del periodo di riferimento poiché, se così non fosse, significherebbe ammettere che la modalità di contabilizzazione adottata possa influire sulla ”sostanza economica” dell’operazione da rappresentare a bilancio. Per ottenere l’omogeneità di patrimonio netto indicata, ai fini contabili-civilistici, è necessario che alla riserva in parola venga necessariamente attribuita la natura di ”riserva di utili” fruibile, ai fini civilistici, esattamente come i normali utili di esercizio e, quindi, utilizzabile sia per la distribuzione di dividendi, sia per la copertura perdite, sia, infine, per aumenti gratuiti del capitale sociale;
l’Istante ritiene che, in caso di risposta sfavorevole al primo quesito, la tassazione di un ”reddito inesistente” si verifichi sia con riferimento alla Società singolarmente considerata, sia avendo riguardo alla ”fiscal unit” cui la stessa appartiene poiché la deduzione degli interessi passivi in capo al Consolidato Fiscale ha assorbito eccedenze di ”R.O.L. fiscale” apportate da altre società aderenti allo stesso e quand’anche la Società avesse potuto dedurre integralmente detti interessi passivi, avrebbe comunque consumato eccedenze di ”R.O.L. fiscale” e/o eccedenze di ”interessi attivi” (proprie e/o di altre società aderenti al Consolidato Fiscale) che non sarebbero state più disponibili per poter dedurre eventuali eccedenze di interessi passivi potenzialmente emergenti in futuro.
Parere dell’Agenzia delle Entrate
In via preliminare si rappresenta che il presente parere, che attiene esclusivamente ai profili interpretativi specificamente oggetto di interpello, prescinde dalla correttezza delle qualificazioni, imputazioni temporali e classificazioni operate dal contribuente nei propri bilanci in base ai principi contabili adottati, che in questa sede vengono assunte acriticamente così come rappresentate, e non comporta alcun giudizio in ordine alla classificazione, qualificazione ed al grado di disponibilità delle riserve in esame. Esula, inoltre, dall’analisi della scrivente la corretta quantificazione delle poste contabili e degli importi rilevanti ai fini fiscali indicati in istanza, nelle memorie integrative e nei vari allegati prodotti dall’Istante.
Si evidenzia, inoltre, che il precedente parere reso con riferimento all’istanza di interpello n. 954XXX/2015 con il quale è stato definito il trattamento fiscale ai fini IRES ed IRAP del prestito obbligazionario convertibile (P.O.C.) in esame si intende integralmente richiamato e confermato.
Su tali aspetti resta impregiudicato ogni potere di controllo e verifica da parte dell’Amministrazione finanziaria.
Ciò premesso, con la presente istanza la Società chiede un parere in merito al corretto trattamento fiscale ai soli fini IRES di alcuni effetti conseguenti alla tassazione nel periodo d’imposta 2021 della ”riserva di conversione” di Euro … girocontata ad altra riserva disponibile in conseguenza del mancato esercizio del diritto di conversione da parte dei sottoscrittori.
In particolare, la Società, preso atto delle indicazioni fornite dall’Agenzia delle Entrate con la risposta all’Interpello n. 954XXX/2015, chiede se quest’ultimo importo sia rilevante ai fini:
1) dell’incremento del plafond di deducibilità degli interessi passivi ai sensi dell’articolo 96 del TUIR, per l’anno 2021 (primo quesito);
2) dell’incremento del risultato d’esercizio 2021 rilevante ai fini della variazione in aumento del capitale proprio ai fini ACE con decorrenza dal 2022 (secondo quesito).
Quesito n. 1
Con riferimento al primo quesito, si osserva che l’articolo 5, comma 4, del D.M. 8 giugno 2011 (di seguito, ”Decreto IAS”), come modificato dall’articolo 1, comma 1, lettera b), numero 1), del D.M. 3 agosto 2017, dispone che: «Nell’ipotesi di mancato esercizio di diritti connessi a strumenti finanziari rappresentativi di capitale, le riserve iscritte in bilancio a fronte delle relative assegnazioni concorrono alla formazione del reddito imponibile nella misura in cui le predette assegnazioni hanno generato componenti negativi che hanno assunto rilievo fiscale […]».
Nella relazione illustrativa al Decreto IAS, a proposito del primo periodo dell’articolo 5, comma 4, si legge che quest’ultimo ”chiarisce come il mancato esercizio di diritti connessi a strumenti finanziari rappresentativi di capitale assegnati ai sottoscrittori della società emittente, determinando un’insussistenza di componenti negativi che hanno concorso alla determinazione della base imponibile ai fini IRES, comporta l’emersione di un componente positivo che deve essere, in tale momento, assoggettato a tassazione. In particolare, il citato componente positivo è costituito dalla parte della riserva iscritta a fronte delle predette assegnazioni che corrisponde all’ammontare dei componenti negativi generati dalle stesse assegnazioni che hanno assunto rilievo fiscale” (sottolineatura aggiunta).
Per effetto dell’articolo 5, comma 4, del Decreto IAS il mancato esercizio dell’opzione di conversione (operazione contabilizzata nel caso di specie mediante giroconto della ”riserva di conversione” ad una riserva disponibile) comporta sul piano fiscale l’emersione di un componente positivo correlato all’insussistenza di componenti negativi (i.e. interessi passivi) che, per la parte riferibile al confronto con il tasso di mercato, hanno concorso alla determinazione della base imponibile IRES (nonché alla base imponibile IRAP, posto che nel caso di specie l’Istante è assoggettata alle disposizioni di cui all’articolo 6, comma 9, del D.lgs. n. 446 del 1997).
L’applicazione delle previsioni del DM 8/6/2011 consente di ripristinare la rappresentazione contabile di un prestito obbligazionario senza diritto di opzione emesso alle medesime condizioni, da cui derivare la base imponibile ai fini IRES ed IRAP. Infatti, in coerenza con l’applicazione del MCA, nel caso di un’obbligazione senza opzione di conversione sarebbe stato rilevato al momento dell’emissione un provento finanziario (cd. day one profit), in luogo della riserva da conversione, che avrebbe concorso alla formazione del reddito di periodo (e dell’IRAP, per i soggetti di cui all’articolo 6, comma 9 del Decreto IRAP).
Il meccanismo di recapture genera il predetto effetto al momento della mancata conversione del debito, poiché è solo in tale momento che, anche sul piano giuridico-formale, si definisce la vicenda del prestito obbligazionario con l’assenza di alcuna forma di apporto da parte dei sottoscrittori degli strumenti finanziaria. Il provento finanziario, dunque, assume rilevanza ai fini IRES e IRAP nel periodo d’imposta in cui avviene la mancata conversione.
Al fine di valutare l’inclusione di tale provento tra quelli assimilati agli interessi attivi, ai sensi dell’articolo 96 del TUIR, giova ricordare che il decreto legislativo 29 novembre 2018, n. 142, al fine di recepire la Direttiva (UE) 2016/1164 del Consiglio del 12 luglio 2016 recante norme contro le pratiche di elusione fiscale che incidono direttamente sul funzionamento del mercato interno (cd. ATAD 1), come modificata dalla Direttiva (UE) 2017/952 del Consiglio del 29 maggio 2017 recante modifica della direttiva (UE) 2016/1164 relativamente ai disallineamenti da ibridi con i Paesi terzi (cd. ATAD 2), ha modificato l’articolo 96 del TUIR in materia di deducibilità degli interessi passivi.
In particolare, come espressamente si legge nella relazione illustrativa del decreto legislativo sopra menzionato, il nuovo comma 3 dell’articolo 96 del TUIR «definisce l’ambito di applicazione oggettivo della norma. Al riguardo occorre tenere presente che il Final Report dell’Action 4 del progetto BEPS (”Limiting Base Erosion Involving Interest Deductions and Other Financial Payments”) afferma che le limitazioni alla deducibilità degli interessi passivi devono applicarsi, oltre che agli interessi passivi su qualunque forma di debito, anche agli altri ”pagamenti finanziari” che sono economicamente equivalenti agli interessi passivi, dovendosi accertare tale equivalenza sulla base della sostanza economica e non della forma giuridica.
Sulla base di tale premessa, tenuto conto del fatto che la rappresentazione contabile fondata sulla sostanza economica caratterizza tanto i bilanci dei soggetti IAS adopter quanto quelli dei soggetti che adottano i principi contabili emanati dall’OIC, si è ritenuto opportuno delimitare l’ambito di applicazione della norma agli interessi, attivi e passivi, che siano qualificati come tali dai principi contabili adottati dall’impresa e per i quali tale qualificazione contabile sia confermata dal D.M. 1° aprile 2009, n. 48, dal D.M. 8 giugno 2011, dal D.M. 3 agosto 2017 e dai decreti che saranno eventualmente emanati in futuro al fine di disciplinare i profili fiscali di nuovi principi contabili emanati dallo IASB o dall’OIC. […] Inoltre, per assumere rilevanza ai fini della norma, gli interessi devono derivare da un’operazione (es. acquisto o sottoscrizione di titoli) o da un rapporto contrattuale che, in quanto tali, hanno causa finanziaria oppure da un rapporto contrattuale che, pur non avendo causa finanziaria, contiene comunque una componente di finanziamento significativa (es. gli interessi attivi o passivi contabilizzati ai sensi dell’IFRS 15 in caso di dilazione di pagamento concessa al cliente o di pagamento anticipato da parte di quest’ultimo) […]».
Quanto all’ambito oggettivo di applicazione, la nuova formulazione della disposizione in esame richiede, dunque, la sussistenza di tre requisiti al fine qualificare una componente reddituale come interesse passivo/attivo o onere/provento ad esso assimilato, ossia che:
i) la qualificazione come interessi derivi dall’applicazione dei principi contabili adottati dall’impresa;
ii) tale qualificazione sia confermata fiscalmente dalle disposizioni emanate in attuazione dell’articolo 1, comma 60, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, dell’articolo 4, commi 7quater e 7quinquies, del decreto legislativo 28 febbraio 2005, n. 38, e dell’articolo 13bis, comma 11, del decreto-legge 30 dicembre 2016, n. 244, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2017, n. 19;
iii) gli interessi derivino da un’operazione o rapporto contrattuale avente causa finanziaria o, comunque, contenente una componente di finanziamento significativa.
Al riguardo, il requisito della qualificazione a titolo di interessi sulla base dei principi contabili adottati, nel caso di specie, può ritenersi integrato in virtù del fatto che la stessa ha già trovato espressione al momento dell’imputazione degli interessi passivi in sede di contabilizzazione della passività finanziaria secondo il MCA. La rilevazione della ”riserva di conversione” determina, infatti, la contabilizzazione di reversal connessi alla circostanza che il debito per il prestito obbligazionario è stato valutato con il MCA sulla base del criterio dell’interesse effettivo, confermando la descritta connessione con gli interessi passivi registrati medio tempore.
Inoltre, essendo pacifica la presenza della causa finanziaria in relazione all’operazione in esame, si evidenzia che la rilevanza fiscale della qualificazione degli interessi passivi, confermata in sede di risposta al precedente interpello n. 954XXX/2015, non trova alcuna norma di disattivazione nei decreti di coordinamento.
Conseguentemente, l’importo tassato della riserva di conversione assume la classificazione fiscale di provento assimilato agli interessi attivi confluendo nel plafond di deducibilità ai sensi dell’articolo 96 del TUIR, per quanto sopra descritto, nel periodo di imposta in cui si rileva la mancata conversione. Sul punto, prescindendo dall’effettiva deduzione degli interessi passivi rilevati pro tempore in bilancio (o dalla capienza del ROL), l’inclusione del suddetto componente positivo nel plafond di deducibilità consentirà di riequilibrare il rapporto tra gli interessi passivi dedotti, quelli riportabili in avanti o le posizioni soggettive ”consumate” anche nell’ambito del Consolidato fiscale.
Quesito n. 2
Con riferimento al secondo dubbio interpretativo, relativo alla possibilità di considerare l’importo della riserva di conversione tassata tra gli elementi positivi della variazione del capitale proprio ai fini ACE, si precisa quanto segue.
L”’Aiuto alla crescita economica” (ACE) è un’agevolazione introdotta dall’art. 1 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito nella Legge 22 dicembre 2011, n. 214, per incentivare la capitalizzazione delle imprese che si finanziano con capitale di rischio mediante una deduzione dal reddito imponibile netto di un importo corrispondente al rendimento figurativo degli incrementi di capitale proprio.
Le operazioni che rappresentano incrementi della variazione (in aumento) di capitale proprio sono individuate dall’art. 1 del D.L. n. 201/2011 ed oggetto di specificazione da parte del Decreto del 3 agosto 2017 del Ministro Economia e Finanze (di seguito il ”Nuovo Decreto ACE”).
In particolare, ai sensi del comma 2 dell’art. 5 del Nuovo Decreto ACE: ”Rilevano come elementi positivi della variazione del capitale proprio di cui al comma 1: a) i conferimenti in denaro versati dai soci o partecipanti nonché quelli versati per acquisire la qualificazione di soci o partecipanti; si considera conferimento in denaro la rinuncia incondizionata dei soci al diritto alla restituzione dei crediti verso la società nonché la compensazione dei crediti in sede di sottoscrizione di aumenti del capitale. I conferimenti di cui alla presente lettera eseguiti in attuazione di una delibera di aumento di capitale rilevano se tale delibera è assunta successivamente all’esercizio in corso al 31 dicembre 2010; b) gli utili accantonati a riserva, ad esclusione di quelli destinati a riserve non disponibili” (sottolineatura aggiunta).
Per quanto di specifico interesse nel caso di specie, il comma 5 dell’art. 5 del citato Nuovo Decreto ACE prevede che ”l’incremento di patrimonio derivante dall’emissione di diritti di opzione (warrant) e di obbligazioni convertibili rileva dall’esercizio in cui viene esercitata l’opzione”. Come evidenziato nella relazione illustrativa ”(…) ai fini dell’agevolazione ACE la variazione in aumento del capitale proprio assume rilevanza a partire dalla data in cui un debito viene a trasformarsi in capitale. Nell’ipotesi di obbligazioni convertibili in azioni, disciplinata dall’art. 2420bis del codice civile, tale momento è individuabile nell’atto di conversione del prestito originario”.
Tale disposizione è, dunque, volta a chiarire il momento a partire dal quale le obbligazioni convertibili possano assumere rilevanza ai fini ACE alla stregua di incrementi di capitale derivanti da ”conferimenti in denaro versati dai soci o partecipanti nonché quelli versati per acquisire la qualificazione di soci o partecipanti”.
Nella fattispecie in esame, in base al dato letterale della disposizione in esame, dovrebbe ritenersi che, non essendo stato esercitato il diritto di conversione da parte degli obbligazionisti, l’ammontare della riserva in parola non potrebbe qualificarsi quale incremento di patrimonio a titolo di conferimento effettuato da soci o partecipanti o per acquisire tale qualificazione.
L’indagine, tuttavia, in linea con la ratio dell’agevolazione e le relative previsioni, non può arrestarsi alla richiamata previsione di cui all’articolo 5, comma 5, che, come sopra evidenziato, disciplina la rilevanza della riserva alla stregua di un potenziale incremento di capitale derivante da conferimento.
Occorre, in particolare, verificare se la riclassificazione della ”Riserva da conversione” prescindendo dalle valutazioni riguardanti la natura contabile della stessa, come evidenziato in premessa determini l’emersione, ai sensi dell’articolo 5, comma 2, del Decreto ACE, di incrementi di capitale proprio a titolo di ”utili accantonati a riserva, ad esclusione di quelli destinati a riserve non disponibili”.
Al riguardo, giova evidenziare che il comma 6 dell’articolo 5 del citato Decreto ACE specifica che ”Ai fini del comma 2 si considerano riserve di utili non disponibili le riserve formate con utili diversi da quelli realmente conseguiti ai sensi dell’art. 2433 del codice civile in quanto derivanti da processi di valutazione nonché quelle formate con utili realmente conseguiti che, per disposizioni di legge, sono o divengono non distribuibili né utilizzabili ad aumento del capitale sociale né a copertura di perdite; nell’esercizio in cui viene meno la condizione dell’indisponibilità, assumono rilevanza anche le riserve non disponibili formate successivamente all’esercizio in corso al 31 dicembre 2010”.
Sul punto, la relazione illustrativa chiarisce che ”Agli effetti della disciplina dell’ACE, per espressa previsione del comma 6 dell’articolo 5 del presente decreto, costituiscono riserve di utili non disponibili che non rilevano, quindi, come elemento positivo della variazione ACE le riserve formate con utili diversi da quelli realmente conseguiti ai sensi dell’art. 2433 del codice civile in quanto derivanti da processi di valutazione nonché quelle formate con utili realmente conseguiti che, per obbligo di legge, non sono distribuibili né utilizzabili ad altri fini (copertura perdite e aumenti gratuiti di capitale). Al riguardo, è necessario chiarire che le riserve rilevate in bilancio rientrano nella categoria delle cd. riserve disponibili ai fini ACE nell’ipotesi in cui è consentito almeno uno dei predetti utilizzi (si pensi, ad esempio all’ipotesi della riserva legale che non ha raggiunto il limite di cui al comma 1 dell’articolo 2430 del codice civile)”.
In sede di documentazione integrativa, l’Istante ha evidenziato che la ”riserva di conversione P.O.C.” è stata girocontata ad una riserva denominata ”riserva utili a nuovo ex riserva di conversione P.O.C.” e che ad entrambe le riserve richiamate è stata attribuita sia ai fini fiscali che ai fini contabili-civilistici la natura di ”riserve di utili”, disponibili ”per qualunque possibile destinazione civilistica e, quindi, sia per la distribuzione di dividendi, sia per la copertura perdite, sia infine per aumentare gratuitamente il capitale sociale”.
Tanto premesso, nel ribadire che esula dalle competenze della scrivente ogni valutazione in merito alla natura civilistico-contabile delle suddette riserve nonché in ordine al rispettivo grado di disponibilità aspetti che vengono assunti acriticamente nell’ambito della presente risposta nel presupposto che la riclassificazione della predetta riserva risulti assimilabile alla conversione di un apporto in una riserva di utili e nella misura in cui quest’ultima rispetti i requisiti per essere definita ai fini ACE ”disponibile”, la medesima rappresenta un incremento di capitale proprio rilevante ai fini della variazione in aumento del beneficio ACE con decorrenza dal 2022.
Infatti, nei limiti sopra evidenziati, la riclassificazione della Riserva da conversione determina la ricostituzione di ”utili” che, se mantenuti nell’economia dell’impresa, consentono la fruizione del beneficio ACE.
Tale ricostruzione, peraltro, risulta coerente con gli effetti dell’attivazione del meccanismo di recapture contenuto nell’articolo 5 del DM 8/6/2011, la quale ripristina la rappresentazione contabile in applicazione di MCA di un prestito obbligazionario senza opzione di conversione, facendo emergere sul piano fiscale un provento finanziario identificabile nel valore d’iscrizione della ”riserva utili a nuovo ex riserva di conversione P.O.C.”. Sul piano fiscale, infatti, per effetto dell’avvenuta tassazione del predetto provento, la ”riserva utili a nuovo ex riserva di conversione P.O.C.” deve ritenersi formata da utili tassati, indipendentemente dalla precedente qualificazione della ”riserva di conversione P.O.C.”.
Pertanto, nel presupposto della correttezza dell’applicazione dei principi contabili di riferimento e della classificazione e qualificazione delle riserve in esame, assumendo acriticamente che la ”riserva utili a nuovo ex riserva di conversione P.O.C.” costituisca dopo la mancata conversione, sotto il profilo civilistico-contabile, una riserva di utili ”disponibile” ai sensi dei commi 2 e 6 dell’articolo 5 del Decreto ACE, la stessa assume rilevanza ai fini della determinazione del beneficio ACE. In particolare, se mantenuta in bilancio negli esercizi successivi alla mancata conversione, la medesima rappresenta una variazione in aumento del capitale proprio connessa a ”utili” portati a nuovo.
Nel caso di specie, dunque, essendo il provento finanziario emerso nell’esercizio 2021, l’incremento di capitale proprio sarà rilevante nel periodo d’imposta successivo (i.e. 2022).
Al riguardo, si rammenta che l’incremento di base ACE netta del 2021 rileva ai fini del beneficio Super ACE di cui all’articolo 19, commi da 2 a 7, del decreto-legge 25 maggio 2021, n. 73 nella limitata misura dell’incremento generato da operazioni di capitalizzazione di cui all’art. 5, comma 2, del Decreto ACE perfezionatesi nel 2021 e, specificamente, dall’accantonamento dell’utile dell’esercizio 2020 deliberato nel corso del 2021.
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