Agenzia delle Entrate – Risposta n. 507 del 12 ottobre 2022

emissione e vendita di utility token – trattamento ai fini IVA

Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, e’ stato esposto il seguente

QUESITO 

ALFA (di seguito, “Società”, “Istante” o “Contribuente”) opera nel campo della protezione del diritto d’autore mediante notarizzazione delle opere in blockchain.

L’Istante rappresenta che attualmente la protezione è limitata alle opere musicali e avviene come segue:

  • l’utente si registra sul sito ALFA.com;
  • l’utente carica in un’apposita sezione del sito il file musicale in formato mp3;
  • il sistema di intelligenza artificiale esegue un test per verificare che l’opera, in tutto o in parte, non sia protetta da copyright di terzi;
  • nel caso in cui il file musicale non superi il test, il deposito viene bloccato e l’utente viene avvisato tramite email;
  • in caso di risultato positivo, il sistema: appone la marca temporale sul file, invia il certificato di deposito all’utente tramite email, deposita il file nella blockchain (attualmente Algorand);
  • l’utente paga il servizio tramite paypal;
  • la Società emette fattura assoggettando a IVA ordinaria l’importo

È intenzione del Contribuente emettere un utility token attraverso un’ICO ovvero un’offerta pubblica iniziale per mezzo di una piattaforma che ne consenta la prevendita e, successivamente, la negoziazione.

L’utente possessore del token avrà diritto di depositare le proprie opere a prezzo scontato. In altre parole, il token sarà “un tipo di cripto-attività destinato a fornire l’accesso digitale a un bene o a un servizio, disponibile mediante DLT, e che è accettato solo dall’emittente di tale token” secondo la definizione contenuta nella “Proposta di Regolamento del Parlamento Europeo e del Consiglio relativo ai mercati delle criptoattività e che modifica la direttiva (UE) 2019/1937” del 24 settembre 2020.

Lo scopo di tale emissione, per la Società emittente è quello di reperire la dotazione finanziaria necessaria per completare la sua infrastruttura tecnologica e coprire le spese di gestione fino al raggiungimento del punto di equilibrio economico.

Tutte le caratteristiche informatiche ed economiche del token come pure le informazioni sull’emittente e i rischi in capo ai sottoscrittori saranno descritti nel relativo White Paper e nel sito web della società. L’Istante chiede di conoscere il corretto trattamento IVA dell’operazione prospettata, tenendo conto che la Società conoscerà le informazioni circa le generalità dei possessori dei token, il loro status di soggetto passivo IVA o meno, nonché il relativo domicilio (con riguardo al presupposto della territorialità) solo al momento in cui gli utility token saranno utilizzati per l’acquisto del servizio di deposito. All’atto dell’acquisto del token, infatti, il Contribuente emittente ha a disposizione esclusivamente il codice alfanumerico che identifica univocamente il wallet (il portafoglio digitale) della controparte con la conseguenza di non disporre delle informazioni necessarie per l’eventuale corretta applicazione dell’Imposta sul Valore Aggiunto.

 

SOLUZIONE INTERPRETATIVA PROSPETTATA DAL CONTRIBUENTE 

La Società ritiene corretto adottare il seguente comportamento:

  1. considerare l’operazione di emissione e vendita dell’utility token rientrante nella fattispecie di cui all’articolo 2, terzo comma, lettera a) del decreto del Presidente della Repubblica del 26 ottobre 1972, n. 633 (in seguito “Decreto IVA”) ovvero fra le “cessioni che hanno per oggetto denaro o crediti in denaro” e, conseguentemente, esclusa nel campo di applicazione dell’IVA;
  2. applicare la predetta imposta con aliquota ordinaria all’atto dell’acquisto del servizio di deposito delle opere da parte dei possessori degli utility token avendo naturalmente riguardo a tutti gli obblighi previsti dal Titolo Secondo del Decreto IVA nonché della loro corretta applicazione in relazione allo status dell’acquirente e del luogo ove questo è stabilito.

 

PARERE DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE 

Il parere è reso assumendo acriticamente le generiche informazioni e la rappresentazione dei fatti rese dalla Società nell’istanza, alla quale non è allegato alcun documento di supporto. Verosimilmente perché il White Paper, ossia il documento fondante di tutta l’operazione, ancora non è stato redatto ed in esso si dovrebbe illustrare il progetto imprenditoriale, le caratteristiche dell’offerta (c.d. ICO) e dei token digitali di futura emissione.

Nonostante le scarne informazioni disponibili e la mancanza di una disciplina in materia di crypto-assets cui fare riferimento, si ritiene comunque utile fornire i seguenti principi di ordine generale, attinti soprattutto dalla prassi internazionale, senza che quanto di seguito rappresentato possa pregiudicare l’attività di controllo da parte dell’Amministrazione Finanziaria.

Ciò detto, resta inteso che la validità del presente parere è ovviamente rebus sic stantibus: infatti, essendo il settore in rapida evoluzione, la presente risposta è suscettibile di adattamenti in adeguamento al mutato indirizzo della prassi internazionale in materia di crypto-assets oppure all’intervento di una regolamentazione nazionale.

Nelle risposte n 14 del 28 settembre 2018 e 110 del 20 aprile 2020 questa Agenzia ha affrontato la tematica dei token nell’ambito di una Initial Coin Offer (ICO), ossia in sede di emissione. In particolare, è stato spiegato che “le Initial Coin Offerings (ICO) costituiscono una forma di finanziamento, utilizzata da start-up o da soggetti che intendono realizzare un determinato progetto, resa possibile tramite la tecnologia blockchain.

Generalmente accade che l’impresa emittente offre al pubblico (normalmente tramite un cd. “whitepaper”) un progetto da finanziare attraverso la vendita di token digitali di un dato valore ai soggetti interessati (principalmente, persone fisiche non esercenti attività di impresa commerciale).

I soggetti che aderiscono a tali iniziative acquistando token, in sostanza, effettuano un investimento del proprio risparmio remunerato in vario modo. In particolare, i token possono essere distinti in:

  • security token, rappresentativi di diritti economici legati all’andamento dell’iniziativa imprenditoriale (ad esempio, il diritto di partecipare alla distribuzione dei futuri dividendi) e/o di diritti amministrativi (ad esempio diritti di voto su determinate materie);
  • utility token, rappresentativi di diritti diversi, legati alla possibilità di utilizzare il prodotto o il servizio che l’emittente intende realizzare (ad esempio, licenza per l’utilizzo di un software ad esito del processo di sviluppo).

Oltre ad attribuire i suddetti diritti, alcuni token possono essere scambiati sul mercato secondario tramite la piattaforma dell’emittente o su altre piattaforme di scambio” (cfr. risposta n. 14 del 2018).

Nel caso di specie, la Società intende lanciare un’ICO per emettere degli utility token così da “reperire la dotazione finanziaria necessaria per completare la sua infrastruttura tecnologica e coprire le spese di gestione fino al raggiungimento del punto di equilibrio economico.”

L’Istante precisa, altresì, che “l’utente possessore del token avrà diritto di depositare le proprie opere a prezzo scontato“.

Da quanto rappresentato dal Contribuente è possibile desumere che, se l’iniziativa va a buon fine, questi token conferiscono al possessore il diritto a usufruire – a regime – dei servizi forniti dalla Società a un prezzo scontato, non praticato invece a chi non acquista detti strumenti in sede di ICO. Si tratta in sostanza di un “vantaggio”, concesso nella forma di uno sconto permanente, riconosciuto a quegli utenti che, riponendo fiducia nell’iniziativa dell’Istante, decidono di finanziarla.

Se la ricostruzione della fattispecie è tale come appena effettuata dalla scrivente, i token in commento non possono essere assimilati ai fini IVA ai voucher (i.e. buoni corrispettivo), nel senso chiarito da questa Agenzia in diversi documenti di prassi, tra cui le risposte nn. 519 del 2019 e 10 del 2020.

Al riguardo si osserva che nella 114a riunione del Comitato IVA del 2 dicembre 2019 e della 116a riunione del 12 giugno 2020, la Commissione Europea ha presentato due documenti di lavoro, rispettivamente il Working Paper n. 983 del 13 novembre 2019 e il Working Paper n. 993 del 21 febbraio 2020, nei quali esprime perplessità sulla possibilità di ricondurre sempre e comunque gli utility token nell’ambito della disciplina dei voucher.

Per la Commissione UE, in particolare, la disciplina dei buoni corrispettivo non dovrebbe applicarsi a quegli utility token, la cui natura cambia dopo l’emissione per diventare – soprattutto in caso di inutilizzo – una moneta virtuale o uno strumento d’investimento, suscettibile di essere negoziato su un mercato secondario in cambio di un profitto (c.d. hybrid token)[1]. Infatti, “a voucher cannot change its purpose in case it is not used” (cfr. paragrafo 3.1.2. WP 993). E per la Commissione, inoltre, non è possibile stabilire a priori quando un utility token potrebbe qualificarsi come criptovaluta piuttosto che come strumento di investimento o titolo[2].

La capacità dunque di un utility token di trasformarsi dopo l’emissione farebbe venir meno la possibilità di riscontrare per detto strumento le condizioni previste per i voucher poiché:

  • in determinate situazioni opera come criptovaluta, nel qual caso potrebbe piuttosto essere considerato un servizio di pagamento;
  • non sono sufficientemente dettagliati i beni e/o i servizi cui darebbe diritto, o l’identità dei potenziali fornitori che partecipano alla filiera;
  • il suo scopo è suscettibile di modifica e quindi la funzione dello strumento non è ben definita al momento della sua emissione.

Stante l’ampio consenso degli Stati Membri su l’analisi condotta dalla Commissione UE, è intenzione della stessa Commissione preparare una bozza di linee guida su questo tema (cfr. WP 996, Final – Minutes, 116th meeting, 12 june 2020, ph. 6.2[3])

La difficoltà di stabilire in sede di ICO se un utility token sia un voucher piuttosto che uno strumento di pagamento o altro è evidenziata anche dall’OCSE in ” Taxing Virtual Currencies: An Overview of Tax Treatments and Emerging Tax Policy Issues” del 12 ottobre 2020. Secondo l’OCSE, nell’ambito di un ICO in cui sono emessi utility token potrebbe essere difficile individuare il nesso tra il servizio reso e il prezzo corrispondente e dunque stabilire il relativo trattamento IVA (paragrafo 2.3.1). Quanto a dire che, nelle forme più evolute, dopo l’emissione gli utility token tendono a mutare la loro natura per assumerne una mista, ossia a metà con quella degli strumenti di investimento o di pagamento (cfr. anche nota 10 del citato documento OCSE).

Tali caratteristiche sembrano ricorrere nel caso in esame.

Infatti, secondo quanto affermato dall’Istante, “la prestazione di servizi da parte della società potrebbe anche non realizzarsi nonostante il successo dell’offerta pubblica del token.

Potrebbe infatti accadere che l’acquirente dell’Utility Token non formalizzi il successivo acquisto del servizio perché fortuna (o mercato) ha voluto che il valore del token sia cresciuto ed egli abbia preferito conservarlo quale riserva di valore o cederlo contro altre cripto-attività o moneta fiat al fine di realizzare un guadagno. Come pure che fattori avversi, tecnologici o di mercato, non permettano alla società di completare il progetto o, quanto meno, la costringano a ritardarne la commercializzazione. In tutti questi casi, l’adesione a tesi diverse da quella prospettata dallo scrivente porterebbe al paradosso di assoggettare a imposta operazioni non effettuate”.

Le considerazioni sin qui esposte inducono a considerare – ai fini IVA – i token qui in commento alla stregua di documenti di legittimazione ai sensi dell’articolo 2002 del codice civile poiché conferiscono al portatore il diritto di ottenere dalla Società una prestazione a prezzo ridotto rispetto a chi tale token non possiede.

La cessione di un documento di legittimazione non assume rilevanza ai fini IVA: non integra, in sé, una prestazione di servizi o una cessione di beni, limitandosi a identificare l’avente diritto – in questo caso – allo sconto. Il relativo pagamento assume quindi la natura di “mera movimentazione di carattere finanziario“.

In conclusione, si ritiene che la cessione degli utility token effettuata dal Contribuente in sede di ICO non sia soggetta a IVA ai sensi dell’articolo 2, terzo comma, lettera a) del Decreto IVA a condizione che la ricostruzione della fattispecie, per come ricostruita dalla scrivente, trovi concreta verifica.

Ad ogni buon fine, si ricorda che quando il possessore utilizzerà il token per acquistare a prezzo scontato il servizio di deposito dell’opera, detta operazione sarà soggetta a IVA con l’aliquota propria della prestazione di servizio ricevuta e tenendo conto sia dello status del committente (i.e. Business o Consumer), sia dello Stato in cui quest’ultimo è stabilito ai fini IVA.

  • “They are mostly used in a form to ease payment across borders, or to provide access to a product on the block chain. In substance, they confer rights to use or consume certain products developed by the issuing company and deposited on the block chain but they can also be traded being an autonomous source of profit without relation to any entitlement to goods or services embedded in the token. In light of the characteristics of utility tokens as summarised above, due to their uncertain nature, such tokens could possibly be seen as e-money, a payment service, a security or a voucher.” (WP 983, ph 4.2.2).
  • “Whether a utility token might be considered as a voucher depends on several factors given their hybrid nature. It is nevertheless not possible to establish a priori when they could be qualified as cryptocurrency instead of a negotiable instrument or a security”.
  • “…Regarding tokens, one delegation suggested to focus the analysis on specific utility tokens and the transformation of such tokens into another instrument. As no other delegations asked for the floor, the Chair concluded that there is overall consensus regarding the analysis and the conclusions under these sections of the Working paper. (…)

The Chair …. concluded that: (i) on sections 3.1.1 and 3.1.2 there is a large consensus and an attempt to prepare draft guidelines on this issue might be made;..”.