La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 4647 depositata il 14 febbraio 2023, intervenendo in tema di fatturazione soggettivamente inesistenti, ha fatto una sintesi sul punto affermando, tra l’altro, che “… In tema di detrazione dell’IVA, in caso di operazioni soggettivamente inesistenti l’amministrazione finanziaria ha l’onere di provare, anche in via indiziaria, non solo che il fornitore era fittizio, ma anche che il destinatario era consapevole, disponendo di indizi idonei a porre sull’avviso qualunque imprenditore onesto e mediamente esperto, che l’operazione era finalizzata all’evasione dell’imposta, essendo sostanzialmente inesistente il contraente; incombe, invece, sul contribuente la prova contraria di aver agito nell’assenza di consapevolezza di partecipare ad un’evasione fiscale e di aver adoperato, per non essere coinvolto in una tale situazione, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto, non assumendo rilievo, a tal fine, né la regolarità della contabilità e dei pagamenti, né la mancanza di benefici dalla rivendita delle merci o dei servizi.» (Cass. 09/08/2022, n. 24471; conforme, ex plurimis, Cass. 20/07/2020, n. 15369. Sulla necessità che il soggetto passivo che effettua operazioni soggettivamente inesistenti sappia, o possa sapere, che un’altra operazione, precedente o successiva a quella da lui realizzata, sia inficiata da frode all’imposta sul valore aggiunto, cfr. Corte di Giustizia, 12.01.2006, cause riunite C-354/03, C-355/03 e C-484/03 – Optigen; oltre agli ulteriori arresti infra citati). …”
La vicenda ha riguardato una società di capitale, a cui l’Agenzia delle Entrate notificava l’avviso d’accertamento, a seguito de processo verbale di constatazione, ritenne soggettivamente inesistenti alcune operazioni. La società contribuente impugnava tale atto impositivo mediante ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale. I giudici di prime cure accolsero le doglianze della ricorrente. L’Agenzia delle Entrate proponeva avverso la decisione della CTP appello alla Commissione Tributaria Regionale. I giudici di appello rigettarono l’appello dell’Agenzia.
L’Agenzia delle entrate proponeva ricorre in cassazione, avverso la sentenza della CTR, fondato su due motivi.
Gli Ermellini accolgono il ricorso dell’Amministrazione finanziaria ed evidenziano che il risorso dell’Agenzia contestava la sentenza della CTR ai fini della deducibilità dell’IVA e non dei costi ricordando il consolidato principio secondo cui “… In tema di imposte sui redditi, l’art. 14, comma 4 bis, n. 537 del 1993, nella formulazione introdotta dall’art. 8, comma 1, d.l. n. 16 del 2012, conv. in l. n. 44 del 2012, che, in caso di operazioni soggettivamente inesistenti, consente all’acquirente, anche quando consapevole del carattere fraudolento delle operazioni, di dedurre i costi di beni e servizi non utilizzati direttamente “al fine di commettere il reato”, ma per essere commercializzati, a meno che non contrastino coi principi di effettività, inerenza, competenza, certezza, determinatezza o determinabilità, si applica, ai sensi dell’art. 8, comma 3, d.l. cit. anche ad atti, fatti o attività posti in essere prima della sua entrata in vigore.» (Cass. 21/02/2020, n. 4645; conformi, in ordine alla deducibilità dei costi per operazioni soggettivamente inesistenti, da ultimo anche Cass. 15/03/2022, n. 8480; Cass. 05/04/2022, n. 11020). …”
Mentre, ricordano i giudici di piazza Cavour, che “… In tema di detrazione dell’IVA correlata ad operazioni inesistenti, la prova che il soggetto passivo sapeva o avrebbe dovuto sapere che la cessione dei beni si iscriveva in un’evasione dell’imposta sul valore aggiunto, in linea con la giurisprudenza della Corte di giustizia (Corte giustizia 22 ottobre 2015, C-277/14), può essere fornita dall’Amministrazione anche mediante presunzioni – come espressamente prevede l’art. 54, comma 2, d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 – valorizzando, nel quadro indiziario, quali elementi sintomatici della mancata esecuzione della prestazione dal fatturante, l’assenza della minima dotazione personale e strumentale adeguata alla predetta esecuzione, l’immediatezza dei rapporti (cedente/prestatore fatturante interposto e cessionario/committente), una conclamata inidoneità allo svolgimento dell’attività economica e la non corrispondenza tra i cedenti e la società coinvolta nell’operazione.» (Cass. 27/02/2020, n. 5339; conformi Cass. 28/02/2019, n. 5873; Cass. 30/10/2018, n. 27566; Cass. 20/04/2018, n. 9851). …”
Inoltre viene ricordato che “… nel caso di operazioni soggettivamente inesistenti, è onere dell’Amministrazione che contesti il diritto del contribuente a portare in deduzione il costo ovvero in detrazione I’IVA pagata su fatture emesse da un concedente diverso dall’effettivo cedente del bene o servizio, dare la prova che il contribuente, al momento in cui acquistò il bene od il servizio, sapesse o potesse sapere (in tal senso anche Corte di Giustizia UE 22 ottobre 2015, causa C-277/14 PPUK; anche 15 luglio 2015, causa C-159/14 Koela -N; 15 luglio 2015, causa C-123/14 Itales; 13 febbraio 2014 in causa C-18/13 Maks Pen Eood; 21 giugno 2012, in causa C-80/11 e C-142/11, Mahageben et David), con l’uso della diligenza media, che l’operazione invocata a fondamento del diritto a detrazione si è iscritta in un’evasione o in una frode. La dimostrazione può essere data anche attraverso presunzioni semplici, valutati tutti gli elementi indiziari agli atti, attraverso la prova che, al momento in cui ha stipulato il contratto, il contribuente è stato posto nella disponibilità di elementi sufficienti per un imprenditore onesto che opera sul mercato e mediamente diligente, a comprendere che il soggetto formalmente cedente il bene al concedente aveva, con l’emissione della relativa fattura, evaso l’imposta o compiuto una frode (Cass., 28 febbraio 2019, n. 5873). …”
Infine, i giudici di legittimità, sul tema della tipologia di pove da produrre evidenziano che “… nel caso di operazioni soggettivamente inesistenti, è onere dell’Amministrazione che contesti il diritto del contribuente a portare in deduzione il costo ovvero in detrazione I’IVA pagata su fatture emesse da un concedente diverso dall’effettivo cedente del bene o servizio, dare la prova che il contribuente, al momento in cui acquistò il bene od il servizio, sapesse o potesse sapere (in tal senso anche Corte di Giustizia UE 22 ottobre 2015, causa C-277/14 PPUK; anche 15 luglio 2015, causa C-159/14 Koela -N; 15 luglio 2015, causa C-123/14 Itales; 13 febbraio 2014 in causa C-18/13 Maks Pen Eood; 21 giugno 2012, in causa C-80/11 e C-142/11, Mahageben et David), con l’uso della diligenza media, che l’operazione invocata a fondamento del diritto a detrazione si è iscritta in un’evasione o in una frode. La dimostrazione può essere data anche attraverso presunzioni semplici, valutati tutti gli elementi indiziari agli atti, attraverso la prova che, al momento in cui ha stipulato il contratto, il contribuente è stato posto nella disponibilità di elementi sufficienti per un imprenditore onesto che opera sul mercato e mediamente diligente, a comprendere che il soggetto formalmente cedente il bene al concedente aveva, con l’emissione della relativa fattura, evaso l’imposta o compiuto una frode (Cass., 28 febbraio 2019, n. 5873). …”
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