AGENZIA delle ENTRATE – Risposta n. 486 del 29 dicembre 2023
Fusione e consolidato fiscale – Retrodatazione fiscale ai sensi dell’articolo 172, comma 9, del TUIR, in ipotesi di fusione transfrontaliera per incorporazione di una società italiana da parte della controllante diretta francese e continuazione del consolidato fiscale con la stabile organizzazione della società estera incorporante in applicazione degli articoli 117, comma 2–ter e 120, comma 1–bis, del decreto ministeriale 1° marzo 2018
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
La società ALFA S.A. (di seguito, anche ”ALFA” o ”Istante” o ”Incorporante”) ha presentato un’unica istanza nella quale formula, con riferimento alla prospettata fusione per incorporazione della società italiana BETA S.p.A. (di seguito, ”BETA” o ”Incorporanda”), due quesiti tra loro collegati:
1) un interpello ordinario aisensi dell’articolo 11, comma 1, lett. a), della legge 27 luglio 2000, n. 212, volto a chiarire se, in quanto Ias adopter, la Società (incorporante) possa retrodatare, sia ai fini contabili che fiscali, all’inizio del periodo d’imposta 2023 gli effetti della fusione per incorporazione della società ”figlia” BETA, che si perfezionerà civilisticamente nel corso del corrente anno (di seguito, il ”Primo Quesito”);
2) un interpello probatorio ai sensi dell’articolo 11, comma 1, lett. b), della legge 27 luglio 2000, n. 212, volto a chiarire che la fusione per incorporazione di BETA in ALFA, con la conseguente ”trasformazione” di BETA in stabile organizzazione in Italia dell’incorporante estera, non determini l’interruzione del regime di tassazione consolidata cui attualmente aderisce BETA in qualità di consolidata e, per l’effetto, possa continuare senza soluzione di continuità con la predetta stabile organizzazione, idonea a qualificarsi come controllata ai sensi dell’articolo 120, comma 1bis, del Testo Unico delle Imposte sui Redditi, approvato con d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR) (di seguito, il ”Secondo Quesito”).
ALFA è una società francese del ”GRUPPO ALFA”.
ALFA è oggi il maggior operatore nel mercato del … in Francia ed in Europa.
In Italia è presente con una sua società, interamente controllata, la BETA che presta servizi finanziari alle imprese per … con un organico di … dipendenti. Nel 2022 BETA ha registrato un significativo rafforzamento reddituale e patrimoniale, anche per effetto dell’acquisizione e della successiva fusione per incorporazione di GAMMA S.p.A., società operante anch’essa nel …; in particolare, il risultato reddituale 2022 di BETA è stato di … ., in netta crescita rispetto al precedente esercizio (in cui è stato di … ), mentre la consistenza del suo patrimonio netto è stata di … (rispetto ai … del 2021). Da un punto di vista contabile e fiscale, l’Istante evidenzia che:
i) BETA, al pari della sua controllante ALFA, è un soggetto Ias adopter, con esercizio d’imposta coincidente con l’anno solare;
ii) BETA aderisce, in qualità di consolidata, al consolidato fiscale nazionale di ALFAITALIA S.p.A., in cui quest’ultima agisce quale consolidante ”designata” per la tassazione consolidata di una serie di società italiane ”sorelle”, controllate, direttamente o indirettamente, dalla capo gruppo francese, la ALFAFRANCIA S.A. Il GRUPPO ALFA ha avviato a livello europeo un piano di riassetto organizzativo dell’attività di … inteso a perseguire obiettivi di (i) semplificazione della struttura societaria presente in ogni singolo Paese in cui opera attraverso l’accorpamento e la ”trasformazione” in stabile organizzazione dei veicoli societari ivi presenti, (ii) massimizzazione del grado di uniformità nell’applicazione delle politiche commerciali e (iii) riduzione del numero di attività di natura gestionale e amministrativa, creando significative sinergie di costo, e un’evoluzione prospettica di incremento del business.
Nell’ambito di tale piano è stata programmata la riorganizzazione e la razionalizzazione delle attività di … svolte in Italia attraverso la fusione per incorporazione di BETA in ALFA.
L’operazione di fusione in questione è stata deliberata dal consiglio di amministrazione dell’incorporanda BETA il … 2023. Analoga delibera è stata assunta il … 2023 dal consiglio di amministrazione dell’incorporante ALFA.
In merito allo stato di avanzamento del procedimento di fusione, l’Istante ha precisato, con documentazione integrativa del … , che: in data … 2023 è avvenuta la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del progetto di fusione ai sensi dell’articolo 7 del decreto legislativo 30 maggio 2008, n. 108;
in data … 2023, l’Assemblea dei soci di BETA ha deliberato l’approvazione della fusione transfrontaliera della stessa società in ALFA e del relativo progetto di fusione
”ai sensi degli articoli 2501ter e 2505 del Codice Civile, dell’articolo 6 del D.Lgs. n. 108 del 30 maggio 2008 e degli articoli L. 23625 seq., R. 23613 seq., L. 2361 seq., ed in particolare degli articoli L. 2363 II L. 23611 del Codice di Commercio francese”. L’Istante riferisce che al momento della stipula dell’atto di fusione, il capitale sociale dell’Incorporanda sarà interamente detenuto dalla Incorporante, la fusione
comporterà unicamente l’annullamento della totalità delle azioni dell’Incorporanda detenute dalla Incorporante, senza che sia necessario procedere ad alcun aumento del capitale sociale di quest’ultima al servizio della fusione e senza assegnazione, quindi, di azioni di nuova emissione della Incorporante.
Da un punto di vista contabile, la realizzanda fusione transfrontaliera rientra nell’ambito delle operazioni di ”business combination involving entities or businesses under common control” realizzate da soggetti IAS adopter e, pertanto, verrà contabilizzata sulla base del principio della continuità dei valori.
Sotto il profilo fiscale, la fusione transfrontaliera avverrà in regime di neutralità fiscale, posto che le attività e le passività che prima del perfezionamento dell’operazione fanno parte del patrimonio di BETA confluiranno interamente nel patrimonio della stabile organizzazione che l’Incorporante (ALFA) costituirà in Italia in esito all’operazione di fusione.
L’Istante rappresenta che la data di decorrenza degli effetti civilistici della fusione internazionale, ai sensi dell’art. 15, comma 3, del D.Lgs. n. 108 del 2008, è determinata dalla legge applicabile alla società straniera risultante dalla fusione transfrontaliera. Nel caso in esame, nelle delibere del consiglio di amministrazione delle società partecipanti alla fusione è stato previsto che ”Ferma restando la data di efficacia giuridica della Fusione di cui alla Sezione VIII che precede, solo dal punto di vista contabile e fiscale, le operazioni di BETA saranno considerate perfezionate da ALFA a partire dal 1° gennaio 2023 alle ore 0.00 salvo diversamente concordato tra le Parti”.
L’Istante rappresenta, pertanto, che ai fini contabili e fiscali, è intenzione delle società partecipanti all’operazione di retrodatare gli effetti della fusione al primo giorno dell’esercizio in cui la fusione avrà efficacia civilistica, ai sensi e per gli effetti di cui agli artt. 178 e 172, comma 9, del TUIR.
L’Istante evidenzia che: ”sulla possibilità di retrodatare fiscalmente le fusioni tra soggetti Ias adopter, che, come nel caso in esame, sono ”under common control”, sono emerse delle incertezze interpretative rilevanti ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 11, comma l, lettera a), della Legge n. 212/2000, a causa delle indicazioni fornite dall’Agenzia delle Entrate nella risposta ad interpello n. 405 del 10 ottobre 2019.
In questa risposta, infatti, con riferimento ad una fusione di una società ”figlia” Ias Adopter in una società ”madre” (parimenti) Ias Adopter contabilizzata secondo l’IFRS 2, l’Agenzia ha escluso la retrodatazione ai fini contabili, e, di conseguenza, stante l’inscindibilità (secondo il pensiero dell’Agenzia delle Entrate) delle due decorrenze, anche la retrodatazione ai fini fiscali.
L’Istante rappresenta, inoltre, che in aggiunta poi all’incertezza circa la possibilità di retrodatare gli effetti contabili e fiscali all’inizio dell’esercizio nel quale si perfeziona l’effetto reale della fusione non risulta, per altro verso, chiaro se il consolidato fiscale nazionale cui aderisce BETA in qualità di consolidata venga, o meno, interrotto dalla fusione per incorporazione della stessa BETA in ALFA (soggetto esterno al consolidato).
In relazione alla fattispecie prospettata, l’Istante chiede:
”in primo luogo,
a. se, in quanto Ias adopter, la Società (incorporante) possa retrodatare, sia ai fini contabili che fiscali, all’inizio del periodo d’imposta 2023 gli effetti della fusione per incorporazione di BETA, che si perfezionerà civilisticamente nel corso del corrente anno, e, in secondo luogo, sia con valenza interpretativa, stante l’incertezza del relativo quadro normativa, che con valenza probatoria, al fine di richiedere la prosecuzione del regime di tassazione consolidata,
b. se la fusione per incorporazione di BETA in ALFA, con la conseguente ”trasformazione” di BETA in stabile organizzazione in Italia dell’incorporante estera non determini l’interruzione del regime di tassazione consolidata cui attualmente aderisce BETA e possa continuare senza soluzione di continuità con la predetta stabile organizzazione, idonea a qualificarsi come controllata”.
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
Con riferimento al Primo Quesito, l’Istante ritiene di potere retrodatare, sia ai fini contabili che fiscali, all’inizio del periodo d’imposta 2023, gli effetti della fusione per incorporazione di BETA, che si perfezionerà civilisticamente nel corso del corrente anno.
L’Istante richiamando l’art. 179 del TUIR evidenzia che per le fusioni transnazionali si applicano le stesse disposizioni previste per le operazioni di fusione e scissione nazionali. A tali operazioni si renderebbe peraltro applicabile, intera alia, la disciplina prevista dall’art. 172, comma 9, del TUIR, che riconosce alle società partecipanti alla fusione, anche transfrontaliera, la facoltà di indicare nell’atto di fusione la data a partire dalla quale l’operazione esplica effetti ai fini delle imposte sui redditi.
Tale data non deve però essere ”anteriore a quella in cui si è chiuso l’ultimo esercizio di ciascuna delle società fuse o incorporate o a quella, se più prossima, in cui si è chiuso l’ultimo esercizio della società incorporante”. In forza di questa disposizione, l’Istante sottolinea come ”la pattuizione relativa alla data a partire dalla quale la fusione produce i suoi effetti in ambito tributario operi alla condizione che essa sia riportata nell’atto di fusione e non coinvolga, mediante l’indicazione di una data anteriore a quella in cui si è chiuso l’ultimo esercizio dell’incorporata o, se più prossima, a quella in cui si è chiuso l’ultimo esercizio dell’incorporante, periodi d’imposta già (appunto) terminati”.
L’Istante richiama la risposta ad interpello n. 405 del 10 ottobre 2019 nel punto in cui è riferito che ”La retrodatazione contabile e quella fiscale rispondono, pertanto, ad esigenze di semplificazione tra loro strettamente interconnesse, consistenti nella possibilità offerta alle società partecipanti a un’operazione di fusione di determinare in modo unitario il risultato civilistico e fiscale nel periodo compreso fra l’inizio dell’esercizio (e del periodo d’imposta) e la data di efficacia reale della fusione, attraverso l’elaborazione di un unico bilancio e di un’unica dichiarazione dei redditi per il periodo d’imposta in cui ha efficacia la fusione. In base a quanto sopra argomentato, si ritiene che non possa operare la retrodatazione fiscale laddove … i principi adottati per la redazione del bilancio d’esercizio non consentano la retrodatazione contabile dell’operazione”.
Pertanto, al fine di retrodatare fiscalmente la fusione non è sufficiente che la retrodatazione fiscale sia prevista nell’atto di fusione e non tocchi periodi d’imposta già conclusi, per come specificato dal testo dell’art. 172, comma 9, del TUIR, occorre pure che la stessa sia accompagnata da una parallela retrodatazione contabile dell’operazione.
Ne consegue che, laddove la retrodatazione contabile non sia ammessa, allora anche quella fiscale deve ritenersi esclusa, ancorché sia prevista dall’atto di fusione e non tocchi periodi d’imposta già conclusi.
Quanto riferito è, ad avviso dell’Istante, discutibile, in quanto attribuisce rilievo ad una circostanza, la retrodatazione contabile, che non è richiamata dall’art. 172, comma 9, e perciò subordina la retrodatazione fiscale alla ricorrenza di una condizione diversa ed ulteriore rispetto a quelle indicate nella disposizione.
Tanto premesso, l’Istante ritiene che ”stante il vincolo che l’Agenzia assume esistente tra retrodatazione fiscale e retrodatazione contabile, in funzione di stabilire la retrodatazione fiscale della fusione rappresentata, con il presente interpello si intende avere conferma della possibilità di retrodatare la stessa ai fini contabili”.
L’Istante fornisce il quadro delle regole contabili di rifermento ai fini della contabilizzazione in esame.
Come già riferito, l’Istante ricorda che la fusione per incorporazione di BETA da parte di ALFA coinvolge due società che appartengono allo stesso Gruppo e che sono operative, gestendo un’attività di prestazione di servizi di … , con uffici, attrezzature e personale.
Alla luce di queste caratteristiche, l’Istante sostiene che l’operazione sia da qualificare come aggregazione aziendale sotto comune controllo (”business combination under common control”), per tale intendendosi ”una aggregazione aziendale in cui tutte le entità o attività aziendali partecipanti sono in definitiva controllate dalla stessa parte o dalle stesse parti sia prima sia dopo l’aggregazione, e tale controllo non è transitorio” (IFRS 3, par. B1).
Gli IAS/IFRS non prevedono regole specifiche per questa categoria di operazioni. In primo luogo, esse non rientrano nel campo di applicazione dell’IFRS 3 (Business combinations), il quale ”non si applica ad aggregazioni aziendali di entità o attività aziendali sotto controllo comune” (par. B1).
In secondo luogo, esse non rientrano nel campo di applicazione dell’IFRS 2 (Sharebased payment), applicato nella fusione valutata nella citata risposta n. 405 del 2019, ”verosimilmente in ragione del fatto che una delle società partecipanti all’operazione non era operativa (non era perciò titolare di un’azienda)”. L’Istante prosegue evidenziando come, infatti, tale ultimo principio contabile ”si applica alle operazioni con pagamento basato su azioni in cui una entità acquisisce o riceve dei beni o servizi (…). Tuttavia, un’entità non deve applicare il presente IFRS alle operazioni nelle quali l’entità acquisisce beni facenti parte delle attività nette acquisite in un’aggregazione aziendale come definita dall’IFRS 3 (…), in un’aggregazione di entità o attività aziendali sotto comune controllo come descritta dai paragrafi B1B4 dell’IFRS 3 (…)” (par. 5).
Della contabilizzazione delle aggregazioni aziendali sotto comune controllo si è occupata, per colmare la lacuna presente negli IAS/IFRS, Assirevi nell’OPI 2R. In questo documento, Assirevi contrappone le fusioni con natura di acquisizioni, disciplinate appunto dall’IFRS 3, e contabilizzate con l’acquisition method, ossia a valori attuali, dalle fusioni con natura di ristrutturazioni, quelle under common control, le quali, in quanto prive di una significativa influenza sui flussi di cassa futuri delle attività trasferite, sono da contabilizzare in continuità di valori (assumendo, cioè, l’incorporante gli stessi valori esposti nel bilancio della incorporata o, al più, nel bilancio consolidato), con il ”book value method”.
In particolare, l’Istante rappresenta che per il caso come quello della fusione in esame e, quindi, più in generale nelle fusioni madre figlia con quota del 100 per cento posseduta dall’incorporante nell’incorporata, Assirevi ha evidenziato che ”l’applicazione del principio della continuità di valori consegue all’assenza di uno scambio con economie terze e di un’acquisizione in senso economico”. Successivamente alla fusione, l’attività dell’incorporata farà infatti capo al medesimo centro di interessi economici al quale faceva capo precedentemente. La fusione comporta, quindi, soltanto una riallocazione di risorse all’interno del gruppo.
L’acquisition method, utilizzato dall’IFRS 3 e (pure) dall’IFRS 2, per sua natura, esclude la retrodatazione degli effetti contabili dell’operazione.
Ai sensi dell’Appendice A dell’IFRS 3, infatti, la data di acquisizione è ”la data in cui l’acquirente ottiene effettivamente il controllo dell’acquisito”, il che di norma coincide con la data di efficacia giuridica della fusione, che è il momento in cui l’incorporante (rectius, società acquirente) è in grado di esercitare il controllo sulle attività aziendali dell’incorporata (rectius, società acquistata).
Analoga prospettiva connota le operazioni disciplinate dall’IFRS 2, come quella trattata nella risposta n. 405 del 2019. In questo documento, l’Agenzia ha infatti notato che l’IFRS 2 non ammette la retrodatazione contabile, prevedendo, al par. 7, che un’entità ”deve rilevare i beni o servizi ricevuti o acquisiti in una operazione con pagamento basato su azioni alla data in cui ottiene i beni o riceve i servizi”.
Il book value method, che verrà utilizzato nella fusione considerata in questa sede, di contro, non la esclude. Anzi, l’Istante rimarca come secondo l’impostazione ritenuta preferibile da Assirevi, perché ”più rispondente alla tesi dell’assenza di acquisizione vera e propria nelle incorporazioni di questa natura” (ossia con natura di ristrutturazioni), la impone, con l’interessamento non solo dell’esercizio nel corso del quale è perfezionata la fusione, ma anche di quello precedente.
In tale ottica, l’Istante evidenzia che nell’OPI 2R, con riferimento al caso, che qui rileva, delle fusioni madre figlia con quota del 100 per cento posseduta dall’incorporante nell’incorporata, si sottolinea ”una necessità di coerenza con il trattamento dei costi e dei ricavi dell’incorporata/controllata nel bilancio consolidato, che si realizza tramite la loro inclusione nel conto economico dell’incorporante a partire dall’inizio dell’esercizio precedente, presentato ai fini comparativi rispetto a quello in cui si effettua la fusione per incorporazione, oppure alla data di effettiva acquisizione da terzi se successiva. Questa impostazione comporterebbe la retrodatazione contabile degli effetti della fusione anche con riferimento ai costi e ricavi dell’entità incorporata dell’esercizio precedente e la loro conseguente riesposizione a fini comparativi nel bilancio dell’esercizio corrente.
Data la difficoltà di effettuare tale riesposizione sotto il profilo giuridico, si ritiene che la retrodatazione contabile dei costi e dei ricavi dell’entità incorporata per l’esercizio precedente possa essere rappresentata in appositi prospetti di bilancio pro-forma presentati nella relazione sulla gestione per facilitare i commenti sull’andamento economico dell’esercizio corrente” (pp. 56).
In definitiva, l’Istante ritiene che, alla luce delle indicazioni fornite da Assirevi nell’OPI 2R, ”la fusione transfrontaliera tra ALFA e BETA, non rientrando né nel perimetro dell’IFRS 3 (perché infragruppo) né in quello dell’IFRS 2 (coinvolgendo due società operative), può (se non deve) essere retrodatata contabilmente”.
L’Istante, pertanto, ritiene che la scelta di imputare le operazioni della Incorporanda (”the Transferor Company”) al bilancio d’esercizio della Incorporante (”the Transferee Company”) a decorrere dal primo giorno dell’esercizio in cui la fusione ha effetto civilistico (i.e. ”a partire dallo gennaio 2023 alle ore 0.00”), debba essere giudicata perfettamente legittima.
Del pari perfettamente legittima dovrà, di conseguenza, essere giudicata la scelta di prevedere nell’atto di fusione, la retrodatazione fiscale della stessa al primo giorno dell’esercizio in cui la fusione ha efficacia civilistica.
L’Istante sottolinea che ”ricorrerebbero, infatti, le due condizioni espressamente stabilite dal combinato disposto degli artt. 179 e 172, comma 9, del TUIR:
l’indicazione, della data di decorrenza nell’atto di fusione;
la non anteriorità di questa data a quella in cui si è chiuso l’ultimo esercizio di ciascuna delle società fuse o incorporate o a quella, se più prossima, in cui si è chiuso l’ultimo esercizio della incorporante.
E ricorrerebbe la condizione aggiuntiva della parallela retrodatazione contabile enunciata dall’Agenzia delle Entrate nella risposta ad interpello n. 405/2019”.
Rispetto a tale conclusione, l’Istante evidenzia come la circostanza che la stabile organizzazione della società incorporante estera (i.e. ALFA) si verrà a creare solo nel corso del 2023, a seguito della realizzazione della fusione transnazionale, non assuma alcuna rilevanza.
L’Istante ritiene, in particolare, che non possa essere di ostacolo il restrittivo orientamento manifestato a proposito della fusione domestica in una risalente pronuncia dell’Amministrazione finanziaria (R.M. 2 gennaio 1991, n. 9/101290) in cui era stata dichiarata illegittima la retrodatazione fiscale della fusione all’inizio dell’esercizio della società incorporata nel caso di società incorporante di nuova costituzione, poiché in tale momento l’incorporante non era ancora giuridicamente esistente. In senso opposto a questo orientamento, l’Istante richiama la conclusione raggiunta nella successiva R.M. 30 maggio 1997, n. 134/E, con riferimento ad una ipotesi di fusione propria, con conseguente costituzione di una nuova società.
A prescindere dalle opposte conclusioni raggiunte per la fusione propria, l’Istante sostiene che:
da un lato, la situazione della società non residente che costituisce in corso d’anno una stabile organizzazione in Italia non è affatto equiparabile a quella della società italiana neocostituita, in quanto la prima è comunque dotata di un periodo di imposta, a cui viene riconosciuta una espressa rilevanza ai fini fiscali italiani. Ed invero nella Risoluzione n. 9/E del 17 gennaio 2006, l’Agenzia delle entrate ha espressamente chiarito che, in caso di trasferimento della sede sociale dall’estero in Italia, qualora ciò avvenga in condizioni di continuità giuridica, il periodo d’imposta del soggetto estero, costituito dall’esercizio sociale, non si interrompe;
dall’altro lato, nessun ostacolo è rinvenibile nella disciplina della retrodatazione fiscale concepita dal legislatore, la quale si preoccupa solamente di garantire l’intangibilità dei periodi di imposta già chiusi delle società coinvolte nella fusione, oltreché di non consentire l’aggregazione di risultati reddituali aventi regole non omogenee di qualificazione o di computo.
Per cui, in conclusione, l’Istante ritiene che l’Incorporante possa retrodatare all’inizio del periodo d’imposta 2023 gli effetti della fusione per incorporazione di BETA sia ai fini contabili che fiscali e senza che a ciò sia di ostacolo il fatto che la stabile organizzazione verrà costituita solo ”in corso d’anno” (i.e. il 2023), come ”risultato” della fusione transnazionale.
Con riferimento al Secondo Quesito, l’Istante rappresenta come non risulti chiaro se il consolidato fiscale possa (o meno) continuare a seguito, come nel caso in esame, della fusione per incorporazione della consolidata in un soggetto UE (estraneo al consolidato), laddove quest’ultimo continui a svolgere in Italia l’attività caratteristica della consolidata per il tramite di una stabile organizzazione idonea a qualificarsi come controllata, ai sensi dell’art. 120, comma 1bis, del TUIR.
In particolare, l’Istante premettere che l’opzione per il consolidato fiscale ha in via generale una durata ordinaria di tre esercizi sociali, ai sensi dell’art. 117, comma 3, del TUIR. Taluni eventi, peraltro, sono suscettibili di interrompere la durata ordinaria prima del compimento del suddetto triennio. Il legislatore ha incluso fra tali eventi, in una logica antielusiva, quelle operazioni straordinarie cui si accompagna il rischio di compensazione intersoggettiva di utili e perdite fiscali fra soggetti appartenenti al consolidato e soggetti non appartenenti allo stesso. In particolare, ai sensi dell’art. 124, comma 5, del TUIR, è causa di interruzione del consolidato fiscale la fusione di una società consolidata in altra società estranea al perimetro di consolidamento. Nello stesso solco si pone la previsione di cui all’art. 13, comma 1, lettera f), del DM 1° marzo 2018 (”Decreto Attuativo”), che attribuisce efficacia interruttiva del consolidato fiscale alla ”fusione tra consolidata e società non inclusa nella tassazione di gruppo”.
Sul punto, l’Istante ritiene che la ”trasformazione” della consolidata in stabile organizzazione di un soggetto estero non è un evento che possa di per sé interrompere il consolidato fiscale.
Tale conclusione è, in primis, aderente al criterio ermeneutico fissato nell’art. 6, comma 4, del Decreto Legislativo 14 settembre 2015 n. 147 (”Decreto Internalizzazione”), laddove prevede che le nuove disposizioni sul consolidato fiscale debbano essere interpretate in modo da ”consentire, sussistendone i presupposti di legge, l’eventuale inclusione nel regime di tassazione di gruppo delle stabili organizzazioni o delle controllate di soggetti esteri senza interruzione dei consolidati esistenti”.
D’altro canto, l’Istante evidenzia come nell’attuale quadro normativa sono già espressamente disciplinate almeno tre distinte ipotesi in cui il consolidato può proseguire laddove gli asset di una società appartenente al consolidato, a seguito di operazione straordinaria, confluiscano nella stabile organizzazione di un soggetto estero; ed invero:
i) l’art. 124, comma 5, del TUIR, consente, infatti, la prosecuzione del consolidato fiscale in caso di fusione transfrontaliera della consolidante, qualora permangano tutti i requisiti previsti ai fini dell’accesso al suddetto regime. Pertanto, la fusione della consolidante italiana in un soggetto estero non interrompe il consolidato se la consolidante confluisce nella stabile organizzazione in Italia dell’incorporante estero, atteso che una stabile organizzazione ben può qualificarsi quale consolidante;
ii) l’art. 11, comma 6, del Decreto Attuativo prevede che la scissione parziale della consolidante non modifica gli effetti derivanti dall’opzione per la tassazione
di gruppo da parte della scissa, qualora permangano tutti i requisiti previsti ai fini dell’accesso al suddetto regime. Quest’ultimo può quindi proseguire se, come risultato della scissione parziale della consolidante, la beneficiaria non residente mantiene in Italia una stabile organizzazione, in cui confluiscano gli asset della scissa/consolidante;
iii) l’art. 13, comma l, lettera e), del Decreto Attuativo, prevede che il trasferimento all’estero della residenza della consolidata non determina l’interruzione del consolidato allorché vi siano le condizioni di cui agli artt. 117, comma 2ter, ossia se viene mantenuta una stabile organizzazione in Italia (con i requisiti di cui all’art. 120, comma 1bis, del TUIR.
Da quanto esposto nei punti (i) e (ii) emergerebbe che la ”trasformazione” della consolidante in stabile organizzazione di un soggetto estero non è un evento che di per sé interrompe il consolidato. Dal che deriverebbe che la mancanza di una espressa previsione di prosecuzione del consolidato, laddove a ”trasformarsi” in stabile sia la consolidata, è soltanto frutto di un difetto di coordinamento con l’attuale possibilità per la stessa stabile di aderire al consolidato in qualità di consolidata.
Ma quel che più rileva in questa sede, a detta dell’Istante, è quanto esposto al punto (iii), da cui emergerebbe di tutta evidenza che la fusione per incorporazione di una consolidata con una controllante estera UE/SEE determina la stessa situazione di fatto scaturente dal trasferimento della residenza all’estero della consolidata, ovvero che gli asset originariamente riconducibili ad un soggetto residente sono in seguito considerati costituenti una stabile organizzazione in Italia di un soggetto UE/SEE.
Ragioni di coerenza e soprattutto l’esigenza che situazioni analoghe non siano trattate in modo diverso impongono, pertanto, a detta dell’Istante, di estendere la
previsione della continuazione del consolidato di cui al punto (iii) (i.e. trasferimento della residenza all’estero della consolidata) anche alla fusione della consolidata con un soggetto UE/SEE che non dispone di una preesistente stabile organizzazione in Italia. L’Istante sostiene che a supporto della tesi della continuazione del consolidato, anche a seguito della fusione di BETA in ALFA, ci sono anche delle considerazioni di ordine eminentemente pratico.
In particolare, se è vero che la stabile organizzazione italiana di un soggetto UE/SEE incorporante potrebbe oggi optare per la tassazione consolidata di gruppo in caso di fusione transfrontaliera in uscita, non sembrano esservi ragioni per negare la continuazione del consolidato con riferimento alla stabile organizzazione italiana dell’incorporante. Negare la prosecuzione del consolidato nel caso illustrato comporterebbe, del resto, l’evidente paradosso per cui, un istante prima, la fusione transfrontaliera provocherebbe l’interruzione del consolidato fiscale, mentre, un istante dopo, la stabile organizzazione italiana del soggetto UE incorporante potrebbe nuovamente esercitare l’opzione per la tassazione di gruppo.
Non da ultimo, l’Istante ritiene utile precisare che, prima che si perfezioni la fusione transfrontaliera oggetto del presente interpello, la incorporante estera (ALFA) non dispone di alcuna stabile organizzazione in Italia; in questo caso, pertanto, la continuazione della tassazione di gruppo non può comportare, neanche in astratto, il rischio di indebito utilizzo di posizioni fiscali di soggetti estranei al consolidato. La fusione in menzione, infatti, non muterebbe né il perimetro di consolidamento né la situazione reddituale e patrimoniale dell’attuale consolidato, ma comporterebbe esclusivamente una nuova veste della incorporata, BETA, che si ”trasformerebbe” da società di diritto italiano in stabile organizzazione della controllante estera (ALFA) e, come tale, sarebbe legittimata a far parte del consolidato in questione. Non solo: in questo scenario, la ”testa” del consolidato rimarrebbe sempre la stessa, nel senso che la fusione transfrontaliera tra ALFA e BETA non determinerebbe un cambiamento soggettivo della consolidante, che rimarrebbe la stessa, ovvero ALFAITALIA S.p.A..
Alla luce di tali considerazioni, l’Istante ritiene che, a seguito della fusione infragruppo oggetto del presente interpello nulla osti a che il consolidato fiscale, in cui ALFAITALIA S.p.A. agisce da consolidante designata, prosegua, tenuto conto che (i) gli asset di BETA confluiranno interamente nel perimetro della nuova stabile organizzazione in Italia di ALFA e (ii) tale stabile organizzazione si potrà qualificare come consolidata ai sensi dell’art. 120, comma 1bis, del TUIR.
Parere dell’agenzia delle entrate
Con riferimento al Primo Quesito, si rappresenta che esula dalle competenze della scrivente esercitabili in questa sede ogni valutazione o apprezzamento in merito al corretto comportamento contabile che la società incorporante dovrà adottare ai fini della contabilizzazione della prospetta fusione.
Ciò premesso, il presente parere verrà reso assumendo acriticamente la correttezza dell’indicazione effettuata dall’Istante in merito alla contabilizzazione dell’incorporazione con imputazione delle operazioni dell’incorporanda BETA al bilancio di esercizio della incorporante ALFA a decorrere dal primo giorno dell’esercizio in cui la fusione avrà effetto civilistico (i.e. a partire dal 1° gennaio 2023).
Tanto precisato in merito alla contabilizzazione dell’operazione di fusione, si fa presente anche che esula dal presente interpello la verifica della ricorrenza dei presupposti applicativi di cui al citato art. 179 del TUIR, con specifico riferimento alle operazioni di fusione transfrontaliere.
L’Istante descrive la prospettata operazione di fusione transfrontaliera con la quale la società italiana BETA sarà incorporata dalla società francese ALFA. Inoltre, ad esito dell’incorporazione, l’Incorporante non residente provvederà a costituire una stabile organizzazione in cui confluirà l’intero patrimonio dell’Incorporanda residente.
L’Istante rappresenta che l’incorporazione che ALFA intende porre in essere tra entità under common control comporterà per gli aspetti qui di interesse la decorrenza retroattiva degli effetti contabili della fusione.
Ciò posto, si osserva che, nella misura in cui la prospettata fusione comporti in base alla corretta applicazione dei principi contabili la decorrenza retroattiva degli effetti contabili dell’operazione, per la stessa dovrà operare la retrodatazione fiscale disciplinata dal comma 9 dell’art. 172 del TUIR, per effetto del generale richiamato operato dall’art. 179, co. 1, del TUIR.
Il citato comma 9 dell’art. 172 dispone che ”L’atto di fusione può stabilire che ai fini delle imposte sui redditi gli effetti della fusione decorrano da una data non anteriore a quella in cui si è chiuso l’ultimo esercizio di ciascuna delle società fuse o incorporate o a quella, se più prossima, in cui si è chiuso l’ultimo esercizio della società incorporante”.
Relativamente alla disposizione appena riportata, come è stato precisato nella Risposta n. 405 del 10 ottobre 2019, ”(…) giova osservare che la disposizione normativa che disciplina la retrodatazione fiscale è stata prevista già dall’articolo 123 del vecchio TUIR (oggi articolo 172), laddove la relazione governativa, nel giustificarne l’introduzione sulla base di una costante interpretazione, anche dell’Amministrazione finanziaria, riteneva che detta retroattività rispondesse ad incoercibili esigenze contabili e non potesse, quindi, non riflettersi anche nella sfera tributaria, in un sistema di ”derivazione” del reddito imponibile dalle risultanze delle scritture contabili. In accordo con la prassi contabile, prima ancora che con la normativa civilistica, il legislatore tributario ha previsto la facoltà di retrodatare gli effetti fiscali della fusione per facilitare la predisposizione della dichiarazione dei redditi.
La retrodatazione contabile e quella fiscale rispondono, pertanto, ad esigenze di semplificazione tra loro strettamente interconnesse, consistenti nella possibilità offerta alle società partecipanti a un’operazione di fusione di determinare in modo unitario il risultato civilistico e fiscale nel periodo compreso fra l’inizio dell’esercizio (e del periodo d’imposta) e la data di efficacia reale della fusione, attraverso l’elaborazione di un unico bilancio e di un’unica dichiarazione dei redditi per il periodo d’imposta in cui ha efficacia la fusione”.
In linea generale, in base a quanto sopra riportato, si ritiene che la retrodatazione degli effetti fiscali di un’operazione di fusione debba operare laddove, in conformità ai principi adottati per la redazione del bilancio d’esercizio, sia consentita e praticata la retrodatazione degli effetti contabili dell’operazione.
D’altro canto, non si può trascurare la circostanza che nelle operazioni di fusione intracomunitarie, come quella in esame, l’art. 179 del TUIR che disciplina, sotto il profilo fiscale, queste operazioni si limita a rinviare all’art. 172 del TUIR, disposizione rivolta alle fusioni domestiche, senza operare l’opportuno adeguamento che tenga conto delle regole di localizzazione e quantificazione del reddito di impresa.
Con riferimento al caso di specie, si evidenzia che la prospetta fusione descritta nell’istanza non comporterà la perdita della residenza fiscale in Italia di BETA nell’esercizio in cui si perfezionerà l’operazione, inoltre tutti gli asset della medesima società confluiranno nel patrimonio della stabile organizzazione del soggetto incorporante, situata nel territorio dello Stato italiano, che verrà ad esistenza a seguito della prospettata fusione.
In particolare, considerato che le attività e le passività che prima del perfezionamento dell’operazione fanno parte del patrimonio di BETA confluiranno interamente nel patrimonio della stabile organizzazione che l’incorporante (ALFA) costituirà in Italia in esito all’operazione di fusione, non si concretizzano i presupposti realizzativi di cui all’art. 166 del TUIR.
In presenta di tale riferita circostanza non sussiste la necessità che il periodo di imposta della società incorporata residente (BETA) dal 1° gennaio 2023 alla data di efficacia giuridica della fusione accolga, oltre agli accadimenti gestionali, anche i plusvalori/minusvalori latenti dei beni che non confluiscono nella stabile organizzazione della incorporante non residente.
Ne consegue che risulta percorribile la strada del consolidamento del risultato reddituale della società incorporata residente fino alla data di efficacia giuridica dell’operazione con quello successivamente prodotto nel medesimo esercizio dalla stabile organizzazione dell’incorporante non residente. Pertanto, gli accadimenti gestionali della società incorporata residente registrati fino alla data di efficacia giuridica della fusione e i plusvalori/minusvalori latenti di tutti i suoi asset patrimoniali confluiranno nel primo periodo di imposta della stabile organizzazione dell’Incorporante.
L’inizio di tale primo periodo di imposta, per effetto della retrodatazione fiscale, si identificherà con la data di retrodatazione degli effetti fiscali della fusione (i.e. il 1° gennaio 2023).
Per le motivazioni sopra esposte, si ritiene che la retrodatazione fiscale nel caso di specie, ad esito dell’incorporazione di BETA con la società estera ALFA, potrà concretamente realizzarsi in quanto l’operazione, oltre a qualificarsi sul piano giuridico formale come fusione, non si atteggia sul piano pratico in tutto o in parte quale evento realizzativo ai fini fiscali.
Con riferimento al Secondo quesito, come noto, le operazioni straordinarie possono determinare o meno l’interruzione anticipata del regime del consolidato nazionale prima del compimento del triennio, con gli effetti previsti dall’art. 124 del TUIR.
Con specifico riferimento all’interruzione della tassazione di gruppo, l’art. 124 del TUIR disciplina gli effetti che si verificano ”se il requisito del controllo, così come definito dall’articolo 117, cessa per qualsiasi motivo prima del compimento del triennio”. La normativa secondaria ha previsto specificamente le ipotesi in cui il regime della tassazione di gruppo non si interrompe (cfr. art. 11 del Decreto Attuativo), differenziandole da quelle nelle quali, invece, lo stesso regime viene meno (cfr. art. 124, comma 5, del TUIR e art. 13 del Decreto Attuativo). Nel caso di specie, l’operazione prospettata prevede l’incorporazione di una società consolidata (i.e. beta) in altra (i.e. ALFA) non inclusa nella tassazione di gruppo.
Pertanto, la fattispecie è riconducibile all’ambito applicativo dell’art. 124, comma 5, primo periodo, del TUIR, nonché dell’art. 13, comma 1, lett. f) del Decreto Attuativo, il cui dato testuale prevede l’interruzione del rapporto di consolidamento. Ciò nondimeno, non si può trascurare che il Decreto Legislativo n. 147 del 14 settembre 2015 (c.d. Decreto Internazionalizzazione) ha apportato una serie di significative modifiche sostanziali al regime di consolidato fiscale, volte ad ampliarne l’ambito applicativo, con il fine di adeguare il medesimo alle indicazioni della Corte di Giustizia dell’Unione Europea. In particolare, l’articolo 6 del Decreto Internazionalizzazione ha inserito il comma 2ter nell’articolo 117 del TUIR, il quale prevede che ”i soggetti di cui all’articolo 73, comma 1, lettera d), controllati ai sensi dell’articolo 2359, comma 1, numero 1), del codice civile, possono esercitare l’opzione di cui al comma 1 in qualità di controllata mediante una stabile organizzazione come definita dal comma 1bis dell’articolo 120” mentre il comma 1bis dell’articolo 120 del TUIR stabilisce che ”si considerano altresì controllate le stabili organizzazioni nel territorio dello Stato, come definite dall’articolo 162, dei soggetti di cui all’articolo 73, comma 1, lettera d), residenti in Stati appartenenti all’Unione europea ovvero in Stati aderenti all’Accordo sullo Spazio economico europeo con il quale l’Italia abbia stipulato un accordo che assicuri un effettivo scambio di informazioni, che rivestono una forma giuridica analoga a quelle di cui al comma 1, con i requisiti di cui al medesimo comma”.
In sostanza, come chiarito nella circolare n. 40/E del 26 settembre 2016, i soggetti residenti in Stati UE/SEE, controllati ai sensi dell’articolo 2359, comma 1, numero 1, del codice civile da soggetti residenti nel territorio dello Stato o in Stati UE/SEE o in Stati extra UE con i quali è in vigore un accordo per evitare la doppia imposizione che consenta un adeguato scambio di informazioni, possono esercitare l’opzione per il consolidato in qualità di controllate mediante una stabile organizzazione come definita dal comma 1bis dell’articolo 120 del TUIR. Tale ultima norma stabilisce che si considerano controllate le stabili organizzazioni nel territorio dello Stato dei soggetti residenti in Stati UE/SEE, a condizione che questi ultimi (di seguito anche ”controllate UE/SEE”):
a) rivestano una forma giuridica analoga a quelle di cui al comma 1 del medesimo articolo 120 del TUIR, vale a dire analoga alle forme di società per azioni, in accomandita per azioni e a responsabilità limitata;
b) abbiano i requisiti di cui al medesimo comma 1, vale a dire che la controllante residente nel territorio dello Stato o in altri Stati UE/SEE o in uno Stato extra UE convenzionato partecipi al capitale sociale e all’utile di bilancio della controllata UE/ SEE per una percentuale superiore al cinquanta per cento.
Il requisito relativo all’analogia della forma giuridica della controllata UE/SEE a quella delle società per azioni, in accomandita per azioni e a responsabilità limitata si considera verificato nel caso in cui il soggetto non residente rivesta una delle forme giuridiche di cui all’Allegato 1, Parte A, della Direttiva 2009/133/CE del Consiglio del 19 ottobre 2009 (c.d. Direttiva Fusioni) e della Direttiva n. 2011/96/UE del Consiglio del 30 novembre 2011 (c.d. Direttiva MadreFiglia).
La circolare n. 40/E del 2016 precisa, inoltre, che nonostante l’articolo 117, comma 2ter, del TUIR, nell’ammettere la stabile organizzazione in veste di controllata, non richieda espressamente che quest’ultima eserciti un’attività d’impresa ai sensi dell’articolo 55 del TUIR (a differenza di quanto previsto per la stabile organizzazione consolidante), un’interpretazione logicosistematica impone di includere tale requisito fra quelli necessari affinché la stabile possa essere consolidata.
Dunque, le stabili organizzazioni in possesso dei requisiti sopra descritti possono aderire alla tassazione di gruppo in qualità di consolidate.
Ciò premesso, alla luce delle su esposte modifiche, le disposizioni contenute negli artt. 124, comma 5, del TUIR, e 13, comma 1, lett. f), del Decreto Attuativo, laddove prescrivono l’interruzione del consolidato fiscale nell’ipotesi in cui la controllata/ consolidata venga fusa per incorporazione in una società esterna al consolidato, necessitano di un adeguato coordinamento normativo, atteso che nel contesto normativo dell’epoca in cui sono state formulate le stabili organizzazioni non potevano partecipare al regime in veste di consolidate.
Nel caso in esame, l’Istante descrive la realizzanda operazione di fusione transfrontaliera mediante incorporazione della società italiana BETA da parte della controllante diretta francese ALFA ai sensi dell’art. 6 del d. lgs. n. 108 del 30 maggio 2008. In merito alla posizione fiscale dell’incorporanda a BETA, l’Istante segnala che si tratta di una società partecipante in qualità di consolidata ad un c.d. consolidato tra sorelle, in cui la capogruppo francese, ALFAFRANCIA S.A., ha designato, tra le sue controllate, l’italiana ALFAITALIA S.p.A. , al fine di esercitare l’opzione per la tassazione di gruppo ed assumere la qualità di consolidante. L’incorporante francese ALFA risulta essere, invece, un soggetto esterno a tale consolidato fiscale.
Giova osservare che nel caso di specie, ad esito dell’operazione di fusione con una società estera, esterna al consolidato e priva di una stabile preesistente, nel presupposto che risultino rispettati tutti i requisiti previsti ai fini dell’accesso al regime del consolidato fiscale di cui agli articoli 117 e seg. del TUIR, va valorizzata la circostanza che lo stesso rapporto di consolidamento tra ALFAITALIA S.p.A., la quale agisce da consolidante designata, e BETA resterà inalterato. Ciò in quanto, la fusione in commento comporterà la mera trasformazione della consolidata/incorporanda in stabile organizzazione (di ALFA), non modificando, nei fatti, il perimetro di consolidamento né la situazione reddituale e patrimoniale del consolidato. In altri termini, la fusione con una società estera ed esterna al consolidato comporta esclusivamente una nuova veste della consolidata, che si ”trasforma” da società di diritto italiano (BETA) in stabile organizzazione di un soggetto estero, titolato a far parte della tassazione di gruppo in forza delle modifiche introdotte dal c.d. decreto internazionalizzazione.
Come rappresentato in istanza, la società incorporante ALFA, soggetto che esprimerà, post fusione, la ”nuova” stabile organizzazione italiana, ha sede legale ed è residente fiscalmente in un Paese UE (Francia).
Pertanto, in presenza delle ulteriori condizioni che:
i) ALFA risulti costituita in una forma giuridica analoga a quelle di cui al comma 1 dell’articolo 120 del TUIR, vale a dire analoga alle forme di società per azioni, in accomandita per azioni e a responsabilità limitata;
ii) la controllante non residente ALFAFRANCIA S.A. mantenga, ad esito della fusione, una partecipazione in ALFA che soddisfa il requisito del controllo ai sensi dell’art. 2359, comma 1, n.1, del codice civile e, in particolare, la partecipazione in questione risulti superiore al 50 per cento del capitale sociale di ALFA, come prescritto dall’art. 120, comma 1, lett. a) del TUIR, e comporti il diritto a partecipare agli utili di bilancio di ALFA per una percentuale superiore al 50 per cento, come prescritto dall’art. 120, comma 1, lett. b) del TUIR;
iii) nella stabile organizzazione italiana di ALFA confluirà esclusivamente l’intero patrimonio della società incorporata BETA,suscettibile, pertanto, di produrre i medesimi risultati fiscali che sarebbero stati trasferiti al consolidato in assenza di fusione; ciò nel presupposto che il fondo di dotazione ed il reddito della stabile siano determinati nel rispetto del comma 2 dell’articolo 152 del TUIR, tenendo conto delle funzioni svolte, dei rischi assunti e dei beni utilizzati;
per tutto quanto detto, nei limiti di quanto rappresentato nell’istanza di interpello e sue integrazioni, si ritiene che nel caso di specie non si interrompa il rapporto di consolidamento tra la consolidante designata ALFAITALIA S.p.A. e la ”nuova” stabile organizzazione di ALFA, a seguito della fusione prospettata.
Il presente parere viene reso sulla base dei fatti, dei dati e degli elementi prima esaminati, assunti acriticamente così come esposti nell’istanza di interpello, nel presupposto della loro veridicità e concreta realizzazione.
Si ribadisce, in particolare, che resta impregiudicato, ai sensi dell’articolo 10bis, della Legge n. 212 del 2000, ogni potere di controllo dell’Amministrazione finanziaria volto a verificare se l’operazione in esame ed eventuali altri atti, fatti o negozi ad essa collegati e non rappresentati dall’Istante si inseriscano in un più ampio disegno abusivo, pertanto, censurabile.