A seguito della notifica di una cartella di pagamento per iscrizione a ruolo, emessa a seguito del controllo automatizzato, per omesso versamento delle ritenute e addizionali IRPEF. La società contribuente, destinataria dell’atto impositivo, avverso la cartella di pagamento proponeva ricorso innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale. La ricorrente, dichiarata fallita, evidenziava che le ritenute erano state erroneamente inserite sul modello. Infatti le ritenute in contestazioni corrispondevano agli stipendi di maggio di alcuni lavoratori precedentemente licenziati.
Pertanto non essendo mai state pagate le retribuzioni non potevano essere state operate le relative ritenute, le ritenute erano state inserite nel modello 770 per mero errore dal consulente del lavoro. Per rimediare a tale errore, la società aveva presentato una dichiarazione integrativa.
L’Agenzia delle Entrate eccepiva la tardività della dichiarazione integrativa.
La ricorrente con le memorie illustrative, oltre a ribadire le doglianze dedotte nel ricorso evidenziava che “gli errori di fatto e di diritto, possono essere fatti valere entro i termini dell’accertamento, come confermato, dalle nuove disposizioni in materia, art. 5 comma 1 del DL 193/16”.
La Commissione Tributaria Provinciale di Milano con la sentenza n. 4503 depositata il 30 giugno 2017, conformemente al principio di diritto statuito dalla Cassazione a SS.UU. sentenza n. 13378/2016, hanno affermato l’emendabilità delle dichiarazioni fiscali, compreso il modello 770, recependo anche le modifiche introdotte con il DL n. 193/2016, convertito con la legge n. 225/2016 (con cui è stato previsto la possibilità di presentare la dichiarazione integrativa a favore entro gli stessi termini previsti per la presentazione della dichiarazione integrativa a sfavore, in sostanza entro i termini di scadenza dell’azione di accertamento) che al comma 8-bis ha previsto per il contribuente, anche, “la possibilità di far valere, anche in sede di accertamento o di giudizio, eventuali errori, di fatto o di diritto, che abbiano inciso sull’obbligazione tributaria, determinando l’indicazione di un maggiore imponibile, di un maggiore debito d’imposta o, comunque, di un minor credito”.
I giudici della CTP accolgono la doglianza della ricorrente precisando che “l’indicazione delle conseguenti ritenute è frutto di un errore, rilevato che i compensi già descritti dei cinque dipendenti non sono stati pagati”. In particolare per i giudici aditi ribadisco il principio di diritto (Cassazione SS.UU. n. 13378/2016) secondo cui “nel rispetto dei principi della capacità contributiva, va riconosciuta al contribuente la possibilità in sede contenziosa, di opporsi alla maggiore pretesa tributaria dell’Amministrazione finanziaria, allegando errori di fatto e di diritto, commessi nella sua redazione, trattandosi di mera esternazione di scienza o di giudizio, modificabile in ragione di nuovi elementi di conoscenza, ed incidenti sull’obbligazione tributaria, indipendentemente dal termine di cui all’art. 2 commi 8 e 8-bis DPR 322/88, quest’ultima, norma in materia di accertamento e riscossione di carattere amministrativo, ben diversa dalle norme che governano il processo tributario (Cass. n. 21740/2015 e n. 373/2016)”.
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