La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 25796 depositata il 5 settembre 2023, intervenendo in tema di atti transattivi di cui all’art. 2213 del c.c., ha riaffermato il principio di diritto secondo cui il “… decisivo rilievo dell’effettività dell’assistenza sindacale, nel senso che le rinunce e le transazioni aventi ad oggetto diritti del prestatore di lavoro previsti da disposizioni inderogabili di legge o di contratti collettivi, contenute in verbali di conciliazione conclusi in sede sindacale, non sono impugnabili, a condizione che l’assistenza prestata dai rappresentanti sindacali sia stata effettiva, così da porre il lavoratore in condizione di sapere a quale diritto rinunci e in quale misura, nonché, nel caso di transazione, a condizione che dall’atto stesso si evincano la questione controversa oggetto della lite e le “reciproche concessioni” in cui si risolve il contratto transattivo ai sensi dell’art. 1965 c. c. (cfr. Cass. n. 24024/2013; v. anche Cass. n. 13217/2008, sempre sulla necessità di effettiva assistenza del lavoratore da parte di esponenti dell’organizzazione sindacale indicati dal medesimo, dovendosi valutare, a tal fine, se, in relazione alle concrete modalità di espletamento della conciliazione, sia stata correttamente attuata la funzione di supporto che la legge assegna al sindacato nella fattispecie conciliativa; Cass. n. 12858/2003); …”
La vicenda ha riguardato un atto di transazione di cui all’articolo 2113 c.c. sottoscritta in prefettura tra un lavoratore con contratto atempo determinato, svolgente le mansioni di giornalista, licenziato per motivi disciplinari prima della scadenza del termine. L’accordo prevedeva a carico del datore di lavoro l’erogazione di una somma di oltre 100 mila euro per retribuzioni e TFR maturate dalla data di licenziamento e fino alla data di sottoscrizione dell’atto di conciliazione in cui il lavoratore rinunciava a parte della retribuzione in cambio della riassunzione. In seguito al mancato pagamento delle somme indicate nell’atto di conciliazione, il lavoratore ottenne un decreto ingiuntivo. Il datore di lavoro propose opposizione al decreto ingiuntivo. Il Tribunale adito rigettava l’opposizione del datore di lavoro, il quale propose appello. I giudici di appello confermarono la decisione impugnata. In particolare per la Corte territoriale l’accordo conciliativo tra le parti, stipulato davanti al Prefetto con cui, in cambio della riammissione in servizio da un precedente licenziamento, il ricorrente in monitorio aveva accettato, tra l’altro, il pagamento del 60% dell’importo delle retribuzioni maturate sino al 30/9/2013, in parte corrisposto, non era riconducibile al novero delle conciliazioni non impugnabili di cui all’art. 2113, ult. comma, c.c., non constando che tale accordo fosse stato concluso presso una sede sindacale e nel rispetto delle modalità previste dal contratto collettivo di categoria ai sensi dell’art 412-ter c.p.c.. Avverso tale decisione la società datrice di lavoro proponeva ricorso in cassazione fondato su due motivi.
Gli Ermellini rigettano il ricorso.
Per i giudici di legittimità “… la norma di cui all’art. 2113, ult. comma, c.c., conferisce caratteristiche di inoppugnabilità alla “conciliazione intervenuta ai sensi degli articoli 185, 410, 411, 412 ter e 412 quater del codice di procedura civile”; a sua volta, l’art. 412-ter c.p.c. stabilisce che la conciliazione e l’arbitrato in materia di lavoro “possono essere svolti altresì presso le sedi e con le modalità previste dai contratti collettivi sottoscritti dalle associazioni sindacali maggiormente rappresentative”; …”
inoltre, per il Supremo consesso la decisione della Corte di Appello di escludere la riconducibilità della specifica fattispecie all’ipotesi di cui all’art. 412-ter c.p.c. comporta “… la non riconducibilità dell’accordo in questione a una delle fattispecie previste dall’ult. comma dell’art. 2113 c.c., compresa quella di cui all’art. 412-ter c.p.c., deve essere letta come valutazione del difetto di effettiva assistenza sindacale (assistenza che, in effetti, non emerge specificamente dagli atti di causa), desumibile anche dalla sede non prettamente sindacale in cui era stato raggiunto l’accordo e dalla mancata previsione di modalità contrattuali collettive cui parametrare tale valutazione; …”
Per la validità delle rinunce e transazioni aventi ad oggetto diritti inderogabili del lavoratore vanno contenute in verbali di conciliazione da redigersi e sottoscriversi:
- in sede giudiziale (art. 185 p.c.);
- davanti alla commissione di conciliazione istituita presso l’ispettorato territoriale del lavo- ro (Itl) o presso le sedi di certifica- zione, comprese le Università;
- davanti alla commissione di conciliazione istituita in sede sin- dacale (art. 412 ter p.c.);
- presso i collegi di conciliazio- ne e arbitrato irrituale (art. 412 quater p.c.).
In quanto solo in tali sedi è ritenuto adeguatamente protetta la posizione del lavoratore nei confronti del datore di lavoro.
Pertanto per i giudici della Suprema Corte il verbale di conciliazione, pur redatto dinanzi al prefetto, è nullo in quanto la volontà è stata raggiunta fuori dalle sedi protette, tale circostanza esclude una effettiva assistenza sindacale al lavoratore.