Con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del Decreto Ministeriale del 02 agosto 2013 del Ministero dell’Economia (sulla «Gazzetta Ufficiale» n. 188 del 12 agosto 2013) trova applicazione ed effetto giuridico il primo decreto attuativo sulla tassazione delle plusvalenze latenti in caso di trasferimento della residenza all’estero delle imprese commerciali (società, enti, imprenditori individuali), in attuazione dell’articolo 166, comma 2 quater del Testo unico. Lo stesso decreto prevede l’emanazione di un altro decreto per l’individuazione delle modalità di esercizio dell’opzione e del versamento rateale, di prestazione delle garanzie, nonché delle modalità di monitoraggio annuale delle plusvalenze in sospensione.
Per cui la nuova disciplina prevista dall’articolo 166 del Testo unico, risalgano al decreto legge n. 1 del 2012 e sia stata aperta una procedura di infrazione della Commissione europea contro l’Italia (Procedura n. 2010/4141) non è, di fatto, ancora operativa.
Analizziamo il significato dell’exit tax. Ai sensi dell’articolo 166 del Tuir, la perdita, a seguito del trasferimento all’estero della residenza fiscale da parte dei soggetti esercenti imprese commerciali costituisce ipotesi di realizzo dei componenti dell’azienda o del complesso aziendale trasferito, salvo che essi confluiscano in una stabile organizzazione italiana.
L’exit tax comporta quindi la tassazione, all’atto della perdita delle residenza fiscale, di tutti i plusvalori fino a quel momento maturati sugli assets che, per effetto della perdita della residenza fiscale, non sono più assoggettati alla potestà impositiva dello Stato italiano. Discipline analoghe nei fondamenti e nei principi generali sono previste in pressoché tutti gli Stati dell’unione europea.
La mancata operatività della norma consente di optare per la sospensione della riscossione delle imposte sui redditi sulle plusvalenze relative alle aziende o rami d’azienda trasferiti e non confluiti in una stabile organizzazione in Italia, fino al momento in cui si considerano realizzate, secondo le regole italiane. La sospensione opera anche in caso di trasferimento di una stabile organizzazione esistente in Italia. Per le partecipazioni immobilizzate costituisce realizzo anche la distribuzione di utili.
La norma trova applicazione nel caso di trasferimento in Stati appartenenti all’Ue, e alla See con le quali operi un accordo sulla reciproca assistenza in materia di riscossione dei crediti tributari (Islanda e in Norvegia).
Le plusvalenze sospese sono determinate in via definitiva, senza tener conto delle plusvalenze o minusvalenze realizzate successivamente, che si deve presumere assumeranno rilievo nello Stato estero. La data di riferimento dovrebbe essere quella in cui ha effetto fiscale il cambio di residenza. Nel valore dell’azienda è compreso l’avviamento.
La sospensione è esclusa per i beni merce, compresi i titoli del circolante, i fondi in sospensione d’imposta e i componenti che concorrono a formare il reddito dell’ultimo periodo d’imposta di residenza in Italia, anche se riferiti a proventi e oneri la cui rilevanza fiscale è stata differita in esercizi precedenti.
Nel caso in cui si opti per la sospensione limitata a singoli cespiti la plusvalenza sospesa è calcolata in proporzione al totale dei maggiori valori trasferiti.
Le imposte sospese devono essere assistite da garanzia. Al fine di non incorrere in violazioni della normativa comunitaria nel provvedimento viene precisato che la garanzia dovrà comunque tenere conto dell’ammontare delle imposte la cui riscossione è sospesa, prevedendo delle soglie di esenzione per importi di modesta entità, e altri criteri tesi a valutare in modo oggettivo la rischiosità della posizione del contribuente.
In alternativa al meccanismo della sospensione delle imposte sui maggiori valori è concessa la possibilità di rateizzare la tassazione con gli interessi. In questo modo si evita di dover monitorare il futuro realizzo dei cespiti.
Il successivo trasferimento della sede in uno Stato non collaborativo, o altre operazioni straordinarie come fusioni o scissioni comportano il venir meno del regime di sospensione.
Le forme di exit tax vigenti nei vari Stati europei hanno formato oggetto di particolare attenzione della Commissione europea che successivamente alla sentenza della Corte di giustizia in materia (C-9/2002, “de Lasteyrie du Saillant”, resa in tema di persone fisiche), ha sostenuto la generale incompatibilità di detti regimi impositivi con le libertà fondamentali garantite dai trattati europei, anche qualora applicate nell’ambito dell’imposta societaria sul reddito.
La Corte di giustizia dell’Unione europea si è pronunciata, su tale materia, anche con la sentenza “National Grid Indus BV” (C-371/10) del 29 novembre 2011, in cui ha esaminato la disciplina esistente in materia nei Paesi Bassi. La Corte ha chiarito che in materia societaria l’exit tax, calcolata sulla base di plusvalori determinati in via definitiva al momento della perdita della residenza fiscale, è una misura legittima, purché il contribuente possa scegliere se pagare immediatamente ovvero rinviare il pagamento al momento (successivo) di effettivo realizzo.
Il legislatore Nazionale successivamente alla sentenza National Grid Indus con il Dl 1/2012 ha modificato l’articolo 166 del Tuir prevedendo la facoltà per i contribuenti tenuti al pagamento dell’exit tax, di ottenere il differimento della riscossione dell’imposta, a condizione che il trasferimento di residenza avvenga verso uno Stato appartenente all’Unione europea oppure appartenente allo Spazio economico europea (See), che consenta lo scambio di informazioni e che esista un accordo con tale Stato estero per la reciproca assistenza in materia di riscossione dei crediti tributari.
Il legislatore ha, tuttavia, rimesso la concreta disciplina di tale differimento a un decreto non regolamentare del Ministro dell’economia e delle finanze. In particolare, ai sensi del comma 2-quinquies dell’articolo 166 del Tuir, il decreto avrebbe dovuto disciplinare, tra l’altro, le fattispecie che determinano la decadenza della sospensione, i criteri di determinazione dell’imposta e le modalità di versamento. Solo con la pubblicazione del decreto la predetta disciplina assume, quindi, contorni definiti.
L’ambito di applicazione del decreto attuativo prevede al comma 1 che la disciplina in materia di sospensione (opzionale) della riscossione dell’exit tax si applica solo ai soggetti che trasferiscono la residenza fiscale in uno Stato:
- appartenente all’Unione europea oppure appartenente allo Spazio economico europeo (See) che consenta lo scambio di informazioni
- che abbia stipulato con l’Italia un accordo per la reciproca assistenza in materia di riscossione dei crediti tributari.
Tale previsione riprende il contenuto del comma 2-quater dell’articolo 166 del Tuir. La novità è rappresentata dall’ultimo periodo del comma 1, che estende la disciplina del decreto al caso in cui sia trasferita una stabile organizzazione situata nel territorio dello Stato.
Di particolarmente rilevanza sono le precisazioni del comma 1 inerenti le modalità di calcolo della plusvalenza. Superando taluni dubbi manifestati in dottrina, il decreto chiarisce, coerentemente con il dato letterale dell’articolo 166 del Tuir che equipara la perdita della residenza fiscale al realizzo, che la plusvalenza assoggettata all’exit tax comprende anche il valore dell’avviamento, nonché quello delle funzioni e dei rischi propri dell’impresa (e, quindi, anche tutti i valori immateriali dell’impresa stessa).
Nel decreto e previsto anche che la plusvalenza è determinata unitariamente ed è legata al momento dellaperdita della residenza fiscale, con la conseguenza che non assume rilevanza, conformemente alle indicazioni della Corte di giustizia Ue ogni vicenda successiva al trasferimento, in quanto di competenza dello Stato Ue o See di destinazione.
Ragioni di semplificazione sembrano alla base del comma 2, che esclude dalla possibilità di sospensione della riscossione l’imposta relativa a taluni componenti reddituali, tra cui, soprattutto, i plusvalori relativi ai beni merce e le riserve in sospensione d’imposta non ricostituite nella stabile organizzazione (eventualmente) residua del soggetto trasferito. Sarebbe, infatti, presumibilmente arduo ricostruire le vicende fiscali di tali componenti una volta avvenuto il trasferimento all’estero.
Per quanto concerne il momento in cui si procede alla riscossione dell’imposta il decreto sul punto ha previsto due modalità alternative di sospensione tra cui il contribuente è libero di scegliere:
- la prima forma di sospensione (comma 6) prevede la riscossione dell’imposta con riferimento all’esercizio in cui la plusvalenza sarebbe stata realizzata in base alle disposizioni ordinarie del Tuir. In questo caso, il contribuente deve monitorare annualmente le vicende dei beni trasferiti mediante apposita dichiarazione o comunicazione. Peraltro, con riguardo alle partecipazioni che costituiscono immobilizzazioni, il decreto prevede che costituisce realizzo non soltanto la cessione ma altresì la distribuzione dei dividendi a esse relative (norma, chiaramente, antielusiva)
- la seconda forma di sospensione (comma 7) prevede, invece, il pagamento dell’exit tax in dieci quote annuali di pari importo a partire dall’esercizio in cui ha efficacia il trasferimento. In questo caso, il contribuente non è tenuto ad alcun obbligo di monitoraggio.
Il comma 5 del decreto chiarisce anche che l’opzione può essere esercitata distintamente per singoli beni. Pertanto, è possibile che il contribuente opti per il pagamento immediato dell’imposta per taluni beni, per il tax deferral dell’imposta per altri componenti e per la rateizzazione decennale dell’exit taxrelativamente ad altri cespiti.
Il comma 8 del decreto prevede talune ipotesi di decadenza dal beneficio della sospensione, che sono finalizzate a limitare il beneficio stesso ai soli casi in cui occorre tutelare la libertà di stabilimento: il tax deferral, quindi, viene meno quando il contribuente non sta più esercitando tale libertà. Ciò accade nelle ipotesi di liquidazione o estinzione del soggetto trasferito, nonché in caso di trasferimento di sede in uno Stato extra Ue o See, nonché di conferimento, fusione o scissione che comportino il trasferimento dei beni a soggetti fiscalmente residenti in Stati extra Ue o non See.
Il completamento della disciplina in materia di sospensione della riscossione dell’exit tax necessita anche di ulteriori provvedimenti dell’Agenzia delle Entrate. Il comma 9 del decreto prevede, infatti, che con uno o più provvedimenti direttoriali siano individuate:
- le modalità di esercizio dell’opzione di sospensione della riscossione e di rateizzazione
- le modalità di prestazione e rilascio delle garanzie
- modalità di monitoraggio annuale delle plusvalenze nel caso di tax defferal fino al realizzo
- ulteriori cause di decadenza connesse alla mancata prestazione delle garanzie o alla mancata presentazione delle dichiarazioni o comunicazioni relative al monitoraggio.
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