I giudici di piazza Cavour con la sentenza n. 26551 del 21 dicembre 2016 hanno affermato il principio che il diritto al rimborso del credito IVA esposto in dichiarazione si prescrive in dieci anni, e non in due.
La controversia ha avuto origine dalla presentazione, da parte di un contribuente, di una domanda di rimborso IVA relativa all’ anno 2004 che era stata respinta dall’Agenzia delle Entrate che ha opposto la decadenza biennale ex art. 21 D.Lgs. n. 546 del 1992. Il contribuente avverso il provvedimento dell’Amministrazione finanziaria proponeva ricorso innanzi alla Commissione Tributaria la quale accoglieva la tesi del contribuente. Il fisco avverso la decisione dei giudici di merito proponeva ricorso alla Corte di Cassazione.
Gli Ermellini hanno invece ritenuto corretta la statuizione della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia che, nonostante la mancata presentazione del modello VR da parte del contribuente, ha annullato il provvedimento negativo dell’amministrazione.
I giudici di legittimità, confermando l’orientamento maggioritario (Cass.: n. 20039/2011, n. 7684/2012, n. 20678/2014, n. 20255/2015, n. 19115/2016), hanno affermato che: “Il diritto di rimborso IVA è esercitato dal contribuente già mediante la compilazione del relativo quadro in dichiarazione annuale, sicché, anche in difetto di presentazione del modello VR (adempimento necessario solo a fini esecutivi), la domanda di restituzionenon è soggetta al termine biennale di decadenza previsto dall’art. 21, comma 2, d.lgs. n. 546 del 1992, ma soltanto al termine decennale di prescrizione ordinaria ex art. 2946 c.c.”.
Il contribuente, nella fattispecie, evidenziò l’imposta a credito nella dichiarazione 2005 e presentò l’istanza di rimborso il 29 ottobre 2008, quando, malgrado l’omessa presentazione del modello VR, il diritto di ripetizione non era estinto.
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