Agenzia delle Entrate – Risposta n. 541 del 31 ottobre 2022
IVA indetraibile – Indeducibilità dell’onere corrispondente all’IVA divenuta indetraibile a seguito di accordi conciliativi – Articolo 99 del TUIR
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, e’ stato esposto il seguente
QUESITO
Alfa S.p.A. (di seguito, anche la “società istante”) ha per oggetto sociale diverse attività nel settore delle spedizioni e dei trasporti, dei sistemi logistici e di distribuzione, del magazzinaggio, nonché dell’acquisizione e gestione, per proprio conto, di partecipazioni societarie.
Negli ultimi anni, la società istante – nell’ambito del proprio sviluppo aziendale e della conseguente riorganizzazione – è stata interessata da molteplici operazioni di fusione e scissione. In particolare, nel 2019, è stata coinvolta in due progetti di fusione mediante incorporazione: i) la prima operazione ha visto l’incorporazione delle società …, … e Beta S.r.l.; (ii) la seconda operazione ha visto, invece, l’incorporazione della società Gamma S.r.l..
La società Beta S.r.l., nel 2017, è stata destinataria di alcuni avvisi di accertamento emessi dalla Direzione Provinciale di … (n. …/2017, n. …/2017, n. …/2017, n. …/2017 e n. /2018) relativi, rispettivamente, agli anni di imposta 2012, 2013, 2014, 2015 e 2016. In particolare, secondo i rilievi in essi contenuti, i diversi consorzi di cooperative che prestavano servizi presso i magazzini di confezionamento abiti e altri oggetti di della Beta S.r.l. avrebbero operato sulla base di contratti di appalto di servizi di facchinaggio e prestazioni accessorie “non genuini“, poiché tesi a simulare “una somministrazione di manodopera posta in essere da soggetti non autorizzati (i consorzi/appaltatori) a favore della Beta S.r.l.“.
In base a tale ricostruzione, i diversi consorzi sarebbero stati soggetti fittizi, subenti l’ingerenza della Beta S.r.l. nella gestione del personale delle numerose cooperative ad essi aderenti, i cui rapporti di lavoro sarebbero, quindi, assimilati a quelli di lavoro subordinato (alle dirette dipendenze del soggetto committente). Viene, pertanto, originariamente proposto un recupero a tassazione dell’IVA detratta dalla Beta S.r.l. in riferimento alle fatture emesse dai consorzi di cooperative de quibus per l’appalto di servizi di facchinaggio e altre prestazioni accessorie, in quanto asseritamente riferite a operazioni “soggettivamente inesistenti”.
Le medesime contestazioni sono state sollevate anche nei confronti della società Gamma S.r.l., la quale, nel 2019, è stata destinataria di due analoghi avvisi di accertamento emessi dalla Direzione provinciale di … (n. …/2019 e n. /2019) relativi, rispettivamente, agli anni di imposta 2014 e 2015.
Entrambe le società hanno proposto ricorso avverso i predetti atti impositivi e, in data … … 2018, … … 2019 e … … 2020, la Commissione Tributaria di ha depositato le sentenze n. …/2018, n. …/2019 e n. /2020 che hanno accolto parzialmente i ricorsi
presentati, con uniformità di giudizio e motivazioni coerenti. In particolare, per quanto qui di interesse, i giudici di prime cure hanno annullato i rilievi afferenti l’indetraibilità dell’IVA derivante dai contratti di appalto di manodopera, riconoscendo la totale autonomia giuridica e personale tra le società appaltanti (Beta S.r.l. e Gamma S.r.l.) e i consorzi, disconoscendo pertanto una fattispecie di intermediazione fittizia di manodopera e dichiarando la legittimità e la genuinità dei contratti di appalto.
Avverso le predette sentenze della Commissione Tributaria di …. , l’Amministrazione finanziaria ha proposto tempestiva impugnazione.
A questo punto, le parti hanno deciso di presentare istanza di conciliazione giudiziale, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 48 del decreto legislativo n. 546 del 1992. A tal proposito, la vicenda è stata oggetto di una più approfondita disamina che ha portato, in data … … 2021, alla sottoscrizione di un accordo quadro tra la società istante (quale incorporante delle società Beta S.r.l. e Gamma S.r.l.) e l’Agenzia delle Entrate – Direzione Provinciale di ….
In tale accordo, sono state anzitutto riconosciute la genuinità e la legittimità dei contratti di appalto, ribadendo che non vi è stata ingerenza delle società committenti nella gestione dei rapporti con il personale dipendente delle cooperative inviate dai diversi consorzi.
Parallelamente, è però emerso che le società Beta S.r.l. e Gamma S.r.l., oltre a ricevere dai consorzi fatture per le prestazioni di servizi ricevuti, contabilizzano dei ricavi nei confronti dei consorzi stessi (i cui crediti sono stati compensati con i debiti) dovuti al riaddebito del pagamento dell’accollo eseguito da Beta S.r.l. e Gamma S.r.l. e riferito ai contributi versati per il personale.
Le fatture ricevute da Beta S.r.l. e da Gamma S.r.l. per le prestazioni di servizio sono emesse dai consorzi con IVA (che è stata detratta dalle due società) mentre le fatture di vendita relative all’accollo dei contributi versati per il personale sono state emesse da Beta S.r.l. e da Gamma S.r.l. senza IVA. Tale aspetto è stato rilevato per pressoché tutti i consorzi coinvolti.
In sintesi, Beta S.r.l. e Gamma S.r.l. detraggono l’IVA sulle fatture ricevute per le prestazioni di servizi comprensive dei contributi (che sono una parte del contratto complessivo stipulato con i consorzi) e riaddebitano con fattura agli stessi consorzi i contributi (che hanno anticipato) senza però applicare l’IVA, trattandoli come anticipazione per l’altro soggetto ai sensi dell’articolo 15 del D.P.R. n. 633 del 1972.
Come già anticipato, nonostante l’accoglimento del ricorso da parte della Commissione Tributaria di …, la società istante, quale incorporante di Beta S.r.l. e Gamma S.r.l., ha deciso di sottoscrivere un accordo quadro con l’Agenzia delle Entrate
- Direzione provinciale di …, al quale hanno fatto seguito i relativi accordi conciliativi. Ciò, al solo scopo di preservare la propria stabilità finanziaria, di pervenire alla definizione del rapporto tributario pendente e di evitare gli ulteriori costi connessi ad un contenzioso certamente lungo e defatigante, senza che la definizione possa, anche solo astrattamente, essere considerata una esplicita o implicita accettazione delle ragioni vantate dall’Ufficio.
Con la sottoscrizione di tale accordo, viene stabilito che l’IVA relativa alle fatture passive ricevute da Beta S.r.l. e Gamma S.r.l. in esecuzione dei genuini appalti di servizi (di manodopera) sia indetraibile, ma esclusivamente per la parte corrispondente alle somme riaddebitate per effetto della predetta operazione di accollo inerente ai contributi versati per il personale.
In base a questo assunto, come si evince dal medesimo accordo quadro, gli importi da recuperare a tassazione sono i seguenti:
- per quanto riguarda la società Beta S.r.l., l’imponibile complessivo dei contratti di appalto relativi alle annualità dal 2012 al 2016, per la sola parte riferita ai contributi versati per il personale (oggetto di accollo), è pari a … euro. La corrispondente IVA indetraibile ammonta pertanto a …;
- per quanto riguarda la società Gamma S.r.l., l’imponibile complessivo dei contratti di appalto relativi alle annualità dal 2014 al 2015, per la sola parte riferita ai contributi versati per il personale (oggetto di accollo), è pari a … La corrispondente IVA indetraibile ammonta pertanto a ….
Il totale complessivo dell’IVA indetraibile, da recuperare a tassazione, è quindi pari a … euro.
Come anticipato, in esecuzione di tale accordo quadro, le società Beta S.r.l. e Gamma S.r.l., in data 2021, hanno sottoscritto i relativi accordi conciliativi con
l’Agenzia delle Entrate – Direzione Provinciale di… , accettando di pagare le predette somme (inerenti all’IVA indetraibile e ai relativi interessi) che si riportano integralmente:
- … euro (IVA indetraibile);
- … euro (interessi).
I pagamenti sono stati integralmente eseguiti (in un’unica soluzione) dalla società istante, tramite il modello F24, in data 2021.
Tutto ciò premesso, Alfa S.p.A. intende conoscere il parere dell’Agenzia delle Entrate in merito alla deducibilità dal reddito di impresa dell’IVA indetraibile, derivante dagli accordi conciliativi di cui all’articolo 48 del decreto legislativo n. 546 del 1992 e pari a … euro e dei relativi interessi, pari a , nonché in merito alla corretta
individuazione del periodo d’imposta in cui la società istante potrà eventualmente dedurre le predette somme.
SOLUZIONE INTERPRETATIVA PROSPETTATA DAL CONTRIBUENTE
A parere della società istante, le somme versate relative all’IVA divenuta indetraibile a seguito dell’accordo quadro e dei conseguenti accordi conciliativi assumono rilevanza fiscale e, pertanto, devono poter essere interamente dedotte dal reddito di impresa, sia ai fini del calcolo della base imponibile IRES che ai fini del calcolo della base imponibile IRAP.
Più precisamente, l’IVA indetraibile costituisce un onere che si aggiunge al costo dell’operazione e che va, quindi, ad influenzare il risultato dell’esercizio, rendendo, in tal modo, inattuabile il principio di neutralità dell’imposta che rappresenta l’elemento caratterizzante dell’IVA. Da questo, evidentemente, deriva la deducibilità dal reddito d’impresa dell’IVA indetraibile. Se così non fosse, infatti, sarebbe preclusa al contribuente la deduzione dal reddito di un costo sostenuto nell’esercizio dell’impresa (da cui derivano ricavi o altri proventi che concorrono a formare il reddito stesso), in contrasto con l’articolo 109, comma 5, del TUIR, oltre che con il principio costituzionalmente garantito della capacità contributiva.
È altresì evidente che, come riconosciuto dalla prassi e dalla giurisprudenza, tale indetraibilità deve derivare da cause oggettive o deve essere dichiarata tale “a posteriori” a seguito di accertamento. Nel caso dell’IVA non detratta dal contribuente sulla base di una valutazione discrezionale, invece, come previsto anche dalla circolare n. 6/E del 2009 e dalla risoluzione n. 84/E del 2009, la deducibilità dell’IVA indetraibile non appare scontata.
Ebbene, a parere della società istante, l’IVA versata dalla Alfa S.p.A. in esecuzione degli accordi conciliativi rappresenta indubbiamente un costo, in quanto si tratta di IVA indetraibile. Le somme versate dalla società istante all’Amministrazione finanziaria sono infatti costituite dagli importi dell’IVA inizialmente detratta ma che, a seguito dei predetti accordi, è stata dichiarata indetraibile. Non si tratta, quindi, di una indetraibilità derivante da una valutazione discrezionale del contribuente, bensì di una indetraibilità oggettiva, sebbene “a posteriori” a seguito dell’accertamento e dei conseguenti accordi conciliativi.
La Alfa S.p.A. ritiene, pertanto, che il totale complessivo dell’IVA indetraibile dalla stessa versato, pari a … euro più … euro di interessi, costituendo un costo di esercizio ed essendo chiaramente inerente all’attività di impresa ai sensi dell’articolo 109, comma 5, del TUIR, sia interamente deducibile dal reddito, sia ai fini del calcolo della base imponibile IRES che ai fini del calcolo della base imponibile IRAP. Si tratta, infatti, degli importi relativi ai contributi versati per il personale da parte dei consorzi, costituenti una delle voci delle fatture di acquisto ricevute dalle società Beta S.r.l. e Gamma S.r.l. inerenti ai servizi di facchinaggio e prestazioni accessorie che venivano svolti presso i magazzini di confezionamento abiti e altri oggetti di … … delle predette società. Costi, quindi, che si riferiscono ad attività strettamente connesse all’attività tipica esercitata dalla società istante (logistica), da cui derivano ricavi o altri proventi che concorrono a formare il reddito.
Con riferimento all’imputazione temporale dell’IVA indetraibile quale componente negativo di reddito, la Alfa S.p.A. sottolinea che, nel caso di specie, tale indetraibilità è stata dichiarata solamente “a posteriori” negli accordi conciliativi. Ai fini della corretta individuazione del periodo di imposta di deduzione, va quindi tenuto presente che non si tratta di un errore di competenza (deduzione nell’esercizio sbagliato) bensì del riconoscimento ex novo (nel 2021) dell’IVA inizialmente detratta quale elemento di costo. Ciò, tra l’altro, nell’ambito di uno strumento deflattivo, la conciliazione giudiziale, a cui la società istante ha deciso di aderire al fine di definire il rapporto tributario pendente e di evitare ulteriori costi connessi ad un contenzioso certamente lungo e defatigante. Si è, pertanto, in una fattispecie parzialmente diversa e comunque peculiare rispetto a quelle affrontate finora dalla prassi e dalla giurisprudenza.
È proprio dagli atti conciliativi che si evince il carattere novativo del riconoscimento dell’indetraibilità dell’IVA inizialmente detratta. Sia nell’accordo quadro che nei medesimi accordi conciliativi, infatti, viene riconosciuta la legittimità e la genuinità dei contratti di appalto (oggetto dell’accertamento) e, solamente nel corso delle trattative per la sottoscrizione degli stessi emerge una possibile differente interpretazione della vicenda oggetto di contestazione, che è stata giuridicamente riqualificata, portando al riconoscimento dell’indetraibilità di una parte dell’IVA, ovvero quella relativa alle stesse prestazioni riaddebitate (senza IVA) dalle società Beta S.r.l. e Gamma S.r.l. ai consorzi.
Tale impostazione, essendo definita in maniera innovativa solamente in fase di conciliazione giudiziale, non risultava pertanto ipotizzabile fino al momento di sottoscrizione degli accordi e, quindi, negli anni in cui sono stati dedotti i corrispettivi delle prestazioni di servizio a cui afferisce la medesima IVA dichiarata indetraibile. A tal riguardo, la società istante fa presente che non solo le norme fiscali (articolo 109, comma 1, del TUIR) ma anche i principi contabili nazionali prevedono che il costo, per poter essere iscritto a conto economico e quindi essere considerato di competenza dell’esercizio, debba essere divenuto certo e determinato. Pertanto, sia negli anni in cui vige il principio di derivazione rafforzata, delineato dall’articolo 83 del TUIR, sia negli anni precedenti, ai sensi dell’articolo 109, comma 1, del TUIR, il presupposto affinché l’onere possa essere dedotto fiscalmente dal reddito di impresa è che esso sia certo e determinabile.
Ciò, tra l’altro, è stato ribadito anche dall’Amministrazione finanziaria nel corso dell’incontro con la stampa specializzata del 24 maggio 2018, richiamando la newsletter di febbraio 2018 dell’OIC, secondo la quale la deducibilità dei componenti negativi di reddito, negli esercizi in cui vige il principio di derivazione rafforzata, deve avvenire nel rispetto delle regole di competenza previste dai principi contabili. Nel caso di specie, quindi, in base ai principi contabili nazionali, l’onere sorto con la conciliazione giudiziale è di competenza dell’esercizio 2021 (anno in cui sono stati sottoscritti gli accordi conciliativi che rappresentano l’evento generatore del costo).
Per tali ragioni, la società istante ritiene che l’IVA indetraibile in oggetto e i relativi interessi corrisposti vadano imputati, sia dal punto di vista civilistico che fiscale (ai fini della determinazione delle imposte dirette), nell’anno in cui divengono certi e determinabili, ovvero nel 2021. Essi, infatti, costituiscono un costo emerso e generato nell’esercizio 2021.
Nel caso di specie, infine, l’IVA indetraibile e i relativi interessi determinano un costo che, sebbene afferente ai servizi di facchinaggio svolti dai consorzi a favore di Beta S.r.l. e Gamma S.r.l., assume un carattere innovativo e autonomo, in ragione della sua natura e della sua origine (conciliazione giudiziale). Tali costi, infatti, rappresentano un evento imprevedibile e successivo alla chiusura degli esercizi di competenza delle prestazioni di servizio, scaturendo da atti conciliativi che hanno riqualificato e reinterpretato in maniera innovativa le operazioni effettuate tra i consorzi e le predette società.
Ne consegue, quindi, che, nel caso in esame, Alfa S.p.A., quale società incorporante di Beta S.r.l. e Gamma S.r.l., possa dedurre nell’esercizio 2021 (in cui si è verificato l’evento generatore dei costi de quibus), quale componente negativo di reddito, l’IVA indetraibile con i relativi accessori di legge, nonché il costo relativo agli interessi versati in sede di conciliazione giudiziale afferenti all’importo della medesima IVA indetraibile. Si tratta, in particolare, di … euro di IRES che corrispondono al 24% di … (… + …) e di … euro di IRAP che corrispondono al 3,9% di … (… + …).
In conclusione, la società istante ritiene che le somme versate a titolo di IVA indetraibile (con i relativi accessori di legge), nonché l’afferente costo degli interessi corrisposti siano interamente deducibili dal reddito, sia ai fini del calcolo della base imponibile IRES che ai fini del calcolo della base imponibile IRAP. Essi, infatti, rappresentano dei costi sostenuti nell’esercizio dell’impresa, ai sensi dell’articolo 109, comma 5, del TUIR. Con riferimento all’imputazione temporale, tali costi rappresentano un componente negativo di reddito che, sebbene afferente a determinate prestazioni di servizio, assume natura autonoma in ragione della sua origine. Come tale, deve pertanto essere dedotto integralmente nell’esercizio 2021, ovvero nell’anno in cui si è verificato l’evento generatore dei costi (sottoscrizione della conciliazione giudiziale) e i medesimi costi sono divenuti certi e determinati.
PARERE DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE
Si rappresenta, in via preliminare, che il presente parere viene reso sulla base dei fatti, dei dati e degli elementi descritti, assunti acriticamente così come esposti nell’istanza di interpello, nel presupposto della loro veridicità, esaustività e concreta realizzazione.
Ai sensi dell’articolo 99, comma 1, del TUIR, “le imposte sui redditi e quelle per le quali è prevista la rivalsa, anche facoltativa, non sono ammesse in deduzione. Le altre imposte sono deducibili nell’esercizio in cui avviene il pagamento“.
Nella categoria delle imposte per le quali è prevista la rivalsa rientra anche l’IVA. Ai sensi dell’articolo 18, comma 1, del D.P.R. n. 633 del 1972, infatti, il soggetto che effettua la cessione di beni o la prestazione di servizi imponibili deve addebitare la relativa imposta, a titolo di rivalsa, al cessionario o al committente.
Tale imposta si caratterizza altresì per il principio, di rango comunitario, della neutralità, in base al quale l’imposta assolta sugli acquisti è di norma interamente detraibile.
Dal combinato disposto delle citate norme emerge, quindi, che se di norma l’IVA è un’imposta non deducibile dalle imposte sui redditi, un’eccezione va tuttavia contemplata nei casi di IVA che risulti indetraibile (i) in virtù di disposizioni legislative, (ii) per effetto della facoltà di avvalersi della dispensa dagli adempimenti relativi alle operazioni esenti di cui all’articolo 36-bis del D.P.R. n. 633 del 1972 e (iii) per effetto del pro-rata parziale (cfr. risoluzione n. 869/E del 19 gennaio 1980); in tali situazioni l’imposta, costituendo un onere che va ad influenzare il risultato dell’esercizio, deve poter essere dedotta ai fini delle imposte sui redditi.
La rilevanza fiscale dell’IVA oggettivamente indetraibile è stata indirettamente riconosciuta nella circolare n. 6/E del 3 marzo 2009 e nella risoluzione n. 84/E del 31 marzo 2009, a proposito del corretto trattamento fiscale da riservare, ai fini IRES, all’IVA che è rimasta a carico dell’impresa nell’acquisizione di prestazioni alberghiere e di ristorazione, a seguito delle novità introdotte dall’articolo 83, commi 28-bis e 28- ter, del D.L. 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, col quale era stata soppressa la previsione dell’articolo 19-bis1, comma 1, lettera e), del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, che prevedeva l’indetraibilità oggettiva dell’IVA relativa a prestazioni alberghiere ed a somministrazioni di alimenti e bevande.
Nell’ambito dei citati documenti di prassi l’Agenzia delle Entrate, ha chiarito che l’IVA detraibile non può costituire un costo ai fini della determinazione del reddito sia nel caso in cui il contribuente disponga della fattura relativa al servizio ricevuto (e scelga di non detrarre l’imposta), sia nel caso in cui il contribuente abbia deciso di non richiedere all’albergatore o al ristoratore l’emissione della fattura, in quanto “la mancata richiesta della fattura non può avere riflessi ai fini della determinazione del reddito, atteso che in tale ipotesi l’indetraibilità dell’IVA non deriverebbe da cause oggettive che precludono l’esercizio del relativo diritto bensì da una valutazione discrezionale del contribuente“. Tale principio, come precisato nella risoluzione n. 84/E del 2009, deve essere applicato non solo in sede di determinazione dell’IRES dovuta, ma anche all’atto della quantificazione del reddito imponibile ai fini IRAP.
Tanto premesso in termini generali, nel caso di specie, in sede di stipulazione dell'”Accordo quadro di definizione delle contestazioni nei confronti delle società Beta
S.r.l. e Gamma S.r.l.”, è emerso che le società Beta S.r.l. e Gamma S.r.l. (incorporate dalla società istante Alfa S.p.A.), oltre a ricevere dai consorzi fatture per le prestazioni di servizi ricevute (servizi di facchinaggio e prestazioni accessorie), contabilizzavano nei confronti dei consorzi stessi dei ricavi (i cui crediti sono stati compensati con i debiti) riferiti al “riaddebito del pagamento dell’accollo dei contributi versati per il personale“.
Le fatture ricevute dalle società Beta S.r.l. e Gamma S.r.l. sono state emesse dai consorzi con IVA (che è stata detratta dalle due società), mentre le fatture relative al riaddebito dei contributi versati per il personale sono state emesse da Beta S.r.l. e Gamma S.r.l. nei confronti degli stessi consorzi senza IVA.
In pratica, Beta S.r.l. e Gamma S.r.l. hanno detratto l’IVA sulle fatture ricevute per le prestazioni di servizi comprensive dei contributi (che sono una parte del contratto complessivo stipulato con i consorzi) e poi hanno riaddebitato con fattura agli stessi consorzi i contributi senza però applicare l’IVA, trattandoli come ” anticipazione per l’altro soggetto” ai sensi dell’articolo 15 del D.P.R. n. 633 del 1972.
Tale condotta, come chiarito nel richiamato accordo quadro, è stata ritenuta ” censurabile” dall’Agenzia delle Entrate e “il vantaggio fiscale da recuperare a tassazione” è stato individuato nell’“IVA detratta in relazione alle fatture passive ricevute in esecuzione del genuino appalto di servizi, ma esclusivamente in proporzione delle somme riaddebitate per effetto della prospettata operazione di accollo“.
In virtù della sottoscrizione dell’accordo quadro e dei relativi accordi conciliativi ex articolo 48 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, la società istante (che ha incorporato le società Beta S.r.l. e Gamma S.r.l.) ha quindi provveduto al pagamento delle somme inerenti l’IVA indetraibile e i relativi interessi.
Ciò stante, coerentemente con i chiarimenti che sono stati dati nei documenti di prassi sopra richiamati, si ritiene che non possa essere riconosciuta alla società istante la deducibilità, ai fini IRES ed IRAP, del costo corrispondente all’IVA divenuta indetraibile e dalla stessa versata all’Erario in esecuzione degli accordi conciliativi.
Infatti, a ben vedere, nel caso di specie, l’indetraibilità dell’IVA non è ricollegata ad una delle cause indicate dalla risoluzione n. 869/E del 19 gennaio 1980, né ha carattere oggettivo, bensì rappresenta la conseguenza del comportamento adottato dalle società Beta S.r.l. e Gamma S.r.l. (incorporate dalla società istante Alfa S.p.A.) che, in sede di riaddebito ai consorzi dei contributi per il personale, non hanno assoggettato a IVA gli importi corrispondenti.
In particolare, la condotta delle società Beta S.r.l. e Gamma S.r.l. è stata qualificata nell’accordo quadro di conciliazione come “comportamento che viola il principio di inerenza applicabile, ai sensi dell’art. 19 del Dpr. 633/72 agli effetti dell’Iva” e come fonte di “situazioni abusive“, e ha comportato un salto di imposta di cui hanno beneficiato le società in questione, in quanto sui medesimi componenti le società Beta S.r.l. e Gamma S.r.l. hanno detratto l’IVA sugli acquisti, applicando invece il titolo di esclusione di cui all’articolo 15 del D.P.R. n. 633 del 1972 sui correlati riaddebiti.
Difatti, se le società Beta S.r.l e Gamma S.r.l. avessero fatturato il riaddebito dei contributi per il personale ai consorzi applicando correttamente l’IVA, non sarebbero state gravate da alcun onere in quanto avrebbero avuto la possibilità di recuperare in rivalsa nei confronti dei consorzi stessi l’IVA ordinariamente versata all’Erario, facendo venire meno le ragioni che hanno giustificato, in sede di conciliazione, la riqualificazione – come indetraibile – dell’IVA versata in relazione alle fatture passive ricevute dai consorzi e garantendo così la neutralità dell’imposta.
Pertanto, il costo corrispondente all’IVA divenuta indetraibile e versata dalla società istante all’Erario in esecuzione degli accordi conciliativi non dà luogo a componenti reddituali fiscalmente rilevanti in quanto si è in presenza di componenti che non rappresentano un fattore produttivo dell’attività del soggetto istante. Peraltro, la loro deduzione non risulterebbe coerente col contesto generale in cui gli stessi sono maturati e con le conseguenze che la condotta del contribuente ha generato, in termini di debenza dell’imposta, nel sistema.
Per quanto concerne la deducibilità degli interessi versati in esecuzione degli accordi conciliativi, si ritengono applicabili i principi espressi nella risoluzione n. 178/E del 9 novembre 2001, sebbene elaborati con riferimento ad una fattispecie disciplinata, ratione temporis, dall’articolo 63 del TUIR, in vigore fino al 24 dicembre 2007 (e, in seguito, sostituito dagli articoli 61 e 96 del TUIR). Nel citato documento di prassi è stato precisato che gli interessi passivi, quali oneri generati dalla funzione finanziaria, sono assimilabili ad un costo generale dell’impresa, cioè ad un costo non specificamente riferito ad una particolare attività aziendale o ritenuto accessorio ad un particolare onere.
La loro deducibilità, in sostanza, deve essere determinata solo applicando le modalità di calcolo dettate dal TUIR al loro ammontare complessivo, indipendentemente dal fatto aziendale che li ha generati o dalla deducibilità del costo al quale sono collegabili. Negli stessi termini si è pronunciata anche la Corte di Cassazione affermando, nella sentenza n. 12990 del 12 aprile 2007, depositata il 4 giugno 2007, che gli interessi passivi correlati alla riscossione e all’accertamento delle imposte non differiscono in nulla da qualsiasi altro onere collegato al ritardo nell’adempimento di un’obbligazione e rientrano quindi nell’ambito applicativo proprio della categoria degli interessi passivi, regolata dall’allora articolo 63 del TUIR, separandosi inevitabilmente dal regime impositivo del tributo cui accedono.
Secondo l’orientamento espresso dalla Suprema Corte, gli interessi passivi correlati alle imposte o a maggiori imposte dovute in base alla liquidazione, al controllo formale della dichiarazione o all’accertamento dell’Ufficio hanno, di fatto, una funzione “compensativa” del ritardo nell’esazione, in quanto generati unicamente dal fatto oggettivo che il tributo entra nelle casse dello Stato con ritardo rispetto a quanto fisiologicamente previsto. Quindi, vanno considerati autonomamente rispetto al regime impositivo dei tributi cui afferiscono.
Pertanto, pur essendo genericamente funzionali al mantenimento della liquidità dell’imprenditore – se si considera che il mancato versamento delle imposte nei termini previsti dalle norme, si traduce, nella sostanza, in una temporanea disponibilità finanziaria dell’impresa nei limiti degli importi non versati all’Erario – è innegabile che tali interessi non derivino da operazioni di finanziamento, vale a dire, aventi “causa finanziaria”. Dunque, considerato che agli interessi passivi in esame versati (in un’unica soluzione) dalla società istante in esecuzione degli accordi conciliativi non si applica l’articolo 96 del TUIR, essi sono integralmente deducibili sulla base delle regole generali di deducibilità del reddito d’impesa nel periodo d’imposta 2021 (periodo d’imposta in cui sono stati sottoscritti gli accordi conciliativi che ne hanno previsto il pagamento).
In conclusione, considerato che, per quanto detto in precedenza, gli interessi passivi in esame, versati dalla società contribuente in attuazione degli accordi conciliativi, non derivano da operazioni aventi “causa finanziaria”, essi saranno deducibili – nel periodo d’imposta 2021 – anche ai fini IRAP sempreché classificati – secondo corretti principi contabili – in una voce del conto economico del bilancio di esercizio rilevante nella determinazione della base imponibile del tributo regionale.
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