La Corte di Cassazione, sezione penale, con la sentenza n. 1676 depositata il 16 gennaio 2020 intervenendo in tema di reato di malversazione ai danni dello Stato e di illeciti di cui al D.Lgs. n. 231/2001 ha statuito che “la confisca per equivalente del profitto di cui all’art. 19 del d. lgs. n. 231/’01 ha natura di sanzione principale e autonoma”, senza che ricorra “rapporto di sussidiarietà o di concorso apparente tra la detta disposizione e le norme del codice penale che prevedono la stessa misura ablativa a carico delle persone fisiche responsabili del reato, fermo restando logicamente che l’espropriazione non potrà, in ogni caso, eccedere nel quantum l’entità complessiva del profitto”
La vicenda ha visto protagonisti una società di capitale e del suo presidente del consiglio di amministrazione e dell’amministratore delegato accusati di non aver destinato i finanziamenti agevolati al progetto industriale, avente ad oggetto gli interventi concordati di riconversione e riqualificazione del polo industriale. Nei confronti dell’amministratore delegato della società dal GIP veniva emesso il decreto con veniva disposto il sequestro preventivo anche per equivalente a carico del presidente del consiglio di amministrazione e dell’amministratore delegato e della società. I soggetti colpiti dal provvedimento del GIP lo impugnano inanzi al Tribunale che confermava il decreto impugnato. Avverso tale decisione veniva proposto ricorso in cassazione fondato su tre motivi.
Gli Ermellini nel rigettare il ricorso affermato che è legittimo il sequestro disposto sui beni dell’amministratore della società sanzionata per illeciti di cui agli articoli 19 e 53 d. lgs. 231/2001 qualora il patrimonio della società è insufficiente. Inoltre, per i giudici di legittimità, la responsabilità della persona giuridica è aggiuntiva e non sostitutiva di quella delle persone fisiche, che resta regolata dal diritto penale comune.
Infine, i giudici del palazzaccio, hanno puntualizzato che di “fronte ad un illecito plurisoggettivo deve applicarsi il principio solidaristico che informa la disciplina del concorso nel reato e che implica l’imputazione dell’intera azione delittuosa e dell’effetto conseguente in capo a ciascun concorrente. Più in particolare, perduta l’individualità storica del profitto illecito, la confisca di valore può interessare indifferentemente ciascuno dei concorrenti anche per l’intera entità del profitto accertato (entro logicamente i limiti quantitativi dello stesso), non essendo esso ricollegato, per quello che emerge allo stato degli atti, all’arricchimento di uno piuttosto che di un altro soggetto coinvolto, bensì alla corresponsabilità di tutti nella commissione dell’illecito, senza che rilevi il riparto del relativo onere tra i concorrenti, che costituisce fatto interno a questi ultimi”.
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