La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 13620 depositata il 17 maggio 2023, intervenendo in tema di nullità dell’atto impositivo, ha affermato che “… La motivazione dell’atto impositivo, al pari di quella di ogni provvedimento amministrativo, è funzionale alla salvaguardia delle garanzie di ragionevolezza, imparzialità e proporzionalità che devono connotare l’azione dell’Amministrazione, da ricondurre, a loro volta, alle esigenze di razionalità e non arbitrarietà del potere discrezionale, riconosciute dall’art. 97, comma secondo, della Costituzione.

Per altro verso, e nell’ottica del destinatario dell’atto, la motivazione è anche strumentale alla comprensione del percorso decisionale dell’autorità, in vista della possibile impugnazione, in termini riconducibili ai diritti riconosciuti dagli artt. 24 e 103 Cost.

In quest’ultimo senso, la motivazione dell’atto impositivo assume una connotazione rilevante anche per il giudice dell’eventuale contenzioso sullo stesso, poiché costituisce il principale, se non l’unico, elemento utilizzabile ai fini del relativo sindacato. …”

La vicenda ha riguardato una società di capitale a cui venivano notificati 5 avvisi di accertamento per diversi anni di imposta. La società impugnò gli avvisi innanzi alla Commissione tributaria di primo grado che, riuniti i ricorsi, li accolse solo parzialmente. Avverso la decisione dei giudici di prime cure la società contribuente propose appello alla CTR. I giudici di appello respinsero il gravame principale e accolse quello incidentale presentato dall’Agenzia, osservando anzitutto che, contrariamente a quanto sostenuto dalla contribuente, il fatto che i rilievi erariali fossero sorretti da plurime ragioni, anche apparentemente contraddittorie fra loro, non comportava la nullità degli atti impositivi.

La società impugnava la sentenza d’appello con ricorso per cassazione affidato a tre motivi.

Gli Ermellini accolsero la doglianza della contribuente che lamentava la motivazione contraddittoria degli avvisi emessi ribadendo che “… l’avviso di accertamento non può essere supportato da motivazione contraddittoria, poiché in tal caso esso non consente al contribuente di avere certezza degli elementi fondanti le ragioni della pretesa; e ha specificato che tale vizio si configura anche laddove vengano indicate ragioni concorrenti ma contraddistinte da assoluta eterogeneità e, come tali, inidonee a fungere da complessivo presupposto della pretesa. …”

Inoltre, i giudici di legittimità, nella sentenza in commento, ricorrendo ai propri precedenti (Cass. 18767/2020,  6104/2020  e 22003/2014) hanno puntualizzato che l’atto impositivo non può recare un impianto motivazionale contraddittorio, poiché è precluso al contribuente di avere certezza degli elementi costituenti le ragioni della pretesa. Siffatto vizio è configurabile anche quando sono esposte motivazioni concorrenti ma assolutamente discordanti tra di loro e, perciò, inidonee a rappresentare il fulcro della pretesa.

Gli ermellini richiamano altri precedenti conformi (Cass. 18767/2020,  6104/2020  e 22003/2014) che evidenziano come l’atto non possa recare un impianto motivazionale contraddittorio, poiché è precluso al contribuente di avere certezza degli elementi costituenti le ragioni della pretesa. Siffatto vizio è configurabile anche quando sono esposte motivazioni concorrenti ma assolutamente discordanti tra di loro e, perciò, inidonee a rappresentare il fulcro della pretesa.

Inoltre, per la Corte Suprema, “… l’avviso di accertamento è affetto da nullità laddove sia fondato su motivi d’imposizione distinti ed inconciliabili, in quanto, rispondendo la motivazione alla duplice esigenza di rispettare i principi d’informazione e collaborazione, già fissati dall’art. 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241 e, specificamente in materia fiscale, dall’art. 10 della legge 27 luglio 2000, n. 212, e di garantire il pieno esercizio   del diritto di  difesa,   non  è legittimo l’intento dell’Amministrazione di formulare una motivazione contraddittoria con funzione di “riserva”, sia perché la pretesa impositiva per essere conforme a legge può basarsi su elementi concorrenti, ma non su presupposti fattuali contrastanti, sia perché l’alternatività delle ragioni giustificatrici della pretesa, lasciando l’Amministrazione arbitra di scegliere nel corso della procedura contenziosa, quella che più le convenga secondo le circostanze, espone la controparte ad un esercizio difensivo difficile o talora impossibile. …”