La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 13620 depositata il 17 maggio 2023, intervenendo in tema di obbligo di motivare gli atti impositivi, ha riaffermato che “… l’avviso di accertamento è affetto da nullità laddove sia fondato su motivi d’imposizione distinti ed inconciliabili, in quanto, rispondendo la motivazione alla duplice esigenza di rispettare i principi d’informazione e collaborazione, già fissati dall’art. 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241 e, specificamente in materia fiscale, dall’art. 10 della legge 27 luglio 2000, n. 212, e di garantire il pieno esercizio del diritto di difesa, non è legittimo l’intento dell’Amministrazione di formulare una motivazione contraddittoria con funzione di “riserva”, sia perché la pretesa impositiva per essere conforme a legge può basarsi su elementi concorrenti, ma non su presupposti fattuali contrastanti, sia perché l’alternatività delle ragioni giustificatrici della pretesa, lasciando l’Amministrazione arbitra di scegliere nel corso della procedura contenziosa, quella che più le convenga secondo le circostanze, espone la controparte ad un esercizio difensivo difficile o talora impossibile …”
La vicenda ha riguardato una società di capitale a cui l’Agenzia delle Entrate notificava ben cinque avvisi di accertamento per gli anni 2005 e seguenti con i quali è stata contestata la contabilizzazione di fatture per operazioni inesistenti, non inerenti e non obiettivamente determinabili. La società contribuente, avverso tali atti impositivi, propose ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale. I giudici di prime cure, i quali dopo aver riuniti i ricorsi, accolsero parzialmente le doglianza della ricorrente. La società, tra i motivi non accolti, aveva lamentato anche la contraddittorietà della motivazione degli atti impugnati. Avverso la decisione della CTP fu proposta dalla contribuente ricorso alla CTR, mentre l’Agenzia proponeva ricorso incidentale. I giudici di appello respinsero il ricorso principale ed accolse il ricorso incidentale. La CTR evidenziava che, contrariamente a quanto sostenuto dalla contribuente, il fatto che i rilievi erariali fossero sorretti da plurime ragioni, anche apparentemente contraddittorie fra loro, non comportava la nullità degli atti impositivi, e ciò sia perché «nessuna norma di legge fa discendere la nullità degli atti amministrativi da un vizio di contraddittorietà della motivazione», sia perché, in ogni caso e come ritenuto dai giudici di prime cure, nel caso di specie si era trattato «di scarsa rigorosità motivazionale più che di contraddittorietà della motivazione». La società contribuente avverso la decisione di appello proponeva ricorso in cassazione fondato su tre motivi.
Gli Ermellini accolgono primo motivo, assorbiti i restanti, precisando che “… La motivazione dell’atto impositivo, al pari di quella di ogni provvedimento amministrativo, è funzionale alla salvaguardia delle garanzie di ragionevolezza, imparzialità e proporzionalità che devono connotare l’azione dell’Amministrazione, da ricondurre, a loro volta, alle esigenze di razionalità e non arbitrarietà del potere discrezionale, riconosciute dall’art. 97, comma secondo, della Costituzione.
Per altro verso, e nell’ottica del destinatario dell’atto, la motivazione è anche strumentale alla comprensione del percorso decisionale dell’autorità, in vista della possibile impugnazione, in termini riconducibili ai diritti riconosciuti dagli artt. 24 e 103 Cost.
In quest’ultimo senso, la motivazione dell’atto impositivo assume una connotazione rilevante anche per il giudice dell’eventuale contenzioso sullo stesso, poiché costituisce il principale, se non l’unico, elemento utilizzabile ai fini del relativo sindacato. …”
Inoltre i giudici di legittimità nel ribadire che gli atti impositivi non possono contenere motivazioni contraddittoria, fornendo alcuni esempi trattati dalla Corte nei propri precedenti, ribadiscono che “… l’avviso di accertamento non può essere supportato da motivazione contraddittoria, poiché in tal caso esso non consente al contribuente di avere certezza degli elementi fondanti le ragioni della pretesa; e ha specificato che tale vizio si configura anche laddove vengano indicate ragioni concorrenti ma contraddistinte da assoluta eterogeneità e, come tali, inidonee a fungere da complessivo presupposto della pretesa.
Così, ad esempio, è stata ritenuta l’invalidità dell’avviso fondato con richiamo, nei suoi presupposti, tanto al principio dell’abuso del diritto quanto all’interposizione fittizia di persona, trattandosi di istituti con ambiti di applicazione differenziati (Cass. n. 18767/2020), o di quello che non indicava puntualmente il tipo di accertamento svolto, operando un riferimento indistinto agli artt. 39, comma secondo, e 41-bis del d.P.R. n. 600 del 1973 (Cass. n. 22003/2014) …”
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