L’Ordine dei Consulenti del lavoro ha pubblicato un approfondimento costituito da una serie di risposte della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro divino in due sezioni la prima sulle conseguenze dei licenziamenti economici illegittimi e la secondo inerenti all’obbligo del versamento delle ritenute fiscali negli appalti alla luce del D.L. 124/2019 che di seguito riportiamo.
LICENZIAMENTO ECONOMICO ILLEGITTIMO: LE CONSEGUENZE
1) Abbiamo deciso di ridurre il personale di 2 unità perché vorremmo continuare l’attività comunque, pur non essendo propriamente in sofferenza economica. È possibile?
Sempre più spesso la giurisprudenza, con un orientamento che possiamo considerare consolidato, ha ricondotto il licenziamento c.d. “economico” ai concetti base descritti dall’art. 3, L. n. 604/66, per il quale il licenziamento per giustificato motivo oggettivo è quello determinato da ragioni inerenti all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa. Pertanto, quando il licenziamento sia necessario per un effettivo mutamento organizzativo, sia effettiva la soppressione del settore, reparto, o posto, sia reale il nesso eziologico con la risoluzione del rapporto di lavoro e sia impossibile ricollocare utilmente il/i lavoratore/i interessati, il licenziamento è legittimo, anche se l’azienda non ha “sofferenze” di natura economica.
2) Chiudiamo il reparto contabilità pensando di esternalizzarlo. Possiamo licenziare il personale addetto?
Sì. La chiusura di un reparto, con la decisione di esternalizzare l’attività che visi svolgeva, corrisponde ad un mutamento della organizzazione del lavoro che, laddove effettivo e sorretto dal nesso eziologico (chiusura reparto – soppressione posto/i), giustifica il licenziamento adottato. In questo caso, poiché le prestazioni prima assegnate a lavoratori subordinati in forza all’azienda sono adesso affidate ad un soggetto autonomo esterno, non si realizza quel momento sostitutivo (un lavoratore con un altro lavoratore) che è invece vietato.
3) Vorrei sostituire un mio dipendente con una persona che posso assumere con agevolazioni. L’azienda avrebbe una riduzione dei costi. È un licenziamento per giustificato motivo oggettivo?
No. Anche in presenza dell’ormai diffusa giurisprudenza di legittimità che giustifica il licenziamento per motivo oggettivo senza la necessità che l’azienda versi in difficoltà economiche, legittimando il licenziamento “organizzativo”, conseguente ad una modifica più efficiente e comunque diversa dell’assetto aziendale, continua ad essere vietato il licenziamento per mero profitto. Pertanto, non si può licenziare un dipendente per sostituirlo con un altro che, come segnalato, grazie alle proprie condizioni ha un “costo aziendale” inferiore, anche se ciò rappresenta, in linea generale, una economia per l’organizzazione.
4) Stiamo subendo un calo di commesse e riteniamo di dover ridurre il personale. Qual è il criterio di scelta che è preferibile adottare?
Non c’è un criterio “preferibile”. In linea di massima i criteri da adottare sono quelli indicati dall’art. 5 della legge n. 223/91 per i licenziamenti collettivi, che fanno riferimento, come noto: ai carichi di famiglia; all’anzianità; ad esigenze tecnico produttive ed organizzative. Gli stessi criteri, di fatto, sono di riferimento anche per i licenziamenti individuali, come pacificamente acquisito ormai per effetto della giurisprudenza risalente. La scelta del criterio da adottare e la loro eventuale combinazione sono individuate di volta in volta rispetto agli accordi che si raggiungono, per contemperare le esigenze organizzative dell’impresa e la tutela dell’occupazione. Se deve individuarsi un criterio generale (di applicazione) dei criteri di scelta, questo è unanimemente considerato quello della buona fede contrattuale. Ciò che importa, in buona sostanza, ai fini della legittimità del licenziamento, è che il metodo adottato per individuare i rapporti di lavoro da risolvere sia obiettivo, imparziale e certo.
5) Abbiamo ricevuto l’impugnativa di un licenziamento per giustificato motivo oggettivo. Quali sono i rischi in termini di costo per l’azienda nel caso non riuscissimo a concludere la transazione?
Viene sostanzialmente richiesto di individuare il c.d. “firing cost”, le conseguenze economiche della eventuale declaratoria da parte del giudice della illegittimità del licenziamento. Conseguenze intese sia come misura della indennità eventualmente riconosciuta, sia della possibilità che sia ordinata la reintegrazione, e quindi la prosecuzione del rapporto di lavoro senza soluzione di continuità. Questo dipende dal regime applicabile.
Qualora ci si trovi sotto l’egida dell’art. 18, in materia di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, l’alternativa tra tutela indennitaria o reale è molto aleatoria, perché il settimo comma della norma statutaria rilascia un’ampia discrezionalità al giudice che, come noto, “può” ordinare la reintegra quando ritiene “manifesta” l’insussistenza del motivo addotto.
Quindi il giudizio, caso per caso, può dar luogo a soluzioni anche significativamente diverse (dalla indennità minima alla condanna alla
reintegra, oltre al risarcimento), fondate sul potere assegnato al giudice, che può esercitarlo, una volta giudicata manifesta l’insussistenza del motivo oggettivo.
In origine appariva più semplice questa determinazione nel caso di regime delle c.d. “tutele crescenti”. Ai sensi dell’art. 3 del D.Lgs. n. 23/2015 infatti, il licenziamento per giustificato motivo oggettivo illegittimo era sanzionato con una indennità calcolata nella misura di due mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a sei e non superiore a trentasei mensilità (misure queste ultime aumentate dal D.L. n. 87/18). La Corte costituzionale, però, con la sentenza n. 194/2018, ha dichiarato l’incostituzionalità del meccanismo aritmetico, pertanto, anche per i rapporti soggetti alle tutele crescenti, sarà il giudice a dover individuare l’indennità, adattandola di volta in volta al caso concreto, sempre nell’ambito del minimo e del massimo di legge, parametri questi confermati dalla sentenza della Corte.
IL VERSAMENTO DELLE RITENUTE FISCALI IN CASO DI APPALTO, ALLA LUCE DELLE MODIFICHE INTRODOTTE DAL D.L. 124/2019
1) Viene modificata la responsabilità in solido del committente imprenditore con l’appaltatore e i subappaltatori per le retribuzioni, i contributi previdenziali e i premi assicurativi?
Le modifiche non toccano l’articolo 29 del D.Lgs. 276/2003, in cui è disciplinata la responsabilità in solido. Il legislatore del D.L. 124/2019
introduce nel D.Lgs. 241/97 il nuovo articolo 17 bis. Che cosa prevede?
Che in tutti i casi di affidamento di un’opera o un servizio da parte di un sostituto d’imposta residente, le ritenute sui redditi di lavoro dipendente e assimilato – comprese quelle per le addizionali regionali e comunali – operate dall’impresa appaltatrice, affidataria o subappaltatrice nel corso della durata del contratto siano versate dal committente.
Ma, mentre la responsabilità solidale negli appalti prevista dal 276/2003 non riguarda gli appalti pubblici, l’applicazione soggettiva della nuova norma coinvolge tutti i sostituti d’imposta residenti e quindi anche le pubbliche amministrazioni, le società partecipate, gli enti non commerciali privati, le persone fisiche e i condomini.
2) Quando entrerà in vigore la nuova norma?
Anche se il legislatore, per disciplinare questa materia, ha utilizzato lo strumento del D.L. quindi in vigore il giorno successivo alla pubblicazione in G.U., ha stabilito, per questo adempimento, l’entrata in vigore dal 1/1/2020.
3) Il committente deve versare tutte le ritenute operate dall’appaltatore?
L’obbligo si riferisce alle somme riguardanti i soli “lavoratori direttamente impiegati nell’esecuzione dell’opera o del servizio” affidato. La cosa sarebbe abbastanza agevole nel caso di lavoratori che esercitano per l’intero periodo di paga nell’esecuzione dell’opera appaltata ma sappiamo che accade spesso che la stessa persona può aver lavorato per una pluralità di cantieri di pertinenza di committenti differenti.
4) Entro quanti giorni il committente deve ricevere la provvista per il versamento?
Con almeno cinque giorni lavorativi di anticipo rispetto alla scadenza del versamento stesso di cui al successivo articolo 18, comma 1. Deve, inoltre, essere versato su specifico conto corrente bancario o postale comunicato dal committente all’impresa affidataria o appaltatrice e da quest’ultima alle imprese subappaltatrici.
5) Come deve essere inviata l’informativa al committente o al subappaltante?
L’informativa deve essere inviata via Pec. Infatti, il comma 5 del nuovo art. 17 bis prevede che committente e appaltatore ricevano via Pec dalle imprese partecipanti all’appalto, almeno cinque giorni lavorativi prima della scadenza, una comunicazione contenente:
a) un elenco nominativo di tutti i lavoratori, identificati mediante codice fiscale, impiegati nel mese precedente direttamente nell’esecuzione di opere e servizi affidati dal committente, con il dettaglio delle ore di lavoro prestate da ciascun percipiente in esecuzione dell’opera o del
servizio affidato, l’ammontare della retribuzione corrisposta al dipendente collegata a tale prestazione e il dettaglio delle ritenute fiscali eseguite nel mese precedente nei confronti di detto lavoratore, con separata indicazione di quelle relative alla prestazione affidata dal
committente;
b) i dati identificativi del bonifico effettuato al committente;
c) tutti i dati utili alla compilazione delle deleghe di pagamento, necessarie per l’effettuazione dei versamenti delle ritenute fiscali, perché il
committente dovrà compilare l’F24 mettendo il codice fiscale dell’appaltatore e non potrà effettuare compensazioni con crediti propri.
6) Può l’impresa appaltatrice o affidataria che vanta crediti per corrispettivi verso l’impresa committente compensare le somme dovute con tali corrispettivi?
Sì, la norma lo prevede espressamente. Infatti, l’impresa appaltatrice può allegare alla comunicazione inviata al committente la richiesta di
compensazione totale o parziale delle somme necessarie all’esecuzione del versamento delle ritenute, effettuate dalla stessa e dalle imprese
subappaltatrici, con il credito residuo derivante da corrispettivi spettanti e non ancora ricevuti. Il committente procede al versamento.
7) Di chi è la responsabilità per le ritenute a carico delle imprese della filiera?
La risposta è: dipende. Nel senso che è:
a) del committente, se non versa quanto ricevuto nei termini, non comunica i dati del conto in cui ricevere le somme o esegue pagamenti
alle imprese affidatarie senza trattenere gli importi da destinare al versamento delle ritenute;
b) è delle imprese appaltatrici/subappaltatrici, per la corretta determinazione ed esecuzione delle ritenute e in caso di mancato versamento al committente della provvista o di omissione dei dati necessari al versamento.
8) Nel caso in cui il committente non sia messo nelle condizioni di effettuare il versamento, come si deve comportare?
Il committente deve sospendere il pagamento dei corrispettivi maturati dall’impresa appaltatrice, vincolando le somme ad essa dovute al
pagamento delle ritenute eseguite dalle imprese coinvolte nell’esecuzione dell’opera. Inoltre, deve darne comunicazione entro novanta giorni
all’Ufficio dell’Agenzia delle Entrate territorialmente competente nei suoi confronti. In tali casi, è preclusa all’impresa appaltatrice o affidataria ogni azione esecutiva finalizzata al soddisfacimento del credito il cui pagamento è stato sospeso, fino a quando non sia stato eseguito il versamento delle ritenute.
9) È possibile che l’impresa appaltatrice versi direttamente le ritenute operate? Se sì, in quali casi?
Lo possono fare solo le imprese che alla data dell’ultimo giorno del mese precedente a quello della scadenza del versamento abbiano questi requisiti:
a) risultino in attività da almeno cinque anni ovvero abbiano eseguito nel corso dei due anni precedenti complessivi versamenti per un importo superiore a 2 milioni di euro;
b) non abbiano iscrizioni a ruolo o accertamenti esecutivi affidati agli agenti della riscossione relativi a tributi e contributi previdenziali per
importi superiori ad euro 50.000,00, per i quali siano ancora dovuti pagamenti o per i quali non siano stati accordati provvedimenti di
sospensione.
Si tratta di una sorta di Durc fiscale, infatti l’Agenzia delle Entrate dovrà emanare, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, un provvedimento che disciplini le modalità per il rilascio e il riscontro di questa certificazione.
L’impresa appaltatrice che si vuole avvalere di questa opzione deve comunicarlo entro cinque giorni lavorativi antecedenti alla scadenza
allegando il suddetto Durc fiscale.
10) L’oggetto riguarda un’attività di centro elaborazione dati svolta da una ditta in forma di impresa (che sia una srl, una sas, ecc…) e che calcola e stampa cedolini, ovviamente facendosi affiancare da un Consulente del Lavoro per quanto riguarda gli adempimenti a lui dedicati. La suddetta ditta ha ovviamente un certo numero di dipendenti impegnati nel calcolo e nella stampa dati per le aziende clienti. Essendoci un contratto di servizi con ogni società cliente, appunto per l’affidamento del servizio di calcolo e stampa delle paghe in outsourcing, la ditta è da considerarsi soggetta alla nuova normativa, quindi al pari di un'”appaltatrice”?
Pertanto, ogni società cliente, teoricamente, dovrebbe versare le imposte trattenute dalla ditta ai propri dipendenti (e per di più in proporzione alle ore e alla retribuzione dedicata ad ogni singolo cliente)?
Si tratta a tutti gli effetti di un appalto di servizi e quindi, essendo l’appaltatore un’impresa, rientra nella normativa regolamentata dal nuovo
art. 17 bis. Diversamente, se la prestazione fosse resa da una STP o da uno studio professionale, saremmo nell’ambito del contratto d’opera e quindi fuori dall’ambito di applicazione del suddetto articolo.
11) Una mia cliente è una società cooperativa (ma il quesito potrebbe valere anche per altre forme societarie con la medesima attività) che si occupa di servizi di pulizia, con numerosi contratti in essere con terzi per la fornitura (alberghi, ristoranti, uffici, ecc..). Avendo la coop. parecchi dipendenti che spesso operano presso diversi uffici/hotel ecc. all’interno dello stesso mese, ritenete che ogni albergo, ufficio, ristorante, ecc. sia da considerarsi sostituto d’imposta?
E, se sì, vorrebbe dire che ogni mese dovrei fornire alla mia cliente (oltre alle paghe e il classico F-24) una sorta di F24 con il solo erario “splittato” per ogni suo committente e con solo le ritenute dei dipendenti che hanno lavorato in quel singolo mese, per quel dato cliente,
riproporzionando il versamento in base alle ore di lavoro prestate?
Sì, anche se in realtà l’appaltatore non deve inviare al committente un F24 ma l’informativa, da spedire almeno cinque giorni lavorativi prima del 16 del mese, dovrà contenere:
a) un elenco nominativo di tutti i lavoratori, identificati mediante codice fiscale, impiegati nel mese precedente direttamente nell’esecuzione di opere e servizi affidati dal committente, con il dettaglio delle ore di lavoro prestate da ciascun percipiente in esecuzione dell’opera o del
servizio affidato, l’ammontare della retribuzione corrisposta al dipendente collegata a tale prestazione e il dettaglio delle ritenute fiscali eseguite nel mese precedente nei confronti di detto lavoratore, con separata indicazione di quelle relative alla prestazione affidata dal
committente;
b) i dati identificativi del bonifico effettuato al committente;
c) tutti i dati utili alla compilazione delle deleghe di pagamento, necessarie per l’effettuazione dei versamenti delle ritenute fiscali, perché il
committente dovrà compilare l’F24 mettendo il codice fiscale dell’appaltatore e non potrà effettuare compensazioni con crediti propri.
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