La Corte di Cassazione con la sentenza n. 12205 depositata il 14 giugno 2016 intervenendo in tema di licenziamento disciplinare per assenze ingiustificate ha confermato che il godimento di ferie non autorizzate è idoneo a configurare assenza ingiustificata dal lavoro. Il periodo di ferie non può essere decise in autonomia dal lavoratore ma deve essere autorizzate dal datore di lavoro, per cui, pur inviando la richiesta o la comunicazione con cui si informa che lo stesso usufruirà delle ferie la stessa non costituisce giustificazione delle assenze dal lavoro.
La vicenda ha riguardato un lavoratore che, assentatosi dal lavoro per malattia con prognosi sino al 22 giugno 2007 con lettera inviata il 21 giugno e ricevuta dalla datrice di lavoro il giorno successivo, aveva preannunciato che avrebbe usufruito del periodo di ferie a lui contrattualmente spettante nei giorni compresi fra il lunedì 25 giugno – data in cui avrebbe dovuto tornare al lavoro – e l’8 luglio, avendo necessità di tempo libero per frequentare un corso e per sottoporsi a terapie. Non essendosi egli presentato al lavoro, la società con lettera inviata il 3 luglio e ricevuta il 7 gli contestava l’assenza ingiustificata. Il provvedimento successivo del datore di lavoro fu il licenziamento disciplinare.
Il Lavoratore avverso il provvedimento disciplinare proponeva ricorso al Tribunale in veste di giudice del lavoro. Il Tribunale adito dichiarò inammissibile il ricorso del dipendente. La decisione di primo grado fù confermata dalla Corte di Appello. Per i giudici di appello “il ricorrente, che assumeva di avere preventivamente ottenuto a voce l’assenso alle ferie, non aveva neppure formulato istanze istruttorie per dimostrare di averle preventivamente richieste, che la lettera del 21 aveva un tono perentorio e rivendicativo e che non sussisteva alcun diritto a mutare il titolo dell’assenza da malattia a ferie per evitare la decorrenza del periodo di comporto. Né l’invio della contestazione nel settimo giorno lavorativo dopo l’inizio dell’assenza poteva avere ingenerato nel lavoratore il convincimento che la società avesse prestato acquiescenza al suo comportamento, in quanto l’articolo 98 del C.C.N.L. prevede la possibilità del licenziamento senza preavviso in caso di assenza ingiustificata per tre giorni di seguito, sicché con riguardo all’inizio dell’assenza, la reazione dell’appellata doveva considerarsi tempestiva”
Avverso la sentenza di appello il lavoratore propose ricorso in cassazione fondato su otto motivi.
Gli Ermellini, pur affermando che il godimento di ferie non autorizzate è idoneo a configurare assenza ingiustificata, accolgono il ricorso limitatamente alla valutazione della proporzionalità tra il comportamento illecito del lavoratore dipendente, precisando che la sanzione irrogata sul piano disciplinare costituisce un apprezzamento di fatto che deve essere condotto non in astratto ma con specifico riferimento a tutte le circostanze del caso concreto, inquadrando l’addebito nelle specifiche modalità del rapporto e tenendo conto non solo della natura del fatto contestato e del suo contenuto obiettivo ed intenzionale, ma anche di tutti gli altri elementi idonei a consentire l’adeguamento della disposizione normativa dell’articolo 2119 cod. civ. alla fattispecie concreta. (ribadito da Cass. n. 12708 del 26/09/2000 in relazione ad una fattispecie in cui il lavoratore, che al termine del periodo di inabilità temporanea conseguente ad un infortunio sul lavoro, aveva proseguito I’ assenza dichiarando di usufruire delle ferie; v. anche Cass. n. 12806 del 06/06/2014).
Tale principio vale anche quando si riscontri l’astratta corrispondenza del comportamento del lavoratore alla fattispecie tipizzata nel contratto collettivo, occorrendo sempre che la condotta sanzionata sia riconducibile alla nozione legale di giusta causa, tenendo conto della gravità del comportamento in concreto del lavoratore, anche sotto il profilo soggettivo della colpa o del dolo, con valutazione in senso accentuativo rispetto alla regola generale della “non scarsa importanza” dettata dall’articolo 1455 cod. civ.
La legge attribuisce al datore di lavoro l’ultima parola, al fine di valutare le necessità aziendali e la possibilità di sostituire l’assente con un suo collega il comportamento del datore di lavoro deve essere improntato a correttezza e buona fede e che deve valutare la sussistenza di esigenza obiettive e non limitarsi a un mero atteggiamento contestativo.
Nella normalità dei casi, se manca l’autorizzazione del datore, il dipendente che comunica le ferie con una lettera e poi non si presenta sul posto è responsabile di «assenza ingiustificata».
La fissazione di ferie individuali non deve essere arbitraria (Cass. sent. n. 5393/1992) . Il datore di lavoro deve mediare tra esigenze dell’impresa e interessi del lavoratore – e deve essere concordata formalmente, richiedendo un’autorizzazione del datore di lavoro (Cass. sent. n. 9816/2008). Ad ogni modo il lavoratore non può assentarsi contro l’espresso diniego dell’imprenditore in un periodo, da lui scelto arbitrariamente, che non coincide con quello fissato (Cass. sent. n. 5393/1992).
Qualora sia previsto dai contratti collettivi, la determinazione deve avvenire d’intesa con le RSU, a pena di illegittimità.
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