
La Corte di Cassazione con la sentenza n. 9305 del 11 aprile 2017 intervenendo in tema di licenziamenti disciplinari ha affermato che il dipendente, nei cui confronti è stata iniziata una procedura disciplinare, qualora richieda all’azienda di essere ascoltato prima dell’adozione di un provvedimento disciplinare nei propri confronti, può farsi accompagnare solo da un sindacalista e non da un avvocato. Per cui la richiesta del dipendente di essere ascoltato solo in presenza del difensore tecnico può essere declinata dal datore che, pertanto, in caso di ostinazione del dipendente, può ugualmente irrogare la sanzione anche senza procedere all’audizione richiesta.
La vicenda ha visto protagonista un dipendente dell’ENEL che aveva impugnato il licenziamento disciplinare “per essere stato egli raggiunto da un’ordinanza di custodia cautelare agli arresti domiciliari, fondata sull’imputazione di concorso in furto di energia elettrica mediante intervento sulle schede elettriche dei contatori” . I giudici di merito, in entrambi i gradi di giudizio, respingono il ricorso del lavoratore che aveva impugnato il licenziamento per giusta causa.
Avverso la decisione dei giudici di appello il dipendente proponeva ricorso in cassazione basato su 7 motivi.
Gli Ermellini ritengono infondato il ricorso proposto dal lavoratore. Per i giudici della Corte Suprema l’articolo 7 dello Statuto dei lavoratori (legge n. 300/1970) impone un rigido procedimento necessario a garantire il diritto di difesa preventivo e immediato. In particolare, nel caso di procedimento per l’irrogazione di sanzioni a seguito di illecito disciplinare, il datore di lavoro non può adottare alcuna sanzione disciplinare nei confronti del lavoratore senza avergli preventivamente contestato l’addebito e senza averlo sentito a sua difesa. In altre parole, l’iter degli atti è il seguente:
- innanzitutto l’azienda invia al lavoratore la contestazione scritta: questa deve essere «immediata», ossia non troppo distante dalla violazione, e «specifica» ossia non deve contenere accuse troppo generiche, in modo da consentire all’interessato di prendere posizione e addurre difese a proprio vantaggio. La legge non dice come debba essere inviata tale contestazione; per cui alcuni giudici ritengono superflua la raccomandata. Tuttavia, per poter dimostrare l’adempimento di tale onere, è sempre meglio che l’azienda utilizzi un sistema che possa consentire di dimostrare il ricevimento della lettera;
- entro 5 giorni dal ricevimento della contestazione, il lavoratore può produrre le proprie difese e controdeduzioni in forma orale o scritta. Pertanto, prima del decorso di tale termine non può essere irrogato il provvedimento disciplinare. Il lavoratore, nelle proprie difese, può anche chiedere di essere ascoltato oralmente presso la sede dell’azienda;
- in tale caso il datore deve convocare il lavoratore il quale potrà farsi assistere da un rappresentante dell’associazione sindacale cui aderisce o conferisce mandato.
Pertanto, alla luce della sopraindicata disposizione normativa e dando continuità all’orientamento della Corte, i giudici del palazzaccio hanno affermato che “il diritto del lavoratore di farsi assistere da un rappresentante sindacale esaurisce la tutela di legge, non essendovi in esso alcun riferimento alla difesa c.d. “tecnica” assicurata da un avvocato, che è normalmente prevista solo per il giudizio e che può essere riconosciuta o meno al di fuori di tale ipotesi in base a valutazione discrezionale del datore, né ha alcun rilievo la circostanza che il lavoratore, per gli stessi fatti oggetto dell’iniziativa disciplinare sia chiamato a rispondere nell’ambito di un processo penale considerata la diversità della sfera di interessi, privati e pubblici, su cui incidono i due procedimenti, sicché correttamente la Corte territoriale ha ritenuto legittimo, a fronte del rifiuto del ricorrente di procedere secondo le modalità ordinarie, il superamento da parte della Società di quella fase della procedura.”
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