La Corte di Cassazione, sezione penale, con sentenza n. 15237 depositata il 12 aprile 2023, intervenendo in tema di sanzione alla mancata risposta a comunicazioni degli organi di controllo ha statuito che l’omessa risposta da parte del datore di lavoro alla richiesta di notizie dell’Ispettorato del Lavoro, avanzata ai sensi dell’art. 4 della Legge n. 628/1961, non integra il reato previsto in caso di notificazione mediante raccomandata A/R, qualora l’omessa risposta si sia perfezionata con la compiuta giacenza.
Per gli Ermellini la compiuta giacenza della raccomandata con cui era stata notificata la richiesta di notizie non è stata conosciuta dal datore, costituente “un meccanismo che esclude in radice l’effettiva conoscenza da parte del destinatario del contenuto dell’atto notificato”.
I giudici della Suprema Corte precisano che la c.d. “compiuta giacenza” come presunzione legale di conoscenza trova applicazione nel nostro ordinamento per le prescrizioni in materia di lavoro ex art. 20 del D.L.vo n. 758/1994 e per l’omesso versamento delle ritenute previdenziali ex art. 2, comma 1.bis, del D.L. n. 463/1983, ma non anche alle fattispecie di cui all’art. 4, ultimo comma, della legge n. 628/1961.
Infatti per i giudici del palazzaccio sono fattispecie non equiparabili perché l’art. 4 della legge n. 628/1961 sanziona chi, a fronte di una richiesta circostanziata dell’Ispettorato del Lavoro, omette di rispondere o fornisce una risposta non corrispondente alla realtà. Pertanto l’effettiva conoscenza della richiesta è necessaria in quanto fonte diretta dell’obbligo sanzionato penalmente.
Diversamente, le due fattispecie relative agli articoli 20 del D.L.vo n. 758/1994 e 2, comma 1-bis, del D.L. n. 463/1983 ci si trova di fronte, di atti successivi alla commissione di reati, la cui previsione legislativa è ispirata a una finalità premiale e deflattiva: la prescrizione del richiamato art. 20 ha la funzione di consentire di “eliminare la contravvenzione accertata”; la contestazione o notifica dell’avvenuto accertamento della violazione ha la funzione di consentire, per il reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali operate dal datore di lavoro sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti (di cui al richiamato art. 2, comma 1-bis), il versamento delle ritenute stesse, in modo da rendere non punibile il reato già commesso. Proprio tale diversità di funzione consente di ritenere che le comunicazioni previste da queste disposizioni siano validamente effettuate anche per “compiuta giacenza”, trattandosi di comunicazioni dirette a soggetti i quali hanno già commesso reati e, dunque, hanno piena contezza della finalità di tali atti, provenienti dalle amministrazioni competenti e diretti ad attivare meccanismi di eliminazione o non punibilità dei reati stessi.
Il suddetto orientamento sovverte quello precedentemente affermato, con sentenza n. 12923 del 27 marzo 2008, ove si affermava che non occorreva che la richiesta di notizie fosse consegnata “a mano” al datore di lavoro o al legale rappresentante: anzi, si sosteneva che se il datore di lavoro era una società e destinatario della notifica era un suo legale rappresentante, essa era regolare perché, in questo caso, la persona era posto in condizione di conoscerla e di ottemperare alla richiesta.
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