Corte di Cassazione, sezione penale, sentenza n. 15237 depositata il 12 aprile 2023
Raccomandata non ritirata: non è sufficiente la notifica di giacenza per comminare una sanzione
Fatto
1. Con ordinanza del 21 giugno 2022 la Corte d’appello di Caltanissetta ha trasmesso alla Corte di cassazione l’impugnazione proposta dal Procuratore della Repubblica avverso la sentenza del Tribunale di Enna del 6 ottobre 2021 – con cui A.A. era stato assolto dal reato ascrittogli, di cui all’art. 4, ultimo comma, della L. n. 628 del 1961 – in quanto ai sensi dell’art. 593, comma 3, c.p.p. non sono appellabili le sentenze di proscioglimento relative alle contravvenzioni punite con pena alternativa. Pertanto, ai sensi dell’art. 569, comma 5, c.p.p., l’atto di impugnazione è stato qualificato dalla Corte territoriale come ricorso per cassazione.
2. L’impugnazione del Procuratore della Repubblica si basa su un unico motivo di doglianza, con cui si lamentano la contraddittorietà e la manifesta illogicità della motivazione. Più precisamente, si sostiene che, contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale, posto che l’imputato ha avuto conoscenza certa della richiesta dell’Ispettorato del Lavoro con la nota prot. n. 002777 del 7 agosto 2017, il reato in contestazione si era già perfezionato a partire da tale data, a prescindere dal mancato riscontro alla nota, ed è permanente sino all’adempimento dell’obbligo. Il giudice avrebbe dovuto acquisire tale nota, ai sensi dell’art. 507 c.p.p., in quanto assolutamente necessaria ai fini della decisione. In ogni caso, secondo il ricorrente, deve ritenersi applicabile il principio per cui la comunicazione della contestazione è validamente perfezionata anche in caso di notificazione dell’atto effettuata mediante raccomandata con ricevuta di ritorno, per “compiuta giacenza”. Detto altrimenti, ci si ritroverebbe davanti ad una presunzione legale di conoscenza, che può essere vinta ove il contravventore provi di non aver avuto, senza colpa, notizia dell’atto. Nel caso di specie, evidenzia il Procuratore, nessuna prova a discolpa è stata fornita dall’imputato, il quale si è limitato soltanto a giustificare il mancato ritiro della raccomandata con l’assenza da casa, circostanza superabile con l’ordinaria diligenza. Egli, poi, non ha neppure fornito precisazioni sulla durata dell’assenza o sul motivo. Pertanto, secondo il Procuratore, le argomentazioni addotte dal Tribunale per escludere la sussistenza del reato si pongono in contrasto con la ratio legis sottesa alla fattispecie penale in esame, visto che esprimono il principio secondo cui è sufficiente che la persona, che sa di essere stata richiesta di fornire informazioni dall’Ispettorato del lavoro, non ritiri le successive raccomandate provenienti dal medesimo ente – nonostante la regolare immissione dell’avviso nella cassetta postale – perchè vada esente dalle conseguenze penali della sua condotta. Infine, secondo il Procuratore, la notifica sarebbe stata effettuata all’indirizzo di residenza, piuttosto che a quello della sede legale della ditta, in quanto la notifica doveva essere eseguita secondo la normativa civilista e non penalistica, ovvero ai sensi degli artt. 138 c.p.c. e ss.
3. Con memoria pervenuta presso la cancelleria di questa Corte in data 4 gennaio 2023, il difensore dell’imputato ha chiesto il rigetto del ricorso.
Diritto
1. Il ricorso è infondato.
1.1. La prima parte della doglianza, relativa alla presunta conoscenza da parte dell’imputato della richiesta dell’Ispettorato del Lavoro e alla mancata attivazione, da parte del giudice, dei poteri istruttori ufficiosi a lui riconosciuti, è infondata. Invero, se da un lato l’attivazione di tali poteri non risulta essere stata sollecitata nel giudizio di merito, dall’altro occorre ricordare che, ai sensi dell’art. 507 c.p.p., tale attivazione non è obbligatoria per il giudice ma facoltativa. Nè con l’esercizio del potere in questione si può supplire in via generale all’onere probatorio incombente sul pubblico ministero, il quale aveva evidentemente a disposizione la nota del 7 agosto 2017, che ha espressamente indicato nel capo di imputazione quale fonte di conoscenza dell’imputato della richiesta di documentazione relativa al rapporto di lavoro da parte dell’Ispettorato del lavoro.
1.2. Ferma restando la mancanza in atti della nota del 7 agosto 2017, la prova della conoscenza da parte dell’imputato di tale richiesta sarebbe, dunque, secondo la prospettazione accusatoria, il verbale di prescrizione del 27 settembre 2017 notificato il 14 ottobre 2017, pacificamente per compiuta giacenza, ovvero attraverso un meccanismo che esclude in radice l’effettiva conoscenza da parte del destinatario del contenuto dell’atto notificato.
Contrariamente a quanto fa il ricorrente con la seconda parte della doglianza formulata, non può essere richiamata, sul punto, la giurisprudenza di questa Corte elaborata in tema di omesso versamento delle ritenute previdenziali all’INPS e di prescrizione in materia di sicurezza sul lavoro. Più precisamente, è stato affermato – con riferimento a tali fattispecie – il principio per cui è legittima la notifica del verbale di accertamento all’imputato quale datore di lavoro presso la sede della società nelle mani del responsabile della produzione. Inoltre, non essendo necessarie particolari formalità per la notifica dell’accertamento, la conoscenza della contestazione da parte del contravventore può legittimamente presumersi anche in caso di notificazione dell’atto effettuata in forma legale mediante raccomandata con ricevuta di ritorno, perfezionatasi per “compiuta giacenza”, qualora la raccomandata non venga consegnata per l’assenza del destinatario e di altra persona abilitata a riceverla (Sez. 3, n. 30176 del 17/01/2017, Rv. 270426; Sez. 3, n. 52026 del 21/10/2014, Rv. 261287; Sez. 3, n. 20753 del 13/01/2006, Rv. 234511).
Si tratta, a ben vedere, di principi giurisprudenziali elaborati per fattispecie non equiparabili a quella di cui all’art. 4, ultimo comma, della L. n. 628 del 1961, che viene in rilievo nel presente procedimento. Tale disposizione sanziona penalmente coloro che, legalmente richiesti dall’Ispettorato del lavoro di fornire notizie a norma del presente articolo, “non le forniscano o le diano scientemente errate ed incomplete”. Il precetto si incentra, dunque, sulla richiesta legale da parte dell’Ispettorato del lavoro, cui il destinatario non risponda o risponda in modo consapevolmente scorretto; e proprio per questo l’effettiva conoscenza della richiesta deve essere ritenuta necessaria, perchè fonte diretta dell’obbligo sanzionato penalmente, cosicchè non può essere ritenuta sufficiente una notificazione per compiuta giacenza, la quale esclude, per definizione, l’effettiva conoscenza dell’atto da parte del destinatario.
Diversi sono i casi della comunicazione del verbale di prescrizioni al datore di lavoro, redatto dall’organo di vigilanza ai sensi dell’art. 20 del D.Lgs. n. 758 del 1994, e della comunicazione dell’avviso Inps di contestazione della violazione di cui all’art. 2, comma 1-bis, del D.L. n. 463 del 1983. Si tratta, infatti, di atti successivi alla commissione di reati, la cui previsione legislativa è ispirata a una finalità premiale e deflattiva: la prescrizione del richiamato art. 20 ha la funzione di consentire di “eliminare la contravvenzione accertata”; la contestazione o notifica dell’avvenuto accertamento della violazione ha la funzione di consentire, per il reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali operate dal datore di lavoro sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti (di cui al richiamato art. 2, comma 1-bis), il versamento delle ritenute stesse, in modo da rendere non punibile il reato già commesso. Proprio tale diversità di funzione consente di ritenere che le comunicazioni previste da queste disposizioni siano validamente effettuate anche per “compiuta giacenza”, trattandosi di comunicazioni dirette a soggetti i quali hanno già commesso reati e, dunque, hanno piena contezza della finalità di tali atti, provenienti dalle amministrazioni competenti e diretti ad attivare meccanismi di eliminazione o non punibilità dei reati stessi.
2. Tenuto conto delle considerazioni che precedono, il ricorso del pubblico ministero deve essere rigettato.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
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