AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 30 gennaio 2020, n. 17
Interpello – Articolo 11, comma 1, lett. a), legge 27 luglio 2000, n. 212 -Nota di variazione in diminuzione ex articolo 26 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
[ALFA] (di seguito istante) fa presente quanto qui di seguito sinteticamente riportato.
L’istante è creditrice nei confronti della società [BETA] (di seguito cessionaria)di una somma pari a […] euro avendole fornito beni mai pagati, come risulta dalle fatture emesse, dalle ricevute bancarie emesse e ritornate insolute, dagli assegni protestati e dalle cambiali scadute e protestate.
L’istante è intervenuta nella procedura esecutiva azionata, presso il tribunale di[…] – sezione esecuzioni – n. […] reg. es., a carico della cessionaria da parte di altra società creditrice. Tale procedura si è conclusa in data 1° ottobre 2014, senza la soddisfazione del credito vantato dall’istante.
Ciò premesso, l’istante chiede chiarimenti in merito:
a) al momento a partire dal quale sorge il diritto ad emettere la nota di variazione in diminuzione ex articolo 26 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633;
b) al termine entro cui detta nota può essere emessa;
c) al termine entro cui il creditore può portare in detrazione l’imposta corrispondente alla variazione IVA effettuata.
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
In sintesi, l’istante ritiene che:
a) la nota di variazione in diminuzione può essere emessa anche nel corso della procedura esecutiva;
b) non vi sono limiti temporali entro cui emettere la suddetta nota sicché è ancora possibile, nel suo caso, emettere la nota di variazione per l’ammontare dell’IVA versata e non riscossa;
c) l’IVA può essere portata in detrazione entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui è emessa la nota di variazione.
Parere dell’agenzia delle entrate
L’articolo 26, comma 2, del DPR n. 633 del 1972 dispone che “Se un’operazione per la quale sia stata emessa fattura, successivamente alla registrazione di cui agli articoli 23 e 24, viene meno in tutto o in parte, o se ne riduce l’ammontare imponibile,in conseguenza di dichiarazione di nullità, annullamento, revoca, risoluzione,rescissione e simili o per mancato pagamento in tutto o in parte a causa di procedure concorsuali o di procedure esecutive individuali rimaste infruttuose o a seguito di un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato (…) o in conseguenza dell’applicazione di abbuoni o sconti previsti contrattualmente, il cedente del bene o prestatore del servizio ha diritto di portare in detrazione ai sensi dell’articolo 19 l’imposta corrispondente alla variazione, registrandola a norma dell’articolo 25”.
La richiamata disposizione regola le variazioni “in diminuzione” dell’imponibile e dell’imposta il cui esercizio, diversamente dalle variazioni “in aumento”, ha natura facoltativa [cfr. circolare ministeriale n. 27 del 9 agosto 1975 e Cassazione del 3 marzo 2017, n. 5403] ed è limitato ai casi espressamente previsti dal legislatore, tra i quali rientrano le ipotesi di procedure esecutive individuali e concorsuali rimaste infruttuose.
Sul punto, con diversi documenti di prassi (cfr., fra le altre, la circolare ministeriale n. 77 del 17 aprile 2000 nonché la risoluzione n. 195/E del 16 maggio2008) l’Amministrazione finanziaria ha chiarito che in tali ipotesi – caratterizzate dalla ragionevole certezza dell’incapienza del patrimonio del debitore – il diritto alla variazione presuppone che:
1) abbia avuto inizio una procedura, ovvero sia stato posto in essere, almeno, il primo atto tipico (ad esempio, sentenza dichiarativa del fallimento o pignoramento)con il quale la stessa si instaura;
2) tale procedura si sia conclusa infruttuosamente, vale a dire:
a. per ciò che attiene al fallimento, che sia scaduto il termine per le osservazioni al piano di riparto stabilito con decreto dal giudice delegato (articolo 110del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, di seguito L.F.) ovvero, in assenza del piano di riparto, sia scaduto quello per il reclamo al decreto di chiusura del fallimento stesso(articolo 119 L.F.);
b. per quanto riguarda le procedure esecutive non concorsuali, che il credito del cedente o prestatore del servizio non abbia trovato soddisfacimento attraverso la distribuzione delle somme ricavate dalla vendita dei beni dell’esecutato, ossia sia accertata e documentata dagli organi della procedura l’insussistenza di beni da assoggettare all’esecuzione.
Per le procedure esecutive non concorsuali, il comma 12 dello stesso articolo 26 del DPR n. 633 del 1972 – introdotto dall’articolo 1, comma 126, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 e successivamente modificato dall’articolo 1, comma 567,lettera c), della legge 11 dicembre 2016, n. 232 – detta specifiche presunzioni,prevedendo che “una procedura esecutiva individuale si considera in ogni caso infruttuosa:
a) nell’ipotesi di pignoramento presso terzi, quando dal verbale di pignoramento redatto dall’ufficiale giudiziario risulti che presso il terzo pignorato non vi sono beni o crediti da pignorare;
b) nell’ipotesi di pignoramento di beni mobili, quando dal verbale di pignoramento redatto dall’ufficiale giudiziario risulti la mancanza di beni da pignorare ovvero l’impossibilità di accesso al domicilio del debitore ovvero la sua irreperibilità;
c) nell’ipotesi in cui, dopo che per tre volte l’asta per la vendita del bene pignorato sia andata deserta, si decida di interrompere la procedura esecutiva per eccessiva onerosità”.
Alla luce del quadro normativo e di prassi richiamato, deve desumersi, con riferimento al punto a) della soluzione interpretativa prospettata dall’istante, che il diritto alla variazione è subordinato alla “infruttuosità” delle procedure concorsuali o esecutive ed il verificarsi di tali condizioni consentono, in linea generale, l’emissione di una nota di variazione ex articolo 26, comma 2, del decreto IVA.
In riferimento ai punti b) e c), con la risoluzione n. 89/E del 18 marzo 2002 è stato precisato che “le variazioni possono essere effettuate senza limiti temporali,anche se il diritto alla detrazione dell’imposta può essere esercitato al più tardi con la dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui si verifica il presupposto per operare la variazione in diminuzione”.
Ora, nel caso di specie, il presupposto si è verificato, come esposto nell’istanza,con la definitività del provvedimento del giudice dell’esecuzione del 1° ottobre 2014 di approvazione del piano di riparto, da cui risulta l’infruttuosità della procedura per l’istante. E’ da tale momento, pertanto, che decorrono i termini per poter esercitare la detrazione dell’IVA previa emissione della nota di variazione.
In particolare, l’articolo 19 del DPR n. 633 del 1972, come modificato dall’articolo 2, comma 1, del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 2017, n. 96, dispone che “Il diritto alla detrazione dell’imposta relativa ai beni e servizi acquistati o importati sorge nel momento in cui l’imposta diviene esigibile ed è esercitato al più tardi con la dichiarazione relativa all’anno in cui il diritto alla detrazione è sorto ed alle condizioni esistenti al momento della nascita del diritto medesimo”.
Al riguardo, la circolare n. 1/E del 17 gennaio 2018 ha chiarito che per quanto concerne le note di variazione in diminuzione la nuova disciplina, recata dal decreto-legge n. 50 del 2017, si applica alle note di variazione emesse dal 1° gennaio 2017sempreché i relativi presupposti (vale a dire gli eventi che hanno determinato la variazione della base imponibile dell’operazione) si siano verificati a decorrere dalla medesima data. Quando, invece, come nel caso prospettato dall’istante, i presupposti si sono verificati ante 1° gennaio 2017, continua ad applicarsi l’articolo 19, comma 1, del DPR n. 633 del 1972, vigente ratione temporis, secondo cui “il diritto alla detrazione dell’imposta relativa ai beni e servizi acquistati o importati sorge nel momento in cui l’imposta diviene esigibile e può essere esercitato, al più tardi, con la dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto alla detrazione è sorto e alle condizioni esistenti al momento della nascita del diritto medesimo”. Detti termini,nel caso di specie, risultano tuttavia ormai spirati.
Ciò significa, in altre parole, che, sebbene non esistono termini specificamente fissati per l’emissione della nota di variazione, una volta verificatisi i presupposti, affinché possa essere esercitato il diritto alla detrazione dell’IVA, la stessa comunque deve essere emessa entro i termini stabiliti dall’articolo 19 del DPR n. 633 del 1972 per avvalersi della detrazione.
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