La Corte di Cassazione sez. civile con la sentenza n. 17257 del 12 luglio 2013 intervenendo in tema di rapporti bancari ha affermato che è possibile rilevare anche d’ufficio la nullità di un contratto di fideiussione. Anche se le questioni sono state poste per la prima volta in appello.
Gli Ermellini hanno accolto il ricorso presentato contro la sentenza della Corte d’appello che, a sua volta, aveva ritenuto di non potere accogliere in secondo grado i profili di inefficacia di alcuni contratti fideiussori fatti valere per la prima volta in appello. Tra le ragioni messe in evidenza dal ricorso, la nullità delle fideiussioni “in aumento” per violazione dell’articolo 117 del Testo unico bancario; la nullità dei medesimi contratti per difetto di informazione periodica; l’inefficacia delle dichiarazioni in aumento della garanzia perché non precedute da una «rinnovata contrattazione; l’inefficacia della garanzia per omessa individuazione delle obbligazioni future coperte dalla fideiussione».
I giudici di legittimità nell’affrontare la questione hanno evidenziato la portata di un recentissimo precedente, Sezioni unite n. 18428 del 2012, con cui, risolvendo un contrasto di antica data, veniva affrontato «il tema del rapporto tra il principio della rilevabilità officiosa in ogni stato e grado del giudizio, delle nullità contrattuali ed il principio dispositivo correlato al divieto di extrapetizione proprio del giudizio civile». Si tratta di un profilo di intervento non necessariamente circoscritto al caso della rilevabilità d’ufficio della questione di nullità nell’ambito di una domanda di risoluzione del contratto. Anzi, a giudizio della Corte, anche se non sono stati sollevati tutti i profili di invalidità, ma “solo” quelli di nullità intesi a escludere la forza cogente del contratto, l’intervento dell’autorità giudiziaria è sempre possibile.
Così, la sentenza, in aderenza a quanto stabilito un anno fa dalle Sezioni unite, ha modo di osservare che il giudice di merito ha il potere di rilevare, dai fatti allegati e provati oppure da quelli emergenti dagli atti del procedimento, ogni forma di nullità non soggetta a regime speciale con il solo vincolo del rispetto del contraddittorio. È il caso, per esempio, delle nullità di protezione messe a tutela del contraente consumatore.
Facendo pertanto leva sulla funzione che caratterizza l’articolo 1421 del Codice civile di impedire che il contratto nullo, sul quale l’ordinamento esprime come naturale un giudizio di disvalore, possa dispiegare i suoi effetti, vengono in questo modo superati tutti quegli orientamenti che limitavano la rilevabilità d’ufficio delle nullità contrattuali, anche al di là dell’attività delle parti, solo alle azioni indirizzate a ottenere l’applicazione o l’esecuzione del contratto. «Il rilievo officioso della nullità del contratto viene fondato sull’esigenza di tutela di interessi generali non sacrificabili in nome del rispetto, meramente formalistico, del divieto di extrapetizione».
Del resto l’obbligo di esaminare d’ufficio la natura abusiva e la conseguente nullità e inapplicabilità di una clausola contrattuale è stato sottolineato anche dalla Corte di giustizia dell’Unione europea e insorge tutte le volte che il contratto è elemento costitutivo della domanda. Nessuna violazione poi del principio del contraddittorio; almeno alla luce dell’obbligo, sancito dal nuovo articolo 101 del Codice di procedura civile, per il giudice di merito di sollecitare l’attivazione del contraddittorio su tutte le questioni rilevate d’ufficio e che non formano oggetto di un’esplicita trattazione.
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