CORTE di CASSAZIONE, sezione tributaria, ordinanza n. 8392 depositata il 28 marzo 2024
Tributi – Accertamento di un maggior imponibile ai fini IRES ed IRAP – Operazioni inesistenti per ottenere agevolazioni fiscali – Raddoppio dei termini – Vizio della rinnovazione della notifica – Fallimento – Termine per la riassunzione o prosecuzione del giudizio interrotto – Dichiarazione giudiziale di interruzione – Accoglimento
Rilevato che
1. Il fallimento S. Srl in liquidazione ricorre, nei confronti dell’Agenzia delle entrate, che resiste con controricorso, avverso la sentenza in epigrafe. Con quest’ultima la C.t.r., nella contumacia della società contribuente, ha accolto l’appello dell’Ufficio avverso la sentenza della C.t.p. di Roma che aveva accolto il ricorso della società in bonis avverso l’avviso di accertamento con il quale, per l’anno di imposta 2004, era stato accertato un maggior imponibile ai fini Ires ed Irap.
2. La C.t.r. riteneva che il ricorso di secondo grado era stato correttamente notificato; che l’accertamento era tempestivo, applicandosi il c.d. raddoppio dei termini, stante la comunicazione di notizia di reato in atti; che era, altresì, legittimo in quanto la società aveva posto in essere operazioni inesistenti per ottenere agevolazioni fiscali.
Considerato che
1. Con il primo motivo la Curatela denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 330, terzo comma, e 291 cod. proc. civ.
Censura la sentenza impugnata per aver ritenuto validamente notificato l’appello, sebbene la notifica, disposta a seguito di ordine di rinnovazione emesso all’udienza del 4 marzo 2015, ex art. 291 cod. proc. civ. fosse avvenuta in data 25 marzo 2015 oltre un anno dalla pubblicazione dalla sentenza, risalente al 29 gennaio 2014, presso il difensore, anziché presso la parte personalmente, dando rilievo al fatto che nel ricorso introduttivo la società aveva conferito il mandato per ogni stato e grado del giudizio.
2. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione degli artt. 330, terzo comma, e 160 cod. proc. civ e dell’art. 24 Cost.
Deduce che la nullità della notificazione, non essendo stata rilevata dal giudice di appello, aveva comportato la nullità dell’intero processo e della sentenza che lo aveva definito; che tale nullità aveva leso il diritto di difesa in quanto essa curatela non aveva potuto espletare alcuna attività difensiva in appello.
3. Con il terzo motivo denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza impugnata e del procedimento per violazione dell’art. 43, terzo comma, legge fall. e degli artt. 300, 305 e 307 cod. proc. civ.
Osserva la Curatela che, nelle more della rinnovazione della notifica dell’atto di appello, era stato dichiarato il fallimento della società con sentenza del 27 marzo 2015; che il curatore, stante l’invalidità della notifica, aveva appreso del giudizio, acquisendone conoscenza legale, solo in data 7 ottobre 2015, successiva alla pubblicazione della sentenza della C.t.r., a seguito della insinuazione al passivo dell’Agenzia delle entrate; che la mancata conoscenza della controversia aveva impedito l’espletamento di attività difensiva e la lesione del diritto di difesa.
4. Il terzo motivo va esaminato in via preliminare rispetto agli ulteriori.
Va rilevato, infatti, che il ricorrente prospetta con i primi due motivi un vizio della rinnovazione della notifica in quanto eseguita, oltre l’anno dalla pubblicazione della sentenza, non nei confronti della parte personalmente, bensì del difensore costituito per il giudizio di primo grado. Come chiarito da questa Corte, tuttavia, in tal caso si verificherebbe un’ipotesi di nullità della notifica e non di inesistenza (Cass. Se. U. 20/07/2016, n. 14916). La C.t.r., pertanto, non avrebbe comunque potuto provvedere in merito, stante la dichiarazione di fallimento intervenuta nelle more ed oggetto del terzo motivo.
4.1. Dalla sentenza impugnata, nella parte in fatto, risulta che il ricorso in appello proposto dall’Agenzia veniva notificato “a seguito di un mero errore materiale … verso soggetto diverso dalla società appellata”; che la C.t.r., pertanto, con ordinanza del 04 marzo 2015, rimetteva in termini l’Agenzia, “per la regolarizzazione della notifica dell’atto di appello”; che la notifica veniva eseguita in data 25 marzo 2015, “a mano” presso il difensore del primo grado.
Risulta, altresì, che in data 27 marzo 2015 veniva dichiarato il fallimento della società. Il processo, ciononostante, proseguiva nella contumacia della società e si concludeva con la sentenza impugnata in questa sede.
4.2. In caso di apertura del fallimento l’interruzione del processo è automatica, ai sensi dell’art. 43, comma 3, legge fall.; tuttavia, il termine per la relativa riassunzione o prosecuzione, al fine di evitare gli effetti di estinzione di cui all’art. 305 cod. proc. civ. – al di fuori delle ipotesi di improcedibilità ai sensi degli artt. 52 e 53 legge fall. per le domande di ammissione di crediti al passivo nonché di restituzione o rivendicazione di beni mobili e immobili – decorre dal momento in cui la dichiarazione giudiziale dell’interruzione stessa sia portata a conoscenza di ciascuna parte; quindi, qualora non già conosciuta in ragione della sua pronuncia in udienza ai sensi dell’art 176, secondo comma, cod. proc civ., va notificata alle parti o al curatore da uno degli interessati o comunque comunicata dall’ufficio giudiziario (Cass. Sez. U., 07/05/2021, n. 12154).
4.3. In assenza della corrispondente dichiarazione giudiziale, di natura meramente dichiarativa (dalla cui conoscenza sarebbe decorso il termine per la riassunzione o prosecuzione), il processo è proseguito irritualmente, con conseguente nullità di tutti gli atti successivi all’evento interruttivo, compresa la sentenza di secondo grado, ai sensi degli artt. 298 e 304 cod. proc. civ. (Cass. Sez. U., n. 12154 del 2021).
Si tratta di nullità costantemente declinata come nullità relativa, soggetta alla disciplina dell’art. 157 cod. proc civ., e dunque non rilevabile d’ufficio ed eccepibile solo dalla parte colpita dall’evento interruttivo (Cass. Sez. U., n. 12154 del 2021).
Ne consegue che la nullità della sentenza d’appello è stata correttamente dedotta e provata per la prima volta dalla curatela nel giudizio di legittimità a norma dell’art. 372 cod. proc. civ.; di conseguenza, in accoglimento del ricorso, la sentenza, ai sensi dell’art. 383 cod. proc. civ., deve essere cassata con rinvio ad altro giudice di pari grado – ovvero la Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio – nella stessa fase in cui si trovava il processo alla data dell’evento interruttivo (Cass. 15/01/2018, n. 790).
4.4. Va aggiunto che la parte che propone ricorso per cassazione, deducendo la nullità della sentenza per un vizio dell’attività del giudice lesivo del proprio diritto di difesa, ha l’onere di indicare il concreto pregiudizio derivato, atteso che, nel rispetto dei principi di economia processuale, di ragionevole durata del processo e di interesse ad agire, l’impugnazione non tutela l’astratta regolarità dell’attività giudiziaria ma mira ad eliminare il concreto pregiudizio subito dalla parte, sicché l’annullamento della sentenza impugnata è necessario solo se nel successivo giudizio di rinvio il ricorrente possa ottenere una pronuncia diversa e più favorevole a quella cassata (Cass. 09/08/2017, n. 19759).
Nel caso di specie la lesione del diritto di difesa, comunque allegata nel ricorso per cassazione, è implicita in quanto dedotto nei primi due motivi del ricorso per cassazione nella quale la curatela ha eccepito il vizio di notificazione del ricorso originario.
5. In conclusione, il ricorso va accolto e la sentenza va cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione, che si pronuncerà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
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