La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 5586 depositata il 23 febbraio 2023, intervenendo in tema di accertamenti bancari, ha precisato che nelle fattispecie di accertamento basato su indagini bancarie di cui all’art. 32 del DPR n. 600/1973 devono essere riconosciuti i costi in deduzione dei maggiori ricavi accertati. In quanto, diversamente, deriverebbero esiti irragionevoli riconoscendo la deduzione dei costi soltanto in caso di accertamento c.d. “induttivo puro”, perché finirebbe per prevedere un trattamento più severo, quanto al regime della possibile prova contraria rispetto alla presunzione legale in esame, in danno del contribuente che ha tenuto una contabilità complessivamente attendibile (e che può essere destinatario di un accertamento analitico-induttivo), rispetto al regime probatorio di cui si avvale chi, destinatario di un accertamento induttivo, ha omesso qualsiasi contabilità ovvero ne ha tenuta una complessivamente inattendibile o ha posto in essere gravi condotte, quale l’omessa presentazione della dichiarazione dei redditi.
La vicenda ha riguardato un contribuente titolare di un ditta individuale a cui venivano notificati due avvisi di accertamento con i quali veniva determinato un maggior reddito d’impresa imponibile sulla base dell’esame di movimentazioni bancarie. Il contribuente impugnava in Commissione Tributaria Provinciale i due atti impositivi. I giudici di prime cure accolsero parzialmente il ricorso del contribuente. Avverso la decisione dei giudici di prime cure, il contribuente proponeva ricorso in Commissione Tributaria Regionale. I giudici di appello respinsero il ricorso del contribuente, ritenendo, in particolare, he il contribuente non aveva fornito elementi idonei a vincere la presunzione di cui all’art. 32 d.P.R. n. 600 del 1973. Il contribuente avverso la sentenza della CTR proponeva ricorso in cassazione fondato su nove motivi.
Gli Ermellini accolgono il quarto motivo del ricorso. In particolare per i giudici di legittimità, richiamando il proprio orientamento secondo cui “In tema di imposte sui redditi, l’Amministrazione finanziaria deve riconoscere una deduzione in misura percentuale forfettaria dei costi di produzione soltanto in caso di accertamento induttivo <puro> ex art. 39, comma 2 del DPR n. 600/1973, mentre in caso di accertamento analitico o analitico presuntivo (come in caso di indagini bancarie) è il contribuente ad avere l’onere di provare l’esistenza di costi deducibili, afferenti maggiori ricavi o compensi, senza che l’Ufficio possa, o debba, procedere al loro riconoscimento forfettario (Cass. n. 34996 del 2022)” , hanno ritenuto che il suddetto principio deve essere rivisto alla luce della recente pronuncia della Corte Costituzionale 31 gennaio 2023 n. 10, secondo cui è ammissibile un’interpretazione adeguatrice dell’art. 32 del DPR n. 600/1973.
Infatti per la Corte Costituzionale, la presunzione legale relativa di cui all’art. 32, “… la disposizione censurata intanto si sottrae alle censure di illegittimità costituzionale in quanto si interpreti nel senso che, a fronte della presunzione legale di ricavi non contabilizzati, e quindi “occulti”, scaturente da prelevamenti bancari non giustificati, il contribuente imprenditore possa sempre, anche in caso di accertamento analitico-induttivo, opporre la prova presuntiva contraria e in particolare possa eccepire la «incidenza percentuale dei costi relativi, che vanno, dunque, detratti dall’ammontare dei prelievi non giustificati» …”
Infatti, per i giudici di piazza Cavour, alla luce della sentenza n. 10 del 2023 della Corte Costituzionale, va esteso anche in caso di accertamento analitico-induttivo, incluso quello fondato su accertamenti bancari ai sensi art. 32 cit., la possibilità per il contribuente imprenditore […] – anche in caso di accertamento analitico-induttivo – [di] eccepire l’incidenza percentuale di costi che vanno dunque detratti dai maggiori ricavi accertati. Il riconoscimento di costi deve essere livellato in misura percentuale in ragione dei maggiori ricavi accertati anche nel caso di utilizzo del metodo analitico o “misto”.
I giudici della Suprema Corte hanno fatto, nella decisione in commento, hanno fatto corretta applicazione del principio di capacità contributiva che sarebbe altrimenti violato laddove in mancanza di alcuna deduzione di costi si finirebbe per tassare, in parte, una ricchezza inesistente sebbene, come ribadito nella pronuncia della Corte Costituzionale, ogni prelievo tributario debba avere una causa giustificatrice in indici concretamente rivelatori di ricchezza.
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