La Corte di Cassazione, con l’Ordinanza n. 21732 depositata il 29 luglio 2021 intervenendo in tema detraibilità IVA ed inerenza del costo ha ribadito quanto stabilito dalla giurisprudenza unionale affermando che ” .. in base al diritto dei soggetti passivi di detrarre l’i.v.a. dovuta o versata a monte per i beni acquistati o per i servizi loro prestati, così come sancito dall’art. 178 della direttiva 2006/112/CE, che costituisce un principio fondamentale del sistema, e al principio di neutralità dell’i.v.a., che esige che la sua detraibilità a monte sia accordata se gli obblighi sostanziali sono soddisfatti, anche quando taluni obblighi formali siano stati omessi dai soggetti passivi, la corte di giustizia UE ha concluso nel senso che l’inosservanza di tali obblighi formali non comporta l’automatica indetraibilità dell’i.v.a. In tal senso, l’amministrazione finanziaria non si può limitare all’esame della sola fattura, ma deve tener conto anche delle informazioni complementari fornite dal soggetto passivo, come emerge, d’altronde, dall’art. 219 della direttiva 2006/112/CE, che assimila alla fattura tutti i documenti o messaggi che modificano e fanno riferimento in modo specifico e inequivocabile alla fattura iniziale. Incombe, tuttavia, su colui che chiede la detrazione dell’i.v.a. l’onere di dimostrare di soddisfare le condizioni per fruirne e, per conseguenza, di fornire elementi e prove, anche integrativi e succedanei rispetto alle fatture, che l’amministrazione ritenga necessari per valutare se si debba riconoscere o no la detrazione richiesta …”
La vicenda ha riguardato una società di persona a cui l’Agenzia delle Entrate aveva notificato un avviso di accertamento con cui, a seguito della verifica della dichiarazione, venivano recuperato a tassazione maggiori imposte a titolo di Irpef, Irap ed Iva sull’assunto dell’indeducibilità, per difetto di inerenza, dei costi risultanti da una fattura emessa da altra ditta (quale onere per consulenza ricevuta), risultata priva dei requisiti oggettivi e soggettivi per l’esercizio dell’attività economica.
Avverso tale atto impositivo la società ed i soci proponevano ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale. I giudici di primo grado respingevano le doglianze dei ricorrenti. Avverso la decisione della C.T.P. i contribuenti proponevano ricorso innanzi alla Commissione Tributaria Regionale. I giudici di appello accoglievano i ricorso della società e dei soci, annullando l’avviso di accertamento. I giudici di appello ritenevano che la produzione delle ricevute dei pagamenti periodici e le dichiarazioni degli ex dipendenti circa l’effettività dello svolgimento delle prestazioni offerte, consentivano di affermare che l’operazione si era effettivamente verificata, essendo stato peraltro puntualmente osservato il principio di inerenza ai fini della deducibilità.
L’Agenzia delle Entrate avverso la decisione della C.T.R. proponeva ricorso in cassazione fondato su due motivi.
I giudici di legittimità hanno ritenuto infondato il ricorso dell’Ufficio ritenendo che l’articolo 21, secondo comma, lett. g), del Dpr. 633/72, che prescrive il contenuto della fattura.
I giudici della Corte Suprema hanno evidenziato che neanche la fattura regolarmente compilata rappresenta prova inconfutabile della sussistenza dell’operazione effettuata, ma solo elemento per consentire le verifiche da parte dell’Amministrazione finanziaria e che in base al diritto dei soggetti passivi di detrarre l’IVA e al principio di neutralità, che esige che la detraibilità a monte sia accordata se gli obblighi sostanziali sono soddisfatti anche quando taluni obblighi formali siano stati omessi, l’inosservanza degli obblighi formali non comporta l’automatica indetraibilità dell’IVA.
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