AGENZIA delle ENTRATE – Risposta n. 444 del 2 ottobre 2023
Qualificazione rendimenti da carried interest – Articolo 60, comma 1, decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
La società lussemburghese istante (di seguito ”Società” o ”Istante”), attiva sul mercato internazionale del private equity, opera sul mercato italiano, per il tramite della sua sede secondaria in Italia, rappresentata da un Manager, come advisory company di una società lussemburghese di gestione di fondi di investimento alternativi (di seguito ”Gestore”).
Tra i fondi gestiti vi è il fondo Alfa (di seguito ”Fondo”), costituito in forma di limited partnership, che investe prevalentemente in società europee e ha un target di raccolta complessiva compreso tra i 4 e i 5 miliardi di euro.
Il Management Team dell’omonimo gruppo, compresi i manager del Gestore e dell’Istante, intende sottoscrivere delle Quote carried emesse dal Fondo che danno diritto ad un potenziale extra rendimento.
L’investimento del Management Team nelle Quote carried sarà compresa tra 25 e 31 milioni di euro (di cui compresa 1 milione di euro da parte del Manager), rappresentando circa lo 0,63 per cento del commitment totale del Fondo.
Inoltre, alcuni membri del Management Team, incluso il Manager, sottoscriveranno anche degli strumenti finanziari privi di diritti patrimoniali rafforzati emessi da società veicolo costituite dal Fondo per l’acquisizione delle portfolio company per un valore complessivo compreso tra 96 e 120 milioni di euro.
Le Quote carried hanno le seguenti caratteristiche:
1. richiedono versamenti di capitale al pari delle quote ordinarie;
2. sono soggette al rischio di perdita del capitale investito;
3. danno diritto al carried interest.
La distribuzione dei proventi del Fondo avviene in base al criterio waterfall, ovvero:
1. si procede prioritariamente alla restituzione pro-quota dei versamenti effettuati dai limited partner, maggiorati di un rendimento preferenziale nella misura dell’8 per cento (Hurdle rate);
2. per la quota residua, ci sarà la distribuzione dei proventi in favore del Management Team fino a concorrenza del CatchUp, e poi un ulteriore distribuzione in favore dei limited partner e del Management Team, rispettivamente nella misura dell’80 per cento e del 20 per cento.
In merito alle ipotesi di leavership del Manager è previsto che:
1. in caso di morte, incapacità legale e pensionamento, il Manager o i suoi eredi hanno diritto a conservare la totalità delle Quote Carried;
2. in ogni altra ipotesi, il Manager ha comunque diritto a detenere le Quote Carried secondo un meccanismo di vesting.
In particolare, è previsto che il Gestore acquisterà dal Manager uscente una percentuale di Quote Carried variabile in funzione dei seguenti elementi:
numero di giorni decorsi dall’inizio del periodo d’investimento del Fondo;
ammontare degli investimenti effettuati dal Fondo;
ammontare dei disinvestimenti effettuati dal Fondo.
In alcune particolari ipotesi ”patologiche” (quali, ad esempio il mancato preavviso in caso di dimissioni), in aggiunta a quanto sopra prospettato, il trasferimento avrà ad oggetto anche un ulteriore numero di Quote Carried, pari al 70 per cento delle Quote Carried vested ancora nella titolarità del Manager.
Da ultimo, nell’ipotesi di dimissioni o di pensionamento anticipato, seguiti dalla circostanza che il Manager raggiunga un competitor entro i sei mesi successivi, il trasferimento avrà ad oggetto anche un numero ulteriore di Quote Carried, pari al 20 per cento delle Quote Carried vested rimaste nella titolarità del Manager.
In ciascuno dei casi sopra citati:
il Manager avrà comunque diritto a mantenere, almeno in parte, la titolarità delle Quote Carried;
il prezzo al quale le Quote Carried saranno trasferite al Gestore sarà pari al minore tra il valore di mercato e il costo di sottoscrizione.
Inoltre, in nessun caso è accordata al Manager un’opzione di vendita (c.d. put option) o altro meccanismo che gli consenta di dismettere o recuperare l’investimento effettuato.
Tanto premesso, l’Istante chiede se, anche in assenza di tutti i requisiti previsti dall’articolo 60 del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, i proventi che il Manager dovesse percepire in relazione alle Quote Carried sottoscritte possano essere qualificati come reddito di capitale ai sensi dell’articolo 44, comma 1, lettera g), del Testo unico delle imposte sui redditi approvato con d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (Tuir).
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
L’Istante ritiene che l’eventuale Carried Interest debba essere qualificato come reddito di capitale ai sensi dell’articolo 44, comma 1, lettera g), del Tuir, in quanto l’importo investito dal Manager risulta particolarmente significativo.
In particolare, ai fini della sottoscrizione delle Quote Carried per un importo pari ad almeno 1 milione di euro, il Manager è tenuto ad effettuare un investimento superiore alla propria RAL, attualmente fissata nella misura di 800 mila euro.
Sebbene gli importi investiti dal Manager nelle Quote Carried siano già di per sé estremamente significativi, nell’ambito dell’analisi generale effettuata al di fuori della presunzione dell’articolo 60, l’Istante sostiene che sia corretto tener conto dell’intero investimento effettuato e, dunque, anche di quello effettuato a titolo di coinvestimento.
A parere dell’Istante, l’ammontare complessivamente investito dal Manager (pari ad almeno 6 milioni di euro), così come quello complessivamente investito dal Management Team, è idoneo ad assicurare l’allineamento dei relativi interessi a quelli degli altri investitori sia che si consideri il solo importo investito nelle Quote Carried, sia che si tenga conto del coinvestimento.
Parere dell’Agenzia delle Entrate
L’articolo 60, comma 1, decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50 prevede che i «proventi derivanti dalla partecipazione, diretta o indiretta, a società, enti o organismi di investimento collettivo del risparmio, percepiti da dipendenti ed amministratori di tali società, enti od organismi di investimento collettivo del risparmio ovvero di soggetti ad essi legati da un rapporto diretto o indiretto di controllo o gestione, se relativi ad azioni, quote o altri strumenti finanziari aventi diritti patrimoniali rafforzati», si considerano, al ricorrere di determinati requisiti, «in ogni caso redditi di capitale o redditi diversi».
La presunzione in questione, operante ope legis, è applicabile in presenza delle condizioni individuate dal medesimo articolo, comma 1, lettere a), b) e c), ovvero:
«a) l’impegno di investimento complessivo di tutti i dipendenti e gli amministratori di cui al presente comma, comporta un esborso effettivo pari ad almeno l’1 per cento dell’investimento complessivo effettuato dall’organismo di investimento collettivo del risparmio o del patrimonio netto nel caso di società o enti;
b) i proventi delle azioni, quote o strumenti finanziari che danno i suindicati diritti patrimoniali rafforzati maturano solo dopo che tutti i soci o partecipanti all’organismo di investimento collettivo del risparmio abbiano percepito un ammontare pari al capitale investito e ad un rendimento minimo previsto nello statuto o nel regolamento ovvero, nel caso di cambio di controllo, alla condizione che gli altri soci o partecipanti dell’investimento abbiano realizzato con la cessione un prezzo di vendita almeno pari al capitale investito e al predetto rendimento minimo;
c) le azioni, le quote o gli strumenti finanziari aventi i suindicati diritti patrimoniali rafforzati sono detenuti dai dipendenti e amministratori di cui al presente comma, e, in caso di decesso, dai loro eredi, per un periodo non inferiore a cinque anni o, se precedente al decorso di tale periodo quinquennale, fino alla data di cambio di controllo o di sostituzione del soggetto incaricato della gestione».
Come chiarito dalla relazione illustrativa al citato decreto-legge n. 50 del 2017, la sussistenza dei richiamati requisiti è garanzia di un allineamento fra i manager e gli altri investitori in termini di interesse alla remunerazione dell’investimento e di rischio di perdita del capitale investito, ciò che costituisce la ratio dell’assimilazione dei proventi in argomento ai redditi di natura finanziaria.
La circolare 16 ottobre 2017, n. 25/E ha chiarito che la carenza di uno o più dei presupposti stabiliti dalla norma in esame non determina l’automatica qualificazione dei proventi come redditi collegati alla prestazione lavorativa, ma richiede lo svolgimento di un’analisi volta a verificare, caso per caso, l’idoneità dell’investimento a determinare quell’allineamento citato che consente di attribuire alle somme in argomento natura finanziaria.
A tale proposito, il richiamato documento di prassi ha chiarito che l’eventuale detenzione di strumenti finanziari aventi le medesime caratteristiche da parte degli altri soci (al pari del management), nonché la presenza di una adeguata remunerazione per l’attività lavorativa svolta da parte dei manager possono fungere da indicatori della natura finanziaria del reddito in questione; ed altresì che un ulteriore criterio di valutazione è nell’idoneità dell’investimento, anche in termini di ammontare, a garantire l’allineamento di interessi tra investitori e management e la conseguente esposizione di quest’ultimo al rischio di perdita del capitale investito. Se tale caratteristica può costituire un indice della natura finanziaria del provento, pattuizioni che incidano in senso negativo sulla posizione di rischio dei manager mal si conciliano con la qualificazione dello stesso come reddito di capitale o diverso.
Riguardo alle clausole di good o bad leavership, in linea generale la loro presenza costituisce un indicatore utile a collegare il provento all’impegno profuso dai manager nell’attività lavorativa (e quindi a produrre reddito di lavoro). Non può escludersi, tuttavia che la ricorrenza di altri elementi di segno opposto, quali ad esempio l’esposizione ad un effettivo rischio di perdita del capitale investito, possano far propendere per la natura finanziaria del provento. Viceversa, consentire ai manager di mantenere la titolarità degli strumenti finanziari anche in caso di cessazione del rapporto di lavoro costituisce un’indicazione sufficiente ad escludere in radice uno stretto legame con l’attività lavorativa dei manager, ed indica la natura finanziaria del reddito in questione.
In merito al requisito quantitativo previsto dalla disposizione in esame, nella risposta pubblicata il 12 febbraio 2020, n. 55 è stati chiarito che «ai fini del raggiungimento del limite previsto dalla lett. a) in esame e, conseguentemente, ai fini dell’operatività della presunzione di cui all’articolo 60 del decreto-legge n. 50 del 2017, ad avviso della scrivente, non possono essere considerati gli impegni che i manager hanno assunto in sede di co-investimento negli strumenti finanziari delle società Target in cui investe il Fondo».
Nel caso di specie, l’investimento da parte dei Manager prevede oltre alla sottoscrizione di Quote Carried emesse dal Fondo anche la partecipazione ad un progetto di coinvestimento in ulteriori «strumenti finanziari, privi di diritti patrimoniali rafforzati, emessi dai veicoli societari costituiti dal Fondo per l’acquisizione delle portfolio companies». Non potendo tali ultimi strumenti concorrere al calcolo alla percentuale minima di partecipazione di cui alla lettera a) della disposizione in esame, non può ritenersi rispettato il requisito dell’investimento minimo ed è, dunque, necessario svolgere un’analisi volta a verificare l’idoneità dell’investimento a garantire un allineamento tra i rischi dei soci e del management, che consenta di attribuire ai redditi derivanti dalle Quote Carried natura finanziaria.
Nel caso di specie, l’Istante rappresenta che l’ammontare dell’investimento è idoneo a garantire l’allineamento di interessi:
sia in termini di valore assoluto, in quanto l’ammontare delle sottoscrizioni delle Quote carried è compreso tra 25 e 31 milioni di euro, di cui 1 milione di euro versato dal Manager;
sia in termini di valore relativo, in quanto «il Manager si impegnerà ad effettuare un investimento ampiamente superiore alla propria RAL».
Al riguardo si ritiene che l’ammontare dell’investimento a cui occorre far riferimento al fine della valutazione dell’allineamento di interessi fra gli investitori e Manager debba in ogni caso essere riferito alle Quote Carried e non anche degli strumenti finanziari privi di diritti patrimoniali rafforzati emessi da società veicolo costituite dal Fondo per l’acquisizione delle portfolio company.
In merito all’esposizione al rischio, nell’istanza viene rappresentato che «il Manager risulta totalmente esposto al rischio di perdita del capitale investito, al pari degli investitori che partecipano al Fondo», in quanto:
«non è prevista in alcun modo la possibilità per il Manager di ottenere il ”rimborso” (nemmeno parziale) del proprio investimento»;
in tutte le ipotesi di interruzione del rapporto di lavoro, l’acquisto di una parte delle Quote Carried da parte del Gestore «avverrebbe per un corrispettivo pari al minore tra il valore di mercato e il costo di sottoscrizione».
Inoltre, assume rilievo la circostanza dichiarata dall’Istante, che la remunerazione del Manager sia «abbondantemente superiore rispetto a quella prevista dai migliori standard di mercato (settore del private equity)».
Infine, sebbene siano presenti delle clausole di leavership, «in ipotesi di interruzione del rapporto di lavoro tra l’Istante e il Manager, questi ha comunque diritto di continuare a detenere, a seconda delle ipotesi (…), tutte o almeno una parte delle Quote Carried».
Sulla base di quanto sopra rappresentato dall’Istante, si ritiene che gli elementi caratteristici del caso di specie appaiano idonei a qualificare i proventi derivanti dalle Quote Carried sottoscritte dal Manager tra i redditi di capitale di cui all’articolo 44, comma 1, lettera g), del Tuir.
Il presente parere viene reso sulla base degli elementi e delle qualificazioni effettuate dal contribuente, assunte acriticamente così come illustrate nell’istanza di interpello in quanto non oggetto di valutazione in questa sede e nel presupposto della loro veridicità, correttezza ed effettiva realizzazione nei termini indicati.
Resta impregiudicato, ogni potere di controllo dell’Amministrazione finanziaria volto a verificare se lo scenario delle operazioni descritto in interpello, per effetto di eventuali altri atti, fatti o negozi ad esso collegati e non rappresentati dall’Istante, possa condurre ad una diversa valutazione delle fattispecie oggetto di chiarimento.
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