AGENZIA delle ENTRATE – Risoluzione n. 44/E del 25 luglio 2023
Reddito di lavoro dipendente – Erogazione prestiti ai dipendenti – Articolo 51, comma 4, lettera b), del Tuir
Nell’ambito dell’attività di interpello sono pervenute alla Scrivente diverse istanze riguardanti la corretta modalità di determinazione del reddito di lavoro dipendente in relazione a finanziamenti a tasso agevolato concessi a dipendenti ai sensi dell’articolo 51, comma 4, lettera b), del Testo unico delle imposte sui redditi approvato con d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (Tuir).
Al riguardo, si fa presente che l’articolo 51, comma 1, del Tuir prevede che «Il reddito di lavoro dipendente è costituito da tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro».
La predetta disposizione sancisce il c.d. “principio di onnicomprensività” del reddito di lavoro dipendente, in base al quale sia gli emolumenti in denaro sia i valori corrispondenti ai beni, ai servizi ed alle opere “offerti” dal datore di lavoro ai propri dipendenti costituiscono redditi imponibili e, in quanto tali, concorrono alla determinazione del reddito di lavoro dipendente.
Il successivo comma 3 dispone che «Ai fini della determinazione in denaro dei valori di cui al comma 1, compresi quelli dei beni ceduti e dei servizi prestati al coniuge del dipendente o a familiari indicati nell’articolo 12, o il diritto di ottenerli da terzi, si applicano le disposizioni relative alla determinazione del valore normale dei beni e dei servizi contenute nell’articolo 9» del medesimo Tuir.
Come chiarito nella circolare del Ministero delle Finanze 23 dicembre 1997, n. 326 (al par. 2.3), il citato comma 3 dell’articolo 51 individua nel valore normale di cui all’articolo 9 del Tuir, il criterio generale di valutazione dei beni ceduti e dei servizi prestati al dipendente (o al soggetto a questo equiparato e, cioè al pensionato, al cassaintegrato, etc.) o ai familiari indicati nell’articolo 12 del medesimo Tuir, anche se non fiscalmente a carico, compreso il diritto di ottenerli da terzi.
Costituiscono, dunque, redditi di lavoro dipendente, da determinare ai sensi del predetto articolo 51, non soltanto le somme e i valori che il datore di lavoro corrisponde direttamente ma anche le somme e i valori che, in relazione al rapporto di lavoro, sono erogate da soggetti terzi rispetto a tale rapporto.
Nella medesima circolare n. 326 del 1997 viene, al riguardo, chiarito che l’espressione “il diritto di ottenerli da terzi” va posta in collegamento con il principio generale vigente in materia di reddito di lavoro dipendente in base al quale costituisce reddito della medesima specie tutto ciò che il dipendente “riceve”, anche da soggetti “terzi”, in “relazione” al rapporto di lavoro.
Pertanto, il datore di lavoro in qualità di sostituto d’imposta deve effettuare le ritenute a titolo di acconto con riferimento a “tutte” le somme e i valori che il lavoratore dipendente percepisce in “relazione” al rapporto di lavoro intrattenuto con lo stesso, anche se talune delle suddette somme o valori sono corrisposti da soggetti terzi per effetto di un qualunque collegamento esistente con quest’ultimo (ad esempio, un accordo o convenzione stipulata dal sostituto d’imposta con il soggetto terzo).
Come chiarito al paragrafo 3.2 “Somme e valori soggetti a ritenuta di acconto” della citata circolare n. 326 del 1997, «Ciò significa che tra il sostituto d’imposta e il terzo erogatore o il dipendente sarà obbligatorio un sistema di comunicazioni che consenta di assoggettare correttamente a tassazione il totale reddito di lavoro dipendente corrisposto. Si pensi, ad esempio, al datore di lavoro che stipula una convenzione con un istituto di credito affinché vengano concessi prestiti a tassi agevolati ai propri dipendenti, con o senza oneri a carico del datore di lavoro stesso. In questa ipotesi, il compenso in natura costituito dal 50 per cento della differenza tra gli interessi calcolati al tasso ufficiale di sconto vigente al momento della concessione del prestito [ora tasso ufficiale di riferimento al termine di ciascun anno] e quelli effettivamente praticati, è materialmente “erogato” dalla banca che è tenuta a comunicare il valore, ma l’obbligo di effettuare la ritenuta tenendo conto anche di questo valore incombe sul datore di lavoro, che è tenuto ad acquisirne l’importo. Un meccanismo analogo di comunicazioni dovrà essere istituito in presenza di un soggetto che ha ricevuto un compenso in natura dal datore di lavoro, ad esempio, un prestito a tasso agevolato e che poi sia collocato a riposo. Il datore di lavoro si trova a corrispondere soltanto il compenso in natura, mentre un ente pensionistico corrisponde il relativo trattamento pensionistico. In questo caso l’ex datore di lavoro sarà tenuto a comunicare all’ente pensionistico e, in mancanza o ritardo, questi ad acquisire, l’importo del valore da assumere a tassazione unitamente al trattamento pensionistico. Analogamente si deve procedere in caso di distacco del dipendente presso un altro datore di lavoro nel caso in cui alcune somme e valori siano corrisposti dal datore di lavoro distaccante e altri dal datore di lavoro presso cui è stato distaccato il dipendente.
Va, inoltre, sottolineato che, per espressa previsione normativa, nel caso in cui la ritenuta da operare sui valori relativi ai compensi in natura non trova capienza, in tutto o in parte sui contestuali pagamenti in denaro, il sostituito è obbligato a fornire al sostituto le somme necessarie al versamento. In tal caso il sostituto è tenuto comunque a versare le ritenute all’erario nei termini ordinariamente previsti, anche se il sostituito non ha ancora provveduto al pagamento».
Con riferimento specifico alla concessione di prestiti, l’articolo 51, comma 4, lettera b), del Tuir prevede che, ai fini della quantificazione del reddito in natura, «si assume il 50 per cento della differenza tra l’importo degli interessi calcolato al tasso ufficiale di sconto [ndr. ora Tasso Ufficiale di Riferimento] vigente al termine di ciascun anno e l’importo degli interessi calcolato al tasso applicato sugli stessi».
Al riguardo, nella richiamata circolare ministeriale è stato chiarito che tale disposizione si applica a tutte le forme di finanziamento comunque erogate dal datore di lavoro, indipendentemente dalla loro durata e dalla valuta utilizzata. La norma si applica, altresì, ai finanziamenti concessi da terzi con i quali il datore di lavoro abbia stipulato accordi o convenzioni, anche in assenza di oneri specifici da parte di quest’ultimo. Pertanto, a titolo meramente esemplificativo, rientrano nell’ambito di questa previsione, i prestiti concessi sotto forma di scoperto di conto corrente, di mutuo ipotecario e di cessione dello stipendio, mentre ne restano esclusi le dilazioni di pagamento previste per beni ceduti o servizi prestati dal datore di lavoro o dal soggetto a questi collegato.
Inoltre, ai fini dell’applicazione della disposizione di cui al citato articolo 51, comma 4, lettera b), non rilevano eventuali modifiche successive alla concessione del finanziamento al dipendente relative alla cessazione del rapporto di lavoro, come ad esempio nel caso del pensionato, o del soggetto che risulta creditore al momento della scadenza delle rate, come nel caso ad esempio di fusioni tra banche o di crediti ceduti per effetto di operazioni di cartolarizzazione di cui alla legge 30 aprile 1999, n. 130, non venendo meno la relazione tra la concessione del finanziamento e il rapporto di lavoro dipendente.
Occorre sottolineare che la previgente disposizione contenuta nella lettera b) del comma 4 dell’articolo 51 stabiliva che, ai fini della determinazione del reddito, il raffronto dovesse essere operato con il tasso ufficiale vigente «al momento della concessione del prestito» e che l’articolo 13, comma 1, lettera b), n. 4), del d.lgs. 23 dicembre 1999, n. 505, ha modificato tale disposizione prevedendo che il raffronto sia effettuato con il tasso ufficiale vigente «al termine di ciascun anno».
Pertanto, in base alla normativa in vigore, ai fini della determinazione del compenso in natura derivante dai prestiti erogati ai lavoratori, in relazione al reddito di lavoro dipendente, occorre effettuare il confronto tra gli interessi calcolati al TUR vigente al termine di ciascun anno e quelli calcolati al tasso effettivamente applicato sul prestito.
Al riguardo, l’amministrazione ha anche fornito puntuali indicazioni di prassi nella circolare del Ministero delle Finanze 17 maggio 2000, n. 98, in risposta al quesito 5.2.1, chiarendo che il momento di imputazione del compenso in natura e di applicazione della ritenuta alla fonte è quello del pagamento delle singole rate del prestito come stabilite dal relativo piano di ammortamento.
La medesima circolare chiarisce che, ai fini dell’applicazione della ritenuta d’acconto, in base all’articolo 23 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, la stessa «deve essere operata sull’ammontare complessivo di tutte le somme e i valori corrisposti in ciascun periodo di paga», tenendo conto «del TUS [ora TUR] vigente alla fine del periodo d’imposta precedente, salvo effettuare il conguaglio di fine anno tenendo conto del TUS [ora TUR] vigente al termine del periodo d’imposta».
Come sopra evidenziato, ai sensi dell’articolo 51, comma 3, del Tuir rientrano nella nozione di reddito di lavoro dipendente anche i beni ceduti e i servizi prestati al coniuge del lavoratore (o del pensionato) o ai familiari indicati nell’articolo 12 del Tuir anche se non fiscalmente a carico.
Pertanto anche nel caso in cui il mutuo (o il finanziamento) sia intestato ad un familiare o cointestato con un familiare (ad esempio il coniuge) il calcolo deve essere effettuato sulla base dell’intera “quota interessi”.
Diversamente, qualora il mutuo sia cointestato con un soggetto diverso da quelli espressamente indicati nel citato articolo 12 del Tuir, il calcolo deve esser effettuato sulla base della sola “quota interessi” imputabile al dipendente che ha sottoscritto il finanziamento.
Si ricorda che, ai sensi dell’articolo 23, comma 1, del d.P.R. n. 600 del 1973, nel caso in cui la ritenuta da operare sui valori relativi ai compensi in natura non trovi capienza, in tutto o in parte sui contestuali pagamenti in denaro, il sostituito è obbligato a fornire al sostituto le somme necessarie al versamento.
In tal caso, il sostituto è tenuto comunque a versare le ritenute all’erario nei termini ordinariamente previsti, anche se il sostituito non ha ancora provveduto al pagamento. Tale previsione si applica tanto in presenza di contestuali pagamenti in denaro quanto in assenza dei predetti pagamenti in denaro (cfr. circolare ministeriale n. 326 del 1997).
Le Direzioni regionali vigileranno affinché i principi enunciati e le istruzioni fornite con la presente risoluzione vengano puntualmente osservati dalle Direzioni provinciali e dagli Uffici dipendenti.
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