Con la nuova versione del redditometro nella fase iniziale del procedimento di controllo relativo alla notifica del questionario, la possibilità di disapplicare dall’addebito delle spese per beni di uso corrente è rappresentata dalla sola archiviazione: in caso contrario, anche quando il contribuente sia riuscito a dimostrare soltanto parzialmente la congruità delle spese effettuate, l’addebito delle cosiddette “spese Istat” appare inevitabile.
Pertanto risulta non impossibile che vi sia una terza ipotesi, oltre la piena giustificazione delle spese ovvero la completa non giustificazione delle stesse, della giustificazione soltanto parziale di alcune delle uscite che hanno formato oggetto della richiesta di chiarimenti.
In ipotesi che il soggetto controllato, a fronte della richiesta di informazioni circa l’acquisto di un immobile, sia in grado di dimostrare che questo acquisto sia stato parzialmente finanziato con una donazione familiare anche se l’importo complessivo delle spese considerate resta superiore al reddito dichiarato.
Nell’ipotesi che il contribuente non intenda percorrere la strada della lite con l’Agenzia poichè ritenga conveniente chiudere nella fase procedimentale la partita col fisco non è in grado di utilizzare alcuno strumento deflattivo per definire la propria posizione.
Per cui è necessariamente attendere l’invito a comparire da accertamento con adesione, di cui all’articolo 5 del Dlgs 218/1997, per poter chiudere il procedimento con la definizione dell’atto entro il quindicesimo giorno antecedente la data fissata per la comparizione: aderendo al 100% delle maggiori imposte richieste e incassando la riduzione delle sanzioni ad un sesto del minimo.
La circolare dell’Agenzia ha chiarito con le istruzioni agli uffici che il “transito” alla seconda fase del procedimento consta dell’aggiunta delle cosiddette «spese Istat»: ciò significa che il contribuente non potrà essere in grado di cristallizzare l’esito della prima fase del contraddittorio.
La questione non è di poco conto, dal punto di vista sia procedimentale sia quantitativo: infatti, restando all’esempio formulato, il contraddittorio dovrà essere riaperto seppure avendo per oggetto le sole «spese Istat» la cui quantificazione non può aver interessato la prima fase del dialogo tra le parti.
Pertanto si auspica, anche per economia complessiva del procedimento, che già all’atto della conclusione del contraddittorio “da questionario” l’ufficio rappresenti al contribuente l’entità delle cosiddette spese Istat, che poi avrà modo di ratificare con l’invito a comparire.
Questa comunicazione dovrebbe essere un atto dovuto al contribuente, tanto che questi decida di proseguire il contraddittorio quanto nell’ipotesi che opti per la definizione dell’invito a comparire: anzi, in quest’ultima ipotesi il soggetto controllato dovrebbe essere reso edotto della quantità del reddito accertabile “aggiuntivo” proprio per valutare la convenienza ad utilizzare comunque lo strumento deflativo.
La circostanza che le cosiddette spese Istat siano quantificate dall’Agenzia soltanto al contraddittorio da invito a comparire, il contribuente è privato della possibilità di poterne confutare il quantum prima di definire l’atto ricevuto: in sostanza, o accetta la quantità di spese “stratificate” rispetto al primo contraddittorio, e definisce l’invito nei 15 giorni prima della data fissata per la comparizione, oppure, se decide di confutarne l’entità, “entra” nel contraddittorio da adesione, così da perdere il diritto alla riduzione delle sanzioni ad un sesto del minimo.
Potrebbe dunque profilarsi anche la circostanza, in un ipotesi del genere, di dover valutare l’opportunità di “subire” una spesa Istat senza battere ciglio, al fine di fruire della riduzione delle sanzioni ad un sesto, piuttosto che tentare di ottenerne una riduzione parziale, che comunque sortirebbe l’effetto di “raddoppiare” la misura delle sanzioni dovute sull’intero maggior reddito accertabile.
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