AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 14 ottobre 2020, n. 472
Regime fiscale convenzionale delle remunerazioni che un docente riceve per l’attività di insegnamento svolta nello Stato, diverso da quello di residenza, in cui soggiorna al solo fine di insegnarvi – Articolo 20 della Convenzione stipulata fra Italia e Paesi Bassi
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
Vistante fa presente di aver sottoscritto con un Professore, residente nei Paesi Bassi, due contratti d’opera intellettuale per lo svolgimento in Italia dell’attività di insegnamento, per gli anni accademici 2016-2017 e 2017-2018.
Per effetto di tali contratti, il Professore è stato inquadrato come “‘professore a contratto” e l’attività da questi prestata è stata ricondotta alle collaborazioni coordinate e continuative.
Gli emolumenti erogati al Professore in esecuzione dei suddetti contratti, riconducibili ai redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, sono stati esentati dall’imposta in Italia, ai sensi dell’articolo 20 della Convenzione fra Italia e Paesi Bassi per evitare le doppie imposizioni rarificata con legge 26 luglio 1993, n. 305 (di seguito la Convenzione o il Trattato internazionale), a fronte della consegna da parte del Professore del certificato di residenza fiscale all’estero per gli anni 2017 e 2018, secondo quanto stabilito dall’articolo 4 della citata Convenzione.
Con l’avvio dell’anno accademico 2019-2020, l’Istante ha stipulato un nuovo contratto d’opera intellettuale con il medesimo Professore e con l’interpello in esame chiede se quest’ultimo possa nuovamente beneficiare dell’esenzione dall’imposta in Italia, dietro presentazione del certificato di residenza all’estero nel periodo di imposta 2020, per i redditi percepiti in esecuzione di tale ulteriore contratto.
Il dubbio interpretativo nasce dalla considerazione che l’articolo 20 del predetto Trattato internazionale dispone che l’esenzione da imposizione per le remunerazioni relative alle attività di insegnamento o di ricerca è prevista per un periodo non superiore a due anni.
In particolare, l’istante chiede se il vincolo temporale posto dalla norma convenzionale debba essere inteso una tantum ovvero possa essere riferito ad ogni singolo contratto che comporti un soggiorno nello Stato in cui è svolta l’attività di insegnamento o di ricerca. Listante chiede, inoltre, di conoscere come computare il periodo dei due anni.
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
L’istante ritiene che gli emolumenti spettanti al professore in esecuzione del contratto di prestazione d’opera intellettuale per l’anno accademico 2019/2020 non siano imponibili in Italia a norma dell’articolo 20, paragrafo 1, della citata Convenzione stipulata fra Italia e Paesi Bassi, nonostante il medesimo Professore abbia già fruito dell’esenzione in oggetto per le attività prestate negli anni accademici 2016-2017 e 2017-2018.
In particolare, l’istante osserva che il periodo temporale non superiore a due anni precisato dalla norma convenzionale debba intendersi riferito a ogni singolo soggiorno nel territorio italiano che riguardi lo svolgimento di attività di insegnamento o di ricerca. A tale proposito richiama il parere reso dall’Agenzia delle entrate in risposta a un interpello presentato dal medesimo Istante, con il quale la Direzione Regionale della Lombardia, in una fattispecie analoga, riguardante l’applicazione dell’articolo 20 della Convenzione fra Italia e Cina, ha affermato che l’esenzione dall’imposta nel territorio dello Stato è subordinata alla condizione che il professore o ricercatore, fiscalmente residente in Cina, non abbia soggiornato in Italia per svolgervi attività di insegnamento o di ricerca per un periodo superiore a 36 mesi, decorrenti dalla data del suo primo arrivo. Nella medesima risposta è stato precisato che tale periodo deve essere riferito a ogni singolo soggiorno nel territorio italiano.
Sulla base di quanto osservato, l’Istante ritiene che, nel caso in esame, sia stato rispettato il limite massimo di due anni previsto dall’articolo 20 della citata Convenzione fra Italia e Paesi Bassi, anche con riferimento ai periodi di soggiorno in Italia del Professore per lo svolgimento dell’attività di insegnamento negli anni accademici 2016-2017 e 2017-2018, consequenziali l’uno all’altro.
Parere dell’Agenzia delle entrate
In via preliminare, si osserva che l’articolo 2, comma 2, del Testo Unico delle Imposte sui Redditi, approvato con d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (di seguito Tuir), considera fiscalmente residenti in Italia le persone fisiche che, per la maggior parte del periodo d’imposta, cioè per almeno 183 giorni (o 184 giorni in caso di anno bisestile), sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del codice civile.
Le condizioni sopra indicate sono tra loro alternative e la sussistenza anche di una sola di esse è sufficiente a far ritenere che un soggetto sia qualificato, ai fini fiscali, residente in Italia.
Ciò posto, si forniscono le seguenti precisazioni, nel presupposto che il “professore a contratto ” titolare del rapporto negoziale instaurato con l’Istante, sia effettivamente residente nei Paesi Bassi poiché questa è la fattispecie rappresentata dall’Istante.
Con particolare riferimento al contratto di collaborazione stipulato per l’anno accademico 2019-2020, Vistante ha chiesto di sapere se sia possibile riconoscere, in favore del collaboratore non residente, la non imponibilità delle remunerazioni percepite in corrispettivo delle attività di insegnamento o ricerca di cui all’articolo 20 del suddetto Trattato internazionale.
Al riguardo, si rileva che secondo l’ordinamento tributario domestico le somme e i valori percepiti in relazione ai rapporti di collaborazione coordinata e continuativa costituiscono redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente ai sensi dell’articolo 50, comma 1, lettera c-bis), del Tuir.
I suddetti redditi, in forza del rinvio contenuto nell’articolo 52, comma 1, del Tuir, all’articolo 51 del medesimo testo unico, sono assoggettati a tassazione con le stesse modalità dei redditi di lavoro dipendente e, ove corrisposti da un sostituto d’imposta, sono soggetti all’applicazione delle ritenute alla fonte secondo quanto previsto dall’articolo 23 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, in forza del rinvio operato dal successivo articolo 24 del medesimo decreto.
Con particolare riferimento alle ritenute applicabili sui redditi corrisposti a soggetti non residenti, l’articolo 24, comma 1-ter, del citato decreto n. 600 del 1973, prevede l’applicazione di una ritenuta a titolo di imposta nella misura del 30 per cento.
La normativa domestica deve, tuttavia, essere coordinata con le disposizioni internazionali contenute in accordi conclusi dall’Italia con gli Stati esteri.
II principio della prevalenza del diritto convenzionale sul diritto interno è, difatti, pacificamente riconosciuto nell’ordinamento italiano e, in ambito tributario, è sancito dall’articolo 169 del TUIR e dall’articolo 75 del d.P.R. n. 600 del 1973, oltre ad essere stato affermato dalla giurisprudenza costituzionale.
Nel caso in esame, occorre far riferimento al Trattato tra Italia e Paesi Bassi per evitare le doppie imposizioni il cui articolo 20 (Professori e ricercatori) prevede, al paragrafo 1, che “le remunerazioni che un professore (…) che è, o che era immediatamente prima di recarsi in uno degli Stati, un residente dell’altro Stato e che soggiorna nel primo Stato al solo fine di insegnarvi (. ), riceve in corrispettivo di queste attività non sono imponibili in questo Stato per un periodo non superiore a due anni”.
La citata norma convenzionale, che non ricalca un’analoga previsione contenuta nel Modello OCSE, è volta ad agevolare e incentivare l’interscambio culturale, scientifico e professionale a livello internazionale.
In sostanza, l’articolo 20 del Trattato stabilisce che le remunerazioni provenienti da uno Stato contraente e corrisposte a professori, membri del corpo insegnante e ricercatori che soggiornino in tale Stato a soli fini di insegnamento o ricerca, siano riconosciute di esclusiva pertinenza impositiva dello Stato contraente di residenza. Il Paese della fonte, quindi, rinuncia al suo potere di tassazione, seppure con un limite temporale che il Trattato stabilisce in due anni.
Il dubbio interpretativo prospettato dall’Istante riguarda proprio l’applicazione del limite temporale, nel caso di permanenza in Italia dell’insegnante per un periodo di tempo complessivamente superiore. Da quanto descritto nell’istanza, infatti, il Professore ha soggiornato in Italia negli anni accademici 2016/2017 e 2017/2018, non vi ha soggiornato per l’anno accademico 2018/2019 ed è tornato nel 2019/2020.
Al riguardo, esaminato il significato letterale della disposizione normativa convenzionale si rileva come la stessa, recando la locuzione “non sono imponibili in questo Stato per un periodo non superiore a due anni”, stabilisca che la non imponibilità delle remunerazioni percepite da un professore, nel medesimo Stato di soggiorno, sia limitata ad un solo periodo non superiore a due anni consecutivi dall’inizio di tale soggiorno.
Ove le parti contraenti avessero voluto attribuire alla previsione in esame il significato di consentire la non imponibilità del reddito per più periodi di due anni ciascuno, la locuzione utilizzata non sarebbe stata “per un periodo non superiore a due anni ma, piuttosto “per periodi non superiori a due anni.
Inoltre, si ritiene che l’esenzione ripetuta nel tempo tradirebbe lo spirito della Convenzione, che sarebbe esposta a valutazioni di convenienza fiscale da parte di chi fruisce dell’esenzione nello Stato della fonte, che finirebbe per soggiornarvi in maniera sostanzialmente stabile, fatta eccezione per brevi interruzioni finalizzate a creare le condizioni per beneficiare del Trattato.
Ragionando diversamente, inoltre, ne risulterebbero penalizzati quanti rimangono nel territorio dello Stato per più di due anni consecutivi, anche senza acquisire la residenza, rispetto ai quali non trova applicazione il regime di esenzione.
Con riferimento al caso di specie, si ritiene che l’intervallo dell’annualità 2018/2019 in cui il Professore non ha soggiornato in Italia non consenta di far ripartire il conteggio dei due anni e, quindi, di esentare da imposta i redditi allo stesso corrisposti anche per l’annualità in esame.
Conseguentemente, si ritiene che l’istante non possa esentare da imposta i redditi corrisposti all’insegnante residente nei Paesi Bassi a partire dall’anno accademico 2019/2020.
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