AGENZIA delle ENTRATE – Risposta n. 73 del 18 gennaio 2023
Residenza fiscale – Criteri convenzionali – Split year
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
La Signora Tizia (di seguito anche Istante o Contribuente) riferisce di essere in possesso della cittadinanza sia svizzera che italiana, di essere stata residente nel nostro Paese sino al 31 maggio dell’anno X e di aver trasferito definitivamente la propria residenza in Svizzera dal giorno successivo.
Al riguardo, la Contribuente specifica di aver provveduto a comunicare tale cambiamento di residenza al Consolato Generale d’Italia a Zurigo e al Comune di _______, entro il termine di 90 giorni previsto dall’articolo 6, comma 1, della Legge 27 ottobre 1988, n. 470.
Lo stesso Comune ha certificato che l’Istante risulta residente all’estero ed iscritta all’AIRE dall’agosto dell’anno X.
Ciò posto, la Contribuente richiede alla scrivente di chiarire se la stessa possa essere considerata fiscalmente residente in Svizzera a partire dal 1° giugno dell’anno X, data in cui è avvenuto il suo definitivo trasferimento in tale Stato, invece che da agosto dell’anno X, data di iscrizione all’AIRE.
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
L’Istante ritiene di dover essere considerata residente nella Confederazione Elvetica dal 1° giugno dell’anno X, in applicazione delle disposizioni contenute nell’articolo 6, comma 1, della Legge del 27 ottobre 1988, n. 470, e dell’articolo 4, paragrafo 4, della Convenzione tra Italia e Svizzera per evitare le doppie imposizioni, ratificata con Legge 23 dicembre 1978, n. 943 (di seguito la Convenzione o il Trattato internazionale).
L’Istante ritiene, pertanto, di dover dichiarare nel nostro Paese tutti i redditi ovunque percepiti soltanto fino alla data del 1° giugno dell’anno X, non avendo l’Istante risieduto per più di 183 giorni in Italia nell’anno X (di seguito l’anno di riferimento) ed essendo espressamente prevista, dal sopra citato articolo 4, paragrafo 4, della Convenzione, una clausola che consente il frazionamento del periodo d’imposta (cosiddetta clausola split year), al fine di stabilire la residenza di un Contribuente in Italia o in Svizzera (qualora in corso d’anno avvenga un trasferimento della residenza). Per quel che concerne, invece, i redditi prodotti dal 2 giugno dell’anno di riferimento, la stessa Contribuente ritiene di essere tenuta a riportare in dichiarazione in Italia solo i redditi prodotti nel nostro Paese.
Parere dell’Agenzia delle Entrate
In via preliminare, si evidenzia che l’accertamento dei presupposti per stabilire l’effettiva residenza fiscale costituisce una questione di fatto che non può essere oggetto di istanza di interpello ai sensi dell’articolo 11 della legge n. 212 del 2000 (cfr. circolare n. 9/E del 1° aprile 2016).
Si rileva, in particolare, che il riscontro sulla residenza, sia ai sensi delle disposizioni contenute nell’articolo 2 del Testo Unico delle imposte sui redditi, approvato con DPR del 22 dicembre 1986, n. 917 (di seguito TUIR), sia in base a quelle recate dall’articolo 4, paragrafi 2 e 4, del citato Trattato internazionale, non può essere operato in questa sede, richiedendo la verifica di elementi fattuali che esulano dall’istituto dell’interpello ordinario, la cui funzione consulenziale ne limita l’ambito ai soli casi in cui ricorra un’incertezza interpretativa attinente alla norma tributaria (c.d. ”interpello ordinario puro”), ovvero alla qualificazione giuridicotributaria della fattispecie (c.d. ”interpello ordinario qualificatorio”).
Infatti, come affermato più volte nei documenti di prassi, sono escluse dall’area dell’interpello tutte quelle ipotesi che, coerentemente alla natura, alle finalità dell’istituto ed alle regole istruttorie di lavorazione delle istanze, sono caratterizzate da una spiccata ed ineliminabile rilevanza dei profili fattuali riscontrabili dalla stessa amministrazione finanziaria solo in sede di accertamento, come le questioni involgenti problemi collegati alla residenza delle persone fisiche (Cfr. circolare 1° aprile 2016 n. 9/E, e risoluzione 3 dicembre 2008, n. 471/E).
Il medesimo principio è stato, peraltro, affermato dalla giurisprudenza di legittimità che, nel sostenere la cedevolezza del requisito formalistico dell’iscrizione anagrafica rispetto all’approccio sostanziale previsto nelle Convenzioni per evitare le doppie imposizioni, presuppone sempre l’accertamento di situazioni di fatto (Cfr. Cassazione Civile n. 26638 del 10 novembre 2017 e n. 20285 del 23 maggio 2013).
La seguente risposta si basa, pertanto, sui fatti e sui dati così come prospettati nell’istanza di interpello, fermo restando, in capo al competente Ufficio finanziario, l’ordinario potere di verifica e di accertamento dell’effettiva residenza all’estero della Contribuente.
Ciò premesso, si rileva come l’articolo 2, comma 2, del TUIR considera fiscalmente residenti in Italia le persone fisiche che, per la maggior parte del periodo d’imposta, cioè per almeno 183 giorni (o 184 giorni in caso di anno bisestile), sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del codice civile.
Le condizioni sopra indicate sono tra loro alternative e la sussistenza anche di una sola di esse per la maggior parte del periodo d’imposta è sufficiente a far ritenere che un soggetto sia qualificato, ai fini fiscali, residente in Italia.
Si osserva, inoltre, come, ai sensi del comma 2bis del citato articolo 2 del TUIR, si considerano comunque residenti, salvo prova contraria, anche i cittadini italiani cancellati dalle anagrafi della popolazione residente e trasferiti in Stati o territori aventi un regime fiscale privilegiato, individuati con decreto Ministeriale 4 maggio 1999.
Come chiarito nel paragrafo 2 della Circolare del Ministero Finanze del 24 giugno 1999, n. 140, la residenza fiscale è ritenuta, in via presuntiva, sussistente per coloro che siano anagraficamente emigrati in uno degli anzidetti Stati o territori senza dimostrare l’effettività della nuova residenza.
Il predetto comma 2bis non ha creato un ulteriore status di residenza fiscale bensì, attraverso l’introduzione di una presunzione legale relativa, ha diversamente ripartito l’onere probatorio fra le parti, ponendolo a carico dei contribuenti trasferiti, al fine di evitare che le risultanze di ordine meramente formale prevalgano sugli aspetti sostanziali.
Pertanto, anche a seguito della formale iscrizione all’AIRE, nei confronti di cittadini italiani trasferiti in Svizzera continua a sussistere una presunzione (relativa) di residenza fiscale in Italia per effetto del citato articolo 2, comma 2bis, in quanto la Svizzera è inserita nella lista degli Stati e territori aventi un regime fiscale privilegiato di cui al Decreto Ministeriale 4 maggio 1999.
Ciò posto, si rileva che, sulla base degli elementi di fatto rappresentati dalla Contribuente nell’Istanza di interpello in esame, l’Istante dovrebbe, in ogni caso, essere considerata, ai sensi della vigente normativa interna italiana, residente nel nostro Paese per l’intera annualità X, in quanto iscritta nelle anagrafi della popolazione residente per la maggior parte di tale periodo d’imposta.
Tanto chiarito sotto il profilo della normativa interna italiana, occorre, tuttavia, considerare le disposizioni internazionali contenute in accordi conclusi dall’Italia con gli Stati esteri.
Il principio della prevalenza del diritto convenzionale sul diritto interno è, difatti, pacificamente riconosciuto nell’ordinamento italiano e, in ambito tributario, è sancito dall’articolo 169 del TUIR e dall’articolo 75 del D.P.R. del 29 settembre 1973, n. 600, oltre ad essere stato affermato dalla giurisprudenza costituzionale.
Nel caso in esame si fa specifico riferimento al citato Trattato per evitare le doppie imposizioni in vigore con la Svizzera, il cui articolo 4 richiama, riguardo alla definizione del concetto di residenza, al paragrafo 1, la nozione contenuta nelle normative interne dei due Stati contraenti la suddetta Convenzione e stabilisce, al paragrafo 2, conformemente al Modello OCSE di Convenzione, le cosiddette tie breaker rules per dirimere eventuali conflitti di residenza tra tali Stati contraenti. Dette regole fanno prevalere il criterio dell’abitazione permanente cui seguono, in ordine gerarchico, il centro degli interessi vitali, il soggiorno abituale e la nazionalità del Contribuente. Si osserva, inoltre, che il citato Trattato internazionale, seguendo le raccomandazioni formulate nel paragrafo 10 del Commentario all’articolo 4 del Modello di Convenzione OCSE, reca una disposizione che prevede esplicitamente, per la soluzione dei casi di doppia residenza, il frazionamento dell’anno d’imposta, in caso di trasferimento da uno Stato all’altro nel corso dell’anno (cfr. articolo 4, paragrafo 4, della Convenzione).
In particolare, il suddetto articolo 4, paragrafo 4, della Convenzione prevede che ”la persona fisica che ha trasferito definitivamente il suo domicilio da uno Stato contraente all’altro Stato contraente cessa di essere assoggettata nel primo Stato contraente alle imposte per le quali il domicilio è determinante non appena trascorso il giorno del trasferimento del domicilio. L’assoggettamento alle imposte per le quali il domicilio è determinante inizia nell’altro Stato a decorrere dalla stessa data”.
Si osserva, pertanto, che, nella fattispecie prospettata dall’Istante, l’asserita doppia residenza in Italia e in Svizzera nel periodo d’imposta X può essere risolta applicando il suddetto criterio del frazionamento. A tal riguardo la scrivente fornisce, di seguito, le proprie valutazioni nel presupposto (qui assunto acriticamente) che il cambiamento di domicilio (inteso, ai sensi dell’articolo 43 del Codice civile, come il luogo in cui una persona ha stabilito la sede principale dei suoi affari e interessi) della Contribuente dall’Italia alla Svizzera sia intervenuto il 1° giugno X, poiché questa è la fattispecie rappresentata dall’Istante.
Sussistendo tale presupposto l’Italia può esercitare la propria potestà impositiva, basata sulla residenza, fino al 1° giugno X mentre la Svizzera può far valere, ai sensi della predetta disposizione convenzionale, la propria pretesa impositiva a decorrere dal 2 giugno X (cfr. articolo 4, paragrafo 4, della Convenzione).
Al riguardo, è appena il caso di segnalare che l’iscrizione all’AIRE della Contribuente, rilevando unicamente ai fini della vigente normativa interna, non ha alcun effetto sull’applicazione delle disposizioni contenute nel citato Trattato internazionale.
Ciò posto, si rileva che, per quel che concerne la fattispecie, rappresentata nell’interpello in esame (la cui veridicità e completezza è qui assunta acriticamente), di una residenza fiscale in Italia della Contribuente sino al 1° giugno X ed in Svizzera dal 2 giugno della stessa annualità, l’articolo 3, comma 1, del TUIR prevede che ”l’imposta si applica sul reddito complessivo del soggetto formato per i residenti da tutti i redditi posseduti al netto degli oneri deducibili indicati nell’articolo 10 e per i non residenti soltanto da quelli prodotti nel territorio dello Stato”.
Si osserva, pertanto, che, in base alla suddetta disposizione del TUIR, nella fattispecie in esame i redditi ovunque posseduti dall’Istante sino al 1° giugno X dovranno essere assoggettati ad imposizione in Italia (con le limitazioni poste dallo stesso Testo Unico e dalle Convenzioni per evitare le doppie imposizioni in vigore nel nostro Paese) e, quindi, riportati nella dichiarazione dei redditi relativa all’anno di riferimento mentre, a partire dal 2 giugno della stessa annualità, dovranno essere sottoposti a tassazione nel nostro Paese e, quindi, riportati in dichiarazione solo i redditi prodotti da tale data nel territorio dello Stato italiano, individuati dall’articolo 23 del citato TUIR.
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