AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 20 maggio 2021, n. 359
Interpello articolo 11, comma 1, lett. a), legge 27 luglio 2000, n. 212 – Rimborso del credito IVA ex articolo 38-bis2 del D.P.R. n. 633 del 1972, chiesto da un soggetto non residente con rappresentate fiscale in Italia
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
[ALFA] , nel prosieguo […] istante, fa presente quanto qui di seguito sinteticamente riportato.
L’istante è una società belga costituita nel […] che fa parte del gruppo multinazionale […], leader mondiale nel noleggio di […] per le aziende.
L’attività del gruppo che qui interessa è organizzata allo stesso modo in tutti i Paesi d’Europa (Italia compresa) in cui esso opera; in particolare, l’istante acquista direttamente i beni da produttori di […] dislocati nei diversi Paesi comunitari e poi noleggia gli stessi alle società locali che il gruppo possiede nei vari paesi UE (in Italia alla [BETA] ), le quali a loro a volta li sub-noleggiano ai clienti finali (c.d. “utilizzatori”), ossia imprese stabilite negli stessi paesi delle varie società controllate.
L’istante afferma di aver svolto in Italia l’attività così descritta nel periodo 2010-2017, anno in cui è stata costituita nel Regno Unito una stabile organizzazione britannica(“[GAMMA]”) della stessa [ALFA] a cui, a seguito di una riorganizzazione aziendale, sono state affidate tutte le attività precedentemente svolte dalla casa madre nei vari Paesi Europei, tra cui l’Italia.
A seguito dell’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea, avvenuta di fatto il 1° gennaio 2021, il gruppo ha deciso di affidare nuovamente il proprio business alla casa madre belga, in quanto soggetto passivo stabilito nella UE.
Secondo l’istante, «Dal 1° gennaio 2021, pertanto, le attività dal gruppo si possono così sintetizzare:
1. [ALFA] acquista direttamente dai produttori italiani i […] nuovi destinati all’attività di noleggio nel territorio italiano;
2. [ALFA], dietro pagamento di un canone, concede in noleggio […] a BETA];
3. [BETA] (di seguito anche […]), a sua volta, sub-noleggia i […] alle società “clienti finali” italiani, ossia ai diretti utilizzatori, dietro pagamento di un corrispettivo che comprende anche gli altri servizi connessi quali il trasporto al cliente finale, il ritiro a destinazione, la rigenerazione, la riparazione degli stessi tra una locazione e l’altra, e così via.»
I […] acquistati da [ALFA] e concessi in locazione a [BETA] sono consegnati direttamente nel territorio italiano ai vari clienti finali nei luoghi da essi indicati, con partenza dagli stabilimenti dei diversi produttori nazionali. Trattandosi di beni acquistati e ceduti all’interno del territorio italiano, le operazioni sono imponibili ai fini IVA e i differenti produttori nazionali emettono fattura nei confronti di [ALFA] con rivalsa dell’imposta.
In particolare, «dal punto di vista operativo questo il flusso dell’IVA in capo a [ALFA]:
i) dal lato passivo riceve fatture con IVA addebitata in via di rivalsa dai produttori italiani per le cessioni dei […], con richiamo alla partita IVA BE […] e indicazione della consegna dei prodotti stessi nel territorio italiano, ii) dal lato attivo effettua in Italia operazioni di “noleggio di beni mobili materiali” alla [BETA], ossia prestazioni di servizi generici di cui all’articolo 7-ter del DPR 633/1972 (Articolo 44 della Direttiva IVA 2006/112) con IVA dovuta da [BETA], committente residente in Italia, mediante “reverse charge”, ai sensi dell’articolo 17, secondo comma, secondo periodo del DPR n. 633 del 1972»
Le operazioni passive e attive, così come descritte, generano in capo a [ALFA] una posizione costante di credito IVA.
Secondo quanto riportato nell’istanza, fino al 31 dicembre 2020, prima da [ALFA] e poi dalla stabile organizzazione [GAMMA], i crediti IVA sono stati sempre stati chiesti a rimborso tramite il c.d. “portale elettronico” di cui all’articolo 38-bis2 del decreto del Presidente della repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 (di seguito decreto IVA), che ha recepito la Direttiva 2008/9/CE, riservata agli operatori comunitari che effettuano acquisti di beni soggetti ad IVA all’interno dei singoli Stati membri.
Nel corso dell’anno 2021, oltre all’attività sopra descritta, l’istante intende iniziare una nuova attività, consistente nell’acquisto di […] in Italia e in altri Stati UE e nella rivendita dello stesso alle società italiane che producono […], perché realizzino tali […] utilizzando prevalentemente materiale acquistato dall’istante presso fornitori di propria fiducia e di collaudata garanzia.
Considerato che la maggior parte del […] proviene da fornitori UE e che lo stesso […] viene trasportato direttamente dal fornitore UE, con partenza da un altro Stato membro, al produttore nazionale […] in Italia, dal 1° gennaio 2021 l’istante ha acquisito una partita IVA italiana nominando un rappresentante fiscale, ai sensi dell’articolo 17, terzo comma del decreto IVA, al fine di rilevare gli acquisti intracomunitari del legname ed adempiere agli obblighi dichiarativi, contabili ed Intrastat.
Ciò nonostante, l’istante afferma che sia gli acquisti interni da fornitori italiani che le eventuali importazioni da fornitori extraUE verrebbero eseguite come società non residente, con la conseguenza che le fatture di acquisto non riporterebbero i dati del rappresentante fiscale né la partita IVA italiana, ma solo i dati della posizione IVA belga, ed il codice EORI nel caso di importazioni, e che dette fatture non sarebbero «annotate nel registro IVA di cui all’articolo 25 del DPR 633/1972 né utilizzate in alcun adempimento IVA italiano dalla rappresentanza fiscale italiana, ma andrebbero direttamente in capo alla società belga che le utilizzerebbe per chiedere il rimborso in Italia attraverso il “portale elettronico”.»
Tanto premesso, nel presupposto che l’istante, come affermato, intende realizzare in Italia unicamente operazioni attive per le quali il debitore di imposta è il committente o il cessionario residente, chiede se – pur avendo nominato un rappresentante fiscale – possa utilizzare il “portale elettronico” per ottenere, ex articolo 38-bis2 del decreto IVA, il rimborso dell’IVA a credito relativa agli acquisti interni di beni […] e alle importazioni di […], intestati entrambi alla partita IVA estera.
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
In sintesi, l’istante, richiamati gli articoli 3 della Direttiva IVA 2008/9 del Consiglio UE e 38-bis2, comma 1, del decreto IVA, ritiene di adottare il seguente comportamento:
– utilizzare la partita IVA italiana esclusivamente per adempiere gli obblighi dichiarativi, contabili ed Intrastat relativi agli acquisti intracomunitari in Italia di […];
– effettuare gli acquisti interni e le importazioni di beni in Italia, rispettivamente tramite la partita IVA Belga ed il codice EORI della società senza fare confluire dette operazioni passive nella contabilità IVA e nella dichiarazione IVA (quadro VF) presentata dal rappresentante fiscale italiano;
– effettuare in Italia unicamente operazioni attive per le quali il debitore di imposta è il committente o cessionario residente, «in particolare:
– “noleggio di beni mobili materiali” a [BETA], ossia prestazioni di servizi generici di cui all’articolo 7-ter del DPR n. 633/1972 (Articolo 44 della Direttiva IVA 2006/112) con IVA dovuta dal committente residente in Italia mediante “reverse charge”, ai sensi dell’articolo 17, secondo comma del DPR n. 633/1972;
– cessioni interne di beni […] territorialmente rilevanti ai fini IVA in Italia ma soggette anch’esse a “reverse charge” ai sensi dell’articolo 17, secondo comma del DPR n. 633/1972 in quanto effettuate da un soggetto non residente nei confronti di soggetti passivi stabiliti nel territorio dello Stato;»
– chiedere il rimborso dell’IVA a credito relativa agli acquisti interni di beni […]
ed alle importazioni, tramite il “portale elettronico”, ex articolo 38-bis2 del decreto IVA, nonostante la presenza di un rappresentante fiscale in Italia.
Parere dell’agenzia delle entrate
L’articolo 38-bis2 del decreto IVA (che recepisce l’articolo 171 della direttiva 2006/112/CE) disciplina il rimborso ai «soggetti stabiliti in altri Stati membri della Comunità, assoggettati all’imposta nello Stato in cui hanno il domicilio o la residenza» «dell’imposta assolta sulle importazioni di beni e sugli acquisti di beni e servizi, sempre che sia detraibile a norma degli articoli 19, 19-bis1 e 19-bis2», «secondo le modalità d’applicazione previste dalla direttiva 2008/9/CE», ovvero mediante il cd “portale elettronico”.
Secondo quanto disposto dal comma 1, secondo periodo, del citato articolo 38-bis2, «Il rimborso non può essere richiesto dai soggetti che nel periodo di riferimento disponevano di una stabile organizzazione nel territorio dello Stato ovvero dai soggetti che hanno ivi effettuato operazioni diverse da quelle per le quali debitore dell’imposta è il committente o cessionario, da quelle non imponibili di trasporto o accessorie ai trasporti e da quelle di servizi di telecomunicazione, teleradiodiffusione ed elettronici rese ai sensi dell’articolo 74-septies».
Con riferimento all’utilizzo del “portale elettronico” nell’ipotesi in cui il soggetto non residente abbia nominato in Italia un rappresentante fiscale, torna utile quanto chiarito alla Corte di giustizia con la sentenza del 6 febbraio 2014, causa C-323/12. In tale sede, i giudici comunitari hanno precisato che «l’articolo 1 dell’ottava direttiva prevede, in sostanza, due condizioni cumulative che devono essere soddisfatte affinché un soggetto passivo possa essere considerato come non residente all’interno del paese, e dunque beneficiare del diritto al rimborso in virtù dell’articolo 2 di tale direttiva. Da un lato, il soggetto passivo in questione non deve disporre di alcun centro di attività nello Stato membro nel quale cerca di ottenere tale rimborso. Dall’altro, non deve aver effettuato cessioni di beni o prestazioni di servizi che si considerino localizzate in tale Stato membro, ad eccezione di talune prestazioni di servizi specificate».
In particolare, secondo la Corte, «il fatto che un soggetto passivo stabilito in uno Stato membro disponga di un rappresentante fiscale identificato ai fini dell’IVA in un altro Stato membro non può essere equiparato all’acquisizione di un centro di attività in tale Stato membro ai sensi dell’articolo 1 dell’ottava direttiva»; in altri termini, «la mera nomina di un rappresentante fiscale non è sufficiente a ritenere che il soggetto passivo in questione disponga di una struttura dotata di un sufficiente grado di stabilità e di un personale proprio incaricato della gestione delle proprie attività economiche», sicché, con riguardo al caso specifico esaminato, la Corte conclude che «un soggetto passivo stabilito in uno Stato membro e che abbia effettuato cessioni di energia elettrica a soggetti passivi-rivenditori stabiliti in un altro Stato membro ha il diritto di avvalersi dell’ottava direttiva 79/1072 in tale secondo Stato al fine di ottenere il rimborso dell’imposta sul valore aggiunto pagata a monte. Tale diritto non è escluso per il semplice fatto di avere nominato un rappresentante fiscale identificato ai fini dell’imposta sul valore aggiunto in quest’ultimo Stato».
La Corte di Cassazione si è allineata alle indicazioni della Corte di giustizia appena richiamate (cfr. ordinanza n. 21684 dell’8 ottobre 2020).
In conformità all’orientamento giurisprudenziale formatosi sul tema, sia al livello comunitario che nazionale, si ritiene, dunque, che la nomina di un rappresentante fiscale non precluda al soggetto non residente la facoltà di chiedere il rimborso IVA mediante la procedura del portale elettronico, purché ne ricorrano le condizioni ed in assenza di cause ostative all’erogazione dello stesso come individuate dall’articolo 38-bis2 del decreto IVA (in particolare, per quanto qui di rilievo, effettuazione di operazioni attive per cui si è debitori dell’imposta).
E’ necessario, tuttavia, che le fatture di acquisto la cui IVA è richiesta a rimborso tramite il “portale elettronico”:
– siano intestate alla partita IVA del soggetto non residente (non è, quindi, consentito utilizzare il portale per ottenere il rimborso dell’IVA relativa alle fatture passive intestate alla partita IVA italiana);
– non confluiscano nelle liquidazioni periodiche e nella dichiarazione annuale presentata dal rappresentante fiscale.
Si osserva che tale interpretazione risulta in linea con la risposta n. 339 pubblicata l’11 settembre 2020 nell’apposita sezione del sito dell’Agenzia delle entrate (www.agenziaentrate.gov.it/portale/web/guest/normativa-e-prassi/risposte-agliinterpelli), resa ad un soggetto non residente identificato direttamente in Italia, al quale è stata negata la possibilità di aderire alla procedura del rimborso prevista dall’articolo 38-bis 2 del decreto IVA, fondando tale preclusione «non sulla circostanza, evidenziata dall’istante, di essere identificato direttamente in Italia ai fini IVA, ma, piuttosto perché, presentando, come affermato, una dichiarazione con la partita IVA italiana, ha di fatto operato egli stesso la scelta circa la modalità “fisiologica” di erogazione del rimborso IVA (art. 38-bis del decreto citato)».
Laddove il soggetto non residente identificato in Italia direttamente o tramite rappresentante fiscale, che non abbia effettuato operazioni attive in Italia per le quali lo stesso è debitore di imposta, opti per il rimborso in dichiarazione annuale, ai sensi del citato articolo 38-bis, anche dell’IVA relativa alle fatture di acquisto intestate alla partita IVA estera, è opportuno che il rappresentante fiscale tenga distinte dette operazioni da quelle riferite alla partita IVA italiana, annotandole separatamente nei registri IVA e in un apposito modulo della dichiarazione annuale, similmente a quanto già accade con riguardo alle operazioni della casa madre non residente che confluiscono nella contabilità IVA della sua stabile organizzazione. Ciò consentirà un migliore riscontro del credito IVA chiesto a rimborso, riducendo il rischio di un duplice utilizzo. In tal senso può ritenersi superata la risposta n. 40 delle FAQ del 12 luglio 2010, pubblicata sul sito web dell’Agenzia nella sezione “Schede informative e servizi/Rimborsi”.
In conclusione, nel rispetto delle indicazioni sopra richiamate, si è dell’avviso che l’istante possa chiedere il rimborso tramite il “portale elettronico” dell’IVA relativa agli acquisti nazionali e alle importazioni, se le fatture/bollette doganali risultano intestate alla partita IVA belga, mentre devono confluire nella dichiarazione annuale le operazioni riferibili alla partita IVA italiana gestita tramite il rappresentante fiscale.
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