La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con la sentenza n. 27513 depositata il 10 dicembre 2013 intervenendo in tema di contribuzione previdenziale e sanzioni ha chiarito che il regime favorevole previsto dall’art. 116, comma 15 lett. a), legge n. 388/2000 per il pagamento delle sanzioni civili in caso di incertezza della legge non può trovare applicazione nel caso in cui l’azienda oggetto delle sanzioni stesse non provveda al pagamento dei debiti contributivi verso l’Inps. Per la Corte, quindi, il presupposto per l’applicazione delle sanzioni ridotte rimane “l’integrale pagamento dei contributi e dei premi dovuti alle gestioni previdenziali e assistenziali”.
La vicenda ha visto protagonista una società di servizi (customer care, lettura consumi e fatturazione) a cui veniva notificata una cartella di pagamento da parte del concessionario per conto dell’INPS inerente ad omissioni contributive riferite a CIG, CIGS, mobilità e disoccupazione oltre a somme aggiuntive ed interessi.
La società impugnava il predetto atto inanzi al Tribunale, in veste di giudice del lavoro, che rigettando la domanda del ricorrente in merito all’obbligo contributivo per CIG, CIGS e mobilità, affermava l’erroneità della tesi dell’opponente secondo la quale essa società sarebbe stata destinataria dell’esonero di cui all’art. 3 del d.lgs. C.P.S. n. 869 del 1947, per le imprese industriali degli enti pubblici, in quanto società partecipata in quota pressoché totalitaria da A.E.M., e, quanto ai contributi riferiti alla disoccupazione involontaria, affermava l’inapplicabilità dell’esonero dalla relativa assicurazione obbligatoria stabilito dall’art. 40, comma 2, del RDL n. 1827 del 1935 per impiegati, agenti e operai stabili delle aziende esercenti pubblici servizi e di quelle private quando ad essi sia garantita la stabilità di impiego e dall’art. 36 del DPR n. 818 del 1957.
La società avverso la decisione del giudice di prime cure proponeva appello alla Corte Territoriale, i cui giudici confermavano la sentenza di primo grado e puntualizzando che la società per azioni con partecipazione pubblica non muta la sua natura di soggetto di diritto privato solo perché lo Stato e gli enti pubblici (Comune, Provincia, etc.) ne possiedono le azioni in tutto o in parte. Inoltre per i giudici di appello non esisteva la stabilità dell’impiego richiesta dalla legge per escludere l’obbligo di contribuzione per disoccupazione involontaria, mancando un provvedimento ministeriale di accertamento delle condizioni di stabilità dell’impiego presso la stessa vigenti.
Per la cassazione della sentenza resa in grado di appello la società soccombente ricorre, affidandosi a cinque motivi di censura, alla Corte Suprema.
Gli Ermellini figettano il ricorso della società. Per i giudici di legittimità richiamando un orientamento ormai costante in base al quale “le imprese industriali degli enti pubblici, trattandosi di società di natura essenzialmente privata nella quale l’amministrazione pubblica esercita il controllo esclusivamente attraverso gli strumenti di diritto privato, dovendosi altresì escludere, in mancanza di una disciplina derogatoria rispetto a quella propria dello schema societario, che la mera partecipazione – per maggioranza , ma non totalitaria, da parte dell’ente pubblico sia idonea a determinare la natura dell’organismo attraverso cui la gestione del servizio pubblico viene attuata”.(vfr. sntenze nn.19087, 20818, 20819, 22318 del 2013). Inoltre i giudici supremi puntualizzano che la forma societaria di diritto privato è per l’ente locale la modalità di gestione degli impianti consentita dalla legge e prescelta dall’ente stesso per la duttilità dello strumento giuridico, in cui il perseguimento dell’obiettivo pubblico è caratterizzato dall’accettazione delle regole del diritto privato. Quindi le società per azione a partecipazione pubblica vanno escluse dal concetto di ‘”imprese pubbliche”.
Infine, i giudici del Palazzaccio, chiariscono che il regime favorevole previsto dall’articolo 116, comma 15 lett. a) della Legge n. 388/2000 per il pagamento delle sanzioni civili in caso di incertezza della legge non può trovare applicazione nel caso in cui l’azienda oggetto delle sanzioni stesse non provveda al pagamento dei debiti contributivi verso l’INPS.
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