La Corte di Cassazione, sezione penale, con la sentenza n. 570 depositata il 8 gennaio 2014 intervenendo in tema di sequestro preventivo ha statuito che ai fini del sequestro preventivo, il giudizio di sproporzione tra i redditi del proposto e i beni acquistati deve essere effettuato sulla base di parametri oggettivi e controllabili quali l’anno di riferimento, le dimensioni del nucleo familiare, la regione geografica di riferimento, ecc. La ricostruzione di entrate e uscite, che fa riferimento a dati specifici e circostanziati, sicuramente prevale su quella generica presentata dal consulente tecnico della parte
La Corte ha ritenuto che il provvedimento di sequestro preventivo previsto dall’articolo 12-sexies, legge 356/1992 risulta correttamente motivato qualora sia basato su diversi dati di riferimento, quali ad esempio le dimensioni del nucleo familiare, la regione geografica in questione e la professione dell’indagato.
La vicenda ha riguardato soggetto indagato in riferimento alla sproporzione tra reddito dichiarato ed i proventi dell’attività economica, il quale impugnava l’ordinanza del Tribunale del riesame che confermava il provvedimento del Gip, di rigetto della richiesta di dissequestro di beni del predetto, sottoposti a sequestro preventivo, ex articolo 12-sexies, legge 356/1992.
La predetta ordinanza veniva emessa in sede di rinvio, poiché precedentemente il provvedimento di rigetto dello stesso tribunale era stato annullato dalla Cassazione, sul rilievo che, a fronte di una consulenza di parte in cui si sosteneva la mancanza di sproporzione tra redditi del proposto e beni acquistati, il tribunale reggino aveva, con motivazione apparente, osservato che il contrasto tra l’assunto dell’accusa e quello della difesa sarebbe stato superato attraverso una perizia contabile da espletarsi nel giudizio di merito.
Dal provvedimento impugnato si puntualizzava che, anche a voler considerare alcuni introiti del nucleo familiare dell’indagato, evidenziati nella consulenza di parte e non presi in considerazione dall’ordinanza il giudizio di sproporzione non risultava modificato, non essendo giustificato l’abbattimento del 15%, operato dal perito di parte, dei valori per spesa media mensile, necessaria alle ordinarie esigenze di vita della famiglia dell’indagato, valori ricostruiti nel provvedimento di sequestro sulla base di specifici parametri (anno di riferimento, nucleo familiare di cinque persone, regione geografica – la Calabria – e ruolo di imprenditore del soggetto in questione).
Avverso tale decisione del giudice di merito l’indagato proponeva ricorso, basato su un unico motivo di censura, alla Corte Suprema.Lamentando il vizio di motivazione apparente, non avendo il tribunale motivato, se non con clausole di stile, né l’ininfluenza degli ulteriori redditi evidenziati sul giudizio di sproporzione tra entrate e acquisti effettuati né il privilegio accordato ai valori per spesa media mensile, necessaria alle ordinarie esigenze di vita della famiglia, ricostruiti dalla polizia giudiziaria, rispetto a quelli indicati dal consulente tecnico di parte.
Gli Ermellini rigettano il ricorso dell’indagato. I giudici di legittimità hanno riconosciuto infondate le censure del ricorrente. Infatti il consulente della parte aveva ritenuto la congruità degli acquisti rispetto alle entrate, sia considerando gli ulteriori redditi della famiglia, in sé peraltro assai modesti, sia, soprattutto, abbattendo del 15% la spesa di mantenimento del nucleo familiare dell’indagato, a fronte di una ricostruzione della spesa da parte della polizia giudiziaria fondata sui richiamati plurimi dati di riferimento.
Quest’ultima ricostruzione è stata legittimamente privilegiata dal tribunale, in quanto ancorata a parametri oggettivi e controllabili, a differenza di quella, comportante un ingiustificato abbattimento del 15%, prospettata dal perito di parte.
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