Società cancellata e legittimato processuale irretroattività dell'articolo 2495 c.c. - Cassazione sentenza n. 25507 del 2013La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con la sentenza n. 25507 depositata il 13 novembre 2013 intervenendo in tema di cancellazione delle società ha statuito che la normativa di cui al D.Lgs. n. 6/2003 e successive modifiche ed integrazioni non ha effetto retroattivo, in quanto come è stato correttamente rilevato la norma -pur limitandosi a disciplinare gli effetti senza incidere sui fatti genetici della fattispecie estintiva- non può ritenersi meramente ricognitiva del senso e della portata della precedente norma di cui all’art. 2456 c.c., ed in assenza di esplicita previsione legislativa non può neppure considerarsi norma interpretativa (come ritenuto nei precedenti di questa Corte cass. II sez. 15.10.2008 n. 25192 e I sez. 12.12.2008 n. 29242), trattandosi invece di norma dettata “in modo da regolare i soli effetti estintivi a decorrere dalla entrata in vigore della riforma del diritto societario anche in rapporto alle cancellazioni precedenti, avendo carattere di jus superveniens ultrattivo e produttivo di effetti estintivi nuovi, anche per le pregresse cancellazioni, in rapporto a quanto previsto nelle preleggi ed in Costituzione” con la conseguenza, da un lato, che “la cancellazione dal registro delle imprese determina l’immediata estinzione della società, indipendentemente dall’esaurimento dei rapporti giuridici ad essa facenti capo, soltanto nel caso in cui tale adempimento abbia avuto luogo in data successiva all’entrata in vigore dell’art. 4 del d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, che, modificando l’art. 2495, secondo comma, cod. civ., ha attribuito efficacia costitutiva alla cancellazione”, e dall’altro che, non avendo detta norma efficacia retroattiva “e dovendo tutelarsi l’affidamento dei cittadini in ordine agli effetti della cancellazione in rapporto all’epoca in cui essa ha avuto luogo, per le società cancellate in epoca anteriore al 1° gennaio 2004 l’estinzione opera solo a partire dalla predetta data’’’ (cfr. Corte cass. SS.UU. 22.2.2010 n. 4060 e n. 4061).

La vicenda ha riguardato una società cancellata dal registro delle imprese a cui veniva notificato una cartella di pagamento avente ad oggetto la liquidazione delle somme dovute a titolo di sanzione pecuniaria ed interessi iscritte a ruolo  per ritardato versamento dell’IVA relativa alla dichiarazione annuale.

La cartella di pagamento veniva impugnata inanzi alla Commissione Tributaria Provinciale i cui giudici rigettavano le doglianze del ricorrente. La decisione del giudice di prime cure veniva impugnata inanzi alla Commissione Tributaria Regionale che rigettavano i motivi di nullità della cartella ed accoglievano  il primo motivo rilevando che la società era stata cancellata dal registro delle imprese in data 21.1.2000, con la conseguenza che la sanzione pecuniaria doveva ritenersi illegittimamente irrogata nei confronti dì un soggetto giuridico ormai già estinto, giusta la interpretazione della disposizione dell’art. 2495 c.c. secondo cui, dopo la cancellazione, ”ferma la estinzione della società” le azioni dei creditori soci potevano essere esperite esclusivamente nei confronti dei soci nei limiti della liquidazione della rispettive quote. 

L’Amministrazione finanziaria per la cassazione della sentenza impugnata proponeva ricorso, basato su un unico motivo di censura, alla Corte Suprema.

Gli Ermellini cassano senza rinvio la sentenza impugnata e dichiara inammissibile l’appello proposto dal liquidatore della società contribuente. I giudici di legittimità hanno affermato nella sentenza in commento che la disposizione di cui all’art. 2495 c.c., in tema di effetti della cancellazione delle società di capitali, non ha efficacia retroattiva. Ed invero, la norma, ad esclusione dei rapporti definitivamente esauriti e degli effetti irreversibilmente prodotti – trova applicazione anche in ordine alla cancellazione intervenuta alla data del 1 gennaio 2004 di entrata in vigore della stessa ma non può ritenersi la sua applicazione retroattiva. Ne consegue che la cancellazione dal registro delle imprese determina l’immediata estinzione della società, indipendentemente dall’esaurimento dei rapporti giuridici ad essa facenti capo, soltanto nel caso in cui tale adempimento abbia avuto luogo in data successiva all’entrata in vigore dell’art. 4, D.lgs. 17.1.2003, n. 6 che, modificando l’art. 2495, comma 2, c.c. ha attribuito efficacia costitutiva alla cancellazione.

L’estinzione della società di capitali dovrebbe determinare l’interruzione della sua capacità processuale. Sebbene l’arresto giurisprudenziale è ampio, rimandando la questione ad altri contributi, la sentenza che ci riguarda  fa il punto della situazione, dichiarando l’inammissibilità del ricorso per cassazione perché l’agenzia delle entrate non avrebbe individuato, ma neppure la CTR, il vero legittimato processuale. Non la Società, non il liquidatore, bensì i soci che aderirebbero ad un specie di eredità processuale quando la società si estinguesse. Leviatano giuridico che della successione prende solo il buono per il fisco, non essendoci nessuna possibilità di rinunciare a questo fardello accertativo. Nel nostro caso però i giudici della Cassazione, pongono un ragionamento a monte, specificando che con la cessazione della capacità processuale della società , già il liquidatore non avrebbe potuto appellare la sentenza di primo grado e il ricorso per cassazione dell’ufficio doveva essere opposto ai soci. Il dubbio irrisolto è il mancato rinvio alla CTR per l’esatto instaurarsi della causa. Ma la Cassazione ha ritenuto di non farlo.