La sospensione necessaria del processo ex art. 295 cod. proc. civ. si applica anche al processo tributario

Il predetto principio viene statuito dalla sentenza della Corte di Cassazione – Sesta Sezione Civile (T) – del 27 marzo 2013, n. 7781.
I giudici di legittimità hanno statuito che l’articolo 39 del D.Lgs. n. 546/1992 – secondo cui il processo è sospeso soltanto quando è presentata querela di falso o deve essere decisa in via pregiudiziale una questione sullo stato o la capacità delle persone, salvo che si tratti della capacità di stare in giudizio – disciplina i rapporti “esterni” al processo tributario (cioè tra processo tributario e processi non tributari), per i rapporti tra processi tributari, si applica, in virtù del disposto dell’articolo 1 del D.Lgs. n. 546 citato, la ratio dall’articolo 295 del codice di rito civile (vedi anche Cass. sentenze n. 17937/04 e n. 19821/09). Il principio della sospensione necessaria del processo tributario è applicabile anche al di fuori dei casi elencati nelle previsioni limitative dell’articolo 39 del D.Lgs. n. 546/1992, poiché tale disposizione non esclude l’applicazione della norma generale del codice di procedura civile (v. Cass. sentenze n. 14788/2001 e n. 7506/2001), pur nell’interpretazione restrittiva espressa dalla giurisprudenza della Corte Costituzionale nella sentenza n. 31/1998 e nelle ordinanze numeri 8, 136 e 330 del 1999, con le quali si è escluso che essa contenga disposizioni in contrasto con la costituzione.La vicenda ha avuto origine da un accertamento IRPEF, la Suprema Corte ha ritenuto che con la sentenza gravata la Commissione Tributaria Regionale abbia utilizzato in maniera non corretta i principi sopraesposti, avendo deciso nel merito una controversia il cui esito era inscindibilmente legato alla definizione di un altro procedimento tributario, ancora pendente, che ne rappresentava il presupposto logico-giuridico. Ne è derivato l’accoglimento del ricorso presentato dal contribuente, con rinvio della causa per nuovo esame.
I giudici di legittimità hanno statuito che l’articolo 39 del D.Lgs. n. 546/1992 – secondo cui il processo è sospeso soltanto quando è presentata querela di falso o deve essere decisa in via pregiudiziale una questione sullo stato o la capacità delle persone, salvo che si tratti della capacità di stare in giudizio – disciplina i rapporti “esterni” al processo tributario (cioè tra processo tributario e processi non tributari), per i rapporti tra processi tributari, si applica, in virtù del disposto dell’articolo 1 del D.Lgs. n. 546 citato, la ratio dall’articolo 295 del codice di rito civile (vedi anche Cass. sentenze n. 17937/04 e n. 19821/09). Il principio della sospensione necessaria del processo tributario è applicabile anche al di fuori dei casi elencati nelle previsioni limitative dell’articolo 39 del D.Lgs. n. 546/1992, poiché tale disposizione non esclude l’applicazione della norma generale del codice di procedura civile (v. Cass. sentenze n. 14788/2001 e n. 7506/2001), pur nell’interpretazione restrittiva espressa dalla giurisprudenza della Corte Costituzionale nella sentenza n. 31/1998 e nelle ordinanze numeri 8, 136 e 330 del 1999, con le quali si è escluso che essa contenga disposizioni in contrasto con la costituzione.La vicenda ha avuto origine da un accertamento IRPEF, la Suprema Corte ha ritenuto che con la sentenza gravata la Commissione Tributaria Regionale abbia utilizzato in maniera non corretta i principi sopraesposti, avendo deciso nel merito una controversia il cui esito era inscindibilmente legato alla definizione di un altro procedimento tributario, ancora pendente, che ne rappresentava il presupposto logico-giuridico. Ne è derivato l’accoglimento del ricorso presentato dal contribuente, con rinvio della causa per nuovo esame.
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