La Corte di Cassazione sez. tributaria con la sentenza n. 21547 depositata il 20 settembre 2013 intervenendo in tema di termini per adempimenti del contribuente ha statuito che la norma dello Statuto che garantisce il contribuente concedendogli un termine di sessanta giorni per adempiere a una richiesta del fisco, può essere disapplicata, in caso di continue riforme legislative in materia tributaria. Ciò con la conseguenza che il cittadino deve adeguarsi alla nuova tempistica anche se più breve.
La vicenda ha riguardato una studio professionale associato di commercialisti che aveva usufruito di un credito d’imposta per incentivo all’occupazione, per il quale, dopo le numerose riforme, non avesse comunicato i dati richiesti dal fisco entro un termine previsto nell’ultima legge. La tesi difensiva dei professionisti si era basata sostenendo che la norma non poteva essere retroattiva e che, in ogni caso, l’articolo 3 dello Statuto del contribuente prevede un termine minimo di sessanta giorni per la richiesta di adempimenti al cittadino. Avverso il provvedimento di recupero degli incentivi il contribuente ricorreva alla Commissione Tributaria Provinciale che accoglieva le doglianze del ricorrente. L’Amministrazione avverso la decisione dei giudici di prime cure ricorreva alla Commissione Tributaria Regionale che respingeva il ricorso dell’Agenzia.
L’Amministrazione Finanziaria presentava ricorso alla Corte Suprema per la cassazione della sentenza del giudice di merito ottenendo una vittoria piena. infatti gli Ermellini hanno accolto il ricorso del fisco nel merito confermando il recupero a tassazione delle maggiori imposte a carico dello studio associato.
Ad avviso dei giudici con l’Ermellino, «non rileva indugiare sull’effetto della mancata comunicazione di tali dati quanto a un diritto sostanziale (al contributo) prima automaticamente attribuito». Contrariamente a quanto ritenuto dalla Ctr, spiega ancora la Cassazione, la disposizione di cui all’art. 3, della legge 27 luglio 2000 n. 212, che fissa il termine minimo di 60 giorni per l’effettuazione di adempimenti da parte del contribuente, «non è ostativa all’applicazione delle citate previsioni. Dunque l’indagine sull’effetto non rileva perché l’art. 3 cit. non ha uno specifico fondamento costituzionale, né il termine da essa stabilito attiene all’esercizio del diritto di difesa».
In altri termini, «il rapido susseguirsi di disposizioni aventi forza di legge, ancorché non rispettose del termine indicato, determina il verificarsi di una vicenda di successione di leggi nel tempo che il giudice non può sindacare sulla base del richiamo allo Statuto del contribuente».
Quindi la norma contenuta nello Statuto a garanzia del tempo per il contribuente che deve espletare un adempimento fiscale non è di rango costituzionale e può cedere il passo alle continue riforme legislative in materia tributaria. All’interno del Palazzaccio la decisione ha messo tutti d’accordo. Infatti, nell’udienza svoltasi lo scorso 19 giugno, anche la procura generale del Palazzaccio aveva chiesto al collegio di accogliere il ricorso del fisco.
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