AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 30 dicembre 2021, n. 884
Trattamento IVA aggiustamenti TP
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
La società istante ALFA S.p.a., interamente controllata dalla società quotata sul MTA (Mercato telematico Azionario) BETA S.p.a., fa parte del gruppo d’imprese ” BETA” che rappresenta uno dei principali operatori mondiali nel settore della ideazione, realizzazione e distribuzione di abbigliamento, accessori e calzature di alta gamma per donna, uomo e bambino.
La società interpellante, in qualità di sub-holding della capogruppo BETA S.p.a., oltre ad operare direttamente nel settore della produzione e commercializzazione di prodotti di abbigliamento in esclusiva per il marchio ” BETA”, si occupa della gestione delle società estere controllate, del canale distributivo ” retail” in Italia e del canale distributivo ” wholesale” in tutto il mondo, fatta eccezione per il mercato americano e giapponese gestito direttamente dalle proprie controllate locali.
ALFA S.p.a. controlla, quindi, numerose società estere, ciascuna delle quali gestisce punti vendita a marchio ” BETA” localizzati nella relativa area geografica di competenza. In particolare, la società interpellante detiene la partecipazione totalitaria, tra l’altro, dei seguenti soggetti societari operanti nell’ambito territoriale dell’Unione Europea:
a) la società tedesca BETA 1 (di seguito ” BETA Germany“) fiscalmente stabilita in Monaco e a sua volta dotata di stabile organizzazione in Austria;
b) la società olandese BETA 2 (di seguito ” BETA Hollad“) con sede ad Amsterdam,
c) la società ungherese BETA 3 ( di seguito ” BETA Hungary“) con sede a Budapest;
d) la società ceca BETA 4 (di seguito ” BETA Prague“) con sede a Praga.
In altri termini, ALFA S.p.a. cede alle proprie controllate comunitarie, ovvero a BETA Holland, BETA Hungary, BETA Prague, BETA Germany e alla branch austriaca di quest’ultima, prodotti finiti (principalmente capi di abbigliamento ed accessori) che saranno rivenduti da ciascuna società cessionaria nel proprio mercato di riferimento attraverso il canale retail che consta di negozi monomarca situati in contesti di pregio.
La controllata BETA Germany, oltre a curare la distribuzione dei prodotti finiti nelle boutique a marchio ” BETA” ubicate nel territorio di competenza, opera come agente che cura la distribuzione dei prodotti di lusso del Gruppo attraverso il canale wholesale del mercato di competenza.
Ciò posto, la società interpellante fa presente che il Gruppo d’imprese ” BETA”, cui appartiene, ha adottato una policy TP ( trasfer pricing) di gruppo al fine di evitare che i trasferimenti infragruppo, come quelli sopra illustrati che intercorrono tra la stessa e le proprie controllate comunitarie, possano essere oggetto di rettifica da parte delle competenti Amministrazioni fiscali.
A tal riguardo, ALFA S.p.a. evidenzia che nel documento denominato ” ALFA S.p.a. XXX” – in relazione al quale verrà comunicato il possesso degli oneri documentali nel rigo RS 106 del Modello SC XXX – è dettagliatamente esposta la policy TP del gruppo per l’esercizio di riferimento.
In particolare, la società interpellante rileva che i prezzi di trasferimento infragruppo praticati alle proprie consociate comunitarie sono oggetto, come emerge dalla policy TP del Gruppo, di uno studio articolato nelle due fasi di seguito illustrate:
1) viene impiegata una metodologia di CUP ( Compared Uncontrolled Price) di tipo interno, in base alla quale, al netto di opportuni aggiustamenti, confronta il prezzo dei beni praticato da ALFA S.p.A. alle proprie consociate comunitarie con quello applicato dalla stessa istante nelle transazioni effettuate con soggetti terzi indipendenti.
Gli aggiustamenti applicati al prezzo individuato col metodo del CUP, come chiarito dallo stesso istante nella nota inoltrata in sede di presentazione della documentazione integrativa, si sostanziano in uno sconto del XX sul prezzo dei prodotti finiti praticabile a terzi indipendenti; quest’ultima riduzione sarebbe imputabile ai costi più alti sopportati dalle consociate rispetto ai rivenditori terzi;
2) viene effettuata a fine anno un’ analisi corroborativa ( sanity check) mediante il TNMM ( Transactional Net Margin Method), volta ad assicurare che, ferma restando l’applicazione dei prezzi infragruppo individuati secondo il metodo del CUP di tipo interno (al netto delle opportune correzioni), anche le marginalità (espresse in termini di Operating Margin o Return o sales) delle consociate comunitarie siano coerenti con il profilo funzionale assunto dalle medesime e ricadano all’interno dell’intervallo interquartile dell’apposito benchmark elaborato dal gruppo.
La metodologia del CUP di tipo interno sopra descritta è stata utilizzata per quantificare i prezzi praticati in tutti trasferimenti infragruppo intervenuti tra ALFA S.p.A. e le proprie controllate europee, comprese quelle sopra elencate, ovvero BETA Holland, BETA Hungary, BETA Prague, BETA Germany e la branch austriaca di quest’ultima.
Dall’analisi corroborativa condotta (alla fine dell’anno) secondo la policy TP del Gruppo è emerso che nell’anno XXX le predette società hanno conseguito marginalità superiori all’ upper quartile del benchmark di riferimento.
Conseguentemente, al fine di riportare il margine operativo entro livelli tali da risultare coerenti con il profilo funzionale delle medesime, come delineato dall’apposito benchmark elaborato dal gruppo, si è reso necessario fare degli aggiustamenti.
Pertanto, ALFA S.p.A. riferisce che la stessa ” emetterà delle fatture di aggiustamento” nei confronti delle controllate comunitarie le quali registreranno un extra costo che diminuirà il loro EBIT e quindi il relativo ROS ricavo netto di vendita.
Tanto premesso, la società interpellante – dopo aver evidenziato che le transazioni finanziarie intercorse tra la stessa e la consociata tedesca e la stabile organizzazione austriaca di quest’ultima sono oggetto di una procedura di Bilateral Advanced Price Agreement, per i periodi di imposta XXX – chiede chiarimenti in merito al trattamento, agli effetti dell’imposta sul valore aggiunto, da riservare agli ” aggiustamenti dei prezzi” sopra descritti operati al solo fine di riportare la marginalità delle consociate comunitarie sopra indicate entro il range di valori individuato dalla policy TP del gruppo.
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
La società istante richiama, in via preliminare, le disposizioni comunitarie recate dall’articolo 2, paragrafo 1, della Direttiva del Consiglio 28 novembre del 2006, n. 112- recepite nell’ordinamento domestico dagli articoli 2 e 3 del DPR 26 ottobre 1972 n. 633 – che disciplinano le definizioni rispettivamente di ” cessione di beni” e ” prestazioni di servizi” effettuate a titolo oneroso rilevanti ai fini dell’imposta sul valore aggiunto.
La società interpellante evidenzia altresì che l’articolo 73, della richiamata Direttiva n. 112 del 2006 individua le modalità di determinazione della base imponibile IVA delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi, stabilendo che la stessa ” comprende tutto ciò che costituisce il corrispettivo versato o da versato al fornitore o al prestatore per tali operazioni da parte dell’acquirente, del destinatario o di un terzo, comprese le sovvenzioni direttamente connesse con il prezzo di tali operazioni”.
In forza del predetto articolo 73, che trova corrispondenza nell’articolo 13 del citato DPR n. 633 del 1972, non è necessario, a parere della società istante, che il corrispettivo, da assoggettare ad IVA, sia rappresentativo del valore di mercato del bene o del servizio, atteso che l’imposta sul valore aggiunto si applica solo sull’ammontare complessivo dovuto dal cessionario o committente in base alle previsioni contrattuali.
Detta regola di carattere generale può essere derogata solo nei casi previsti dall’articolo 80, della Direttiva n. 112 del 2006 che accorda gli Stati membri la possibilità, al fine di prevenire l’evasione o l’elusione fiscale, di prendere misure affinché in casi espressamente individuati dalla norma per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi la base imponibile sia pari al valore normale.
L’articolo 80, della richiamata Direttiva n. 112 del 2006 deve essere interpretato restrittivamente, atteso che, in base all’orientamento espresso dai giudici comunitari richiamato dall’istante, il corrispettivo della cessione di beni o della prestazione di servizio costituisce il valore soggettivo, ovvero ciò che è realmente ricevuto e non un valore stimato secondo criteri obiettivi.
Ciò posto, ALFA S.p.a. esprime l’avviso che gli aggiustamenti TP necessari al solo fine di garantire alle proprie consociate comunitarie, destinatarie delle cessioni di prodotti finiti poste in essere dalla stessa, di conseguire una marginalità, in termini di Operating Margin, rientrante nel range infraquartile individuato dalla policy TP del Gruppo, non possono rientrare nel campo di applicazione dell’imposta sul valore aggiunto per carenza del requisito oggettivo di cui agli articoli 2 e 3 del DPR n. 633 del 1972.
A parere della società interpellante, i predetti aggiustamenti di TP non presenterebbero alcun legame diretto con le ordinarie cessioni di beni e prestazioni di servizi effettuate dalla stessa né potrebbero essere qualificati come una remunerazione di una autonoma prestazione di servizi, non essendo riscontrabile nessun nesso sinallagmatico tra i predetti aggiustamenti ed alcuna specifica prestazione di servizi effettuata.
In sostanza, i predetti aggiustamenti, come emerge dalla policy TP del Gruppo, sono finalizzati esclusivamente a consentire alle varie consociate estere di conseguire un livello di profittabilità ritenuto congruo per il relativo profilo funzionale e di rischio.
Difatti, gli aggiustamenti effettuati nell’anno XXX trovano giustificazione nel fatto che, in detta annualità, la marginalità espressa dalle società di cui trattasi si è attestata ad un livello superiore all’ upper quartile del benchmark e quindi il rispetto del principio di libera concorrenza impone che vengano effettuati degli aggiustamenti al fine di riportarle al suddetto valore.
Conseguentemente non è riscontrabile nessun nesso sinallagmatico tra i predetti aggiustamenti TP operati dall’istante e le cessioni di beni e prestazioni di servizi rilevanti ai fini IVA.
La società istante evidenzia, altresì, che l’Amministrazione finanziaria, in conformità ai principi statuiti dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, ha riconosciuto l’assoggettabilità ad IVA dei contributi erogati a fronte di un’obbligazione di fare, non fare e permettere, ovvero quando si sia in presenza di un rapporto obbligatorio a prestazioni corrispettive. In caso contrario, il contributo non assume natura onerosa e rappresenta una mera cessione di denaro esclusa dal campo di applicazione dell’imposta sul valore aggiunto, ai sensi dell’articolo 2, comma 3, lettera a) del DPR n. 633 del 1972.
La società interpellante ritiene, inoltre, che i predetti aggiustamenti TP non possano essere considerati delle variazioni in aumento dei corrispettivi praticati per le cessioni di beni già poste in essere dalla stessa nei confronti delle controllate estere.
L’utilizzo della metodologia del CUP, ai fini dell’individuazione del prezzo dei trasferimenti infragruppo, garantirebbe la conformità al principio di libera concorrenza dei prezzi praticati per le cessioni di beni effettuate a favore delle consociate comunitarie e delle commissioni di agenzia riconosciute alla consociata tedesca.
L’aggiustamento eventualmente operato in base al TNMM si colloca logicamente a valle riguardando il profilo funzionale delle consociate e la necessità che i rischi, le funzioni e gli asset di quest’ultime non siano remunerati troppo (o troppo poco) rispetto a comparables esercenti la medesima attività.
Pertanto, in assenza di un collegamento diretto tra le somme versate a titolo di aggiustamenti e le cessioni originarie – situazione, a parere dell’interpellante, riscontrabile nel caso di specie – non è possibile qualificare i predetti ammontari come variazione in aumento dei prezzi praticati per le predette cessioni.
A supporto della propria tesi l’istante richiama le considerazioni svolte dalla Commissione Europea nel ” Working paper n. 923″, riprese e integrate dal Vat Export Group nel successivo documento emesso in data 18 aprile 2018, nel quale è confermata la non rilevanza IVA degli aggiustamenti di transfer pricing volti ad allineare la marginalità di una controllata, in quanto gli stessi non sono direttamente connessi alle cessioni di beni e prestazioni di servizi.
L’interpellante fa presente, inoltre, che l’indirizzo interpretativo espresso a livello comunitario in materia di rilevanza IVA degli aggiustamenti TP è stato recepito nella risposta n. 60 pubblicata il 2 novembre 2018, con cui l’Amministrazione finanziaria ha escluso l’assoggettamento all’imposta sul valore aggiunto degli aggiustamenti TP operati nella fattispecie esaminata con il richiamato documento di prassi.
Ad ulteriore conforto della soluzione interpretativa prospettata, la società interpellante richiama la pronuncia della Corte di Cassazione n. 2240 del 2018, citata nella risposta n. 60 del 2018.
Parere dell’Agenzia delle entrate
Si rileva, in via preliminare, che al fine di individuare il corretto trattamento, agli effetti dell’IVA, da riservare agli aggiustamenti TP funzionali a garantire ad alcune società europee del Gruppo ” BETA” – destinatarie delle cessioni di prodotti finiti eseguite da ALFA S.p.a. – di conseguire un margine operativo tale da ricadere entro lo specifico range individuato dalla policy TP adottata all’interno del medesimo gruppo occorre, in primo luogo, verificare se le regolazioni finanziarie intervenute, a fronte dei predetti aggiustamenti, tra la società istante e le proprie consociate comunitarie costituiscano:
– il corrispettivo di una autonoma cessione di beni e/o prestazione di servizi, ai sensi degli articoli 2 e 3 del DPR n. 633 del 1972, resa dal soggetto ricevente le somme versate a titolo di aggiustamenti TP;
– ovvero se le stesse rappresentino delle variazioni in aumento della base imponibile, ai sensi dell’articolo 13 del DPR n. 633 del 1972, delle originarie cessioni di beni poste in essere dal soggetto destinatario della regolazione finanziaria, ovvero la società istante.
A tal riguardo, si fa presente che l’articolo 2, paragrafo 1, della Direttiva n. 112 del 2006 stabilisce che sono soggette all’imposta sul valore aggiunto, tra l’altro, le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate a titolo oneroso nel territorio di uno Stato membro da un soggetto passivo che agisca in quanto tale.
Nell’ordinamento comunitario le definizioni di cessioni di beni e prestazioni di servizi sono contenute rispettivamente negli articoli 14 e 24 della citata Direttiva n. 112 del 2006, disposizioni che trovano corrispondenza, come specificato anche dall’istante, negli articoli 2 e 3 del DPR n. 633 del 1972.
Il richiamato articolo 14, paragrafo 1, della Direttiva n. 112 del 2006 definisce, infatti, ” cessione di beni” il trasferimento del potere di disporre di un bene materiale come un proprietario, mentre il successivo articolo 24, paragrafo 1, stabilisce che si considera prestazioni di servizi ” ogni operazione che non costituisce una cessione di beni”.
Secondo la costante giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea ” una cessione di beni o una prestazione di servizi è effettuata a titolo oneroso, ai sensi della direttiva IVA, soltanto se esiste tra, da una parte, il fornitore o il prestatore e, dall’altra, l’acquirente o il beneficiario, un rapporto giuridico nel corso del quale vengono scambiate prestazioni reciproche; la retribuzione percepita dal fornitore o dal prestatore costituisce l’effettivo controvalore del bene o del servizio forniti all’acquirente o al beneficiario” (in tal senso, sentenza del 18 gennaio 2017 relativa alla causa C-37/16 e da ultimo sentenza 19 dicembre 2018 relativa alla causa C-51/18).
In particolare, i giudici comunitari hanno, altresì, statuito che al fine di verificare se tra l’autore di una prestazione e il beneficiario e/o committente intercorra un rapporto giuridico nell’ambito del quale avvenga uno scambio di prestazioni sinallagmatiche, è necessario riscontrare se ” esista un nesso diretto fra il servizio fornito dal prestatore e il controvalore ricevuto, ove le somme versate costituiscono un corrispettivo effettivo di un servizio individualizzabile fornito nell’ambito di un siffatto rapporto giuridico” (sentenza Corte di Giustizia 5 luglio 2018, C-544/16, punti 36 e 37 e giurisprudenza ivi citata).
In applicazione di principi statuiti dalla giurisprudenza comunitaria, al fine di stabilire se le regolazioni finanziarie operate in attuazione degli aggiustamenti TP rappresentino il corrispettivo di un’operazione rilevante ai fini dell’imposta sul valore aggiunto si rende, quindi, necessario in primo luogo riscontrare l’esistenza di rapporto un giuridico a prestazioni reciproche tra ALFA S.p.a. e le proprie consociate estere e, conseguentemente, verificare se nell’ambito del predetto rapporto sussista un nesso diretto tra i trasferimenti effettuati a titolo di aggiustamenti TP e eventuali cessione di beni e/ o prestazione di servizi rese da ALFA S.p.A.
A tal riguardo si rileva che le modalità di quantificazione delle somme dovute a titolo di aggiustamento TP sono regolate nella Policy TP del Gruppo, allegata all’istanza di interpello.
Pertanto, come specificato dalla società istante nella nota inoltrata con la documentazione integrativa, solo nel caso in cui l’analisi effettuata a fine anno ” evidenzi che il margine operativo della consociata si colloca al di fuori dell’intervallo interquartile risultante dal benchmark dei comparabili vengono effettuati i necessari aggiustamenti”.
Dall’esame delle pattuizioni contenute nella policy TP del gruppo d’imprese ” BETA” emerge che le regolazioni finanziarie operate a seguito degli aggiustamenti TP, essendo esclusivamente finalizzate a consentire alle consociate comunitarie di conseguire un margine operativo entro lo specifico range individuato dall’analisi di benchmark, non rappresentino il controvalore effettivo né di specifiche cessioni di beni né di autonome prestazioni di servizi fornite dal soggetto destinatario delle somme dovute a titolo di aggiustamenti TP.
Esclusa, quindi, l’esistenza di un nesso diretto tra i trasferimenti a titolo di aggiustamenti TP effettuati dalle consociate comunitarie e specifiche cessioni di beni e/ o prestazioni di servizi (diverse da quelle già effettuate) rese da ALFA S.p.a., occorre indagare se i predetti aggiustamenti TP costituiscano delle variazioni in aumento della base imponibile IVA delle originarie cessioni di prodotti finiti poste in essere dalla stessa istante.
A tal proposito, si osserva che, in via generale, la base imponibile dell’IVA è individuata dall’articolo 73, della Direttiva n. 112 del 2006 secondo il quale ” per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi diverse da quelle di cui agli articoli da 74 a 77, la base imponibile comprende tutto ciò che costituisce il corrispettivo versato o da versare al fornitore o al prestatore per tali operazioni da parte dell’acquirente, del destinatario o di un terzo, comprese le sovvenzioni direttamente connesse con il prezzo di tali operazioni”.
La predetta disposizione – oggetto d’interpretazione da parte dei giudici comunitari – prevede che ” la base imponibile per la cessione di un bene o la prestazione di un servizio effettuate a titolo oneroso è costituita dal corrispettivo effettivamente ricevuto a tal fine dal soggetto passivo. Tale corrispettivo rappresenta il valore soggettivo, ossia il valore realmente percepito e non un valore stimato secondo criteri oggettivi”. (In tal senso, sentenze del 7 novembre 2013, nelle cause riunite C-249/12 e C-250/12; del 19 dicembre 2012, in causa C-549/11; del 26 aprile 2012, nelle cause riunite C-621/10 e C-129/11).
L’articolo 73, della citata Direttiva n. 112 costituisce l’espressione di un principio fondamentale, il cui corollario è che l’Amministrazione tributaria non può riscuotere a titolo dell’IVA un importo superiore a quello percepito dal soggetto passivo (in tal senso, sentenza della Corte di Giustizia dell’UE del 3 luglio 1997, relativa alla causa, C-330/95, Racc. pag. I-3801, punto 15, sentenza 26 aprile 2012, relativa alla causa 621/10).
Il predetto articolo 73 è stato trasfuso nell’ordinamento domestico nell’articolo 13 del DPR n. 633 del 1972 che stabilisce che ” la base imponibile delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi è costituita dall’ammontare complessivo dei corrispettivi dovuti al cedente o prestatore secondo le condizioni contrattuali, compresi gli oneri e le spese inerenti all’esecuzione e i debiti o altri oneri verso terzi accollati al cessionario o al committente, aumentato delle integrazioni direttamente connesse con i corrispettivi dovuti da altri soggetti”.
Ciò posto, per verificare se gli aggiustamenti di TP in esame configurino nel caso di specie delle variazione in aumento della base imponibile delle cessioni di prodotti finiti già intercorse tra ALFA S.p.a. e le proprie consociate, occorre appurare l’esistenza di un collegamento diretto tra le regolazioni finanziarie intervenute a titolo di aggiustamenti TP e le cessioni di beni originariamente effettuate, applicando nel caso di specie un prezzo individuato in base al metodo del CUP di tipo interno.
Depone in tal senso quanto previsto nel documento di lavoro della Commissione europea del 28 febbraio 2017 (Working paper n. 923, taxud.c.1(2016)1280928), richiamato più volte dalla stessa istante, il quale chiarisce che ” per quanto concerne l’interazione tra transfer pricing e Iva, le rettifiche da transfer pricing (in aumento o in diminuzione) possono avere implicazioni ai fini Iva, per esempio, laddove una tale rettifica possa considerarsi più o meno come un corrispettivo versato a fronte di una cessione di beni o una prestazione di servizi imponibile già effettuata. Se si ritiene che una rettifica costituisca più o meno il corrispettivo per una cessione o prestazione, ciò potrebbe discutibilmente portare ad un aumento o ad una diminuzione della base imponibile Iva di siffatta transazione, laddove l’Iva da pagare sia stata calcolata a norma dell’articolo 73 della Direttiva Iva”
Lo stesso documento puntualizza, altresì, che ” Affinché sussistano implicazioni Iva, comunque, è necessario non soltanto che ci sia una cessione o prestazione resa verso un corrispettivo, a norma dell’art. 2, par. 1, della Direttiva Iva, ma altresì che il corrispettivo sia direttamente collegato a tale cessione o prestazione. E questo dovrebbe essere valutato caso per caso”.
In altri termini, come chiarito nella risposta all’istanza di interpello n. 60 pubblicata nel 2018 invocata dallo stesso interpellante a supporto della propria tesi, affinché gli aggiustamenti da TP incidano sulla determinazione della base imponibile dell’IVA, aumentando o diminuendo il corrispettivo di vendita del bene o di prestazione del servizio, occorre, pertanto, che:
a) vi sia un corrispettivo, ossia una regolazione monetaria o in natura per tale aggiustamento;
b) siano individuate le cessioni di beni o forniture di servizi cui il corrispettivo si riferisce;
c) sia presente un legame diretto tra le cessioni di beni o forniture di servizi e il corrispettivo.
Come evidenziato dalla stessa Commissione europea nel menzionato documento n. 923, ” mentre il principio di libera concorrenza deve essere generalmente osservato in tutte le transazioni infragruppo, in base alle regole di transfer pricing applicate ai fini dell’imposizione diretta, l’ambito del principio di libera concorrenza tracciato dalla Direttiva Iva sembra molto più circoscritto. Infatti, tale regola è suscettibile di applicazione facoltativa da parte degli Stati membri e può essere applicata soltanto al fine di prevenire evasioni ed elusioni fiscali in presenza di ben definite circostanze” (cfr. paragrafo 3.1.1).”
Tali circostanze sono, come evidenziato dallo stesso istante, specificamente individuate dall’articolo 80, della Direttiva n. 112 del 2006, recepito in Italia dall’art. 13, terzo comma, del DPR n. 633 del 1972.
Secondo i giudici comunitari “ nel consentire in taluni casi di considerare che la base imponibile sia pari al valore normale dell’operazione, l’articolo 80, paragrafo 1, della direttiva IVA introduce un’eccezione alla norma generale prevista dall’articolo 73 di quest’ultima la quale, in quanto tale, deve essere interpretata restrittivamente (v. sentenze del 21 giugno 2007, Ludwig, C-453/05, Racc. pag. I-5083, punto 21, nonché del 3 marzo 2011, Commissione/Paesi Bassi, C-41/09, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 58 e giurisprudenza ivi citata)”.
A corollario del principio sopra illustrato la stessa Corte di Giustizia dell’Unione europea ha statuito che ” le condizioni di applicazione stabilite dall’articolo 80, paragrafo 1, della direttiva IVA sono tassative e, pertanto, una normativa nazionale non può prevedere, sul fondamento di tale disposizione, che la base impositiva sia pari al valore normale dell’operazione in casi diversi da quelli elencati nella citata disposizione, in particolare qualora il prestatore, il cedente o l’acquirente abbia diritto a detrarre interamente l’IVA”. (In tal senso sentenza 26 aprile 2012, relativa alla causa 621/10)
L’orientamento comunitario espresso in merito all’ambito applicativo del citato articolo 80 della Direttiva n. 112 del 2006 ha trovato conferma nella giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione che si è pronunciata con la sentenza n. 2240 del 2018, richiamata dallo stesso istante.
Tanto premesso, si osserva che, come emerge anche dalla nota inoltrata dall’istante in sede di presentazione della documentazione integrativa, gli aggiustamenti di TP di cui trattasi, pur comportando per le consociate estere di ALFA S.p.a. la rilevazione di un extra costo finalizzato ad abbassare il loro margine operativo, non siano correlati in modo diretto con le originarie cessioni di prodotti finiti effettuate dalla medesima interpellante.
In altri termini, anche se i correttivi operati in base al metodo TNMM comportano, di fatto, l’imputazione di un maggior costo per le consociate estere non è riscontrabile, sulla base della documentazione prodotta dall’istante, che detto maggior onere sia direttamente collegato alle operazioni (cessioni di beni) già effettuate e, quindi, che lo stesso concretizzi una rettifica in aumento della base imponibile IVA delle stesse.
Pertanto, si ritiene che le regolazioni finanziarie operate a seguito degli aggiustamenti TP in esame, eseguiti in attuazione della policy TP del Gruppo ” BETA” , siano esclusi dal campo di applicazione dell’IVA.
Infine, si evidenzia che il presente parere, di tipo interpretativo, esula da qualsiasi considerazione in merito alla presenza di profili di abuso del diritto – ai sensi dell’art. 10-bis della legge 27 luglio 2000, n. 212 – che potrebbero essere valutati in sede di eventuali attività di controllo.
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