Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria Sezione Staccata di Reggio Calabria sentenza n. 344 depositata il 20 aprile 2023
concessione – valore – non corrisponde al canone concessorio (art. 167 d.lgs. n. 50/2016)
FATTO e DIRITTO
1. Con determinazione del 29 novembre 2019 la società ricorrente, nella qualità di mandataria del raggruppamento temporaneo di imprese costituito con la società A. s.a.s. di M.M., veniva proclamata aggiudicataria della procedura di gara indetta dal Comune di Bagnara Calabra per l’affidamento in concessione, per la durata di 8 mesi, della gestione della porzione dell’area demaniale marittima del Porto di Bagnara Calabra.
L’affidamento veniva prorogato per ulteriori 6 mesi nelle more dell’espletamento della procedura negoziata espletata attraverso il Mepa per l’affidamento “ponte” della durata di 6 mesi.
La procedura negoziata andava, tuttavia, deserta e, pertanto, l’amministrazione comunale affidava alla ricorrente la concessione in gestione dell’area portuale fino al 31 agosto 2022.
Con determinazione n. 69 del 23 agosto 2022 veniva indetta una procedura negoziata sottosoglia, tramite RdO sul Mepa, per l’affidamento “ponte” dei servizi portuali per la durata di 12 mesi.
Nessun operatore partecipava alla procedura e, pertanto, con determinazione n. 78 del 12 settembre 2022 veniva indetta una nuova procedura per la concessione in gestione della porzione dell’area demaniale marittima del Porto di Bagnara Calabra, tramite “RdO aperta” sul MEPA.
Assume la società ricorrente di aver “tentato” di presentare la propria offerta senza, tuttavia, riuscirci a causa di un problema della piattaforma.
Anche tale procedura andava deserta e, pertanto, l’amministrazione comunale, nelle more della definizione delle procedure per l’affidamento in concessione dell’area portuale e ravvisata l’urgenza di far fronte alla criticità rappresentata dalla presenza di imbarcazioni che in ragione di eventuali mareggiate, avrebbero potuto subire importanti problematiche per la sicurezza delle stesse, previa apposita indagine di mercato, disponeva l’affidamento diretto alla Cooperativa M. a r.l. del solo servizio di alaggio e varo delle imbarcazioni ormeggiate nel porto, per un importo complessivo pari ad € 37.000,00
Con determinazione n. 196 del 7 novembre 2022, dato atto che il servizio da affidare è di importo superiore a 5.000,00 euro e inferiore a 40.000,00, veniva indetta una nuova gara per l’affidamento “ponte” della durata di mesi 12 della concesssione in gestione della porzione dell’area demaniale marittima del Porto di Bagnara Calabra, tramite “RdO aperta” sul Mepa.
Anche a tale ultima procedura di gara non partecipava alcun operatore economico.
L’amministrazione comunale, pertanto, ritenuto necessario garantire la continuità dei servizi all’utenza diportistica e all’attività storica della pesca e vista la disponibilità della società cooperativa M. ad accettare l’incarico alle condizioni minime dettate nella procedura negoziata sotto soglia indetta in data 7 novembre 2022, andata deserta, disponeva l’affidamento diretto della durata di mesi 12 dei servizi portuali nel Porto di Bagnara Calabra alla suddetta società, approvando contestualmente il Capitolato Speciale d’Appalto che prevedeva un canone annuo da versare al Comune di Bagnara Calabra pari ad € 37.000,00.
2. Avverso tale provvedimento è insorta la cooperativa ricorrente lamentandone la illegittimità sotto i seguenti profili:
I. Violazione artt. 30, comma 2, 35 comma 6, 36 e 167 d.lgs. 50/2016
Dal tenore del provvedimento impugnato e dell’allegato capitolato speciale d’appalto emergerebbe come l’affidamento diretto oggetto di gravame sia la concessione della gestione dell’area portuale e dei relativi servizi.
L’amministrazione comunale, tuttavia, ha omesso di indicare il valore della concessione essendosi limitata a indicare il solo importo del canone concessorio, pari ad € 37.000,00 per l’intera durata della concessione (12 mesi).
Il provvedimento impugnato sarebbe, pertanto, in contrasto con l’articolo 8, comma 2, della direttiva 2014/23/UE, come recepito dall’articolo 167 del D.lgs. n. 50/2016, ai sensi del quale il valore della concessione è costituito dal fatturato totale del concessionario generato per tutta la durata del contratto, non potendo essere parametrato unicamente al canone concessorio (pari, nel caso di specie, ad € 37.000,00)
L’omessa predeterminazione del valore dell’affidamento non consente di individuare correttamente la procedura da seguire, secondo quanto disposto dagli articoli 35 e 36 del D.lgs. n. 50/2016.
Applicando i giusti criteri di determinazione del valore della concessione, risulta evidente come esso superi di gran lunga la soglia di cui all’art. 36 comma 2 lett. a) (40.000 euro), dovendo tenersi conto del possibile fatturato derivante dai servizi affidati per i quali è previsto un apposito tariffario.
Che il valore della concessione è di gran lunga superiore alla soglia di € 40.000 sarebbe, peraltro, dimostrato dal fatturato della società ricorrente nel 2021.
Tenendo conto del reale valore della gara, pertanto, non si sarebbe potuto procedere con l’affidamento diretto.
II. Violazione art. 36 d.lgs. 50/2016 – mancato rispetto del principio di rotazione. difetto di motivazione.
L’affidamento diretto di che trattasi sarebbe stato disposto, inoltre, in evidente violazione del principio di rotazione sancito dall’art. 36 del D.lgs. 50/2016 atteso che la cooperativa M. era l’ultima affidataria dei servizi portuali di alaggio e varo delle imbarcazioni ormeggiate nel porto di Bagnara Calabra.
Tale affidamento, peraltro, le avrebbe consentito di maturare quella minima esperienza da spendere nell’affidamento diretto oggetto di gravame.
III. Violazione art. 30 comma 1 d.lgs. 50/2016, dei principi di efficacia, correttezza, libera concorrenza, di non discriminazione e di proporzionalità
L’affidamento diretto in favore di una società priva dei necessari requisiti nonché priva di pregressa esperienza nella gestione dei servizi portuali (fatta eccezione per il servizio di alaggio e varo espletato per soli 30 giorni) sarebbe in contrasto con i principi di efficacia, proporzionalità ed adeguatezza sanciti dall’art. 30, comma 1 del codice dei contratti.
3. In data 20 gennaio 2023 si è costituito in giudizio il Comune di Bagnara Calabra eccependo in via preliminare l’inammissibilità del ricorso per difetto di legittimazione attiva atteso che la ricorrente:
– non ha partecipato alle due procedure di gara indette dall’amministrazione comunale per l’affidamento in concessione della gestione dell’area portuale non essendo in alcun modo dimostrato il malfunzionamento della piattaforma che avrebbe impedito tale partecipazione;
– è priva del requisito di cui all’art. 80 comma 5 lett. c) del d.lgs. n. 50/2016 non avendo versato, nonostante formale atto di diffida e messa in mora, gli importi dovuti per i canoni concessori relativi ai precedenti affidamenti ed avrebbe, inoltre, apportato innovazioni non autorizzate all’area portuale.
L’amministrazione comunale ha contestato, altresì, l’infondatezza delle censure.
Il richiamato art. 167 del codice dei contratti, riferibile solo alle concessioni sopra soglia, non sarebbe applicabile alla procedura de qua.
Nessuna violazione del principio di rotazione potrebbe ancora ravvisarsi atteso che la cooperativa M. era stata in precedenza affidataria del solo servizio di alaggio e varo delle imbarcazioni e, dunque, di un servizio ben diverso da quello oggetto dell’affidamento diretto oggetto di gravame.
Al contrario, applicando il principio di rotazione l’affidamento diretto non avrebbe potuto essere disposto in favore della ricorrente che è stata affidataria della stessa concessione fino al 31 agosto 2022.
4. Si è costituita in giudizio anche la cooperativa controinteressata eccependo, in via preliminare, l’inammissibilità del ricorso per carenza di interesse atteso che la ricorrente, che non ha partecipato ad alcuna delle precedenti procedure andate deserte, non ha chiarito di quale effettivo interesse sia portatrice.
La cooperativa Onda Marina, inoltre, non avrebbe potuto aspirare all’affidamento diretto della concessione in quanto ultima affidataria degli stessi servizi.
La cooperativa M. è risultata, invece, affidataria, a seguito di apposita trattativa privata, espletata previa consultazione di altri operatori economici del settore, del solo servizio di alaggio e varo delle imbarcazioni. Si tratta, pertanto, di servizi evidentemente diversi, tali da escludere la contestata violazione del principio di rotazione.
5. All’udienza pubblica del 5 aprile 2023 la causa è stata trattenuta in decisione.
6. Le eccezioni di inammissibilità del ricorso sollevate sia dall’amministrazione comunale che dalla cooperativa controinteressata sono infondate.
Il ricorso ha, invero, ad oggetto il provvedimento con cui è stato disposto l’affidamento diretto alla controinteressata della concessione di servizi portuali dell’area demaniale del porto di Bagnara Calabra e non anche le precedenti procedure di gara andate deserte.
La cooperativa ricorrente lamenta, in particolare, la illegittimità del provvedimento impugnato assumendo la mancanza dei presupposti per procedere all’affidamento diretto ai sensi dell’art. 36 comma 2 lett. a) del D.lgs. n. 50/2016.
In merito alla legittimazione ad agire della cooperativa ricorrente occorre, pertanto, rilevare che, alla luce di un consolidato orientamento, le censure con cui si contesti che la scelta operata dall’amministrazione di disporre un affidamento diretto risulti in contrasto con i principi di cui al codice dei contratti e alla normativa comunitaria possono essere dedotte da tutte le imprese operanti nel segmento di mercato per il quale era stato affidato il servizio.
La giurisprudenza amministrativa ha sempre ritenuto che la qualità di impresa operante nel settore sia ex se idonea a radicare una posizione di interesse legittimo per l’impugnazione della decisione assunta dall’amministrazione appaltante, di procedere all’affidamento diretto di un contratto pubblico (cfr. Cons. Stato sez. V 17 settembre 2008 n. 4389); in tal caso, il ricorrente non deve fornire alcuna prova circa la dotazione dei requisiti di ammissione ad una (eventuale) gara, dovendo egli limitarsi a dimostrare di essere abilitato ad eseguire appalti analoghi a quello impugnato (Cons. Stato, sez. V, n. 2588 del 14 maggio 2003).
L’interesse fatto valere in giudizio è quello strumentale alla caducazione dell’atto di affidamento diretto della commessa e all’attivazione di una procedura ad evidenza pubblica, non essendo richiesta all’impresa ricorrente alcuna prova in ordine al possesso di una capacità operativa paragonabile a quella del soggetto prescelto, costituendo, quest’ultimo, elemento che assume rilevanza solo in sede di successiva partecipazione alla gara (Consiglio di Stato sez. III, sentenza n. 4133 del 7 settembre 2015).
Alla luce di tali coordinate ermeneutiche ritiene il Collegio che non assuma rilevanza, al fine di radicare l’interesse ad agire della ricorrente, la sua mancata partecipazione alle procedure di gara indette precedentemente dalla stessa amministrazione per l’affidamento della stessa concessione, trattandosi di procedure distinte e del tutto autonome.
Non è, pertanto, nemmeno necessario indagare le ragioni di tale mancata partecipazione o l’effettiva impossibilità di presentare la propria offerta a causa di un malfunzionamento del sistema (malfunzionamento che, comunque, si riferirebbe solo ad una delle due gare andate deserte), non incidendo le precedenti scelte operate dalla ricorrente sulla sussistenza di un interesse attuale e concreto a contestare, quale operatore del settore, l’affidamento diretto disposto dall’amministrazione, nel presupposto, ritenuto erroneo, che il valore della concessione fosse inferiore ad € 40.000,00 e, quindi, tale da consentire l’applicazione dell’art. 36 comma 2 lett. a) del D.lgs. n. 50/2016.
Allo stesso modo, devono ritenersi irrilevanti anche le asserite inadempienze contrattuali che configurerebbero la sussistenza della causa di esclusione di cui all’art. 80 comma 5 lett. c) del D.lgs. n 50/2016, trattandosi di valutazioni che l’amministrazione dovrà effettuare nell’ambito di una procedura non ancora espletata e i cui esiti non possono, pertanto, essere anticipati in questa sede ostandovi il divieto di cui all’art. 34, comma 2, c.p.a.
Posto, infine, che l’interesse fatto valere dalla ricorrente non è quello ad essere individuata quale affidataria diretta della concessione ma quello all’espletamento di una corretta procedura di gara che tenga conto dell’effettivo valore della concessione, nemmeno rileva che essa abbia espletato lo stesso servizio fino al 31 agosto 2022.
7. Tanto premesso, il ricorso è fondato sotto l’assorbente profilo contestato con il primo motivo.
Il Comune di Bagnara Calabra ha ritenuto, invero, di poter disporre l’affidamento diretto della concessione dei servizi portuali ai sensi dell’art. 36, comma 2 lett. a) del D.lgs. n. 50/2016 nel presupposto che il servizio da affidare (fosse) di importo superiore a 5.000,00 euro e inferiore a 40.000,00.
L’importo del servizio risulta quantificato, infatti, in € 37.000,00, corrispondente al canone concessorio da versare per l’intera durata dell’affidamento (12 mesi).
Deve, tuttavia, osservarsi, che il valore della concessione non può essere ancorato ad un parametro – quello del canone di concessione – non rispondente alla previsione normativa recata dall’art. 167 del D.L.vo n. 50/2016, rubricato “metodi di calcolo del valore stimato delle concessioni”, che ha recepito la direttiva 2014/23/UE e il quale stabilisce al comma 1 che “il valore di una concessione, ai fini di cui all’articolo 35, è costituito dal fatturato totale del concessionario generato per tutta la durata del contratto, al netto dell’IVA, stimato dall’amministrazione aggiudicatrice o dall’ente aggiudicatore, quale corrispettivo dei lavori e dei servizi oggetto della concessione, nonché per le forniture accessorie a tali lavori e servizi”, aggiungendo, al comma 2, che “il valore stimato è calcolato al momento dell’invio del bando di concessione o, nei casi in cui non sia previsto un bando, al momento in cui l’amministrazione aggiudicatrice o l’ente aggiudicatore avvia la procedura di aggiudicazione della concessione” e, al comma 4, che “il valore stimato della concessione è calcolato secondo un metodo oggettivo specificato nei documenti della concessione” (Consiglio di Stato, sez III, sentenza n. 2411 del 23 maggio 2017).
La previsione è vincolante e costituisce recepimento, nell’ordinamento italiano, dell’art. 8 della direttiva n. 2014/23/UE, senza alcuna statuizione (ed in questo è una significativa differenza con la direttiva comunitaria) di soglie minime di applicabilità o di una qualche esenzione per le concessioni di minore valore economico. Non sono quindi fondate le argomentazioni delle resistenti tendenti ad escludere l’applicabilità della previsione alle concessioni di minore valore: queste non trovano corrispondenza nel testo normativo che prevede la necessità dell’adempimento con riferimento a tutte le concessioni, indipendentemente dalla natura della prestazione o dal loro valore (cfr. T.A.R. Firenze, sez. II, sentenza n. 239 del 14 febbraio 2017).
L’esatta determinazione del valore dell’affidamento assume, invero, rilievo sotto molteplici aspetti: è essenziale per poter fornire una corretta informazione agli operatori economici potenzialmente interessati a prestare il servizio, serve ad individuare con esattezza la forma di pubblicità idonea, è necessaria per determinare l’entità delle cauzioni e del contributo dovuto all’Autorità (Consiglio di Stato sez. III, sentenza n. 4343 del 18 ottobre 2016).
Serve, inoltre, ad individuare la corretta procedura da espletare.
L’art. 35 del D.lgs. n. 50/2016 (cui l’art. 167 espressamente rinvia laddove stabilisce i criteri per la determinazione del valore della concessione “ai fini di cui all’art. 35”) prevede, infatti, al comma 6, che “la scelta del metodo per il calcolo del valore stimato di un appalto o concessione non può essere fatta con l’intenzione di escluderlo dall’ambito di applicazione delle disposizioni del presente codice relative alle soglie europee”.
L’importanza dell’esatta determinazione del valore dell’affidamento assume, pertanto, una ancor più significativa rilevanza in un caso, come quello in esame, in cui tale valore abbia costituito il presupposto della scelta di disporre un affidamento diretto ai sensi dell’art. 36 comma 2, lett. a) del D.lgs. n. 50/2016.
Deve, infine, osservarsi che, come sembra ovvio, non essendo in alcun modo determinato il valore della concessione (posto che, come si è detto, tale non è l’importo del canone concessorio) non è nemmeno possibile sapere se esso si collochi sotto o sopra la soglia comunitaria.
8. Il ricorso è, pertanto, fondato e deve essere accolto.
Le spese di lite, liquidate nella misura indicata in dispositivo, seguono la soccombenza e sono distratte in favore dell’avvocato Stefano Priolo che ha reso le dichiarazioni di rito.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria Sezione Staccata di Reggio Calabria definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato.
Condanna il Comune di Bagnara Calabra e la Cooperativa M. a r.l. al pagamento, in favore della parte ricorrente, delle spese di lite che liquida, per ciascuna delle parti soccombenti in € 1.000,00 oltre accessori se dovuti, e in solido alla refusione del contributo unificato, ove versato, da distrarsi in favore dell’avvocato Stefano Priolo.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.