CORTE di CASSAZIONE sentenza n. 7919 depositata il 20 aprile 2016
ICI/IMU – FABBRICATI RURALI – AGEVOLAZIONI
SVOLGIMENTO DEL GIUDIZIO
Il Comune di Campegine (RE) propone quattro motivi di ricorso avverso la decisione n. 6/23 del 18 gennaio 2010 con la quale la commissione tributaria regionale di Bologna, sez. staccata di Parma – a conferma della prima decisione – ha ritenuto illegittimo il diniego opposto da esso Comune ricorrente al rimborso richiesto dalla cooperativa agricola Latteria Sociale Nuova Lago Razza per ICI 2002/2005; tributo che e’ stato dal giudice di merito ritenuto indebitamente pagato dalla cooperativa su un fabbricato di sua proprieta’ iscritto in categoria catastale D1, ma di natura rurale in quanto utilizzato per la lavorazione dei prodotti agricoli dei soci conferenti.
Nessuna attivita’ difensiva e’ stata svolta in questa sede dalla cooperativa intimata.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso il Comune deduce, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione o falsa applicazione degli artt.: – D.L. n. 557 del 1993, art. 9 conv. in L. n. 133 del 1994, come modificato dal D.L. n. 159 del 2007, art. 42 bis conv. in L. n. 222 del 2007; – D.L. n. 207 del 2008, art. 23, comma 1 bis, conv. c.m. in L. n. 14 del 2009; – D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2, comma 1, lett. a) e art. 5, comma 2 istitutivo dell’Ici. Si lamenta, in particolare, che la CTR abbia erroneamente affermato, nella specie, l’esenzione dall’Ici sul presupposto della natura rurale del fabbricato della cooperativa, nonostante che tale natura (ove esistente) fosse irrilevante a fronte di una diversa, e non contestata, classificazione catastale (D1, in luogo di A6 o D10); cosi’ come gia’ innumerevoli volte ritenuto dalla S.C. (SSUU n.18565/09 ed altre).
Con il secondo motivo di ricorso si deduce violazione o falsa applicazione delle norme di legge gia’ menzionate in relazione al primo motivo; per avere la CTR ritenuto provata la ruralita’ del fabbricato in oggetto esclusivamente in base alla pretesa attivita’ genericamente agricola esercitata dalla cooperativa, ma senza valutare la sussistenza nella specie dei requisiti di cui al D.L. n. 557 del 1993, art. 9, comma 3 bis conv. in L. n. 133 del 1994, come modificato dal D.L. n. 159 del 2007, art. 42 bis conv. in L. n. 222 del 2007 e, segnatamente, il fatto che: – la cooperativa fosse imprenditore agricolo D.Lgs. n. 228 del 2001, ex art. 1, comma 2; – il fabbricato fosse, in concreto, necessariamente strumentale allo svolgimento dell’attivita’ agricola di cui all’art. 2135 cod. civ. mediante sua destinazione alla manipolazione, trasformazione, conservazione, valorizzazione o commercializzazione dei prodotti agricoli.
Con il terzo motivo di ricorso il Comune deduce violazione o falsa applicazione della normativa di riferimento; in particolare, per avere la CTR omesso di considerare che la nuova formulazione del D.L. n. 557 del 1993, art. 9, comma 3 bis conv. in L. n. 133 del 1994 – come modificato dalla norma (innovativa, non interpretativa) di cui al D.L. n. 159 del 2007, art. 42 bis, comma 1, lett. c) conv. in L. n. 222 del 2007 – relativo ai requisiti per l’attribuzione del carattere di ruralita’ a fini fiscali ai fabbricati strumentali necessari allo svolgimento dell’attivita’ agricola, non poteva in ogni caso valere per i periodi di imposta, quali quelli qui dedotti, anteriori alla sua entrata in vigore (2008).
Con il quarto motivo di ricorso il Comune lamenta infine – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – che gli stessi presupposti di asserita ruralita’ del fabbricato (qualita’ di imprenditore agricolo; destinazione necessaria ed in concreto del fabbricato stesso ad attivita’ strumentale allo svolgimento di attivita’ agricola ex art. 2135 cod. civ.) siano stati apoditticamente ritenuti sussistenti, nella specie, dalla CTR, senza che quest’ultima motivasse alcunche’ sulle fonti probatorie del proprio convincimento.
2. E’ fondato, con effetto assorbente delle altre doglianze, il primo motivo di ricorso.
La CTR ha ravvisato, nella specie, i presupposti dell’esenzione Ici in ragione del fatto che il fabbricato in oggetto, di proprieta’ della cooperativa agricola, viene impiegato da quest’ultima per l’attivita’ di trasformazione dei prodotti agricoli dei soci conferenti, cosi’ da assumere carattere di ruralita’ indipendentemente dalla classificazione catastale. Secondo il ragionamento seguito dal giudice di merito, dovrebbe desumersi dal D.L. n. 207 del 2008, art. 23, comma 1 bis, conv. c.m. in L. n. 14 del 2009 (interpretato alla luce della sentenza della corte costituzionale 227/09), l’irrilevanza ai fini dell’esenzione Ici della categoria catastale attribuita, senza effetto costitutivo, al fabbricato.
I fabbricati strumentali delle cooperative agricole, in altri termini, dovrebbero essere esclusi dall’imposizione indipendentemente dalla loro classificazione catastale e dalla loro collocazione urbanistica, in quanto assistiti da caratteristiche intrinseche di ruralita’.
Questa ratio decidendi deve ritenersi errata sulla base dell’orientamento di legittimita’ in tema di Ici dei fabbricati rurali, non monolitico ma largamente prevalente, secondo cui:
– per la dimostrazione della ruralita’ dei fabbricati, ai fini del trattamento esonerativo, e’ dirimente l’oggettiva classificazione catastale con attribuzione della relativa categoria (A/6 o D/10); sicche’ l’immobile che sia stato iscritto come “rurale”, in conseguenza della riconosciuta ricorrenza dei requisiti previsti dal D.L. 30 dicembre 1993, n. 557, art. 9 (conv. in L. 26 febbraio 1994, n. 133) non e’ soggetto all’imposta, ai sensi del D.L. 30 dicembre 2008, n. 207, art. 23, comma 1 bis (conv. in L. 27 febbraio 2009, n. 14) e del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 2, comma 1, lett. a);
– per converso, qualora l’immobile sia iscritto in una diversa categoria catastale (di non ruralita’), e’ onere del contribuente, che invochi l’esenzione dall’imposta, impugnare l’atto di classamento per la ritenuta ruralita’ del fabbricato, restandovi altrimenti quest’ultimo assoggettato;
– allo stesso modo, il Comune deve impugnare autonomamente l’attribuzione della categoria catastale A/6 o D/10, al fine di poter legittimamente pretendere l’assoggettamento del fabbricato all’Ici.
Si tratta di orientamento gia’ fissato dalla citata sentenza SSUU n. 18565/09, secondo cui (in motiv.): “in tema di imposta comunale sugli immobili (ICI), l’immobile che sia stato iscritto nel catasto fabbricati come rurale, con l’attribuzione della relativa categoria (A/6 o D/10), in conseguenza della riconosciuta ricorrenza dei requisiti previsti dal D.L. n. 557 del 1993, art. 9, conv. con L. n. 133 del 1994, e successive modificazioni, non e’ soggetto all’imposta ai sensi del combinato disposto del D.L. n. 207 del 2008, art. 23, comma 1 bis, convertito con modificazioni dalla L. n. 14 del 2009, e del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2, comma 1, lett. a). L’attribuzione all’immobile di una diversa categoria catastale deve essere impugnata specificamente dal contribuente che pretenda la non soggezione all’imposta per la ritenuta ruralita’ del fabbricato, restando altrimenti quest’ultimo assoggettato ad ICI: allo stesso modo il Comune dovra’ impugnare l’attribuzione della categoria catastale A/6 o D/10 al fine di potere legittimamente pretendere l’assoggettamento del fabbricato all’imposta”.
A tale orientamento hanno fatto seguito innumerevoli pronunce di legittimita’ (Cass. nn. 7102/10; 8845/10; 20001/11; 19872/12; 5167/14); piu’ recentemente confermate da Cass. n. 16737/15.
Ha in particolare osservato quest’ultima pronuncia – resa in fattispecie di fabbricato utilizzato per la manipolazione e per la trasformazione di prodotti agricoli conferiti dai soci di una societa’ cooperativa – che: “non ha alcuna rilevanza nel caso in esame la questione dello svolgimento o meno, nel fabbricato di cui trattasi, di attivita’ diretta alla manipolazione o alla trasformazione di prodotti agricoli (conferiti dai soci come da chiunque altro). L’esenzione dall’Ici per i fabbricati di tipo rurale segue il criterio della determinazione catastale, nel senso che per la dimostrazione della ruralita’ dei fabbricati, ai fini del trattamento esonerativo, e’ rilevante l’oggettiva classificazione catastale con attribuzione della relativa categoria (A/6 o D/10).
Solo l’immobile che sia stato iscritto come rurale, in conseguenza della riconosciuta ricorrenza dei requisiti previsti dal D.L. 30 dicembre 1993, n. 557, art. 9 del (convertito, con modificazioni, dalla L. 26 febbraio 1994, n. 133), non e’ soggetto all’imposta, ai sensi del D.L. 30 dicembre 2008, n. 207, art. 23, comma 1-bis, (convertito, con modificazioni, dalla L. 27 febbraio 2009, n. 14) e del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 2, comma 1, lett. a). Cosicche’, qualora l’immobile sia iscritto in una diversa categoria catastale, e’ onere del contribuente, che pretenda l’esenzione dall’imposta, impugnare l’atto di classamento per la ritenuta ruralita’ del fabbricato, quest’ultimo restandovi, altrimenti, assoggettato”.
Nello stesso senso, da ultimo, Cass. 29.1.2016 n. 1695.
Si e’ detto che l’orientamento di legittimita’ cosi’ delineato non e’ scevro da alcuni precedenti di segno contrario (v. Cass. 16973/15; 10355/15; 14013/12 e talune altre), secondo i quali l’esenzione dall’Ici dovrebbe venire riconosciuta in ragione del solo carattere di ruralita’ concretamente rivestito dall’immobile (nel senso, ricordato, di strumentalita’ all’esercizio dell’attivita’ agricola), a prescindere dal suo classamento catastale.
Si tratta pero’ di voci, largamente minoritarie, che si ritiene in questa sede di dover disattendere; segnatamente perche’ non basate su una revisione critica del problema tale da poter superare quanto gia’ affermato dalle SSUU del 2009, cit…
Va infatti osservato come queste ultime si siano fatte carico anche dei profili di jus superveniens riconducibili all’emanazione di due norme rilevanti (entrambe di efficacia retroattiva): – il D.L. n. 557 del 1993, art. 9, comma 3 bis conv. in L. n. 222 del 2007, come introdotto dal D.L. n. 159 del 2007 conv. in L. n. 222 del 2007, secondo cui: “ai fini fiscali deve riconoscersi carattere di ruralita’ alle costruzioni strumentali necessarie allo svolgimento dell’attivita’ agricola di cui all’art. 2135 c.c. e in particolare destinate: (…) i) alla manipolazione, trasformazione, conservazione, valorizzazione o commercializzazione dei prodotti agricoli, anche se effettuate da cooperative e loro consorzi di cui al D.Lgs. 18 maggio 2001, n. 228, art. 1, comma 2; (…)”; – il D.L. n. 207 del 2008, art. 23, comma 1 bis conv. in L. n. 14 del 2009, secondo cui: “Ai sensi e per gli effetti della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 1, comma 2, il D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 2, comma 1, lett. a), deve intendersi nel senso che non si considerano fabbricati le unita’ immobiliari, anche iscritte o iscrivibili nel catasto fabbricati, per le quali ricorrono i requisiti di ruralita’ di cui al D.L. 30 dicembre 1993, n. 557, art. 9 convertito, con modificazioni, dalla L. 26 febbraio 1994, n. 133, e successive modificazioni”.
Nel prendere in esame, in particolare, quest’ultima disposizione (successiva e presupponente quella introdotta dall’art. 42 bis cit.), le SSUU hanno tratto argomento per affermare come la disciplina sopravvenuta, lungi da smentire la necessaria rilevanza, ai fini Ici, della classificazione catastale, l’abbia ulteriormente confortata e resa imprescindibile; al punto che l’obiettivo di sottrarre il fabbricato strumentale all’imposizione di un tributo che trova il suo presupposto proprio nella natura di fabbricato accatastato o accatastabile del cespite (D.Lgs. n. 504 del 1992, artt. 1 e 2) e’ stato perseguito dal legislatore (D.L. n. 207 del 2008, ex art. 23 cit.) mediante, non gia’ l’esenzione dalla classificazione in categoria catastale di ruralita’, bensi’ – e piu’ in radice attraverso l’espunzione di tali unita’ immobiliari, cosi’ accatastate, dalla nozione legislativa medesima di fabbricato.
Hanno in proposito osservato le SSUU – riaffermando la “decisivita’ della classificazione catastale come elemento determinante per escludere, o affermare, l’assoggettabilita’ ad Ici di un fabbricato” – che la norma da ultimo citata, di natura interpretativa, “sostanzialmente conferma che la ruralita’ del fabbricato direttamente ed immediatamente rileva ai fini della relativa classificazione catastale, ma ricollega a questa conseguita classificazione l’esclusione del fabbricato (catastalmente riconosciuto come) rurale dalla stessa nozione di fabbricato imponibile ai fini Ici”.
Affermazione, quest’ultima, certamente valida anche nell’interpretazione del D.L. n. 557 del 1993, comma 9, comma 3 bis cit..
Con la conseguenza che non e’ dato al giudice tributario investito di richiesta di rimborso (salvo il caso, qui non ricorrente, di fabbricato non iscritto in catasto) di accertare in concreto, incidentalmente, il carattere rurale del fabbricato di cui si sostenga l’esenzione da Ici.
Nemmeno, i su richiamati precedenti giurisprudenziali di segno contrario possono trovare condivisione alla luce dell’ulteriore jus superveniens costituito: – dal D.L. 13 maggio 2011, n. 70 convertito dalla L. 12 luglio 2011, n. 106 che, all’art. 7, comma 2 bis, ha previsto che, ai fini del riconoscimento della ruralita’ degli immobili, i contribuenti avessero la facolta’ (esercitabile entro il 30 settembre 2011) di presentare all’allora Agenzia del Territorio una domanda di variazione della categoria catastale per l’attribuzione delle categoria A/6 e D/10, a seconda della destinazione, abitativa o strumentale dell’immobile, sulla base di un’autocertificazione attestante che l’immobile possedeva i requisiti di ruralita’ di cui al D.L. n. 557 del 1993, art. 9 convertito in L. n. 133 del 1994, e modificato dal D.L. 1 ottobre 2007, n. 159, art. 42 bis del convertito con modificazioni in L. 29 novembre 2007, n. 159, “in via continuativa a decorrere dal quinto anno antecedente a quello di presentazione della domanda”; – dal D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, in L. 22 dicembre 2011, n. 214 che ha quindi previsto, all’art. 13, comma 14 bis, che le domande di variazione di cui al predetto D.L. n. 70 del 2011, producessero “gli effetti previsti in relazione al riconoscimento del requisito della ruralita’ fermo restando il classamento originario degli immobili ad uso abitativo”; – dal decreto del ministero dell’economia e delle finanze del 26 luglio 2012, che ha stabilito, all’art. 1, che ” Ai fabbricati rurali destinati ad abitazione ed ai fabbricati strumentali all’esercizio dell’attivita’ agricola e’ attribuito il classamento, in base alle regole ordinarie, in una delle categorie catastali previste nel quadro generale di qualificazione. Ai fini dell’iscrizione negli atti del catasto della sussistenza del requisito di ruralita’ in capo ai fabbricati rurali di cui al comma 1, diversi da quelli censibili nella categoria D/10 (Fabbricati per funzioni produttive connesse alle attivita’ agricole), e’ apposta una specifica annotazione. Per il riconoscimento del requisito di ruralita, si applicano le disposizioni richiamate al D.L. 30 dicembre 1993, n. 557, art. 9 bis convertito, con modificazioni, dalla L. 26 febbraio 1994, n. 133, art. 2 Presentazione delle domande per il riconoscimento del requisito di rurali “; – dal D.L. 31 agosto 2013, n. 102, convertito, con modificazioni, in L. 28 ottobre 2013, n. 124, art. 2, comma 5 ter, che ha stabilito che “ai sensi della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 1, comma 2, il D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, art. 3, comma 14 bis, convertito, con modificazioni, dalla L. 22 dicembre 2011, n. 214, deve intendersi nel senso che le domande di variazione catastale presentate ai sensi del D.L. 13 maggio 2011, n. 70, art. 7, comma 2 bis, convertito, con modificazioni, dalla L. 13 maggio 2011, n. 106, e l’inserimento dell’annotazione degli atti catastali, producono gli effetti previsti per il requisito di ruralita’ di cui al D.L. 30 dicembre, n. 557, art. 9 convertito, con modificazioni, dalla L. 26 febbraio 1994, n. 133, e successive modificazioni, a decorrere dal quinto anno antecedente a quello di presentazione della domanda”.
Si tratta infatti di disposizioni che rafforzano l’orientamento esegetico gia’ adottato dalle SSUU nel 2009, in quanto disciplinano le modalita’ (di variazione-annotazione) attraverso le quali e’ possibile pervenire alla classificazione della ruralita’ dei fabbricati, anche retroattivamente, onde beneficiare dell’esenzione Ici; sulla base di una procedura ad hoc che non avrebbe avuto ragion d’essere qualora la natura esonerativa della ruralita’ fosse dipesa dal solo fatto di essere gli immobili concretamente strumentali all’attivita’ agricola, a prescindere dalla loro classificazione catastale conforme.
Orbene, nel caso di specie e’ pacifico che il fabbricato in questione sia stato iscritto nella categoria catastale D1 (opifici), non gia’ A6 (abitazioni di tipo rurale) ovvero D10 (fabbricati per funzioni produttive connesse alle attivita’ agricole); ne’ risulta che la cooperativa abbia successivamente ottenuto l’inserimento del fabbricato in una diversa categoria (propria di ruralita’) mediante impugnativa del classamento catastale cosi’ attribuitogli, ovvero ricorso alla speciale procedura, teste’ ricordata, ex D.L. n. 70 del 2011 conv. in L. n. 106 del 2011 (la cui retroattivita’ quinquennale non sarebbe comunque giunta fino ad interferire con i periodi di imposta qui dedotti).
Ne segue, in definitiva, l’accoglimento del ricorso, con conseguente cassazione della sentenza impugnata e – non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto decisione nel merito ex art. 384 c.p.c., comma 2, mediante rigetto dell’impugnativa proposta dalla cooperativa avverso il diniego di rimborso Ici opposto dal Comune.
Sussistono i presupposti per la compensazione delle spese di lite dell’intero giudizio, stante la delicatezza della questione giuridica e la presenza di precedenti discordi.
P.Q.M.
LA CORTE
accoglie il ricorso;
cassa la sentenza impugnata e, decidendo del merito, rigetta il ricorso introduttivo della societa’ cooperativa;
compensa le spese dell’intero giudizio.
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