La vicenda ha riguardato un contribuente a cui a seguito della presentazione di una denuncia di successione, riguardante 10 appartamenti ed un fabbricato rurale, veniva notificato un avviso di rettifica. Il contribuente avverso l’atto impositivo propose ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale. I giudici di prime cure accolsero le doglianze del ricorrente. L’Agenzia delle Entrate impugnava la decisione della CTP con ricorso innanzi alla Commissione Tributaria Regionale che riformava parzialmente la decisione impugnata. I giudici di appello hanno ritenuto illegittimo il provvedimento dell’Amministrazione finanziaria per la mancata allegazione degli atti di comparazione previsti dall’articolo 34, comma 3, del D. Lgs. n. 346/90, avendo l’Ufficio indicato solamente gli estremi catastali, la data e il numero.
Avverso la decisione della CTR l’Agenzia delle Entrate proponeva ricorso in cassazione fondato su due motivi.
Gli Ermellini accolgono le doglianze del Fisco. I giudici di legittimità precisano che l’art. 34 del D.Lgs. n. 346/90 prevede, al comma 2-bis, l’onere di allegazione di documenti non conosciuti né ricevuti dal contribuente cui la motivazione fa riferimento; lo stesso onere non è previsto dal comma 3, in base al quale l’Ufficio può determinare il valore dei beni con riferimento ad atti riguardanti cespiti aventi analoghe caratteristiche: il Supremo Collegio, quindi, afferma: “Il criterio di interpretazione sistematica della norma induce, dunque, a ritenere che l’onere della allegazione riguardi solo gli atti che costituiscono il presupposto dell’atto impositivo e che hanno riguardo al contribuente stesso e non invece gli atti riguardanti contribuenti diversi che vengono menzionati al solo fine della comparazione dei valori.”
Per i giudici del palazzaccio l’avviso di rettifica del valore degli immobili può dirsi completo (e quindi legittimo) nel momento in cui contiene l’indicazione degli atti specifici utilizzati e gli estremi della registrazione, per consentire al contribuente che ne ha interesse di richiedere tali atti e di contestarli nel merito nella maniera più opportuna e producente. Trattandosi di atti pubblici il privato ne può conseguire la disponibilità in ogni momento (Cass. n. 28772 del 23/12/2005 e Cass. n. 16076 del 22/12/2000).
Infine, per la Corte Suprema, l’art. 7 della L. n. 212 del 2000 va interpretata nel senso che “Se nella motivazione si fa riferimento ad un altro atto, questo deve essere allegato all’atto che lo richiama.” – la Suprema Corte osserva che la norma richiede all’Amministrazione finanziaria di porre il contribuente nelle condizioni di conoscere la pretesa tributaria nei suoi elementi essenziali, così da approntare la difesa senza un inesigibile aggravio; perciò l’art. 7 cit. deve essere interpretato nel senso che “l’obbligo di motivazione degli atti tributari può essere adempiuto anche per relationem, ovverosia mediante il riferimento ad elementi di fatto risultanti da altri atti o documenti, a condizione che questi ultimi siano allegati all’atto notificato ovvero che lo stesso ne riproduca il contenuto essenziale, per tale dovendosi intendere l’insieme di quelle parti (oggetto, contenuto e destinatari) dell’atto o del documento che risultino necessarie e sufficienti per sostenere il contenuto del provvedimento adottato, e la cui indicazione consente al contribuente – ed al giudice in sede di eventuale sindacato giurisdizionale – di individuare i luoghi specifici dell’atto richiamato nei quali risiedono quelle parti del discorso che formano gli elementi della motivazione del provvedimento” (cfr. Cass. 11560 del 2016; Cass. n. 6914 del 2011).
Ebbene, nel caso di specie la sentenza impugnata si è posta in contrasto con questi principi giacché nell’avviso di accertamento è stato riprodotto il contenuto essenziale degli atti addotti in comparazione.
Con riguardo all’immobile similare, l’Ufficio ha indicato Comune, via, area urbanistica in cui è ricompreso, estremi catastali, valore per mq. ed estremi della dichiarazione di successione in cui è compreso; “Dunque – affermano gli Ermellini – il contribuente, quand’anche avesse avuto piena conoscenza degli atti di comparazione, non sarebbe venuto in possesso di elementi ulteriori rispetto a quelli indicati nell’avviso di accertamento.”
La CTR della Toscana, in diversa composizione, dovrà riesaminare il caso.
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