La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 28068 depositata il 16 dicembre 2013 intervenendo in tema di verifiche fiscali ha statuito che l’autorizzazione della competente Procura della Repubblica per l’accesso ai locali del contribuente adibiti promiscuamente ad attività commerciale o professionale e ad abitazione non deve essere motivata con l’individuazione e l’enunciazione di gravi indizi che inducono a ritenere violate le norme tributarie.
La vicenda ha riguardato un contribuente esercente l’attività di officina meccanica per la riparazione di veicoli con l’ausilio di un dipendente, a cui veniva notificato un avviso di accertamento per maggior imposte ai fini IRPEF, IRAP e IVA. Avverso tale atto impositivo il contribuente proponeva ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale che accoglieva le doglianze del ricorrente. L’Agenzia delle Entrate impugnava la decisione del giudice di prime cure inanzi alla Commissione Tributaria Regionale che confermava la sentenza di primo grado. I giudici di appello, in particolare, hanno puntualizzato che tutti gli elementi acquisiti dalla Guardia di Finanza nel corso della verifica svolta con accesso ai locali di lavoro del contribuente erano inutilizzabili, essendo mancata l’autorizzazione del procuratore della Repubblica.
L’Amministrazione finanziaria per la cassazione della sentenza dei giudici di seconde cure proponevano ricorso, basato su un unico motivo di censura, alla Corte Suprema.
Gli Ermellini hanno accolto il ricorso, ritenendo la sentenza impugnata priva di motivazioni, del Fisco cassando la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della CTR. Infatti i giudici di legittimità hanno precisato che i giudici di merito avrebbero dovuto stabilire se, nonostante l’unicità del fabbricato, l’unità adibita alla riparazione dei veicoli fosse anche collegata all’abitazione, oppure ne fosse separata: solo così si sarebbe potuta appurare la reale necessità dei militari di compiere l’accesso dietro provvedimento autorizzatorio della Procura.
I giudici del Palazzaccio riaffermano il principio secondo cui in tema di accertamento dell’IVA, l’autorizzazione del procuratore della Repubblica, prescritta dall’articolo 52, primo e secondo comma, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 ai fini dell’accesso degli impiegati dell’Amministrazione Finanziaria (o della Guardia di Finanza, nell’esercizio dei compiti di collaborazione con gli uffici finanziari a essa demandati) a locali adibiti anche ad abitazione del contribuente o a locali diversi (cioè adibiti esclusivamente ad abitazione), è subordinata alla presenza di gravi indizi di violazioni soltanto in quest’ultimo caso, e non anche quando si tratti di locali a uso promiscuo. Tale destinazione sussiste non soltanto nell’ipotesi in cui i medesimi ambienti siano contestualmente utilizzati per la vita familiare e per l’attività professionale, ma ogni qual volta l’agevole possibilità di comunicazione interna consenta il trasferimento dei documenti propri dell’attività commerciale nei locali abitativi. (v. Cass. 20551 del 2013, n. 2444 del 2007 e n. 10664 del 1998).
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