Corte di Cassazione sentenza n. 5852 del 8 marzo 2013
ACCERTAMENTO – METODO INDUTTIVO – SCOSTAMENTO DEL REDDITO DAI PARAMETRI – APPLICABILITA’ DEGLI STUDI DI SETTORE – SUSSISTENZA
massima
__________
Gli studi di settore sono applicabili per il solo scostamento del reddito dai parametri se il contribuente ha dichiarato, nell’anno preso in considerazione, un reddito molto inferiore rispetto a quello degli anni precedenti.
__________
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
L’Agenzia dell’Entrate-Ufficio di Bologna, con avviso di accertamento, notificato il 19.12.2001, provvedeva a rettificare la dichiarazione dei redditi presentata da L. S. per l’anno di imposta 1996. In particolare, la rettifica riguardava la voce relativa al reddito di lavoro autonomo dichiarato dal contribuente che veniva rideterminato a seguito della rilevata non congruità dei ricavi riportati in dichiarazione rispetto a quelli risultanti dall’applicazione dei parametri previsti dall’art. 3, comma 181, della legge n. 549/95.
Il contribuente e S. A., coniuge responsabile in solido ex art. 17 della legge 13.4.1977 n. 114, impugnavano il suddetto avviso di accertamento con ricorso che veniva accolto dalla Commissione di prima istanza la quale riteneva l’accertamento illegittimo ed infondato quanto ai presupposti di fatto. Proposto appello dall’Agenzia delle Entrate la Commissione Tributaria Regionale con sentenza n. 146718/05, depositata il 17.1.2006, in riforma della sentenza impugnata, ritenuto legittimo l’accertamento determinava i maggiori ricavi nella misura, già accettata dallo stesso Ufficio in contraddittorio con il contribuente di lire 29.812.000.
Avverso la sentenza propongono ricorso per cassazione, fondato su quattro motivi, S. L. e S. A., illustrato da successiva memoria deposita ex 378 c.p.c.
L’Agenzia delle Entrate depositava atto di costituzione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo i ricorrenti deducono violazione e falsa applicazione, ex art. 360 n. 3 c.p.c., dell’art. 17 comma 4 della legge n. 400/1998 relativamente alla ritenuta applicabilità dei parametri previsti dal D.P.M.C. del 29.1.1996 nonché, ai sensi dell’art. 360 n. 5 c.p.c., omessa motivazione su un punto decisivo della controversia.
Secondo la prospettazione difensiva la Commissione Tributaria Regionale, nel ritenere la legittimità dei parametri previsti dall’indicato D.P.M.C, avrebbe fatto riferimento unicamente ad una pronuncia di questa Corte, pronunciata in diversa materia (legittimità di accertamento induttivo basato su percentuali di ricarico), omettendo sostanzialmente di pronunciare sulla questione dedotta della illegittimità dei DPMC in quanto adottati nella carenza del parere del Consiglio di Stato come previsto dall’art. 17 della legge n. 400 del 1998.
1.1 II motivo attinente al vizio motivazionale è infondato.
Il rinvio operato dalla Commissione Tributaria Regionale ad una pronuncia di questa Corte riguarda ovviamente la motivazione in diritto di detta sentenza e, quindi, esula dalle ipotesi contemplate dal vizio
dedotto concernenti solo il rinvio per relationem a motivazione “in fatto” di altra decisione.
1.2 Egualmente infondato il dedotto vizio per violazione di legge.
Al decreto del Presidente dei Consiglio dei Ministri, di cui si tratta, non è attribuibile natura normativa, ma solo quella di atto amministrativo per indicare la determinazione dei presupposti sulla base dei quali procedere all’accertamento dei ricavi e, quindi, dell’imposizione per i soggetti passivi delle varie imposte.
La fonte normativa istitutiva dell’accertamento eseguito sulla base di parametri va rinvenuta nella legge n. 549 del 1995, art. 3, commi da 181 a 189, e tale normativa, oltre a prevedere l’applicazione dei parametri per la definizione delle imposte D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 39, comma 1, lett. D), e la competenza del Dipartimento delle Entrate presso il Ministero delle finanze ad elaborarli, al comma 186 prevede la procedura per l’approvazione degli stessi:”I parametri di cui al comma 184, sono approvati con decreti del presidente del Consiglio dei Ministri su proposta del Ministro delle Finanze da pubblicare nella Gazzetta ufficiale entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge. Il Ministero delle finanze provvede alla distribuzione gratuita anche tramite le associazioni di categoria e degli ordini professionali, dei supporti meccanografici contenenti i programmi necessari per il calcolo dei ricavi o dei compensi sulla base dei parametri”. Conseguentemente, essendo stata prevista per l’emissione dei decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri in questione, per espressa disposizione di legge, una procedura speciale e derogatoria rispetto a quella statuita dalla legge n.400 del 1988 art. 17 non è invocabile, nella specie, tale ultima norma (cfr. Cass. Sez. V n. 27656 del 2008; id n. 16055 del 2010).
2. Con il secondo motivo, si deduce ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione dell’art. 53 Cost. e dell’art. 2729 c.c. nonché, ai sensi dell’art. 360 n. 5 c.p.c., contraddittoria ed omessa motivazione su punti decisivi della controversia con riferimento all’applicazione delle metodologie parametriche di accertamento da parte dell’Agenzia delle Entrate e di rettifica del reddito del contribuente in assenza di indagini preliminari da parte dell’ufficio ovvero di emersione di differenze sostanziali tra i dati raccolti a seguito di tali indagini ed i dati dichiarati dal contribuente ed, in assenza, quindi, di altri elementi che possano generare presunzioni aventi il carattere della gravità, precisione e concordanza.
In particolare i ricorrenti sostengono che lo scostamento parametrico dei ricavi non può assurgere a dignità di prova poiché privo dei requisiti di gravità, precisione e concordanza richiesti ai fini dell’applicazione dell’art. 39 del D.P.R. n. 600/73 ed, in particolare, che ai fini dell’applicazione delle metodologie settoriali e parametriche di accertamento è imprescindibile che l’Ufficio svolga preliminarmente quelle indagini a cui è facultato dagli artt. 32 del D.P.R. n. 600/73 e 51 del D.P.R. n. 633/72 dalle quali devono emergere differenze sostanziali tra i dati raccolti e quelli contabilizzati e dichiarati dal contribuente. In altri termini, sempre secondo la prospettazione difensiva, i parametri non possono costituire essi stessi elementi sufficienti a motivare l’accertamento ma sono semplici indizi che, unitamente e a completamento di altri elementi acquisiti dall’ufficio, possono tutti insieme generare presunzioni semplici aventi i caratteri della gravità precisione e concordanza.
L’accertamento impugnato, aggiungono i contribuenti, era invece fondato esclusivamente sulle acritiche risultanze di mere elaborazioni statistico-matematiche che prescindevano dalla effettiva capacità contributiva del soggetto accertato e non potevano costituire di per sé sole presunzioni gravi, precise e concordanti in violazione dell’art. 53.
2.1. Il motivo è infondato.
Questa Corte, con pronuncia a Sezione Unite (n. 26635 del 18/12/2009) ha statuito che “la procedura di accertamento tributario standardizzato mediante l’applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è “ex lege” determinata dallo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli “standards” in sé considerati – meri strumenti di ricostruzione per elaborazione statistica della normale redditività – ma nasce solo in esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente, pena la nullità dell’accertamento, con il contribuente. In tale sede, quest’ultimo ha l’onere di provare, senza limitazione alcuna di mezzi e di contenuto, la sussistenza di condizioni che giustificano l’esclusione dell’impresa dall’area dei soggetti cui possono essere applicati gli “standards” o la specifica realtà dell’attività economica nel periodo di tempo in esame, mentre la motivazione dell’atto di accertamento non può esaurirsi nel rilievo dello scostamento, ma deve essere integrata con la dimostrazione dell’applicabilità in concreto dello “standard” prescelto e con le ragioni per le quali sono state disattese le contestazioni sollevate dal contribuente. L’esito del contraddittorio, tuttavia, non condiziona l’impugnabilità dell’accertamento, potendo il giudice tributario liberamente valutare tanto l’applicabilità degli “standards” al caso concreto, da dimostrarsi dall’ente impositore, quanto la controprova offerta dal contribuente che, al riguardo, non è vincolato alle eccezioni sollevate nella fase del procedimento amministrativo e dispone della più ampia facoltà, incluso il ricorso a presunzioni semplici, anche se non abbia risposto all’invito al contraddittorio in sede amministrativa, restando inerte. In tal caso, però, egli assume le conseguenze di questo suo comportamento, in quanto l’Ufficio può motivare l’accertamento sulla sola base dell’applicazione degli “standards”, dando conto dell’impossibilità di costituire il contraddittorio con il contribuente, nonostante il rituale invito, ed il giudice può valutare, nel quadro probatorio, la mancata risposta all’invito. In particolare, poi, le Sezioni Unite hanno puntualizzato che quel che dà sostanza all’accertamento mediante l’applicazione dei parametri è il contraddittorio con il contribuente dal quale possono emergere elementi idonei a commisurare alla concreta realtà economica dell’impresa la “presunzione” indotta dal rilevato scostamento del reddito dichiarato dai parametri.
2.2. Nel caso a mano, la Commissione Tributaria Regionale ha pronunciato facendo corretta applicazione dei principi, sopra illustrati, laddove da un canto ha rilevato che l’accertamento trovava la sua fonte non nella mera applicazione dei parametri e nello scostamento da questi dei redditi dichiarati ma dallo stesso confronto dei dati contabili presentati dal contribuente il quale solo per l’anno in esame (1996) aveva dichiarato compensi incassati in misura (inferiore) totalmente diversa da quella (superiore) dichiarata negli anni precedenti e successivi; dall’altro ha rilevato come il contraddittorio fosse stato regolarmente instaurato e si fosse, peraltro, concluso in senso parzialmente favorevole al contribuente (avendo l’Ufficio proposto, sulla base dei documenti apprestati dallo stesso contribuente, una nuova determinazione dei compensi detraendo l’importo delle fatture emesse nel 1997 relative ad attività prestata nel 1996 e riducendoli del 20% a fronte della ridotta attività lavorativa).
3. Con il terzo motivo si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., relativamente alla pronuncia fondata dalla Commissione su norma di legge e principi non richiamati dall’Agenzia delle Entrate in atto di appello. I ricorrenti lamentano che la C.T.R., nel decidere la controversia abbia fatto riferimento all’art. 39 del D.P.R. n. 600/73 norma che non era stata richiamata dall’Ufficio il quale, nell’atto di appello avrebbe espressamente precisato che “nel caso de quo la rettifica del reddito avviene ai sensi dell’art. 38 c. 3 D.P.R. n. 600/73”.
3.1. Il motivo non merita accoglimento.
Dalla lettura della sentenza appellata (ed in particolare dallo svolgimento del processo) emerge che, con il primo motivo di appello, l’Ufficio aveva invocato, contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti, proprio l’art. 39 D.P.R. n. 600/1973, mentre dalla motivazione non si coglie neppure l’esistenza della denunciata ultrapetizione laddove, peraltro, i ricorrenti non hanno neppure riportato il relativo passo motivazionale”?. Ma, soprattutto, va rilevato che, in nessun caso, l’applicazione di diversa norma di legge rispetto a quella invocata a sostegno dell’impugnazione (così come genericamente dedotto in motivo) integra la violazione dell’art. 112 c.p.c., afferente alla diversa ipotesi di mancata, ovvero non corrispondente, statuizione in ordine alle domande od eccezione proposte.
4. Con il quarto motivo, i ricorrenti -deducendo omessa motivazione, ai sensi dell’art. 360 n. 5 c.p.c. su un punto decisivo della controversia – impugnano la sentenza della Commissione Tributaria emiliana, nella parte in cui ha ritenuto equo determinare il maggior reddito del contribuente nella misura in un primo tempo accettata dall’ufficio in sede di contraddittorio svoltosi preliminarmente all’accertamento. Secondo la prospettazione difensiva la C.T.R., nel determinare i maggiori ricavi, sarebbe incorsa in omessa motivazione, non dando conto delle ragioni per cui riteneva equo determinare il maggior reddito nella misura proposta dall’Ufficio e non accettata da esso contribuente.
4.2. Il motivo è infondato.
Il riferimento specifico operato, nella sentenza impugnata, alla proposta formulata dall’Ufficio ed alla documentazione presentata dal contribuente in sede di contraddittorio, integra esplicitazione, sufficiente ed idonea, dei motivi che hanno condotto la C.T.R. a determinare i maggiori ricavi.
5. In conclusione il ricorso va rigettato ed, in ossequio al principio della soccombenza, i ricorrenti condannati alla refusione in favore dell’Agenzia delle Entrate dei compensi di lite come liquidati in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna i ricorrenti alla refusione in favore dell’Agenzia delle Entrate dei compensi di lite che liquida in euro 1.700, oltre spese prenotate a debito.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- Corte di Cassazione ordinanza n. 13716 depositata il 2 maggio 2022 - I parametri o studi di settore previsti dall'art. 3, commi 181 e 187, della l. n. 549 del 1995, rappresentando la risultante dell'estrapolazione statistica di una pluralità di…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 10 marzo 2022, n. 7805 - L'accertamento tributario può ritenersi basato sugli studi di settore soltanto quando trovi in questi fondamento prevalente, situazione questa, non ricorrente quando all'esito dell'accertamento…
- CORTE di CASSAZIONE - Ordinanza n. 19748 depositata l' 11 luglio 2023 - La procedura di accertamento tributario standardizzato mediante l'applicazione dei parametri o degli studi di settore, introdotto con il D.L. n. 331 del 1993, art. 62 sexies,…
- Corte di Cassazione ordinanza n. 22689 depositata il 20 luglio 2022 - In tema di accertamento tributario mediante studi di settore, ai fini del riparto degli oneri probatori, grava sul contribuente l'onere di allegare, ed anche di provare - ancorché…
- Corte di Cassazione ordinanza n. 24881 depositata il 18 agosto 2022 - Avverso il criterio di determinazione della percentuale di ricarico, applicato dall’Ufficio attraverso l’accertamento induttivo, in presenza di adeguamento dei ricavi allo studio di…
- CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 10 dicembre 2019, n. 32209 - Negli accertamento tributario standardizzato mediante l'applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici. attivare obbligatoriamente, pena la…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- Gli amministratori deleganti sono responsabili, ne
La Corte di Cassazione, sezione I, con l’ordinanza n 10739 depositata il…
- La prescrizione quinquennale, di cui all’art. 2949
La Corte di Cassazione, sezione I, con l’ordinanza n. 8553 depositata il 2…
- La presunzione legale relativa, di cui all’a
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 10075 depos…
- Determinazione del compenso del legale nelle ipote
La Corte di Cassazione, sezione III, con l’ordinanza n.10367 del 17 aprile…
- L’agevolazione del c.d. Ecobonus del d.l. n.
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, sentenza n. 7657 depositata il 21 ma…