CORTE di CASSAZIONE sentenza n. 26097 del 30 dicembre 2015
ritenuto in fatto
1.- Con sentenza n. 91/11/2008, depositata il 24 ottobre 2008 e non notificata, la Commissione tributaria regionale della Lombardia (hinc: «CTR») accoglieva l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate, ufficio di Pavia, nei confronti di F. L. , avverso la sentenza n. 149/05/2006 della Commissione tributaria provinciale di Pavia (hinc: «CTP»), condannando laresistente al pagamento delle spese di lite.
2.- Il giudice di appello premetteva, in punto di fatto, che: a) nel corso del giudizio dinanzi alla CTP – riguardante la legittimità dell’avviso di accertamento ai fini IVA, IRPEF ed IRAP per il 1998 dell’importo di € 92.512,00, notificato alla resistente – era stata sottoscritta una conciliazione giudiziale e la Commissione tributaria aveva dichiarato cessata la materia del contendere; b) la conciliazione, però, non si era mai perfezionata, perché la contribuente non aveva versato quanto dovuto in base all’atto di conciliazione e, in particolare, non aveva provveduto a pagare neppure la prima rata dell’importo; c) l’Agenzia delle entrate aveva proposto appello avverso la sentenza della CTP di cessazione della materia del contendere, deducendo nel merito la legittimità dell’impugnato avviso di accertamento, in quanto fondato su una ricostruzione induttiva dei redditi.
3.— In punto di diritto, la CTR, nell’accogliere l’appello dell’Agenzia delle entrate, affermava che: a) il mancato pagamento dell’importo dovuto o della prima rata, in base all’art. 48 del d.lgs. n. 546 del 1992, aveva impedito il perfezionamento della conciliazione; b) la contribuente non aveva risposto al questionario inviatole dall’amministrazione finanziaria, legittimando il ricorso alla determinazione induttiva dei redditi, rispetto alla quale non era stata prodotta alcuna prova contraria.
4.— Avverso la sentenza di appello, la contribuente F. L. ha proposto ricorso per cassazione, notificato il 4 dicembre 20019 ed affidato a due motivi.
5.— L’Agenzia delle entrate ha resistito con controricorso, notificato il 17 febbraio 2010.
Considerato in diritto
1.— Con il primo motivo di ricorso, in relazione all’art. 360, comma primo, n. 5), cod. proc. civ., la ricorrente F. L. denuncia l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza di appello, laddove ha riformato la decisione della CTP di dichiarare estinto il giudizio per intervenuta conciliazione.
2.— Con il secondo motivo, in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3), cod. proc. civ., la ricorrente denuncia la violazione degli artt. 48 del d.lgs. n. 546 del 2002 e 14 del d.P.R. n. 602 del 1973, che disciplinano l’istituto della conciliazione in diritto tributario.
3.— In via preliminare, va rilevata l’inammissibilità di entrambi motivi di ricorso, per la violazione dell’art. 366-bis cod. proc. civ.
3.1.— Occorre premettere che la sentenza impugnata, in quanto pubblicata in data 24 ottobre 2008 e, dunque, successivamente al 1° marzo 2006, rientra, ratione temporis, nella disciplina di cui alla legge 18 giugno 2009, n. 69, art. 58, comma quinto, e quindi nel regime dell’art. 36-bis cod. proc. civ., nella formulazione rimasta in vigore fino al 3 luglio 2009.
3.2.— Tale disposizione, nella consolidata lettura datane dalla giurisprudenza di legittimità, richiede che le censure circa i vizi riconducibili ai numeri 3) e 4) dell’art. 360, comma primo, cod. proc. civ. siano corredate da un “quesito di diritto” contenente, a pena di inammissibilità: a) la sintesi degli elementi di fatto sottoposti al giudice di merito; b) l’indicazione della regola di diritto da questi applicata; c) la diversa regola di diritto ritenuta da applicare. Il tutto in modo tale che il giudice di legittimità, nel rispondere al quesito, possa formulare una regula iuris suscettibile di applicazione anche in diversi casi (Cass. sez. un. n. 2658 e n. 28536 del 2008, n. 18759 del 2009; Cass. n. 22704 del 2010, n. 21164 del 2013, n. 11177 e n. 17958 del 2014).
3.3.— Analogamente, per i motivi di ricorso riconducibili al n. 5) dell’art. 360, comma primo, cod. proc. civ., è richiesta dalla stessa legge sopra citata — sempre a pena di inammissibilità — la formulazione del “quesito di fatto” o “motivazionale” (cosiddetto “momento di sintesi”), consistente in un apposito passaggio espositivo, distinto ed autonomo rispetto allo svolgimento del motivo e che sostanzi un quid pluris rispetto all’illustrazione del mezzo (Cass. sezioni unite n. 12339 del 2010; Cass. n. 4309 e n. 8897 del 2008; n. 21194 e n. 24313 del 2014), finalizzato ad individuare, chiaramente e sinteticamente, il fatto controverso e decisivo per il giudizio in riferimento al quale la motivazione si assume omessa, ovvero insufficiente o contraddittoria, con specifica segnalazione delle ragioni per le quali la motivazione risulta inidonea a giustificare la decisione (ex plurimis, Cass. sezioni unite n. 20603 del 2007 e n. 11652 del 2008; Cass. n. 27680 del 2009).
3.4.— È stato altresì precisato che non è consentito censurare contemporaneamente la mancanza, l’insufficienza e la contraddittorietà della motivazione, poiché ciò integra una violazione della logica, prima ancora che del diritto, non potendosi predicare l’insufficienza o la contraddittorietà di ciò che sia più radicalmente prospettato come inesistente (Cass. n. 5471 del 2008; n. 8203 del 2015).
4.1.— Nel ricorso in esame, i due motivi proposti risultano privi, anche sotto l’aspetto meramente grafico (requisito sottolineato, tra le molte pronunce, da Cass. n. 24313 del 2014), di qualsiasi formulazione del corrispondente quesito, sia esso “di diritto” che “di fatto”. Né può attribuirsi a questa Corte il potere di individuarne autonomamente una possibile stesura all’interno dello svolgimento del motivo (Cass. n. 22591 del 2013), dal momento che ne resterebbe negata — rispetto ad un sistema processuale che già prevedeva la redazione del motivo con l’indicazione della violazione denunciata — la portata innovativa dell’art. 366-bis cod. proc. civ., consistente proprio nell’imposizione della formulazione di motivi contenenti una sintesi autosufficiente della violazione censurata, funzionale anche alla formazione immediata e diretta del principio di diritto e, quindi, al miglior esercizio della funzione nomofilattica della Corte (ex plurimis, Cass. n. 20409 del 2008 e n. 16481 del 2014).
4.2.— Inoltre, il secondo motivo, con cui si è dedotto un vizio di violazione di legge, non contiene un puntuale riferimento alla regola applicata dal giudice d’appello, all’errore di diritto che si assume da questi commesso ed alla corretta regula iuris invocata
4.3.— Analogamente il primo motivo, con cui si è dedotto un vizio motivazionale, oltre a veicolare contemporaneamente censure tra loro incompatibili (segnatamente, l’omissione della motivazione della sentenza di appello unitamente alla sua insufficienza e contraddittorietà), non individua con chiarezza il fatto controverso e decisivo per il giudizio in riferimento al quale la motivazione si assume omessa o insufficiente ovvero contraddittoria.
5.— In conclusione, i motivi di ricorso sono inammissibili.
6.— In ragione del principio di causalità la ricorrente va condannata a rimborsare alla controricorrente Agenzia le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo.
P. Q .M.
Dichiara inammissibili i motivi di ricorso; condanna la ricorrente a rimborsare alla controricorrente Agenzia delle entrate le spese di lite, che si liquidano in complessivi E 4.500,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito Cosí deciso in Roma, nella camera di consiglio della V sezione civile, in data 9 dicembre 2015.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- CORTE di CASSAZIONE – Sentenza n. 2763 depositata il 30 gennaio 2023 - Deve considerarsi nulla la sentenza di appello motivata “per relationem” alla sentenza di primo grado quando la laconicità della motivazione non consenta di appurare che alla…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 08 marzo 2022, n. 7595 - E' denunciabile in cassazione solo l'anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all'esistenza della motivazione in sé, purché…
- CORTE di CASSAZIONE - Sentenza n. 16351 depositata l' 8 giugno 2023 - Il vizio, rilevante ai sensi dell'art. 132, n. 4, cod. proc. civ. (e nel caso di specie dell'art. 36, secondo comma, n. 4, d.lgs. n. 546 del 1992), riconducibile all'ipotesi di…
- CORTE di CASSAZIONE – Sentenza n. 3573 depositata il 6 febbraio 2023 - Il vizio motivazionale, rilevante ai sensi dell’art. 132, n. 4, cod. proc. civ. (nonché dell’art. 36, secondo comma, n. 4, d.lgs. n. 546 del 1992) e tale da integrare un’ipotesi di…
- CORTE di CASSAZIONE - Sentenza n. 17724 depositata il 21 giugno 2023 - La mancanza della motivazione, rilevante ai sensi dell'art. 132, n. 4, c.p.c., si configura quando la motivazione "manchi del tutto - nel senso che alla premessa dell'oggetto del…
- Corte di Cassazione ordinanza n. 21177 depositata il 5 luglio 2022 - Si è in presenza di una motivazione apparente quando la motivazione manchi del tutto - nel senso che alla premessa dell'oggetto del decidere risultante dallo svolgimento del processo…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- Gli amministratori deleganti sono responsabili, ne
La Corte di Cassazione, sezione I, con l’ordinanza n 10739 depositata il…
- La prescrizione quinquennale, di cui all’art. 2949
La Corte di Cassazione, sezione I, con l’ordinanza n. 8553 depositata il 2…
- La presunzione legale relativa, di cui all’a
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 10075 depos…
- Determinazione del compenso del legale nelle ipote
La Corte di Cassazione, sezione III, con l’ordinanza n.10367 del 17 aprile…
- L’agevolazione del c.d. Ecobonus del d.l. n.
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, sentenza n. 7657 depositata il 21 ma…