CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 09 gennaio 2017, n. 231
IRAP – Professionisti – Rimborso
Fatto e diritto
Costituito il contraddittorio camerale sulla relazione prevista dall’art. 380 bis c.p.c., delibera di procedere con motivazione sintetica ed osserva quanto segue.
Il 27 settembre 2012 la Commissione Regionale della Campania — in riforma della decisione di primo grado – rigettava la richiesta di M.P., rappresentante di commercio, volta ad ottenere il rimborso IRAP versata in relazione agli anni 1998/2004, per un totale di € 9.034,79.
Nella decisione impugnata, la CTR ha considerato il rilevante importo di beni strumentali per gli anni 1998 (£ 25.975.000) e 1999 (£ 44.580.000), rimasto invariato negli anni successivi, ritenendo che l’eccedenza del minimo indispensabile per lo svolgimento dell’attività professionale fosse sicuro sintomo di un’organizzazione autonoma, tanto più che l’onere della prova contraria — diversamente dall’opinione dei primi giudici – sarebbe dovuto gravare sul contribuente.
Ha proposto ricorso per cassazione il P., affidandosi a due motivi.
Con la prima censura, il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 2 comma 1°, primo periodo, e 3 comma 1° lett. C del D.Lg. 15/12/1997 n. 446, dell’art. 1 L. n. 204/85 e degli artt. 2195 e 2697 c.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c. Assume che l’orientamento seguito dalla CTR (ed espresso nella sentenza 30 marzo 2007 n. 7899 di questa Corte) sarebbe stato superato da altre e più recenti posizioni della giurisprudenza di legittimità, con riguardo all’attività di lavoro autonomo del rappresentante di commercio. All’uopo, il P. avrebbe dimostrato di svolgere il suo lavoro senza l’ausilio di personale dipendente, con beni strumentali di valore non elevato e qualitativamente di minimo rilievo, senza che controparte fornisse elementi certi a sostegno della propria tesi.
Con la seconda censura, il contribuente denuncia difetto di motivazione, ex art. 360 n. 4 c.p.c., anche con riguardo all’erroneo riferimento ai valori in euro anziché in lire, per gli anni 1998 e 1999.
Ha proposto tempestivo controricorso l’Agenzia intimata, concludendo per il rigetto del ricorso.
Il primo motivo è fondato.
Il consolidato orientamento di questa Corte – successivo alla sentenza S.U. n. 12108 del 26/05/2009 – è nel senso che “In tema di IRAP, a norma del combinato disposto degli artt. 2, comma primo, primo periodo e 3, comma primo, lett. c), del d.lgs. 15 dicembre 1997, n.446, l’esercizio di attività di agente di commercio di cui all’art. 1, legge 9 maggio 1985, n. 204, è escluso dall’applicazione dell’imposta soltanto qualora si tratti di attività non autonomamente organizzata. Il requisito dell’autonoma organizzazione, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se è congruamente motivato, ricorre quando il contribuente: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo “l’id quod plerumque accidit”, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza dell’organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui. Costituisce onere del contribuente, che chieda il rimborso dell’imposta asseritamente non dovuta, dare la prova dell’assenza delle predette condizioni”. (Sez. 5, n. 13095 del 25/07/2012; conf. Sez. 5, n. 2589 del 05/02/2014). Il suddetto indirizzo è stato recentemente ribadito da Sez. U, n. 9451 del 10/05/2016. In altri termini, è comunque richiesto un accertamento, da parte del giudice, circa la sussistenza di beni strumentali eccedenti il minimo indispensabile o dell’utilizzo del lavoro altrui.
Nella specie, la CTR si è limitata alla mera enunciazione dell’esistenza di beni strumentali, senza spiegare quali fossero (anche per poterne cogliere l’eccedenza). L’esistenza di beni in sé non può determinare l’assoggettamento all’IRAP ed, in questo senso, la doglianza deve essere accolta.
La seconda censura va respinta.
All’uopo, basterà rilevare che la CTR ha sufficientemente motivato la sua decisione, attraverso il richiamo all’orientamento della Suprema Corte ed all’entità dei beni strumentali, mentre l’accenno agli euro invece che alle lire e frutto di un evidente lapsus calami e non ha inciso sulla sostanza del convincimento della CTR.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo, rigetta il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR Campania, in diversa composizione, anche per le spese del grado di cassazione.
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