CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 03 marzo 2017, n. 5432
Tributi – Repressione delle violazioni delle leggi finanziarie – Sanzioni – Rappresentante della società – Annullamento della sanzione nei confronti dell’ente – Esclusione – Fondamento
Ritenuto in fatto
1. La CTR del Veneto, con la sentenza in epigrafe, ha respinto l’appello della R.T. Srl, già S. Srl, confermando la decisione della CTP di Vicenza che aveva ritenuto sanata la nullità della notifica della cartella esattoriale, emessa ex art. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973 e 54 bis del d.P.R. n. 633 del 1972, e insussistenti i vizi lamentati sul contenuto dell’atto.
Rigettava altresì i motivi aggiunti, autorizzati ex art. 24 del d.lgs. n. 546 del 1992, con cui, intervenuta sentenza ex art. 444 c.p.p. sul medesimo fatto nei confronti di S.S., la società chiedeva l’annullamento della sanzione ex art. 19 del d.lgs. n. 74 del 2000.
2. Ha proposto ricorso per cassazione la contribuente con cinque motivi. Resistono con controricorso l’Equitalia Nord Spa e l’Agenzia delle entrate.
Ragioni della decisione
3. Con il primo motivo la R.T. Srl denuncia, ai sensi dell’art. 360, 1° co n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 148 c.p.c., richiamato dall’art. 60 del d.P.R. n. 600 del 1973 e dall’art. 26 del d.P.R. n. 602 del 1973, per essere stata redatta la relata di notifica della cartella di pagamento sul frontespizio dell’atto e non in calce allo stesso.
Con il secondo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360, 1o co n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 156 c.p.c., per aver la CTR ritenuto sanato il vizio di notifica con la proposizione del ricorso.
3.1. I motivi, da esaminarsi congiuntamente, in quanto connessi, sono infondati.
La ricorrente evoca un precedente relativo alla notificazione della sentenza, il quale dichiara la nullità della notifica con relata apposta sul frontespizio del documento, in quanto solo l’apposizione della relata in calce garantisce la consegna dell’atto nella sua integralità (Cass. 21 marzo 2007, n. 6749, Rv. 596900).
Tuttavia, la nullità della notificazione dell’atto impositivo è sanata per raggiungimento dello scopo ove proprio l’atto invalidamente notificato sia stato tempestivamente impugnato, perché ciò ne attesta la piena conoscenza da parte del destinatario (Cass. 22 gennaio 2014, n. 1238, Rv. 629468).
Al di fuori dei casi di radicale inesistenza per totale mancanza o irriconoscibilità della notificazione, la difformità dal modello legale genera mera nullità, sanabile ex tunc per effetto della tempestiva impugnazione della cartella (Cass. 28 ottobre 2016, n. 21865, Rv. 641550).
In particolare, non può dichiararsi la nullità della notifica dell’atto impositivo per apposizione della relata sul frontespizio anziché in calce ove non siano oggetto di specifica contestazione la completezza e conformità dell’atto notificato, il quale contenga in ogni foglio il numero della pagina e l’indicazione del numero complessivo di esse, ciò che garantisce all’interessato l’integrità dell’atto notificato, con conseguente raggiungimento dello scopo della notifica (Cass. 14 novembre 2016, n. 23175, Rv. 642020). Del resto, come evidenziato dalla CTR, l’atto notificato e depositato unitamente al ricorso dal contribuente la pagina di frontespizio della cartella conteneva tutti gli elementi essenziali per identificare l’agente della riscossione, l’importo dovuto, il debitore, i creditori, il dettaglio degli addebiti oltre alla progressione e al totale delle pagine dell’atto («pagina 1 di 10 di cui 2 pagine di bollettini»). Quanto all’asserita incompletezza nell’identificazione del responsabile del procedimento, l’art. 36, comma 4 ter, del d.l. n. 248 del 2007, conv. con mod. nella legge n. 31 del 2008, si limita ad imporre, a pena di nullità, l’esistenza di tale indicazione nella cartella, che risultava integralmente apposta nell’originale dell’atto, ma non incide sulla conoscenza degli elementi essenziali dell’atto.
La nullità della notifica della cartella in violazione dell’art. 148 c.p.c., applicabile per il combinato disposto dell’art. 60 d.P.R. n. 600 del 1973 e art. 26 d.P.R. n. 602 del 1973, risulta quindi sanata per raggiungimento dello scopo.
4. Con il terzo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360, 1° co n. 3 c.p.c. la violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c. per aver la CTR utilizzato un documento non agli atti per l’individuazione del responsabile del procedimento.
4.1. Il motivo è infondato.
La cartella, infatti, come emerge dalla memoria di costituzione e risposta di Equitalia in primo grado – testualmente riprodotta nel controricorso nel rispetto del principio di autosufficienza – era stata prodotta anche da altre parti in giudizio, sicché ritualmente era esaminabile dalla CTR.
5. Con il quarto motivo denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 19 del d.lgs. n. 74 del 2000 per aver la CTR rigettato, in relazione all’intervenuta sentenza di applicazione di pena ex art. 444 c.p.c. relativa alle medesime omissioni IVA nei confronti di S.S., già rappresentante della società, la richiesta di annullamento della sanzione in forza della deroga di cui aII’art. 19, comma 2, cit., norma illegittima per eccesso di delega e violazione del principio di uguaglianza.
5.1. Il motivo è infondato.
L’art. 11, comma 1, del d.lgs. n. 472 del 1997, prevedeva, in caso di violazione incidente sulla determinazione o sul pagamento del tributo commessa da un dipendente, in senso ampio, o dal rappresentante legale o negoziale, una responsabilità solidale e concorrente della “persona fisica, la società, l’associazione o l’ente interessati” al pagamento di “una somma pari alla sanzione irrogata”, salvo il diritto di regresso.
La norma – in linea, invero, con l’intera riforma – fondava il principio della punibilità diretta della persona fisica autrice della violazione (cd. principio di personalizzazione della sanzione) e su una correlata forma di responsabilità solidale dell’ente. Tale impostazione, quindi, consentiva al fisco di esigere il pagamento integrale delle sanzioni da entrambi i soggetti responsabili.
A rafforzare e modulare questo assetto è poi intervenuto l’art. 19 del d.lgs. n. 74 del 2000, che, a sua volta, nell’introdurre, al primo comma, il principio di specialità in caso di concorrenza, per il medesimo fatto, della sanzione amministrativa e di quella penale, al secondo comma testualmente disponeva che “permane, in ogni caso, la responsabilità per la sanzione amministrativa dei soggetti indicati all’articolo 11, comma 1, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, che non siano persone fisiche concorrenti nel reato”, ossia, in sintesi, nei confronti dei soggetti che siano dotati di personalità giuridica.
Corretta, dunque, è l’applicazione del dettato normativo da parte della CTR, la quale ha anche rilevato che tra i principi e criteri direttivi della delega (art. 9, comma 2, I. n. 205 del 1999), accanto al canone di specialità (lett. i), era prescritto un coordinamento sistematico volto ad «assicurare risposte punitive coerenti e concretamente dissuasive» (lett. I).
La permanenza della responsabilità amministrativa in capo agli enti collettivi – non soggetti ad afflizione penale quanto le persone fisiche – risponde al mandato di coordinamento del sistema punitivo con un’opzione discrezionalmente ragionevole: la questione di legittimità dell’art. 19, comma 2, d.lgs. n. 74 del 2000 per violazione degli artt. 3 e 76 Cost. è, dunque, manifestamente infondata (neppure si pone qui il tema del ne bis in idem europeo, trattandosi di sanzioni irrogate per lo stesso fatto, ma a soggetti diversi).
6. Con il quinto motivo denuncia nuovamente la violazione e falsa applicazione dell’art. 19, comma 2, del d.lgs. n. 74 del 2000, per esser venuta meno la sua applicabilità nei confronti delle società con personalità giuridica a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 7 del d.l. n. 269 del 2003.
6.1. Il motivo è inammissibile per difetto di interesse.
È ben vero che con l’art. 7 del d.l. n. 269 del 2003 il legislatore è intervenuto modificando il profilo soggettivo dell’illecito tributario introdotto, secondo una impostazione penalistica, con il d.lgs. n. 472 del 1997, e che era fondato sul principio di responsabilità personale, sull’imputabilità e sulla colpevolezza dell’autore materiale della violazione.
Il nuovo assetto normativo, peraltro, incide con riferimento alla posizione delle persone fisiche (che fossero in rapporto di dipendenza, organico o altro rispetto alle corrispondenti persone giuridiche), le quali, nella piena vigenza dell’art. 11 del d.lgs. n. 472 del 1997, potevano essere chiamate a rispondere, salva l’applicazione del principio di specialità, anche (o solo) delle sanzioni amministrative, mentre secondo il nuovo regime sono integralmente escluse da qualunque imputabilità, salva solo la responsabilità per l’illecito penale eventualmente configurabile.
Per quanto riguarda, invece, le persone giuridiche non si realizza una cesura rispetto all’assetto precedente: la responsabilità della persona giuridica era già stabilita dalla previgente norma incriminatrice, che, anzi, la contemplava in forma “rafforzata” (v. anche Cass. n. 4854 del 2015).
In conclusione, la società avente personalità giuridica risponde della sanzione amministrativa tributaria sia nel regime previgente al d.l. n. 269 del 2003, sia sotto quest’ultimo, e si configura – inalterata la connotazione di responsabilità – una mera successione di norme.
7. Il ricorso pertanto va rigettato. Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza. Vi è istanza di distrazione a favore dei difensori di Equitalia Nord Spa.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità che liquida, in favore dell’Agenzia delle entrate, in euro 16.000,00 per compensi, oltre accessori, oltre spese prenotate a debito, e, a favore di Equitalia Nord Spa, con distrazione a favore dei difensori ex art. 93 c.p.c., in euro 16.000,00 oltre 15% per spese generali e accessori di legge.
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