CORTE di CASSAZIONE sentenza n. 13757 depositata il 6 luglio 2016
ISTANZA DI AUTOTUTELA – AVVISO DI ACCERTAMENTO DIVENUTO DEFINITIVO PER MANCATA IMPUGNAZIONE – PARZIALE RIGETTO DELL’ISTANZA DI AUTOTUTELA – IMPUGNAZIONE – INAMMISSIBILITA’
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
E.V. ricorreva avverso il rigetto di istanza in autotutela (del 29.3.2007) relativo ad avviso di accertamento (per Irpef, Ilor, SSN e tassa Europa anno 1996), resosi definitivo per mancata impugnazione (come anche la successiva cartella di pagamento). Deduceva la ricorribilità dell’atto, in quanto oggetto di nuova istruttoria, avendo l’Ufficio parzialmente sgravato le somme accertate.
La CTP rigettava il ricorso, dichiarandolo inammissibile (rilevando che era stata impugnata anche la cartella di pagamento, in violazione dell’art. 22, comma 4 d.lgs. 546/92).
La CTR, rigettava l’appello della contribuente, confermando la sentenza di primo grado, rilevando altresì la mancata produzione dell’istanza di annullamento in autotutela, istanza peraltro parzialmente accolta dall’ufficio, ma inidonea a determinare una inammissibile rivisitazione di un atto resosi definitivo.
E.V. ricorre con due motivi per la cassazione della indicata sentenza.
Resiste con controricorso l’Agenzia delle entrate.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Col primo motivo E.V. deduce violazione di legge e insufficiente motivazione (art. 360 n. 3 e 5), avendo la CTR ritenuto inammissibile il gravame per essersi la ricorrente “limitata a ripetere in appello le obiezioni contenute nel ricorso introduttivo”.
Il motivo non ha pregio, poiché la sentenza poggia su altra e assorbente ratio decidendi, costituita dalla definitività dell’accertamento, “che la parte tenta surrettiziamente di far rivivere dopo cinque anni”.
È vero che la CTR ha rilevato la mancata analitica enunciazione delle ragioni dell’appello e una chiara critica della sentenza impugnata, ma ha poi deciso nel merito, ritenendo che attraverso l’impugnazione del diniego la contribuente abbia in realtà tentato di introdurre surrettiziamente, insieme alla ripetizione delle medesime obiezioni contenute nel ricorso introduttivo, la contestazione della originaria pretesa, contenuta nell’avviso di accertamento ormai definitivo per mancata impugnazione.
2. Col secondo motivo si deduce violazione di legge, motivazione insufficiente ed error in procedendo (art. 360 n. 3,4, 5), non avendo la CTR tenuto conto dell’art. 68 dpr. 287/92, che prevede la possibilità da parte dell’Amministrazione, salvo che sia intervenuto giudicato, “di procedere ad annullamento di atto riconosciuto illegittimo o infondato con provvedimento motivato comunicato al destinatario”. Ritiene il diniego di autotutela equiparabile a un nuovo atto di accertamento, contenente l’atto confermato, e come tale impugnabile dinanzi al giudice tributario.
3. Il motivo è infondato.
3.1. In punto di fatto risulta incontestato che sia stato impugnato il provvedimento dell’Ufficio, reso in autotutela sull’istanza di annullamento dell’avviso di accertamento e della conseguenziale cartella di pagamento. Emerge altresì pacificamente che gli atti originari non sono stati impugnati e sono pertanto divenuti definitivi, ancor prima della emissione del provvedimento-reso in autotutela dell’Amministrazione – di annullamento parziale degli stessi.
3.2. Come precedente contrario si invoca ex adverso la sentenza delle S.U. n. 16776/2005. Ma a torto. La citata sentenza, che ha ammesso l’impugnabilità del rifiuto dell’Amministrazione di procedere ad autotutela, precisa che “altra e diversa questione, di competenza del giudice tributario, è stabilire se quel rifiuto sia o meno impugnabile, così come valutare se con l’istanza di autotutela il contribuente chieda l’annullamento detratto impositivo per vizi originari di tale atto o per eventi sopravvenuti”.
3.3. In tale contesto viene pertanto in rilievo il principio affermato da S.U. n. 3698 del 16/02/2009 (Rv. 606565), seguito da Cass. n. 7511 del 2016 – cui si intende dare in questa sede continuità – secondo il quale «in tema di contenzioso tributario, l’atto con il quale l’Amministrazione manifesti il rifiuto di ritirare, in via di autotutela, un atto impositivo divenuto definitivo, non rientra nella previsione di cui all’art. 19 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, e non è quindi impugnabile, sia per la discrezionalità da cui l’attività di autotutela è connotata in questo caso, sia perché, altrimenti, si darebbe ingresso ad una inammissibile controversia sulla legittimità di un atto impositivo ormai definitivo».
3.4. Non ignora questo Collegio che una sentenza successiva ha ritenuto impugnabile l’annullamento parziale, adottato nell’esercizio del potere di autotutela, di un avviso impositivo già definitivo, trattandosi di un atto contenente la manifestazione di una compiuta e definitiva pretesa tributaria (Cass. n. 14243 del 08/07/2015). Ma appare, di contro, dirimente il rilievo che, se si tratta di annullamento parziale o comunque di provvedimento di autotutela di portata riduttiva rispetto alla pretesa impositiva contenuta negli atti divenuti definitivi, esso non può comportare alcuna effettiva innovazione lesiva degli interessi del contribuente rispetto al quadro a lui già noto e consolidatosi in ragione della mancata tempestiva impugnazione del precedente accertamento, per converso potendo e dovendo ammettersi una autonoma impugnabilità del nuovo atto, se di portata ampliativa rispetto all’originaria pretesa (Cass. n. 7511 del 2016, cit).
4. Il ricorso va conseguentemente rigettato, essendosi la CTR conformata ai suindicati principi.
5. Considerate le oscillazioni della giurisprudenza si compensano le spese del giudizio.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; compensa le spese.
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